I Franchi da Clodoveo a Ludovico

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Testo

I FRANCHI
L’ascesa dei Carolingi
▪ Nel 486 d.C. Clodoveo, re merovingio, conquistò la Gallia settentrionale, sottraendola ai romani, e fece dei franchi il primo popolo barbaro cattolico d’Occidente. Alla sua morte, il regno, considerato una proprietà personale del sovrano (concezione patrimoniale dello stato) fu suddiviso tra i figli. In seguito ad altre unificazioni e divisioni, si formarono tre regni principali:
- l’Austrasia;
- la Neustria;
- la Borgogna.
▪ Ulteriori divisioni del territorio indebolirono il potere dei merovingi e accrebbero quello dell’aristocrazia, ceto dal quale, tra l’altro, provenivano i funzionari del re (maggiordomi o maestri di palazzo). Fu proprio una famiglia aristocratica, quella degli Arnolfingi o Carolingi, che tentò alcuni colpi di stato; a questa famiglia apparteneva Pipino II d’Heristal, il quale, dal 679 d.C.:
- sconfisse i maestri di palazzo di Neustria e Borgogna;
- unificò il regno, dando maggiore importanza all’Austrasia;
- fu di fatto un re, e come un re, alla sua morte, lasciò il regno al figlio Carlo Martello.
▪ Carlo Martello, che governò dal 714 d.C.:
- sconfisse gli alamanni e i turingi;
- dichiarò guerra ai sassoni;
- privò la Baviera dell’indipendenza;
- sconfisse gli arabi a Poitiers (732 d.C.);
- pur essendo solo maestro di palazzo, si comportò di fatto come un re, e alla sua morte il regno fu spartito tra i due figli Carlomanno, al quale spettò l’Austrasia, la Svevia e la Turingia, e Pipino il Breve, a cui furono assegnate la Neustria, la Borgogna e la Provenza; entrambi governarono su Aquitania e Baviera.
▪ Era il colpo di stato: nel 743 d.C., infatti, fu deposto l’ultimo re merovingio, Childerico III.
Carlomanno e Pipino rimasero insieme al potere; ben presto, però, Pipino costrinse il fratello a ritirarsi in monastero, accentrando così tutto il potere (ma non il titolo di re legittimo) nelle proprio mani.
Il papa sceglie i franchi come protettori
▪ Per legittimare il proprio potere, i Carolingi si servirono dell’alleanza con il papa e le gerarchie ecclesiastiche. Ereditato il regno, Carlomanno e Pipino si preoccuparono di garantire il buon funzionamento dell’apparato ecclesiastico; il legame tra i Carolingi e la chiesa si consolidò poi nel corso del VIII secolo, quando Pipino, conquistato l’Esarcato bizantino, lo donò al papa.
▪ Nel 751 d.C. Pipino, appoggiato dal papa Zaccaria, fu riconosciuto re dei franchi. Nel 754 d.C. avvenne lo “scambio”: Pipino confermò all’allora papa Stefano II la donazione di Costantino (documento fasullo che garantiva al papato dei diritti sull’Italia), e il papa consacrò Pipino re dei franchi, estendendo la consacrazione ai figli Carlo e Carlomanno e vietando ai franchi di scegliere un re non appartenente a tale famiglia.
▪ Negli anni settanta dell’VIII secolo d.C., a Pipino succedette il figlio Carlo (poi detto Magno), il quale, grazie alla ricchezza e all’organizzazione militare ereditata dal padre, riuscì a creare un impero cristiano che copriva gran parte dell’Europa.
- Dal 772 all’804 d.C., Carlo intraprese la conquista delle terre dei sassoni, che furono cristianizzati;
- nel 774 d.C., chiamato in Italia dal papa, annesse il regno longobardo alle terre franche assumendone il titolo regale;
- nel 778 d.C., in seguito a una fallimentare campagna militare contro gli arabi in Spagna (conclusasi con la celebre “rotta di Roncisvalle”), istituì uno stato-cuscinetto carolingio in Catalogna;
- alla fine degli anni ottanta dell’VIII secolo d.C., quando il trono bizantino fu dichiarato vacante a causa dell’indegnità dell’imperatrice Irene alla corona (Irene aveva fatto accecare il proprio figlio durante la fase di scontro religioso tra iconoclasti –fedeli che rifiutavano le immagini sacre- e iconoduli –fedeli contrari alla rimozione delle immagini sacre-), Carlo insediò Bisanzio con una serie di campagne militari;
- nell’800 d.C., con l’assoluzione del papa Leone III (accusato di immoralità e spergiuro) da parte di Carlo e l’incoronazione a imperatore dei romani di quest’ultimo da parte dello stesso pontefice, si sancì la consonanza tra franchi e chiesa.
Ritornò dunque ad esistere l’impero romano in Occidente che, essendo un impero cristiano difeso dall’imperatore, venne chiamato Sacro Romano Impero.
L’organizzazione dello stato carolingio
▪ Il popolo dei franchi era caratterizzato da una società gerarchica guerriera, con al vertice il re. Il sovrano si serviva di suoi fiduciari, i missi dominici, per controllare la corretta amministrazione dello stato e per contrastare i tentativi autonomistici delle aristocrazie locali. Le varie regioni erano infatti amministrate dai conti, alti funzionari che gestivano ciascuno un solo territorio non troppo ampio (detto contea), e dai marchesi, che amministravano le contee di confine (dette marche); l’aristocrazia amministrativa tendeva spesso a considerare il territorio affidatole come un bene personale, e a disporne di conseguenza.
▪ Carlo avvertì la necessità di formare amministratori e vescovi degni e istruiti: per questo motivo, raggruppò a corte un ambiente intellettuale internazionale, e favorì la nascita di una nuova scrittura (detta minuscola carolina) che permettesse di facilitare la lettura dei testi essenziali e il lavoro di copia degli amanuensi.
Questo fenomeno, chiamato rinascita carolingia, ebbe luogo nei monasteri e fu perciò prevalentemente ecclesiastico.
Dopo Carlo Magno
▪ Carlo Magno attuò una politica internazionale, ma non previde mai un’idea di Europa e mantenne una concezione prevalentemente barbarica dello stato (composto dai vari eserciti delle contee, diviso tra gli eredi alla morte del sovrano).
▪ Il suo successore, salito al trono nell’814 d.C., capì l’importanza dell’unità dello stato e tentò di metterla in pratica. Tra le cose principali:
- promulgò la Ordinatio Imperii (817 d.C.), nella quale affermava che, essendo stato voluto da Dio, l’Impero non sarebbe stato scomponibile se non a rischio di commettere sacrilegio;
- volendo rafforzare l’idea di un impero unico e indissolubile anche all’interno del legame con la chiesa, sancì la centralità dello stato rispetto al pontefice con la Constitutio (824 d.C.), nella quale dichiarava che nessuno poteva essere incoronato papa se non avesse prima giurato fedeltà all’imperatore.
Ludovico suscitò dunque apprensioni sia nell’aristocrazia, avendo tentato di rinnovarla, sia nella chiesa, forse proprio per il suo senso dello stato molto sviluppato, che cominciava a svincolarlo dall’idea barbarica che il regno fosse solamente il prodotto del prestigio e la proprietà personale del capo vittorioso.

I.B.2001

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