Guerra dei Cent'anni e crisi del '300

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Categoria:Storia

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Testo

Saggio storico
Gli eventi relativi alla guerra dei Cent’anni e la crisi economico-sociale del 1300, hanno segnato l’inevitabile tramonto di valori tipici del mondo medievale.
Tratta l’argomento dopo aver esaminato i seguenti documenti:
-il crollo degli ideali cavallereschi nella battaglia di Crecy
-la nascita dell’idea di nazione
-sollevamenti popolari e ascesa della borghesia

Il 1300, con gli eventi relativi alla guerra dei Cent’anni e la crisi economico-sociale, è caratterizzato anche dal tramonto dei valori tipici del Medioevo.
Ad esempio, la battaglia di Crécy (26 agosto 1346), oltre ad essere il primo scontro tra inglesi e francesi, segna anche la fine degli ideali cavallereschi. Nel XII, secondo le testimonianze degli scrittori del tempo, l’attività guerriera svolta dal cavaliere era prima di tutto una funzione onorifica e a volte anche una missione religiosa. I cavalieri potevano prendere i privilegi conformi al loro stato, infatti soltanto loro potevano portare le armi, ossia lance e spade che gli erano affidate da ecclesiastici durante cerimonie sacre, ma erano anche soggetti ad un rigido codice di doveri morali, dovendo dar prova del loro coraggio, essendo fedeli verso i propri signori, leali e generosi nei confronti dei nemici e solleciti ad intervenire in difesa dei deboli e della chiesa. Il tutto era caratterizzato da un largo margine di idealizzazione. Per quanto riguarda gli eserciti, poi, essi erano poco numerosi e composti da cavalieri spesso legati da rapporti di parentela. Nelle battaglie la fanteria era “esclusa”, mentre si dava maggior risalto allo scontro individuale, momento culminante cui si giungeva tramite l’amicizia e la fedeltà, che avevano più importanza di disciplina e tattica. Il XIV secolo, invece, sembra non avere più spazio per le virtù cavalleresche, neppure come ideale. La fanteria era il grosso dell’esercito e i mercenari, detti “ribaldi”, erano più numerosi di quelli che combattevano per dovere feudale. Per quanto riguarda le battaglie, esse erano decise dalle balestre e dagli archi, che consentivano di uccidere da lontano e senza coraggio. Per sottrarsi a questa meschina nuova condotta di guerra ci si poteva rifugiare nelle regole del tempo andato, ma il re d’Inghilterra Edoardo III, al posto di conformarvisi, decise di ignorarle. A testimonianza della strage dei cavalieri francesi a Crécy, Jean Froissart (1337-1404), cronista francese che visse alla corte d’Inghilterra, racconta come i “ribaldi”, per nulla conformi al codice cavalleresco che imponeva di risparmiare la vita al nemico che si fosse dichiarato vinto, a battaglia finita, si aggiravano fra i feriti scannandoli con i loro coltelli. A tale atto si rammaricò lo stesso sovrano inglese, per la perdita del riscatto che duchi, conti e baroni avrebbero dovuto pagare se catturati vivi.
Un altro elemento caratterizzante di questo cambiamento che si sta verificando è la nascita dell’idea di nazione. Tutto ha inizio con Giovanna d’Arco, già definita eroina nazionale nel XVI secolo da Etienne Pasquier, che concepiva la funzione del re e il suo rapporto con il regno, come se quest’ultimo fosse stato il deposito sacro che Dio aveva affidato a lui ed alla sua dinastia. Ella in realtà non fece che appello ad ideali già comuni, infatti, gli abitanti, malgrado la Francia fosse ancora lontana dall’unificazione, sapevano di far parte del regno francese. Il sovrano risultava così essere rappresentante dello stato e possessore dell’autorità suprema, che veniva però utilizzata solo per assicurare il bene comune dei sudditi. Da quel momento in poi l’obbedienza al sovrano non fu più basata su un vago giuramento di fedeltà feudale, ma sul fatto di essere nati in Francia, come tali sudditi del re.
Nono meno importanti sono i sollevamenti popolari che fra il 1350 e il 1385 si scatenano in Europa a causa di epidemie di peste, crisi economiche, banditismo e appesantimento dei sistemi fiscali imposto dalle guerre. Il primo episodio di sovvertimento politico fu indirettamente provocato dalla disastrosa sconfitta francese a Poitiers (settembre 1356). Il principe Carlo convoca gli stati generali (assemblea dei tre “stati” del regno: clero, nobiltà e Terzo stato, in rappresentanza della borghesia cittadina) per pagare il riscatto del re Giovanni il Buono. Tuttavia l’assemblea sfuggì di mano al principe ed Etienne Marcel, capo della corporazione dei mercanti di Parigi, coglie l’occasione per mettere sotto accusa l’intera classe dirigente di origine nobilitare, ritenendola colpevole per le sconfitte di Crécy e Poitiers. Nel marzo del 1357 egli ottenne da Carlo l’accettazione della grande ordinanza, un documento che consentiva il controllo delle finanze pubbliche e dell’esercito da parte degli Stati generali, che si avviarono ad assumere un ruolo politico analogo a quello del parlamento inglese. Tale condizione aveva però maggiore radicalismo e maggiore senso politico nella ricerca dell’alleanza con i ceti popolari, infatti, una disposizione dell’ordinanza, era rivolta contro gli abusi degli esattori fiscali e ammetteva l’autodifesa della “povera gente” di fronte alle loro violenze ed illegalità. Nei successivi mesi del 1357 e nei primi mesi del 1358 l’azione di Marcel assunse sempre più un carattere rivoluzionario, dato l’aumento di pressione da parte del principe Carlo, sfociando nell’irruzione nel palazzo reale di una folla di artigiani che costrinse quest’ultimo, nel marzo del 1358, a lasciare Parigi ed a dichiarare illegale l’assemblea dominata dai borghesi. È proprio in seguito a questo fatto che si verificò una grande rivolta contadina, la jacquerie francese, dal 29 maggio al 10 giugno 1358, in un ampia regione a nord e a sud di Parigi, nella Francia centrale. Essa, malgrado il gradissimo numero di partecipanti, durò però solo 13 giorni, durante i quali contadini, braccianti immiseriti e anche contadini abbienti e capi della comunità, mossi da motivazioni economiche e politiche (contro la disposizione regia che li obbligava a prendere le armi e lavorare al restauro dei castelli signorili), commisero atti nettamente antisignorili, assaltando e incendiando numerosi castelli, mettendone a morte i proprietari. Per un momento sembrò che il moto parigino e quello delle campagne potessero collegarsi, ma le truppe della nobiltà sbaragliarono l’esercito ribelle, causando migliaia di morti ed Etienne Marcel fu ucciso dai seguaci del principe, che stava assediando la città da diverso tempo: il 2 agosto le porte di Parigi sono riaperte a Carlo. Gli anni 1379-1382 vedono in tutta Europa l’esplodere di numerosi sollevamenti contadini e rivolte di ceti popolari urbani come ad esempio la presa del potere da parte dei tessitori di Grand, che sono però scacciati dal re di Francia; l’insurrezione dei contadini della Francia settentrionale contro l’oppressione fiscale e l’inizio di una nuova jacquerie di carattere però inglese, che si sviluppò nel seguente modo. La causa fu l’introduzione, nel 1377, di un’imposta che colpiva tutti gli inglesi adulti, indipendentemente dal loro reddito; essa, nel 1380, fu rinnovata ed accresciuta e quando gli agenti del re si misero in movimento per imporne il pagamento, trovarono resistenza nelle campagne. Così, dal 30 maggio al 7 giugno 1381, la rivolta dilagò nelle contee di Essex e Kent, assumendo caratteri antinobiliari e anticlericali (a Canterbury è attaccato il palazzo dell’arcivescovo). I ribelli avevano un capo militare, Wat Tyler, e uno ideologico, John Ball, il cui pensiero era ben rappresentato nella formula «Quando Adamo zappava ed Eva filava, dov’era allora il gentiluomo?»; questo genere di protesta era forse influenzata dalle idee di John Wycliffe (1320-1384), professore di teologia all’università di Oxford, che negava alla chiesa il ruolo di “corpo separato”, polemizzando contro la corruzione e la ricchezza del clero e sostenendo il ritorno all’egualitarismo evangelico. Il 13 giugno i contadini entrarono a Londra e Tyler impose al re Riccardo II l’abolizione della servitù e la revoca dello statuto dei lavoratori del 1351, che vietava l’aumento del salari. Durante il secondo incontro, avvenuto il 15 giugno, Tyler è ucciso per aver chiesto dell’abolizione delle proprietà del clero e la loro divisione tra i contadini. Il sovrano ritira così le concessioni già fatte, ma tutti i sollevamenti sono repressi solo a fine agosto. L’ultima insurrezione popolare si verifica nel 1378 a Firenze e prende il nome di “rivolta dei ciompi”, ad indicare il gran numero di puri salariati, impegnati nelle operazioni meno qualificate, che vi parteciparono.
Il governo della repubblica fiorentina era affidato ad una signoria composta di otto priori ed un gonfaloniere di giustizia e dominata dagli esponenti delle sette arti maggiori (mercanti e finanzieri), mentre scarsa era la rappresentanza delle quattordici arti medie e minori (artigiani, e negozianti al minuto). Molti artigiani delle manifatture tessili, i puri salariati (ciompi), che svolgevano operazioni meno qualificate, erano esclusi dalla vita politica, non potendo avere una propria organizzazione corporativa, così il 18 giugno 1378 si scatena una giornata rivoluzionaria in cui i ceti popolari delle arti minori appoggiano Medici, Alberi e Strozzi (famiglie di più recente ascesa) nella lotta contro il vecchio ceto oligarchico guelfo (voleva porre fine al conflitto contro il papa per il dominio sull’Emilia) e fanno eleggere una nuova signoria. Nel mese di luglio, però, le arti minori, deluse, provocano, con i ciompi, una seconda sollevazione che porta, il 19 luglio, ad una riforma istituzionale con la creazione di 3 nuove arti per due categorie di artigiani (tintori e farsettai). Infine dal 28 al 29 agosto i ciompi scatenano una terza sommossa, per ottenere garanzie d’occupazione, peso maggiore nella signoria e esclusione dei vertici delle arti nelle principali magistrature cittadine, a cui la signoria cedé, venendo meno all’alleanza di luglio. Alla nuova rivoluzione i ciompi si trovarono sempre più isolati e sostennero, il 31 agosto, una sanguinosa battaglia contro i membri delle arti, venendo però feriti ed uccisi in gran numero. Nel 1382, con la soppressione delle due nuove arti e l’estromissione delle minori dal governo, il potere passa nelle mani delle nuove famigli di mercanti e banchieri riassumendo una forma oligarchica.

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