Materie: | Riassunto |
Categoria: | Storia |
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Numero di pagine: | 7 |
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Testo
Conseguenze seconda rivoluzione industriale
Imperialismo: lotta per i mercati, rivendicazioni territoriali con conseguente corsa agli armamenti. Sarà la causa di fondo dello sconppio della seconda guerra mondiale. ) E’ la forma che la conquista coloniale assunse nella seconda metà del XIX secolo, sotto lo stimolo dello sviluppo economico e militare delle potenze europee.
Processo di concentrazione capitalistica delle imprese, formazione di monopoli, passaggio dal liberismo al protezionismo. Concentrazione nelle forme del cartello (fusione in senso orizzontale delle imprese dello stesso ramo produttivo) e del trust (assorbimento di una serie di imprese in una struttura verticale).
processo di concentrazione delle banche che diventano erogatrici di capitali per le imprese.
parcellizzazione del lavoro, tailorismo(razionalizzazione dei movimenti per eliminare gli sprechi di tempo).
trasformazione in senso capitalistico dell’agricoltura mediante la mcchinizzazione, inurbamento.
tendenziale spostamento del rapporto agricoltura-industria, con il predominio dell’industria.
emigrazioni transcontinentali: il modello economico comporta una base industriale ristretta, che non è in grado di assorbire tutta la manodopera potenziale che è costretta a emigrare; negli altri paesi è un fenomeno congiunturale, in Italia è strutturale, fa parte del sistema, è un fattore di equilibrio.
Giolitti
Giolitti si può definire un liberale progressista, si ha quindi un mopdello di Stato liberale con aperture di tipo democratico.
Fase di decollo industriale; modello di sviluppo economico: protezionismo doganale, commesse statali, controllo del mercato interno da parte di gruppi monopolistici. Sviluppo economico ineguale: non è risolta la questione meridionale, si accentua il divario nord/sud, ma anche all’interno del settentrione, con la formazione del triangolo industriale; sud come colonia, G. non corregge lo sviluppo ineguale, interviene solo con interventi sporadici e d’emergenza.
Banche: diventano erogatori di credito, forniscono capitali alle industrie nascenti. Questo modello economico comporta una base industriale ristretta, che non è in grado di assorbire tutta la manodopera potenziale che è costretta a emigrare. Politica di repressione nel Mezzogiorno.
Adotta una linea di non intervento dello Stato nelle lotte economiche, non usa la repressione per la questione sociale (conflitto capitale/lavoro). Ricorre a una strategia di riforme per risolverlo, per scongiurare una rivoluzione socialista. L’atteggiamento verso gli sciperi è di non intervento, anzi li favorisce col fine di aumentare i salari, garantire migliori condizioni di lavoro, per accrescere la domanda interna e quindi la produzione. La sua strategia di riforme è favorita dalla congiuntura economica favorevole.
La conditio sine qua non per la realizzazione di questo programma riformistico è l’alleanza con il partito socialista italiano.
Tra le riforme sociali varate: tutela delle donne e dei bambini, assicurazione contro gli infortuni, pensioni, creazione del Consiglio superiore del lavoro.
“pendolarismo”: dà concessioni per allargare i consensi, sinistra: tre leggi importanti (quella del suffragio universale maschile, del maggio’12, 8 milioni di votanti, analfabeti che avessero compiuto 30 anni, contadini per la prima volta al voto; legge che riformò l’istruzione elementare ponendola sotto il controllo dello stato; legge che stabiliva il monopoli statale eulle assicurazioni sulla vita); guerra di Libia,fatta per allargare i consensi nella destra, dopo che lo stato aveva preso una decisa fisionomia democratica e riformatrice.
Partito socialista italiano
Il partito socialista nasce nel ’92 col congresso di Genova. Si propone la trasformazione della società capitalistica in socialista, lotta sul terreno economico e politico.
La seconda internazionale (1889/1914) esercitò un ruolo di coordinamento tra i partiti della classe operaia dei paesi europei.
Il movimento socialista si divise in due linee politiche:
linea riformistica-gradualistica: di destra, linea di Bissolati e Bonomi, ispirata alle idee di Bernstein, punta a una serie di riforme che dovrebbero tutelare la classe operaia, mutamenti graduali come essenza della lotta socialista.
linea rivoluzionaria: di sinistra, linea dei socialisti rivoluzionari capeggiati da Arturo Labriola, fedeli al marxismo vogliono un cambiamento rivoluzionario, lo scardinamento del capitalismo.
Gioco delle correnti del partito socialista nella fase finale dell’età giolittiana:
Corrente di Bissolati: corrente riformistica di destra, più moderata, linea del laburismo inglese, abbandono del marxismo, appoggia Giolitti.
Corrente di Turati: riformisti moderati di sinistra, tradizionale di Turati.
Sinistra rivoluzionaria: dall’11 riveste sempre più importanza, è contro all’alleanza con Turati.
Nel Congresso di Reggio Emilia del ’12 la maggioranza dalla corrente di Bissolati, diventa quella rivoluzionaria, contraria all’appoggio di Giolitti. Il PSI non appoggia più Giolitti: crisi del giolittismo.
Prima fase dell’atteggiamento del partito socialista verso la guerra: le forze del proletariato si schierarono dietro i loro governi per far fronte comune davanti al nemico, sconfitta del pacefismo socialista e della seconda internazionale: il PSI italiano non appoggia il proprio governo.
Crisi del giolittismo
Quarto ministero Giolitti ‘11-’14.
Pendolarismo politico: dà concessioni per allargare i consensi, sinistra: tre leggi importanti (quella del suffragio universale maschile, del maggio’12, 8 milioni di votanti, analfabeti che avessero compiuto 30 anni, contadini per la prima volta al voto; legge che riformò l’istruzione elementare ponendola sotto il controllo dello stato; legge che stabiliva il monopoli statale eulle assicurazioni sulla vita); estrema destra conservatrice: guerra di Libia (‘11-’12) che anziché rinsaldare il sistema politico giolittiano, provocarono un’aggravarsi della crisi. Si rafforza la destra antigiolittiana e la corrente di Turati si trova in minoranza: mutamenti politici che determinarono la disintegrazione del sistema giolittiano.
La sua politica di pendolarismo non regge all’urto che la guerra ha + cambiamento della corrente maggioritaria che non è più quella riformistica che appoggiava Giolitti, ma riformista.
Elezioni dell’ottobre del ’13, nonostante il patto Gentiloni che dava a Giolitti l’appoggio e il voto dei cattolici, e il successo elettorale apparente (canto del cigno), la camera aveva mutato fisionomia e non era più adatta alla politica giolittiana, il quadro politico non avrebbe più garantito il proseguimento della strategia politica di Giolitti; il PSI non lo appoggia più: si dimette.
Ombre e luci
Luci: il sistema giolittiano tendeva ad allargare nella società civile le basi dello stato.
Politica interna: in relazione al problema del lavoro regolò l’invalidità, la vecchiaia, l’infortunio sul lavoro, l’obbligo del riposo festivo, il lavoro femminile e quello minorile; attuò la monopolizzazione statale delle ferrovie e delle assicurazioni sulla vita, rese universale il suffragio maschile con la legge del maggio’12, 8 milioni di votanti, analfabeti che avessero compiuto 30 anni, contadini per la prima volta al voto.
Politica economica: brillanti successi riguardanti lo sviluppo dell’industrializzazione del paese in particolare del triangolo Milano-Genova-Torino, nei settori tessile, automobilistico e dell’acciaio, è il moment del decollo dell’industria italiana.
Ombre: il decollo non avvenne nello stesso modo nel mezzogiorno, anzi evidenziò il divario nord-sud ma anche all’interno del settentrione; sud come colonia, G. non corregge lo sviluppo ineguale, interviene solo con interventi sporadici e d’emergenza. Sacrificò la società meridionale in quanto per conservarsi l’appoggio dei deputati meridionali in parlamento, doveva mantenere in vita il rigido protezionismo agricolo; non evitò la violenza e la corruzione: “ministro della malavita”, definito da Salvemini, . La guerra di Libia da lui voluta, portò al paese più danni che vantaggi: scarsità del suo valore economico, prezzo elevato che richiedettero la conquista e il mantenimento, spese militari.
Prima guerra mondiale
Causa di fondo: scontro tra imperialismi, conseguenza dell seconda rivoluzione industriale, lotta per i mercati, rivendicazioni territoriali con conseguente corsa agli armamenti.
Causa scatenante: l’Austria dichiara guerra alla Serbia, quest’attacco fa scattare il sistema delle alleanze e porta allo scoppio della guerra.
Le potenze europee erano divise in due schieramenti: la Triplice Intesa (Francia, russia, inghilterra) e la Triplice Alleanza (italia, austria, germania, ungheria). Allo scoppio del conflitto il governo Salandra dichiara la neutralità dell’Italia giustificata dal carattere esclusivamente difensivo della Triplice Alleanza, mentre è stata l’Austria ad attaccare.
All’interno dell’Italia vi erano due diverse linee:
• Neutralisti (maggioranza del paese): partito socialista italiano espressione delle msse contadine e operaie; cattolici; liberali giolittiani che prevedevano una guerra lunga e sanguinosa e temevano un intervento per l’impreparazione militare.
• Interventisti: nazionalisti, che speravano di bloccare l’ascesa socialista; liberal-conservatori; irredentisti democratici, social-rifirmisti, repubblicani; sindacalisti rivoluzionari; Mussolini, esponente della corrente rivoluzionaria del socialismo.
La successiva entrata in guerra del nostro paese, il 24 maggio del ’15, fu decisa dal governo e dalla corte all’insaputa del parlamento.
Anche se la maggioranza era pacifista, dal connubio tra liberali antigiolittiani e nazionalisti usci una forza che pur minoritaria, trascino il paese in guerra. “l’intervento in guerra fu imposto dal paese dall’alleanza tra il governo conservatore di Salandra e i nazionalisti interventisti” (candeloro) “colpo di stato”
Il governo Salandra intensifica i rapporti con l’Intesa fino alla firma del Patto di Londra (26 aprile’15) , il trattato in base al quale l’Italia si impegnava a entrare in guerra entro un mese dalla firm, a fianco dell’Intesa. Fu fatto all’insaputa del parlamento, in cambio di territori.
Le rivendicazioni territoriali sono il motivo dell’entrata in guerra a fianco dell’Intesa e non della Triplice Alleanza: le richieste territoriali italiane per essere soddisfatte richiedevano concessioni da parte dell’Austria, che questa non intendeva fare. All’Intesa non costava nulla soddisfare le richieste italiane indirizzate contro il nemico.
Giolitti , leader della maggioranza parlamentare, non ha il coraggio di condurre una posizione attiva contro il re.