Francia:la storia militare

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Categoria:Storia

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Testo

FRANCIA

La Francia è membro dell'ONU, dell'Unione Europea, del Consiglio d'Europa, dell'UEO, dell'OCDE e della NATO.
STORIA MILITARE
Con l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri il 13 maggio 1996 del programma militare 1997-2002, la Francia ha avviato l’attuazione di una radicale riforma dell’apparato militare, fissando quattro obiettivi principali: attuazione entro il 2002 della conversione a forze armate basate esclusivamente su professionisti, ristrutturazione dell’industria nazionale per la difesa, prosecuzione dell’ammodernamento degli equipaggiamenti nonostante alcuni importanti tagli alla spesa, formulazione di una politica generale della difesa sia in seno all’Unione Europea che alla NATO. L’esercito ristrutturato conterà 85 reggimenti raggruppati in 4 forze principali: corazzata, meccanizzata, corazzata leggera di reazione rapida, fanteria d’assalto. I nuovi carri Leclerc saranno 406 e 25 elicotteri Tigre in versione anticarro. L’aviazione nel 2002 conterà 360 velivoli da combattimento. La marina ha visto cancellata la sesta fregata classe Lafayette ed è stata rinviata la decisione relativa alla costruzione di una seconda portaerei; i Rafale imbarcati sono stati ridotti da 86 a 60 con il primo squadrone di 12 aerei operativo sulla nuova portaerei Charles De Gaulle nel 2002, portaerei che entrerà in servizio nel 1999. Entro il 1998 saranno smantellati completamente i missili strategici ICBM basati sul Plateau di Albion e sciolto il reggimento di IRBM mobile Hades. Il deterrente nucleare imbarcato sarà limitato a 4 sottomarini SSBN dotati di missili SLBM MM45 (che saranno poi sostituiti dagli MM51), mentre quello dell’aviazione sarà basato su tre squadriglie di bombardieri Mirage 2000N (60 aerei) e due squadriglie di Super Etendard (24 velivoli imbarcati) tutti dotati di missile ASMP. Attualmente le forze armate francesi, che dovrebbero scendere a 325.000 uomini ne contano 413.000 di cui 199.000 di leva. Le forze paramilitari comprendono 92.000 uomini della Gendarmeria e circa 100.000 della Polizia nazionale. L’esercito conta 240.000 uomini, di cui 137.000 coscritti e sarà ridotto a 227.000 entro il 2000. I mezzi comprendono circa 1.000 carri armati, 1.700 mezzi blindati da combattimento, 4.300 mezzi corazzati da trasporto truppe, 144 cannoni semoventi, 250 cannoni, 366 mortai da 120 mm, 55 lanciarazzi MLRS, 11.500 armi controcarro, 2.000 sistemi missilistici controcarro. L’aviazione leggera conta 6.450 uomini, la 3a brigata aeromobile, la 4a divisione elicotteri e reparti minori con circa 500 elicotteri. La marina dispone di 64.200 uomini (di cui 2.400 donne, 3.400 fanti di marina e 8.100 dell’aviazione navale). La flotta allinea due potaerei, un incrociatore portaelicotteri, 41 tra fregate, corvette e nuove fregate da pattugliamento, 18 sottomarini, 9 navi da assalto anfibio, 42 mezzi da sbarco, 22 motocannoniere, 19 cacciamine. L’aviazione navale comprende un centinaio di aerei da combattimento e ricognizione e 44 elicotteri, per guerra antisom, attacco e soccorso. L’aviazione dispone di 89.000 uomini che nel 2000 scenderanno a 88.700 (6.300 sono donne e 33.200 coscritti). I velivoli da combattimento sono circa 545, quelli da trasporto 94, da addestramento 123, gli elicotteri 115. Le forze nucleari strategiche comprendono il comando navale FOST con 5 sottomarini SSBN, con 80 missili M4, il comando aereo FASS con 60 aerei ed altrettanti missili ASPM, la brigata HADES con 30 missili mobili, 2 squadriglie di aere imbarcati con missili ASPM. Dei 17 silos ICBM con missili S-3D, 10 sono stati dotati della versione M5 e saranno smantellati per ultimi.
Dopo la caduta dell'Impero d'occidente (476), Clodoveo costituì un esercito gallo-franco di 8.000-10.000 uomini, armati di lance (francesche) e di scuri (framee). Effimero fu il tentativo da parte di Dagoberto I di creare un esercito permanente; i Merovingi affidarono le loro truppe, prive di coesione e di disciplina, ai maggiordomi. Nel disordine merovingico, sola forza era quella delle milizie private dei proprietari fondiari; Carlo Magno le riconobbe e le disciplinò nella gerarchia feudale che per oltre cinque secoli fu la base dell'organizzazione militare. Il signore aveva diritto al servizio armato dei suoi dipendenti, che doveva a sua volta condurre al servizio del re quando questi proclamava il bando o mobilitazione dei vassalli. Il contributo di ciascun feudatario era fissato per contratto.
Era un esercito di cavalieri, in cui la fanteria, composta di contadini o di borghesi dei comuni, aveva importanza secondaria. Gli effettivi rimasero a lungo modesti: l'esercito semipermanente di Filippo Augusto comprendeva 250 cavalieri pesanti, 250 sergenti a cavallo (addetti alla ricognizione), 2.000 sergenti a piedi (picchieri), 300 mercenari e 200 balestrieri, cui si aggiungevano in caso di guerra 800 militi feudali. Il re, capo supremo, era assistito dal siniscalco; un conestabile e due marescialli comandavano le truppe. Città, prepositure e abbazie fornivano viveri e materiale. A Bouvines, prima vittoria veramente “francese” (1214), Filippo Augusto riuscì vincitore di Ottone IV con 10.000 uomini, ma la lotta si svolse in pratica fra 2.000 combattenti scelti.
L’ESERCITO MONARCHICO
1. Le origini. Alla fine del XIII sec. Filippo il Bello pose le basi dell'esercito francese moderno, sostituendo in parte al servizio personale dei feudatari un'imposta in danaro, con cui assoldava mercenari francesi o stranieri. Con la guerra dei Cent'anni i mercenari aumentarono, e crebbe l'importanza della fanteria a scapito della cavalleria pesante (decimata a Crécy, Poitiers, Azincourt). Carlo VII istituì nel 1445 le “compagnie d'ordinanza”, unità permanenti di cavalleria, e nel 1448 i franchi arcieri, e compagnie di montanari svizzeri e di lanzichenecchi tedeschi. Luigi XI per primo comprese l'importanza della fanteria, utilizzò gli Svizzeri come istruttori, instaurò una disciplina più severa, e nel 1469 istituì l'ordine militare di san Michele per ricompensare i servigi di guerra. Comparvero sul campo di battaglia le artiglierie dotate di affusto a ruote e l'archibugio; Carlo VIII portò in Italia 140 cannoni pesanti e 200 cannoni leggeri. Con Luigi XII, che nella battaglia di Agnadello (1509) comandava 10.000 francesi e 20.000 stranieri, l'esercito francese aveva ormai una solida struttura e una vera gerarchia militare. La fanteria, comandata da due colonnelli generali, era dotata di quadri, e comprendeva picchieri e archibugieri; la cavalleria era organizzata in gendarmeria d'ordinanza e in cavalleria leggera (stradiotti, carabini, cavalleggeri). Nel 1554 apparvero i primi dragoni, e verso la fine del secolo gli Svizzeri furono addetti alla guardia personale del re.
Con Enrico IV il numero dei mercenari diminuì e la disciplina divenne più severa; il re fondò una scuola di quadri a La Flèche, un'accademia militare a corte, e l'ordine del monte Carmelo. L'arsenale contava 400 cannoni, e l'esercito 100.000 uomini ben addestrati. Richelieu continuò l'opera di Enrico. La carica di conestabile fu soppressa, le compagnie d'ordinanza fuse nella cavalleria (organizzata in 50 reggimenti, di cui 28 stranieri); la fanteria contò 22 reggimenti; furono creati il ministero della guerra e i servizi sanitari. Tuttavia l'esercito apparteneva ancora più ai suoi capi diretti che al re, perché colonnelli e capitani acquistavano i loro brevetti ed erano proprietari delle rispettive unità.
2. L'esercito di Luigi XIV e del XVIII sec. Sotto Luigi XIV l'esercito, riorganizzato dal Louvois, comprendeva 60.000 cavalieri (gendarmeria, guardia regia, ussari, dragoni) e 51 reggimenti di fanteria, in cui i granatieri costituivano le truppe scelte; nel 1684 fu formato il primo reggimento di artiglieria. Vennero creati i commissari di guerra e i consigli di guerra, e introdotto un codice di giustizia militare (1709). I soldati, alloggiati in caserme, ricevevano un'uniforme e un fucile. Accanto all'esercito regolare furono organizzate nel 1688 le milizie provinciali (70.000 uomini nel 1692); la milizia borghese provvedeva al servizio di polizia nelle città. Dopo la crisi della Reggenza, furono create nuove scuole militari (Parigi, Mézières, Saumur); la venalità delle cariche fu soppressa (1762); fu istituita la pensione per i soldati dopo sedici anni di servizio. Le milizie provinciali (divenute permanenti nel 1726) furono costituite in battaglioni, con quindici giorni di servizio annuo in tempo di pace. L'artiglieria fece notevoli progressi. L'amministrazione finanziaria istituì veri e propri bilanci militari, ordinario per le spese di pace, straordinario in tempo di guerra. Nel 1763 la Francia venne divisa in quindici dipartimenti, comandati da marescialli; nel 1766 furono creati gli ufficiali di SM, e nel 1788 i reggimenti furono raggruppati in 52 brigate di fanteria e 32 di cavalleria, raggruppate a loro volta in divisioni. Le ordinanze del 1781 richiedevano per gli ufficiali i quattro quarti di nobiltà, ma nel 1789 un quarto del corpo era composto di plebei o di borghesi nobilitati. Alla stessa data l'esercito comprendeva, insieme con le milizie provinciali, 295.000 uomini, ed era uno strumento solido e già nazionale. Dai suoi ufficiali subalterni sarebbero usciti i marescialli di Napoleone.
L’ESERCITO NAZIONALE
Nel 1789, all'inizio della Rivoluzione, fu creata la Guardia nazionale, unita in seguito ai battaglioni dell'esercito regolare. Carnot creò nuove scuole di quadri, e l'invasione venne respinta grazie a una vera e propria mobilitazione. Nel 1794 l'esercito nazionale contava 750.000 uomini. Nel 1798 fu introdotta la coscrizione obbligatoria per tutti gli uomini dai venti ai venticinque anni; Bonaparte attenuò la legge, consentendo la sostituzione: dal 1804 vennero estratti a sorte gli uomini destinati a partire, mentre gli altri furono assegnati alla riserva. Dal 1792 al 1799 la repubblica mobilitò 1.570.000 uomini.
Napoleone non modificò sostanzialmente l'esercito repubblicano. Come primo console, stabilì che la Guardia nazionale fosse chiamata in servizio solo in caso d'invasione, creò una guardia consolare e l'artiglieria trainata, riorganizzò la cavalleria (corazzieri) e istituì la Legion d'onore. Con l'Impero sorse la Guardia imperiale, forza considerevole al comando esclusivo di Napoleone; furono create nuove scuole (Saint-Cyr) per unificare la formazione dei quadri, e ristabilito il maresciallato. Nel 1813 la Guardia nazionale venne mobilitata, e le sue coorti riunite in reggimenti. Nei 130 dipartimenti dell'Impero, Napoleone mobilitò, dal 1800 al 1815, 1.350.000 uomini.
L’ESERCITO DI MESTIERE
La Restaurazione abolì dapprima la coscrizione, ma data l'insufficienza del reclutamento volontario fu ristabilita nel 1818 l'estrazione a sorte (con facoltà di sostituzione) per una ferma di sei anni; il contingente fu stabilito ogni anno dal parlamento. Nel 1817 fu creata l'intendenza, e nel 1818 il corpo e la scuola di SM. Gli effettivi raggiunsero i 200.000 uomini. L'esercito di Luigi Filippo mantenne lo stesso tipo di reclutamento; fu regolata la carriera degli ufficiali (1834) e organizzato lo stato maggiore generale (1839). Con la campagna d'Africa sorsero la Legione straniera (1831), gli zuavi, i cacciatori d'Africa, i cacciatori di Vincennes (1838), gli spahis e i tirailleurs o tiragliatori. L'armamento fu perfezionato (fucile ad ago) e Parigi si cinse di fortificazioni. Napoleone III istituì una nuova Guardia imperiale, forte di 54.000 uomini. Dopo Sadowa fu adottata la ferma di nove anni (cinque in servizio attivo e quattro nella riserva); l'esercito, poco numeroso (300.000 uomini circa), fu fornito di artiglieria rigata e del fucile chassepot. L'imperatore istituì la medaglia al valor militare.
Carenza dell'alto comando, mancanza di riserve, disordine dei servizi e della mobilitazione furono tra i fattori essenziali della disfatta francese del 1871. La successiva riorganizzazione militare fu segnata dalle leggi di reclutamento del 1872, 1889, e 1905, che sancirono il principio dell'obbligo generale e personale al servizio militare e l'istruzione delle riserve. L'alto comando fu rinnovato con la creazione dello stato maggiore generale dell'esercito (1873), della Scuola superiore di guerra (1880) e del Consiglio superiore della guerra (1888). Nonostante la grave crisi provocata dall'@19affare Dreyfus#446247NN3NN@*19 e da altri scandali, la Francia poté affrontare la prima guerra mondiale con un esercito in piena efficienza.
La perfetta riuscita della mobilitazione del 1914 e la vittoria della Marna confermarono la solidità dell'organizzazione militare francese. La guerra di trincea impose alle truppe sacrifici senza precedenti, sopportati senza cedimenti morali (tranne nelle settimane successive allo scacco dello Chemin des Dames, 1917), e in seno alla coalizione alleata l'esercito francese sostenne il peso maggiore della lotta, per entità delle perdite umane e per suprema responsabilità di comando (Foch). [V. GUERRA MONDIALE (prima).]
Smobilitato rapidamente dopo la vittoria, l'esercito francese dovette tuttavia far fronte a numerosi impegni: occupazione renana (1919-1930), invio di missioni militari nei paesi alleati (Polonia, Europa centrale, Medio Oriente, ecc.), operazioni d'oltremare (Marocco e Siria). Nel 1930 fu iniziata la costruzione della @19linea Maginot fra Montmédy e il Reno. Il servizio di leva, di diciotto mesi nel 1923 e di un anno nel 1928, fu portato a due anni nel 1935, di fronte alla rinnovata minaccia tedesca, per compensare il deficit delle leve 1935-1939. Tuttavia la preparazione militare fu trascurata, e gli sforzi compiuti dal 1937 non colmarono le deficienze dell'armamento francese. Nel campo della motorizzazione e dei mezzi corazzati la Francia nel 1939 era nettamente inferiore alla Germania hitleriana.
Battuto nella guerra-lampo condotta dal III Reich, dopo l'armistizio del giugno 1940 l'esercito francese si divise in tre parti: le Forze francesi libere (FFL), riunite intorno a De Gaulle, alle quali si collegarono ben presto le forze clandestine della Resistenza in Francia (dette poi Forze francesi dell'interno, FFI); l'esercito detto “d'armistizio” sciolto dai Tedeschi nel 1942; l'esercito d'Africa, dipendente, come il precedente, dal governo collaborazionista di Vichy. Le FFL e l'esercito d'Africa — col contributo capitale delle unità africane autoctone — formarono nel 1943 le unità del nuovo esercito francese, che, riarmate dagli Americani, combatterono in Tunisia, in Italia, in Francia e in Germania, con i generali Juin, de Lattre de Tassigny e Leclerc. La loro fusione, nella Francia liberata, con le FFI (1944-1945) consacrò la risorta unità francese.
La riorganizzazione dei quadri seguita alla Liberazione dovette affrontare il duplice problema dell'epurazione e dell'integrazione di elementi di provenienza molto varia (forze partigiane, FFL, FFI, esercito d'armistizio, esercito d'Africa); inoltre le scuole militari attraversarono una grave crisi di reclutamento. Tuttavia, prima e dopo l'adesione della Francia al Patto atlantico (1949), l'esercito francese subì un notevole processo di rinnovamento: l'equipaggiamento fu rimodernato grazie agli aiuti americani, ben presto integrati dalla produzione nazionale; la riapertura delle scuole di guerra (1948) e la creazione di un Istituto della difesa nazionale (1949) segnarono la ricostituzione dell'insegnamento militare superiore. Appena uscita dalla sanguinosa guerra d'Indocina, la Francia dovette far fronte dal 1º novembre 1954 all'insurrezione algerina, che assorbì la quasi totalità del suo potenziale militare (500.000 uomini nel 1959-1960), e che portò alla crisi nazionale del maggio 1958 in cui l'esercito ebbe una parte determinante.
Con l'avvento del generale De Gaulle e della V Repubblica le strutture politico- militari della difesa subirono una profonda riorganizzazione (7 gennaio 1959), che iniziò con l'istituzione di un nuovo tipo di divisione con meccanizzazione spinta, con capacità controcarri e preparata all'impiego di armi nucleari. De Gaulle accentuò il carattere nazionale della difesa francese (ritiro della flotta del Mediterraneo dal comando della NATO e progressivo sganciamento dal Patto atlantico), e moltiplicò gli sforzi per fare della Francia una potenza nucleare (prime esplosioni francesi a Reggane [Sahara], febbraio e aprile 1960; legge per la creazione di una “forzad'urto” [force de frappe] francese, 8 dicembre 1960). Per attuare la politica militare concepita da De Gaulle, la Francia doveva costituire dei complessi interforze che, dotati di armamenti ed equipaggiamenti sofisticati, sarebbero stati in grado di difendere il territorio nazionale da qualsiasi tipo di aggressione e intervenire ovunque fosse necessario per onorare accordi internazionali. Il primo programma varato per questo scopo, e relativo al periodo 1960-1964, portò alla costituzione di forze nucleari strategiche, forze di manovra e d'intervento, forze di difesa del territorio (queste terminologie variarono in seguito, ma, grosso modo, l'organizzazione rimase inalterata). Le forze nucleari strategiche, elemento base della difesa autonoma, furono costituite da una componente terrestre con due basi di lancio in silo (plateau d'Albion), ciascuna con 9 missili con testata nucleare da 150 kt e portata di 2.500 km; una componente navale (forza oceanica strategica) con tre sottomarini a propulsione nucleare, ciascuno con 16 missili con portata di 2.000 km; una componente aerea con 9 squadroni (gruppi di squadriglie) per complessivi 36 bireattori “Mirage IV” operativi per il lancio di bombe da 100 kt, 22 di riserva e 12 aviocisterne KC-135 per il rifornimento in volo. Nel 1962, le forze di manovra erano formate dalla 1ª armata, su 2 corpi d'armata, per complessive 5 divisioni di cui 2 dislocate in Germania. La divisione, secondo i criteri fissati nel 1959, era articolata in 3 brigate, ognuna delle quali inquadrava un reggimento missili tattici con 4 rampe di lancio di missili “Pluton” con testata nucleare da 10- 15 kt (all'epoca la decisione d'impiego si attuava a livello divisione); essa però, con 19.000 uomini e 5.000 veicoli, risultava molto pesante, per cui, nel 1967, fu ristrutturata con 3 brigate meccanizzate, una forza di 16.500 uomini e 4.600 veicoli. Le forze d'intervento erano costituite da 1 divisione leggera, su 2 brigate paracadutisti e 1 brigata di fanteria marina. Le forze di sicurezza del territorio comprendevano le unità di difesa aerea, 2 brigate alpine, 25 reggimenti di fanteria e 6 reggimenti carri con 575 tra carri armati leggeri e veicoli da combattimento, artiglierie campali e semoventi da 105 e da 155 mm, 3 reggimenti missili contraerei “Hawk”, 5 battaglioni missili “Pluton”. L'aviazione leggera disponeva di 300 aerei leggeri (collegamento) e 450 elicotteri (controcarri, appoggio di fuoco, manovra dei rincalzi). Nel 1965, una legge sul reclutamento sostituì il concetto di “servizio militare” con quello più ampio di “servizio nazionale” e fissò in 12 mesi la durata della ferma di leva. Nel 1966, la Francia si sganciò completamente dalla NATO e, nella sua completa autonomia in questioni di politica militare, sancì il principio della “risposta nucleare totale” in opposizione al concetto americano della “risposta graduale”.
Nella seconda metà degli anni Settanta, il graduale potenziamento delle forze nucleari strategiche portò alla disponibilità di 18 postazioni in silo e missili con testata unica da 1 Mt e portata di 3.000 km; 4 sottomarini a propulsione nucleare con 16 missili M-20 con testata unica da 1 Mt e portata di 4.800 km e 2 sottomarini con 16 missili M-4 con testata multipla di 3×200 kt e portata di 5.600 km; 33 “Mirage IV”, 105 “Mirage III”. Nel 1975 nel settore esercito è stata soppressa la distinzione tra forze di manovra e forze di difesa del territorio con l'unificazione degli SSMM operativi e territoriali e riunendo (1976-1978) le unità in 2 corpi d'armata e 6 divisioni corazzate, 2 corazzate leggere, 5 di fanteria, 1 alpina, 1 paracadutisti. All'atto della mobilitazione era prevista la costituzione di 14 divisioni.
Negli anni Ottanta sono proseguiti la modernizzazione e il potenziamento delle forze nucleari strategiche; uno dei 6 sottomarini a propulsione nucleare è stato ammodernato e un settimo è entrato in servizio; i missili in dotazione sono tutti M-4 (3×200 kt, 5.600 km). La componente aerea conta 34 “Mirage IV” (1×70 kt, 3.200 km), 30 “Mirage III” (2×15 kt), 36 “Super Étendard” (2×15 kt, 1.500 km). Le forze nucleari tattiche sono formate da 5 reggimenti armati in totale con 30 rampe di lancio di missili “Pluton” con testata unica da 15-25 kt e portata di 120 km; la decisione del loro impiego spetta al comandante del corpo d'armata, mentre, quando il “Pluton” sarà sostituito dall'“Haedes” (350-400 km) dotato di testata “a neutroni”, la competenza passerà al capo di SM generale. Nel settore esercito le forze sono costituite dalla 1ª armata (Strasburgo), da 3 corpi d'armata (Metz, Baden, Lilla), da 10 divisioni (6 corazzate, 4 di fanteria), dalla forza di rapido intervento creata per intervenire sia in Europa, sia Oltremare, formata da 5 divisioni (aeromobile, corazzata, di fanteria marina, paracadutisti, alpina). Gli armamenti e gli equipaggiamenti complessivi di tutte le forze dell'esercito sono: 1.100 carri armati medi AMX-30, 2.000 veicoli blindati (in prevalenza AMX-10), 1.350 missili controcarri “Milan”, 85 sistemi d'arma suolo-aria “Roland”. L'aviazione leggera dell'esercito inquadra dei raggruppamenti elicotteri e 6 reggimenti di elicotteri da combattimento (in totale circa 600 unità).
Nel 1984, il bilancio della difesa è stato pari al 3,92% del PNL; nel 1987 è stato di 29.260 milioni di dollari pari al 3,2% del PNL; in quell'anno la forza complessiva ha subito una riduzione di 37.500 unità.
La Francia ha anche 6 grandi comandi interforze dislocati oltremare: Antille-Guiana, Polinesia, Sud-Oceano Indiano, Nuova Caledonia, Gibuti, Capo Verde; ha inoltre 2 comandi autonomi in Costa d'Avorio e nel Gabon.
MARINA
Al tempo di Carlo Magno la marina, contrariamente all'esercito, era già un'istituzione statale comprendente tre flotte, una per ciascuna delle frontiere marittime: Germania (mare del Nord), Gallia (Atlantico), Italia e Linguadoca (Mediterraneo). Operando in collegamento con torri di vedetta erette lungo il litorale, la marina carolingia si sforzò di contrastare la pirateria e le invasioni barbariche. Ma, all'epoca delle prime crociate, la Francia non aveva ancora una marina ben organizzata e dovette noleggiare navi genovesi, pisane e veneziane per trasportare i suoi crociati. Il primo ammiraglio di Francia fu nominato nel 1270 per comandare la crociata che veleggiò verso Tunisi.
La rivalità franco-inglese per la Fiandra obbligò la monarchia a costituire una marina del Nord. Per raggiungere la cinquantina di galere e costruire natanti di vario tipo, la Francia si rivolse alla Spagna e a Genova. La “grande armata navale”, che fu sconfitta dagli Inglesi nel 1340 a L'Ecluse, comprendeva, oltre alle galere genovesi, 202 vascelli, armati da più di 20.000 uomini. Nessuna opposizione incontrarono, di conseguenza, gli Inglesi, sbarcati qualche anno dopo a Saint-Vaast- la-Hougue per andare a battere i cavalieri francesi a Crécy. Carlo V restaurò la marina, il che gli permise non solo di impedire le invasioni inglesi, ma anche di portare la guerra nelle isole britanniche dove il suo ammiraglio Jean de Vienne sbarcò nel 1381 alla testa di 183 navi a vela. Tale impegno venne frustrato da Carlo VI che lasciò decadere la flotta. Enrico V d'Inghilterra poté sbarcare senza contrasto sul mare nel 1415 nell'estuario della Senna vincendo i Francesi ad Azincourt. Alla fine della guerra dei Cent'anni, Bordeaux e Bayonne furono riprese solo con l'aiuto di una squadra spagnola e, in mancanza di una forza navale sufficiente, né Calais né le isole anglo-normanne poterono essere riconquistate. L'insufficienza di mezzi navali obbligò Francesco I ad allearsi coi Turchi o coi Genovesi per combattere Carlo V di Spagna. Per affrancarsi dalla necessità di questi aiuti Enrico II decise di costruire una quarantina di vascelli per l'Atlantico e altrettante galere per il Mediterraneo. Con Richelieu e poi con Colbert la marina militare francese acquistò rango di grande marina e assunse le caratteristiche che ha conservato fino a oggi. La carica di ammiraglio, soppressa per qualche tempo, divenne soprattutto onorifica. Gli affari marittimi e coloniali facevano capo a un segretario di Stato, assistito da un consiglio di marina dipendente direttamente dal re. Colbert abbandonò i vecchi arsenali di Brouage e Le Havre, e col concorso di Vauban ne istituì di nuovi a Brest, Rochefort e Tolone. La distinzione tra le marine di Levante e di Ponente fu abolita; l'amministrazione dei porti affidata a intendenti e le forze navali a un ammiraglio, tre luogotenenti generali, sei o otto comandanti di squadra, dei quali i più celebri furono Duquesne, Château-Renault e Tourville. Alla morte di Colbert la marina francese contava 117 vascelli di vario fipo, 25 fregate, 44 unità leggere, 1.200 ufficiali e 53.000 uomini. Essa si distinse in numerosi combattimenti, ma alla fine fu vinta dalla coalizione anglo-olandese, due volte più forte, a Barfleur e a La Hougue (1692). Ridotta a fare la guerra di corsa, nella quale si segnalarono Jean Bart e Duguay-Trouin, la marina non riuscì a impedire all'Inghilterra di assicurarsi nel 1713 il predominio marittimo.
Sotto la Reggenza la marina, quasi del tutto trascurata, non contava più che una quarantina di vascelli in cattive condizioni (1729). La minaccia inglese alle colonie francesi costrinse a raddoppiare il bilancio della marina, che fu portato a 20 milioni nel 1739 contro 50 dell'Inghilterra. Questo sforzo fu però tardivo: durante la guerra di Successione d'Austria la marina, vittima della sua inferiorità, fu quasi completamente distrutta. All'inizio della guerra dei Sette anni essa non contava che 50-60 vascelli contro 150 inglesi. Così, nonostante accanite battaglie, la marina non riuscì a salvare le Indie Occidentali e il Canada (1763). Uno sforzo perseverante, dovuto a Choiseul e a Sartine, procurò alla Francia una delle più belle marine che avesse avuto e che, agli ordini di uomini come d'Estaing, d'Orvilliers, de Grasse, La Motte-Picquet e Suffren, intervenne vittoriosamente nella guerra d'Indipendenza degli Stati Uniti (1778).
La Rivoluzione sgretolò la marina francese. Per alcuni anni gli ufficiali si trasferirono in gran parte all'estero o furono radiati dai ruoli e gli equipaggi dovettero essere reclutati fra gente senza esperienza marinaresca. Il Direttorio tentò di riorganizzare la marina, mutò i nomi di luogotenente generale e di comandante di squadra in quelli di viceammiraglio e contrammiraglio. La squadra del Mediterraneo fu distrutta ad Abukir (1798) e il resto delle forze navali soccombette a Trafalgar (1805). Le coste francesi furono bloccate, salvo una breve interruzione seguita alla pace di Amiens, per ben ventidue anni, e tutte le colonie caddero sotto il controllo inglese. Napoleone per difendersi fu costretto a estendere nel 1806 a tutta l'Europa il Blocco continentale.
Soltanto dopo la Restaurazione la Francia riuscì a riorganizzare una marina che le consentì di affermarsi a Navarino (1827) e di sbarcare un corpo di spedizione in Algeria (1830). Sotto Napoleone III la marina conseguì un nuovo periodo di splendore sia prendendo parte attiva alla guerra di Crimea (durante la quale si affermò la superiorità della propulsione a elica), sia nel campo delle costruzioni con la nave d'altura Gloire (1860), la prima nave munita di corazza, l'adozione dello scafo in acciaio (1862), la sistemazione delle artiglierie di maggior calibro in torri corazzate. Nel 1870 contava 382 unità, di cui 16 navi maggiori corazzate; all'epoca le navi erano armate solo di cannoni; poi comparvero il siluro (1875) e le torpediniere che ne effettuavano l'impiego, quindi il sommergibile (1893). Nuovi arsenali vennero costruiti a Biserta, Dakar, Saigon. Nel 1890 la marina ebbe un proprio SM e cedette a un apposito ministero l'amministrazione delle colonie. Sotto la III Repubblica la marina ebbe una parte essenziale nell'espansione coloniale.
Allo scoppio della prima guerra mondiale (1914) la marina, con 700.000 t di naviglio, comprendente 33 corazzate e incrociatori pesanti, 27 incrociatori, 180 siluranti e 76 sommergibili, era la terza potenza navale (dopo Gran Bretagna e Germania). La sua partecipazione al conflitto fu essenziale, specie per i collegamenti oltremare, anche se priva di eventi spettacolari come la partecipazione a grandi battaglie navali. Nel corso del conflitto si costituì l'aviazione navale. Nel dopoguerra il trattato di Washington (1922) limitò per la Francia la disponibilità di navi di linea per un dislocamento complessivo non superiore alle 175 mila tonnellate. Tali limiti furono gradualmente superati da tutte le grandi potenze e, allo scoppio della seconda guerra mondiale, la Francia risultò la quarta potenza navale del mondo (dopo le marine americana, britannica e giapponese) con 546.000 t, 80.000 uomini, 7 navi di linea, 17 incrociatori, 66 cacciatorpediniere e torpediniere, 76 sommergibili. Durante il conflitto la marina francese subì ostilità sia da parte dei Tedeschi, sia da parte degli Alleati (Mers-el-Kébir, 1940; Casablanca, 1942; autoaffondamento, Tolone, 1942). Sebbene gli eventi bellici tra il 1940 e il 1943 l'avessero divisa tra le forze navali francesi libere (FNFL) e la marina del governo di Vichy, la flotta collaborò, nei limiti delle forze di cui disponeva, allo sforzo bellico degli Alleati nel 1944-1945. A partire dal 1945 si arricchì di navi cedute da Tedeschi e da Italiani (17 unità, tra le quali 2 incrociatori); altre ne ricevette a prestito dagli Alleati (3 portaerei e 18 cacciatorpediniere). A partire dal 1950, iniziò l'ammodernamento della flotta, che, tra il 1945 e il 1954, contribuì validamente alla condotta delle operazioni in Indocina, assicurando i rifornimenti e combattendo coi reparti aeronavali e speciali. Dopo la stipulazione dell'Alleanza atlantica una parte delle sue forze furono integrate, finché nel 1959 il generale De Gaulle richiese che le forze navali francesi del Mediterraneo dipendessero completamente da un comando nazionale. La sua volontà di conseguire la massima autonomia ed efficienza è rivelata dalla formazione di una flotta dotata di tutti gli elementi e di tutte le armi indispensabili a completare la forza d'urto del paese.
Negli anni Settanta la marina aveva una forza di 68.000 uomini e una flotta composta da 2 portaerei, 1 portaelicotteri, 1 incrociatore comando e 1 lanciamissili superficie-aria, 17 cacciatorpediniere (3 comando, 4 lanciamissili superficie-aria, 6 antisom, 4 controllo spazio aereo e guidacaccia), e dal naviglio minore formato da 29 fregate, 15 dragamine, 61 dragamine costieri, 14 posamine costieri (da 1.150 t, armati di lanciarazzi sestuplo, 2 lanciasiluri antisom, rampe lanciamissili “Exocet” superficie- aria), 5 navi da sbarco, 18 mezzi da sbarco. In questo periodo (1973) venne posto in atto un programma della durata di quindici anni (1976-1991) per la costruzione di sottomarini d'attacco, detti hunterkiller (cacciadistruttori), destinati alla protezione dei sottomarini della forza oceanica strategica, compito che i 19 sommergibili d'attacco hanno difficoltà ad espletare con efficienza. L'aviazione navale aveva una forza di 12.000 uomini e 200 aerei da combattimento, parte dei quali imbarcati sulle portaerei (3 squadroni di “Etendard” e 2 di “Cruisader”).
Nel periodo degli anni Ottanta la marina ha inquadrato 66.350 uomini e si articola in 3 regioni marittime (Cherbourg, Brest, Tolone), nella forza oceanica strategica, nelle forze marittime polivalenti, nelle forze di difesa marittime polivalenti, nelle forze di difesa marittima. La forza oceanica è formata da 7 sottomarini da 7.500-7.900 t con base in un'isola nei pressi di Brest. Le forze polivalenti raggruppano le unità navali da combattimento, un complesso di 200.000 t che comprende: 19 sommergibili d'attacco a propulsione diesel e 4 (dei 6 programmati) a propulsione nucleare della classe “Rubis” (2.500 t) e 2 della stessa classe in cantiere; 2 portaerei (saranno sostituite nel corso degli anni Novanta) ciascuna con una quarantina di “Cruisaders” e di “Super Etendard” idonei all'impiego di bombe nucleari tattiche; 1 portaelicotteri con 8 elicotteri (assalto, antisom, trasporto truppe); 6 incrociatori di difesa aerea e antiaerea; 15 fregate; un numero imprecisato di corvette e di navi scorta a vocazione antisom; 9 avviso-scorta e 7 avviso di sorveglianza costiera. Le forze di difesa marittima raggruppano un complesso di navi rifornitrici e da trasporto per un dislocamento complessivo di circa 100.000 t. L'aviazione navale, indipendente da quella imbarcata (78 aeroplani), dispone di circa 300 aerei ed elicotteri pesanti impiegati nel pattugliamento marittimo e per la lotta antisom con base a terra.
AVIAZIONE
Le sue origini più remote risalgono agli aerostieri, il cui uso, a scopi militari, ebbe inizio col reparto creato dal Comitato di salute pubblica nel 1794 e che si distinsero a Fleurus. Soppresso nel 1797, il reparto non riapparve che alla fine del XIX sec., quando alcuni palloni frenati vennero assegnati alle piazzeforti dell'Est. In Francia, i primi impieghi militari dell'aeroplano iniziarono nel 1905, e progredirono così velocemente che nel 1910 venne istituito dal ministero della guerra un ispettorato permanente dell'aeronautica militare, dipendente dall'arma del genio. I primi aeroplani apparvero alle manovre in Piccardia (1909); nel 1913 tre squadriglie parteciparono alle manovre in Guascogna. Il 2 agosto 1914 la Francia possedeva 158 aeroplani militari (“Blériot”, “Farman”, “Voisin”), che ebbero parte importante nella battaglia della Marna. Essi assolvevano allora solo compiti di osservazione e ricognizione; ma, dalla fine del 1915, l'evoluzione dei mezzi bellici determinò le tre grandi suddivisioni dell'aviazione: osservazione (ricognizione e direzione dei tiri d'artiglieria), caccia e bombardamento. Uno sforzo considerevole venne compiuto nel campo della produzione aeronautica, che impiegava 86.000 operai; dal 1914 al 1918, la Francia produsse 51.700 apparecchi e 95.000 motori (dei quali 9.700 aeroplani e 25.000 motori ceduti agli Alleati). L'11 novembre 1918, il comando supremo disponeva di 3.600 apparecchi da combattimento che, per l'impiego, dipendevano da una direzione dell'aviazione (gen. Duval), incaricata di coordinare il loro impiego con quello delle grandi unità terrestri. Resa famosa dall'eroismo dei suoi assi (Guynemer, Fonck, Nungesser, ecc.), l'aviazione francese ebbe parte preponderante nella vittoria degli Alleati, e godette allora di una superiorità quantitativa e qualitativa incontestabile. Dopo la prima guerra mondiale, rallentò i suoi sforzi e troppo tardi comprese di aver perduto il vantaggio che aveva acquistato nella tecnica costruttiva aeronautica. Dopo aver seguito una politica di prototipi, rinunciando alle costruzioni in serie, nel 1939 disponeva di aerei che per numero (800 caccia e 200 bombardieri) e qualità erano molto inferiori rispetto ai diretti avversari. Sul piano organizzativo, l'autonomia dell'aviazione militare (armée de l'air) venne raggiunta molto lentamente. L'aeronautica (aviazione e aerostatica) venne per lungo tempo considerata come un'arma ausiliaria, al servizio delle forze terrestri, alle quali restò completamente subordinata (eccetto che per l'aviazione navale, dipendente dalla marina).
Soltanto nel 1928 fu costituito il ministero dell'aria, in cui il ministro dell'aria riunì il complesso delle forze aeree civili, terrestri, marittime e coloniali; ma per l'impiego egli doveva metterle “sempre” a disposizione dei ministri della guerra, della marina e delle colonie. Nel 1930, venne istituita la carica di capo di SM dell'aviazione e vennero create le regioni e i dipartimenti aerei, ma la piena autonomia dell'armée de l'air avvenne solo dopo l'emanazione delle leggi del 2 giugno 1934 e del 2 settembre 1938 (legge riguardante l'organizzazione generale), del 9 aprile 1935 e del 1° agosto 1936 (regolamento dei suoi quadri in servizio e in riserva). Fino a quest'ultima data i suoi quadri erano formati nelle scuole militari dell'esercito. Dopo la campagna di guerra del 1940, nel corso della quale i suoi equipaggi abbatterono più di 700 aeroplani tedeschi, l'aviazione francese si ricostituì da una parte, in Francia e nel Nord Africa, al comando del generale Bergeret; dall'altra venne organizzato a Londra un commissariato d'aeronautica che costituì le forze aeree della Francia libera (FAFL), assicurando così la continuazione dell'appoggio dell'aviazione francese presso gli Alleati dal 1940 fino alla ricostituzione come forza armata, che avvenne nel 1943-1944. Questa fu favorita dalla cessione alla Francia di materiale inglese e americano (“Spitfire”, “Mustang”, “Dakota”, ecc.) e più tardi anche tedesco (“Junkers”).
Dopo il 1945, l'aviazione francese dovette far fronte ai pesanti impegni della guerra in Indocina e delle operazioni militari in Algeria, che esigevano la costituzione di consistenti formazioni da trasporto e da combattimento. A partire dal 1949, la Francia, con l'adesione alla NATO, poté beneficiare di importanti aiuti di materiale americano e forti aliquote di piloti poterono perfezionare la loro formazione nelle scuole aeree americane e canadesi. Ma fu soprattutto grazie a uno sforzo economico e industriale di vaste proporzioni che la Francia riuscì prima a ricostruire e poi a potenziare la sua industria aeronautica, ottenendo lusinghieri risultati nel campo dell'esportazione e sostituendo progressivamente gli aeroplani stranieri con apparecchi realizzati in Francia (le varie serie dei “Mystère”, dei “Vautour”, dei “Mirage”, i trasporti “Noratlas”, gli elicotteri “Alouette”, ecc.). Anche per i reparti missilistici, armati sino al 1967 con missili americani tipo Nike “Ajax” e “Hercules”, fu attuata la loro graudale sostituzione con missili di produzione nazionale. Nel 1967, per attuare la politica militare di De Gaulle, su un bilancio della difesa di 2.944 miliardi di lire, un quarto venne destinato all'aviazione militare che all'epoca inquadrava 108.000 uomini e circa 1.300 aerei operativi. Negli anni Settanta l'aviazione inquadrava 105.000 uomini e circa 500 aerei da combattimento; alla difesa aerea erano destinati 8 squadroni (livello di battaglione) di aerei intercettori “Mirage III” e “Super Mystère B-2”; le forze aeree, destinate a dare appoggio tattico alle divisioni corazzate e meccanizzate delle forze di manovra, erano formate da 13 squadroni di cacciabombardieri, 2 di bombardieri leggeri (30 Vautour) e 3 da ricognizione. Per il settore trasporti erano disponibili 7 squadroni per trasporti tattici, 1 per trasporti pesanti, 2 per trasporti misti, 4 di elicotteri.
Negli anni Ottanta l'aviazione ha inquadrato intorno ai 100.000 uomini (nella seconda metà del decennio sono scesi a 96.000) e a 550 aerei, e si articola in forze aeree strategiche, aeree tattiche, di difesa aerea, di trasporto aereo militare. Le prime sono dotate di 2 squadre (livello di brigata aerea) di “Mirage IV” per complessivi 36 aerei, ciascuno dei quali è armato di una bomba nucleare da 70 kt. Le seconde operano a favore della 1ª armata; le missioni belliche affidate sono: difesa aerea delle zone di operazioni, ricerca di informazioni sulle dislocazioni del nemico, neutralizzazione delle forze avversarie e distruzione di obiettivi tattici. Le forze aeree tattiche operano anche il lancio di ordigni nucleari il cui impiego può essere associato a quello dei missili “Pluton”. Il complesso delle forze tattiche si articola in 7 squadre con un totale di 300 aerei “Mirage III”, “Mirage V-F” e “Jaguar”; al loro interno operano 9 squadroni destinati all'impiego delle armi nucleari tattiche. Le forze di difesa aerea operano a favore dello spazio aereo nazionale con il rilevamento, l'identificazione e l'eventuale intercettazione di incursori avversari; per questo scopo dispongono di una decina di postazioni radar i cui dati raccolti affluiscono a un sistema automatizzato di trasmissione, di trattamento e di presentazione delle informazioni di difesa aerea. Le missioni di intercettazione sono affidate a 4 squadre con un totale di 150 aerei “Mirage F-1” e “Mirage III-C”. Le forze di trasporto aereo sono preposte al trasferimento di personale e materiali a favore di ogni tipo di unità delle forze armate. In tempo di pace possono essere impiegate in missioni di carattere umanitario o supplire, in caso di crisi, a servizi pubblici essenziali. Sono articolate in 4 squadre e dispongono di un centinaio di aerei tra i quali i C-160 “Transall”, “Nord-2501”, “Nord-Atlas” e DC-8, e di un centinaio di elicotteri dei tipi “Alouette” II e III e “Puma” SA-330. Il comando di queste forze dispone anche di aerei specializzati dotati di apparecchiature per misure e contromisure di guerra elettronica e altri per la calibratura di apparati di ausilio alla navigazione.

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