Francia e Impero nel primo Seicento

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FRANCIA E IMPERO NEL PRIMO SEICENTO
La Francia da Enrico IV a Richelieu
Il fatto più importante che accadde in Europa all’inizio del ‘600 fu la ripresa della Francia sotto Enrico IV, che, dopo aver posto fine alla guerra civile, promosse lo sviluppo economico e restaurò la posizione internazionale della Francia. Era necessario ripristinare la pienezza del potere monarchico, ed Enrico IV mirò ad eliminare i fattori di tensione interna legati al particolarismo dei grandi signori feudali.
La pratica della vendita degli uffici fu ampliata e perfezionata, gli uffici acquistati divennero ereditari dietro pagamento di una tassa annuale, detta paulette: in questo modo, Enrico IV vide affluire all’erario risorse importanti, arginò i poteri dell’alta aristocrazia e sancì l’ascesa di un nuovo ceto sociale. L’ereditarietà degli uffici irrobustì le posizioni della nobiltà di toga, la cui potenza s’identificava con quella dello Stato, a differenza della nobiltà di spada, e il potere si concentrò nelle mani di Enrico IV e del Consiglio di Affari.
In campo economico, il principale collaboratore di Enrico IV fu l’ugonotto Maximilien de Béthune, duca di Sully, che cercò di risanare le finanze francesi combattendo gli sprechi ed accentrando il controllo sulle spese. Nell’ambito dell’agricoltura, Sully eliminò molti pedaggi, realizzò bonifiche, costruì strade e canali navigabili, assicurò l’ordine nelle campagne liberandole dai briganti; nel campo manifatturiero, Sully si limitò ad una politica mercantilistica volta a contenere le importazioni e ad incoraggiare le esportazioni.
Enrico IV ristrutturò le forze armate e svolse un intenso lavoro diplomatico, per porsi al centro di una coalizione antiasburgica, rivolta contro la Spagna e contro l’Impero, che comprendesse la Svezia, la Danimarca, le Province Unite, i Cantoni svizzeri, il ducato di Savoia, Venezia e l’Inghilterra. Il disegno non poté essere attuato perché, nel 1610, Enrico IV fu ucciso da un monaco che intendeva punirle la sua politica filoprotestante.
Gli successe il figlio Luigi XIII, ma la reggenza fu assunta dalla madre, Maria de’ Medici, che affidò il governo a Concino Concini; la grande nobiltà francese approfittò della debolezza della regina e gli ugonotti entrarono in agitazione per il timore di perdere i diritti acquisiti con l’editto di Nantes, visto l’indirizzo filospagnola che stava prendendo la corte. Di fronte al pericolo, la regina convocò, nel 1614, gli Stati Generali del Regno, che non produssero risultati; la Francia non ebbe un governo autorevole fino al 1624, quando Armand Jean du Plessis de Richelieu entrò a far parte del Consiglio reale e prese la direzione politica del Regno.
Richelieu operò per consolidare le strutture dello Stato assoluto, combattendone i nemici; il cardinale contrastò alcune prerogative concesse agli ugonotti: pur lasciando loro libertà di culto, non tollerò che disponessero di piazzeforti e di forze armate.
In politica interna, Richelieu istituì gli intendenti, ufficiali di nomina regia destinati a sovrintendere l’azione di tutti gli organi periferici della pubblica amministrazione nelle singole province.
Superando l’opposizione del partito cattolico e filospagnola, Richelieu adottò una politica antispagnola e si impegnò nella Guerra dei Trent’Anni; al momento della morte, nel 1642, egli aveva dato solide fondamenta allo Stato francese.
Le origini della Guerra dei Trent’Anni
Il conflitto che prese avvio in Boemia nel 1618 aveva le sue radici nell’offensiva asburgico e controriformistica, avviatasi all’inizio del secolo, e nell’instabilità degli equilibri politici dell’Europa centro – settentrionale, ruotanti intorno ai territori tedeschi.
Nella seconda metà del Cinquecento, la Germania, divisa tra cattolici e protestanti, era rimasta in pace, poiché gli imperatori Ferdinando I e Massimiliano II praticarono una politica di tolleranza religiosa, sulla base delle clausole della pace di Augusta del 1555.
I contrasti cominciarono a riacutizzarsi verso la fine del XVI secolo, quando le correnti filoromane giunsero alla decisione di sfruttare gli strumenti politici al fine della restaurazione cattolica e si organizzarono in gruppi di pressione politica; l’iniziativa, passata in mano cattolica, con l’azione dei Gesuiti, degli Ordini religiosi e dei vescovi riformatori, trovò ascolto presso l’imperatore Rodolfo II.
I protestanti tedeschi crearono, nel 1608, l’Unione evangelica di autodifesa, capeggiata dal principe elettore del Palatinato, che allacciò più stretti rapporti con le Province Unite e con l’Inghilterra grazie alle nozze tra Federico V del Palatinato ed Elisabetta, figlia di Giacomo I Stuart.
Gli Asburgo avevano tenuto aperto il dialogo e la collaborazione con gli organi rappresentativi delle province; in questo atteggiamento tollerante, tuttavia, in Boemia, divenuta possedimento asburgico nel 1526, i protestanti si opposero all’azione di conquista cattolica, richiamandosi alle tradizioni nazionali di autonomia. Rodolfo II promulgò la Lettera di Maestà, che ribadiva la libertà di culto per i protestanti, ma essa fu abrogata dal suo successore Mattia; quando egli, nel 1617, designò come successore il cugino Ferdinando, la situazione precipitò.
Ferdinando d’Asburgo ebbe un atteggiamento antiprotestante, provocando l’esplosione della ribellione a Praga, nel 1618, quando avvenne la defenestrazione di Praga; la ribellione divenne aperta quando gli Stati della Boemia non riconobbero la successione di Ferdinando, salito al trono con il nome di Ferdinando II, e, nel 1619, offrirono la corona a Federico V del Palatinato.
Lo svolgimento della Guerra dei Trent’Anni
La Guerra dei Trent’Anni fu un intrico di eventi in cui si distinguono quattro fasi non separate tra loro:
o Nelle prime settimane di guerra, le forze imperiali incontrarono difficoltà nell’organizzarsi sulla base di una solidarietà con le altre potenze cattoliche; a Ferdinando II dettero appoggio Filippo III di Spagna, che inviò truppe dai Paesi Bassi e dall’Italia, il duca di Baviera, capo della Lega cattolica, che allestì una sua armata, la Polonia, da cui provennero altri rinforzi, e il duca Giovanni Giorgio di Sassonia, il più potente principe luterano della Germania.
Federico V, re di Boemia, restò isolato: né i principi protestanti tedeschi, in maggioranza luterani mentre lui era calvinista, né la Francia, né l’Olanda e l’Inghilterra intervennero in modo sostanzioso. Nel 1620, sull’altopiano della Montagna Bianca, in Boemia, le forze boemo – palatine furono sconfitte dall’esercito ispano – imperiale – bavarese, al comando del generale Jan Tilly; la sconfitta fu seguita dalla fuga di Federico V e del suo governo: Praga fu sottoposta a saccheggi e distruzioni indiscriminate.
Movendo dalla convinzione della slealtà dei sudditi protestanti, Ferdinando II proibì il culto riformato e fece della Boemia una provincia dipendente da Vienna; a tutto il paese furono imposti gravami fiscali e il risultato fu che la riconquista asburgico e la perdita delle libertà coincisero, per la Boemia, con l’avvio di una regressione economica, sociale e culturale.
Federico V fu privato della dignità di Elettore e il suo seggio fu attribuito a Massimiliano di Baviera; il sovrano si rifugiò poi all’Aja, sperando nell’aiuto olandese.
Sotto il nuovo re, Filippo IV, la direzione della politica spagnola fu affidata a Gaspar d’Olivares, che nutriva il progetto di riordinare le finanze e la pubblica amministrazione e di riprendere una politica estera di ampio respiro.
Il segnale dell’aggressività spagnola si ebbe in Valtellina: gli Spagnoli spinsero le popolazioni cattoliche valtellinesi a massacrare i loro signori protestanti e occuparono militarmente la regione.
La situazione politico – diplomatica si muoveva in senso sfavorevole agli Asburgo: nel 1621 cessò la tregua tra la Spagna e le Province Unite, che assunsero una funzione di coordinamento dello schieramento antispagnolo e antiimperiale. In Francia, nel 1624, Richelieu entrò a far parte del Consiglio reale, imprimendo un’accelerazione antispagnola alla politica francese. In Inghilterra, la politica attendista del re Giacomo I Stuart incontrava opposizione nel paese e nel Parlamento. Il ducato di Savoia e Venezia intervennero a fianco della Francia per togliere la Valtellina agli Spagnoli, ma il trattato di Monzon del 1626 riconfermò il controllo spagnolo sulla regione.
La debolezza della coalizione antiasburgica fu aggravata dall’insorgere di nuove contraddizioni, quando Luigi XIII e Richelieu attaccarono gli ugonotti a La Rochelle e l’Inghilterra intervenne in loro soccorso.
o Lo schieramento antiasburgica si trovò a dipendere dal re di Danimarca e Norvegia, Cristiano IV, e dal re di Svezia, Gustavo II Adolfo; luterani convinti, i due sovrani si proposero come paladini della causa protestante, ma guardando ai territori tedeschi come a mete dei loro disegni espansionistici. Finanziato dagli Olandesi, il re di Danimarca prese l’iniziativa, ma senza successo; il conflitto intorno a La Rochelle acuiva i contrasti franco – inglesi e impediva un intervento in Germania, facendo intravedere un possibile riavvicinamento tra Francia e Spagna in funzione antiinglese. Cristiano IV si trovò a combattere da solo contro gli eserciti ispano – imperiali del Tilly e di Albrecht Wallenstein. Le operazioni militari durarono tre anni, da 1625 al 1628, e si conclusero con la sconfitta di Cristiano IV che, con la pace di Lubecca del 1629, conservò i suoi domini ereditari, ma dovette rinunciare alle terre della Germania.
Nel 1627, Ferdinando II decretò l’espulsione dalle sue terre di tutti coloro che non si fossero convertiti al cattolicesimo; nel 1629, emanò l’Editto di restituzione, per cui tutte le proprietà ecclesiastiche occupate dai protestanti dopo il 1552 dovevano essere restituite alla Chiesa cattolica. Fu l’entità della vittoria che aprì delle crepe sul fronte cattolico: gli Ordini religiosi si accapigliavano per la spartizione delle spoglie; il papa Urbano VIII pretendeva che fossero i suoi incaricati a decidere delle attribuzioni; i principi tedeschi giudicarono assolutistico il modo di procedere dell’imperatore, che aveva investito Wallenstein del titolo ducale del Meclemburgo al posto della dinastia locale.
Richelieu, ottenuta la resa di La Rochelle, fu libero di riprendere la politica antiasburgica; sospinse Luigi XIII ad intervenire militarmente nella crisi che si era aperta alla morte senza eredi del duca di Mantova e del Monferrato, Vincenzo II Gonzaga, nel 1627. Il ducato di Mantova era un feudo imperiale e spettava all’imperatore decidere in merito alla successione; ne derivò la guerra tra Spagna e Francia, che immobilizzò in Italia consistenti risorse ispano – imperiali e riannodò i legami della Francia con gli altri nemici degli Asburgo. Ferdinando II dovette piegarsi alla pace di Cherasco, nel 1634, che assegnò Mantova e il Monferrato a Carlo di Nevers, ai Francesi Pinerolo e ai duchi di Savoia alcune terre monferrine.
Intanto, in Germania, alla Dieta di Ratisbona del 1630, i principi tedeschi avevano imposto all’imperatore l’allontanamento di Wallenstein.
o Gustavo II Adolfo ed il cancelliere Axel Oxenstierna intrapresero la guerra in Germania: l’esercito svedese ottenne alcuni successi sugli imperiali, svantaggiati dal fatto che una parte del loro esercito era dislocata sul fronte di Mantova, che valsero alla Svezia il sostegno finanziario francese; la marcia di Gustavo Adolfo proseguì fino ai confini occidentali della Germania.
I Francesi cominciarono a preoccuparsi della forte potenza svedese al di là del Reno ed intensificarono il loro sforzo di penetrazione in Germania, con lo scopo di predisporre le basi per il conflitto con gli ispano – imperiali e di tenere sotto controllo l’alleato svedese.
Gli Svedesi penetrarono nella Germania centrale, in Baviera e in Boemia, finché Ferdinando II si decise a richiamare Wallenstein: a Lützen, nel 1632, gli Svedesi riportarono una vittoria sugli imperiali, pagandola con la morte del loro sovrano.
Dopo la morte di Gustavo Adolfo, la potenza svedese in Germania cominciò a declinare; nel 1634, gli Svedesi subirono a Nördlingen una sconfitta e furono costretti, nel 1635, ad abbandonare la Germania dopo la pace di Praga.
o Nel 1635, la Francia dichiarò guerra alla Spagna: la Guerra dei Trent’Anni divenne una guerra tra Impero e potenze straniere, appoggiate da una parte dei sudditi imperiali; Francia e Svezia volevano imporre la loro pace e per questo intensificarono la collaborazione e trovarono alleati tra i principi protestanti tedeschi.
Inizialmente, le operazioni militari furono favorevoli alla Spagna e all’Impero, di cui era divenuto titolare Ferdinando III, ma presto si ribaltarono a favore degli alleati francesi, svedesi e olandesi, nonostante in Svezia il potere di Oxenstierna declinava con l’avvento alla maggiore età di dell’erede di Gustavo Adolfo, la principessa Cristina, e benché nei Paesi Passi crescesse l’avversione degli ambienti borghesi della politica di potenza continentale perseguita dagli statolder orangisti.
La Spagna precipitò in una crisi gravissima, col fallimento della politica di centralizzazione perseguita dall’Olivares. L’ultimo tentativo della Spagna di capovolgere l’esito del conflitto, facendo marciare l’esercito dei Paesi Bassi su Parigi, fu stroncato a Rocroi, nel 1643; la battaglia di Rocroi segnò la fine della potenza militare spagnola e assegnò alla Francia, dove il cardinale Giulio Mazarino era succeduto a Richelieu, il primato militare in Europa.
In Germania, Ferdinando III rinunciò ai progetti imperiali e rese possibile la conclusione del conflitto, che si protrasse ancora per cinque anni.
I trattati di pace
La pace tra la Spagna e le Province Unite, gli accordi tra l’imperatore e i principi tedeschi, la pace di Münster tra l’Impero e la Francia e quella di Osnabrück tra l’Impero e la Svezia, furono noti come pace di Westfalia:
o Gli Asburgo d’Austria conservarono la Boemia nei possedimenti ereditari, in cui poterono proseguire nella restaurazione del cattolicesimo;
o Gli eredi di Federico V riottennero il Palatinato e il seggio elettorale;
o La Svezia rafforzò le sue posizioni, rinunciando alle pretese di egemonia in Germania, ma ottenendo un’indennità monetaria, metà della Pomerania e del Meclemburgo e alcune città;
o Le Province Unite videro riconosciuta la loro indipendenza dalla Spagna;
o La Spagna, che conservò i Paesi Bassi meridionali, fu la potenza più penalizzata della guerra, che rappresentò l’inizio del suo declino politico;
o La Francia uscì rafforzata sul confine tedesco e nella condizione di aspirare a raccogliere l’eredità spagnola come potenza egemone in Europa;
o La Germania restò frammentata in 350 entità politiche dotate di autonomia totale, con il riconoscimento a tutti gli abitanti dell’Impero del diritto a praticare un culto diverso da quello ufficiale dello Stato; i trent’anni di guerra combattuti sul suolo germanico, lasciarono lo Stato economicamente e demograficamente indebolito.
La pace di Westfalia segnò il punto di partenza di un nuovo modo di funzionare della relazioni internazionali in Europa:
o Si affermò il principio che ogni Stato è libero e sovrano e che ha il diritto di veder rispettata la propria esistenza;
o S’inaugurò l’era dei rapporti stabili e regolari tra gli Stati, tramite l’azione della diplomazia e sulla base di norme condivise;
o Si mirò a stabilire una politica di equilibrio tra i diversi Stati;
o Si pose fine alle guerre di religione, sancendo il diritto all’esistenza di confessioni diverse.
La Francia riprese la guerra contro la Spagna, con a fianco l’Inghilterra; nella battaglia delle Dune, nel 1658, i Franco – Inglesi sconfissero gli Spagnoli, costretti a firmare la pace dei Pirenei, nel 1659, che pose fine alla guerra e segnò la scomparsa della Spagna dalle grandi potenze.
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