Decolonizzazione

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Testo

La Decolonizzazione
(inquadramento generale ed approfondimento sul Nord Africa)
Con il termine decolonizzzazione si intende un processo storico che ha portato al dissolvimento degli imperi coloniali costituiti dalle grandi potenze europee nel corso del XIX secolo.
Molte le cause che hanno avviato tale processo :
a) il declino politico di Francia e Inghilterra nonostante la vittoria nella seconda guerra mondiale ;
b) l’ emergere della potenza degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica;
c) esigenza dei paesi coloniali di acquisire libertà e indipendenza;
d) l’intervento da parte dell'ONU e della Chiesa.

Il fenomeno del “dualismo” fu il lascito più grave del periodo coloniale interessando la politica,l’economia e la cultura con tale termine si intende la contrapposizione negli stati coloniali tra una parte ristretta della popolazione, orientata verso una civiltà di tipo europeo, contrapposta alla maggioranza del popolo che viveva in condizioni di arretratezza economica e con modelli culturali legati alla tradizione.
Il punto di svolta per tutti gli Stati europei, eccettuato il Portogallo, si ebbe tra il 1949 e il 1960 e fu determinato dal concorso in contemporanea di eventi che si svolsero nelle colonie e di situazioni in cui si trovarono a versare gli Stati colonizzatori. Da una parte il rapido diffondersi di movimenti nazionalisti nei paesi africani sollevò in Europa questioni concernenti sia la convenienza sia la moralità di una loro repressione: gli anni Cinquanta videro la nascita in Gran Bretagna e in Francia di potenti movimenti antimperialisti che per la prima volta misero in discussione la colonizzazione come fatto in sé. Tanto più la decolonizzazione s'impose come un problema urgente, quanto più la guerra da cui gli alleati occidentali erano usciti vittoriosi si era caratterizzata come una lotta combattuta contro la tirannide e a sostegno dei diritti dei popoli oppressi.
Dall'altra parte, l'importanza economica delle colonie per i loro possessori declinò rapidamente, all'incirca a partire dal 1951, a mano a mano che la ricostruzione europea procedeva con successo e che il prezzo dei prodotti di esportazione coloniali andava calando. L'Europa non aveva più bisogno di mantenere sulle colonie lo stesso grado di controllo che aveva esercitato in passato; al contrario cominciò a farsi sentire il prevedibile peso del sostegno economico ai territori coloniali.
Il risultato della combinazione di questi fattori fu che all'inizio degli anni Sessanta tutte le principali potenze coloniali adottarono una politica di decolonizzazione che prevedeva il trasferimento del potere a tutte le colonie, da attuare in tempi brevi e senza le molte riserve espresse in passato sulla loro capacità di amministrare efficientemente i propri affari. La decolonizzazione può dunque essere spiegata, entro certi limiti, con un mutamento radicale nell'atteggiamento degli europei. Tuttavia il momento in cui tale mutamento è avvenuto e la velocità con cui si è attuato sono stati condizionati in ultima analisi dal grado di resistenza che le potenze coloniali hanno incontrato nei rispettivi possedimenti da parte dei movimenti nazionalistici che seppero liberarsi dall’opposizione europea rifiutando la dominazione coloniale ma accettando la carica di modernità portata in Africa dal colonialismo. La composizione dei fattori che determinarono il corso degli eventi fu diversa da caso a caso. Il processo è avvenuto a volte pacificamente, a volte con violenza. La raggiunta indipendenza non ha però risolto i problemi delle ex colonie: nella maggior parte dei casi esse sono preda della violenza, delle guerre civili, della miseria.
Gradatamente, dopo la seconda guerra mondiale, i grandi imperi coloniali si dissolsero la decolonizzazione avvenne per con due meccanismi infatti in alcuni casi ebbe luogo principalmente perché gli Stati imperiali decisero che, tutto sommato, per il futuro avrebbero potuto ottenere di più lasciando le rispettive colonie da amici piuttosto che da nemici, ma nella maggior parte delle circostanze non si trattò di una concessione degli stati dominanti, ma di una conquista dei popoli dominati. Talvolta fu sufficiente una pacifica pressione politica e sociale, in altri casi occorse una vera e propria guerra di liberazione. L'Unione Sovietica appoggiò alcuni dei movimenti di liberazione i cui capi, pur dichiarandosi favorevoli al comunismo, erano di origine borghese. Un accenno di borghesia locale si era formato nelle colonie quando nella prima metà del 900 Francia, Inghilterra, Belgio e Olanda vi avevano investito ingenti capitali allo scopo di sfruttare al meglio le loro risorse: questo aveva favorito la nascita di un ceto commerciale, impiegatizio, burocratico. Furono costoro o i loro figli che, dopo aver studiato nelle università europee o americane, presero coscienza dello sfruttamento subito dai loro paesi e cominciarono a rivendicare libertà civili e politiche. Nacquero così in molti paesi asiatici e africani i movimenti politici che porteranno al raggiungimento dell'indipendenza.
Il 1960 è stato chiamato l'anno dell'Africa ; nel corso di esso infatti ben 17 paesi ottennero l’ indipendenza, alcuni la raggiunsero pacificamente come il Marocco e la Tunisia. Altri affrontarono guerre sanguinose: tra questi lo Zaire (ex Congo belga), il Mozambico e l'Angola (colonie portoghesi) liberatesi solo nel 1975.
In genere le colonie francesi e inglesi raggiunsero l'indipendenza senza conflitti molto gravi, fecero eccezione l'Algeria per la Francia e il Kenia per la Gran Bretagna . Spesso i colonizzatori finanziarono forze armate locali che ostacolassero la decolonizzazione; ad esempio nel katanga alcuni gruppi industriali belgi finanziarono per anni un piccolo stato ribelle contro il legittimo governo del Congo.
Nella figura n° 1 sono rappresentate graficamente le tappe della decolonizzazione in Africa. .
Il raggiungimento dell'indipendenza africana ha avuto un cammino difficile e doloroso. I paesi africani mancavano spesso di una vera e propria classe dirigente e di un'amministrazione pubblica organizzata,e questo rappresentò un problema grave così come la presenza di rivalità etniche e tribali perduranti da secoli. Oltretutto i paesi africani dovevano fare i conti con gravi problemi economici dovuti all'arretratezza, allo sfruttamento a cui erano stati sottoposti . Mancando una vera e propria classe dirigente, spesso l'unico potere forte rimaneva l'esercito, in mano a bande di prepotenti rozzi e violenti appoggiati a volte dai sovietici, a volte dagli americani, a volte da gruppi industriali: da ciò centinaia di guerre dimenticate sanguinose e terribili per le morti dovute non solo alle ferite, ma anche alla fame, alle malattie, alla miseria. Le lunghe guerre civili africane di cui si parlava sui giornali solo di sfuggita, e in occasione di stragi particolarmente mostruose, spesso sono state aggravate anche da fattori etnici e religiosi. Tutto questo ha aumentato l'instabilità del continente, la sua spaventosa povertà e la mortalità infantile.
Veniamo ora a valutare più nello specifico come il processo di decolonizzazione è avvenuto nei paesi a noi più vicini .
DECOLONIZZAZIONE DELL’IMPERO ITALIANO
Agevole si rivelò la decolonizzazione dei territori appartenenti all’ Italia uscita sconfitta dalla seconda Guerra Mondiale. Nel caso della Libia fu dato il potere nel 1951 a re Idris appartenente alla gerarchia di una struttura tribale-religiosa, la Sedussia, che era in quel momento rilevante soprattutto in Cirenaica Nel caso dell’Abissinia - l’Etiopia - fu semplicemente restituita l’indipendenza a uno degli Stati africani di più lunga tradizione. L’Eritrea fu data all’Etiopia, consentendo dunque il passaggio dalla colonizzazione italiana a quella etiopica, tanto è vero che una delle prime guerre post-coloniali fu proprio quella tra Eritrea ed Etiopia. L’unico caso di vera e propria decolonizzazione fu quello della Somalia. Nel 1950 l’ Italia ebbe infatti la Somalia in amministrazione fiduciaria dall’Onu per dieci anni con il compito di prepararla all’indipendenza.
DECOLONIZZAZIONE DELL’EGITTO
Sebbene il paese fosse formalmente indipendente dal 1922, l'influenza britannica cessò solo nel 1952, quando un colpo di stato guidato da un giovane ufficiale , Nasser , impose un regime dai tratti autoritari ma ben deciso a far rispettare la propria autonomia. La nazionalizzazione del canale di Suez condusse alla guerra contro una coalizione franco-anglo-israeliana, da cui Nasser usci sconfitto ma politicamente rafforzato, avendo dimostrato la crisi del vecchio colonialismo. E’ in questo periodo che avviene una svolta di fondamentale importanza infatti nell’ opinione pubblica europea , ma sopratutto in quella inglese , tale spedizione suscitò un’ondata di sentimenti anti-colonialisti che convinsero il governo inglese a prendere atto della nuova situazione e a decolonizzare l’impero africano. In dieci anni l’Inghilterra diede l’indipendenza a tutte le sue colonie e lo stesso fu costretto a fare de Gaulle in Francia, pur seguendo strade differenti. «Restituire l’Africa agli africani» è stato il grande slogan degli anni Cinquanta e Sessanta.Avvicinatosi all'Urss, Nasser consolidò la politica di sviluppo, facendo dell'Egitto il paese leader dei nazionalismo arabo.
DECOLONIZZAZIONE DELL’ ALGERIA
I primi disordini si anno nel 1945 in Cabilia dove movimenti insurrezionali vengono duramente repressi. Nel 1954 fu fondato il Comitato Rivoluzionario d'unione e d'azione (CRUA). Alcuni suoi membri tra cui Ben Bella insediatisi al Cairo provvidero alla fornitura di armi per i gruppi clandestini che si andavano organizzando. Il 1 novembre 1954 si scatenò la lotta partigiana che dalla Cabila dilagò in tutto il paese sotto la guida del Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), fu una lotta di guerriglia e da entrambe le parti si usarono tattiche terroristiche. Nel settembre 1955 la questione algerina fu portata all'ONU . Dopo l'arresto nel 1956 di alcuni capi del FLN i dirigenti algerini diedero vita ad un Comitato di Coordinazione e di Esecuzione( CCE) guidato da Belkacem Krime e Ben Khedda. Nel 1957 le forze francesi intrapresero azioni di polizia divenute famose come la battaglia di Algeri al fine di privare i rivoltosi di una guida. Ma se la lotta languì nella capitale, continuò sulle montagne. Le inquietudini della popolazione francese portarono il 13 maggio 1958 al potere dello Stato Francese il generale Charles de Gaulle il quale riconobbe agli algerini il diritto all'autodeterminazione provocando la violenta opposizione della popolazione europea che si manifestò con gravissimi disordini . L'annuncio degli incontri franco-algerini di Evian ( città situata sulla sponda francese del lago di Ginevra ) nel 1961 provocò un movimento insurrezionale sotto la guida di alcuni generali francesi che fallì ma portò alla formazione di un movimento clandestino,che cercò in tutti i modi con azioni terroristiche di ostacolare il processo di pace. Nonostante ciò la pace fu firmata il 19 marzo 1962 a Evian e prevedeva rapporti economici, finanziari, tecnici e culturali, con le disposizioni amministrative ad interim fino a che un referendum sull'autodeterminazione non potesse essere tenuto. L'1 luglio 1962 veniva indetto un referendum per l'autodeterminazione con esito positivo e la Francia dichiara l'Algeria indipendente il 3 luglio. I mesi che seguirono furono caratterizzati da una crisi dovuta ai contrasti tra le diverse fazioni politiche algerine sino quando il 20 settembre 1962 si svolgono le elezioni per l'Assemblea Nazionale Costituente che segnano l'affermazione definitiva di Ben Bella con la designazione dello stesso a capo del primo governo algerino.
DECOLONIZZAZIONE DEL MAROCCO
Il Marocco è uno dei più anziani Stati-nazioni del mondo. La sua posizione al bivio strategico della nazione araba, dell’Africa e dell’Europa, gli è sempre valso di essere ambita dalle potenze. Nonostante ciò, dal VIImo secolo, ha saputo mantenere la sua unità nel Mediterraneo sino al Sahara, e preservare la sua identità.
Tuttavia, alla fine del XIXmo secolo, comincia il periodo coloniale. Il Marocco è assalito da tutte le parti. Nel 1912, il protettorato francese è esteso sulla maggior parte del territorio. Questo protettorato è seguito da un protettorato spagnolo nell’estremo Nord e nell’estremo Sud che è stato analizzato come una sorte di subaffitto consentito a Madrid da Parigi. Fu così che una parte del paese è stata separata da un punto di vista amministrativo dall’altra, nonostante le proteste del Sultano.
Dopo l’indipendenza avvenuta nel 1956, il Re Mohammed V riafferma immediatamente i diritti sul suo paese a riunificarsi da Tangeri à Dakhla (Villa Cisneros). Ma, sfortunatamente per il Marocco, la decolonizzazione effettuata dalla Francia non fu realizzata in accordo con la Spagna che, essendosi ritirata dal Nord, conserva il Sahara occidentale (Rio de Oro), Tarfaya e Sidi Ifni.
Ancora una volta delle riserve espresse furono formulate dal governo marocchino in merito all’integrità territoriale del paese. La Spagna lascerà Tarfaya poi Sidi Ifni ma si manterrà nel Sahara occidentale. Il Re Hassan II che ha tentato in vano di fare sentire ragione al generale Franco, deciderà dunque di portare la questione davanti alle Nazioni Unite.
Il 16 dicembre 1965, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite vota una risoluzione con la quale si richiede alla Spagna, potenza amministrativa, di stabilire le modalità della decolonizzazione del Sahara insieme al Marocco e alla Mauritania.
Ma la Spagna continua a tergiversare e tenta perfino, con l’aiuto del regime algerino di allora, di lanciare l’idea nuova di un’entità distinta dal Marocco, cioè di favorire la secessione del Sahara nell’ambito di una creazione artificiale che, ovviamente, rimarrebbe un satellite della potenza coloniale.
Nel 1969, il trattato algerino-marocchino di Ifrane pone fine a questa prima mossa e permette di delineare un regolamento per il Sahara. L’Algeria, come la Mauritania, da il suo appoggio alla rivendicazione marocchina mirante a riunire il Sahara al resto del Marocco. Poco tempo dopo, il regime algerino opera un voltafaccia. Di fatto, comincia ad opporsi alla decolonizzazione del Sahara ed al suo ritorno al Marocco.
I PROBLEMI DELLA DECOLONIZZAZIONE
All'indomani della decolonizzazione, che si ritiene conclusa alla fine degli anni Settanta, la politica africana si spostò dalla prospettiva della lotta anticoloniale per concentrarsi sugli assetti interni. L'ideale di solidarietà e di unità dell'Africa , importante fattore ideologico nella lotta anticolonialista ,non trovò, salvo pochi casi, concreta attuazione nel processo di decolonizzazione: l'indipendenza fu conseguita conservando il quadro della spartizione coloniale.
Assunta con l'indipendenza la diretta e piena responsabilità del proprio destino, i paesi africani si trovarono di fronte a molteplici problemi, alla cui base vi erano le loro condizioni di sottosviluppo, derivate da un insieme di fattori essenzialmente connessi alla stessa vicenda della dominazione coloniale. Questi problemi hanno messo i paesi africani nelle condizioni di dipendere dall'aiuto finanziario e tecnico esterno (delle ex nazioni colonizzatrici o di altri Stati), ma questi aiuti, inseriti in un sistema economico rispondente agli interessi dei paesi industrializzati, non sono riusciti ad avviare il progresso dell'Africa. Alla valutazione ottimistica della politica degli aiuti e, in generale, di tutto il rapporto fra i paesi ricchi e l'Africa, se ne contrappone dunque una critica, secondo la quale il sistema occidentale riesce a esercitare, attraverso i meccanismi dell'economia mondiale e in particolare attraverso gli aiuti, un'ingerenza e un controllo, il cosiddetto neocolonialismo, sui paesi in via di sviluppo specie in Africa.
Con queste difficoltà si sono intrecciate quelle connesse alle tradizioni del mondo africano e alle conseguenze del periodo coloniale. I nuovi Stati dell'Africa sono nati dal processo di decolonizzazione senza rispondenza con un sentimento di identità nazionale diffuso nell'intera popolazione. La ‘costruzione della nazione' ha incontrato molteplici resistenze in quasi tutti i paesi: eterogeneità della composizione etnica e conseguenti rivalità tribali e regionali; contrapposizione fra popolazioni delle regioni costiere e quelle delle zone interne; diversità di religioni; l’assenza di una lingua comune ha generalmente portato all'adozione come ufficiale della lingua dell'ex colonizzatore . Per effetto della decolonizzazione, si sono in genere formati Stati deboli e vulnerabili, la cui stabilità è resa incerta dalle frontiere controverse, dalla mancanza di una chiara coscienza nazionale e dal carattere provvisorio delle istituzioni inaugurate al momento dell'indipendenza quindi per cercare di ovviare a ciò in molte nazioni si assiste al prevalere della tendenza all'autoritarismo con la presenza di un partito unico. .

FONTI UTILIZZATE
➢ Il lungo corso della decolonizzazione (www.africa-union.org)
Andrea Riccardi Professore di Storia contemporanea dell'Università degli Studi
Roma Tre, Presidente e fondatore della comunità di Sant'Egidio.
➢ Sahara: ristabilire i fatti nella loro esattezza e ricordare gli elementi di valutazione che sono stati occultati .Edouard Moha Presidente e fondatore dell’associazione dei nati nel Sahara occidentale.
➢ Algeria . Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
➢ Tunisia . Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
➢ Libia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
➢ Egitto Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
➢ Marocco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
➢ Decolonizzazione in africa Skuola.net
➢ Decolonizzazione e terzo mondo www.scuolascacchi.com
➢ La colonizzazione in una prospettiva storica mondiale .Chenntouf Tayeb Università di Orano (Algeria) Modena, 9 settembre 2005
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