Dalla rivoluzione russa al colonialismo

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

LA RIVOLUZIONE RUSSA
1. L’intervento della Russia nella Grande Guerra era stato voluto dai suoi gruppi dirigenti per difendere le posizioni di potenza dell’impero zarista e per allontanare la minaccia di una nuova crisi rivoluzionaria. Le operazioni militari mettevano in luce l’impreparazione del paese che si trovava in un periodo di carestia. Sconfitte militari, malcontento, scioperi e agitazioni contadine incominciarono a disgregare l’apparato statale, ma lo zar Nicola II continuava ad usare i suoi metodi assoluti e repressivi. Nel febbraio 1917 scoppiò una rivoluzione in cui il movimento operaio assume un carattere di massa con dimostrazioni per la pace e contro la scarsità dei viveri. Il 28 febbraio la città era in mano degli insorti che costituirono un soviet degli operai. Questa rivoluzione spinge la Duma a formare un governo provvisorio composto da esponenti liberal-costituzionali con Aleksandr Kerenskij, questo governo aveva la funzione di raccordo fra Duma e Soviet. A seguito della funzione lo zar abdicò e l’impero russo cessava di esistere.
2. Per un certo periodo ci fu un dualismo di potere: da una parte il governo provvisorio che voleva introdurre un sistema parlamentare e continuare la guerra contro la Germania, dall’altra c’era il soviet eletto dai lavoratori delle fabbriche. Il soviet realizzò un compromesso con il governo che ne accolse delle richieste: costituente, amnistia per i prigionieri politici, legislazione democratica, giornata lavorativa di 8 ore. L’arrivo a Pietrogrado del capo del partito bolscevico Lenin nell’aprile del 1917 spezzò l’equilibrio. Nelle tesi di aprile pose il problema della preparazione di una rivoluzione sociale; voleva trasformare la guerra ancora in corso in una guerra imperialistica, in guerra civile contro la borghesia per arrivare direttamente alla pace. Inoltre voleva il passaggio immediato del potere ai soviet. Le tesi elaboravano un programma economico che puntava alla nazionalizzazione delle banche e la distribuzione delle terre, sul controllo della produzione da parte dei soviet e voleva creare una nuova Internazionale rivoluzionaria. In uno scritto dell’estate Lenin prefigurava i caratteri del nuovo stato in cui una “dittatura del proletariato” avrebbe condotto il popolo russo verso il socialismo e poi al comunismo. Anche il nuovo governo non riuscì a rispondere alle aspirazioni popolari della pace, del pane e della terra. L’opposizione del popolo al governo culminò durante le “giornate di luglio” quando una manifestazione fu sciolta con la forza e i bolscevichi vennero costretti alla clandestinità. Si costituì allora un nuovo governo di coalizione presieduto da Kerenskij mentre i bolscevichi aumentarono la loro influenza nel paese.
3. Lenin propose al comitato centrale bolscevico di intervenire con un insurrezione armata. Trotzkij organizzò lasciane che a Pietrogrado (6-7 novembre) conquistò i punti nevralgici della capitale e del Palazzo d’inverno sede del governo. Il nuovo governo era composto solo da bolscevichi e da Lenin, approvarono subito i due fondamentali decreti sulla pace e sulla terra assicurando ai soviet l’appoggio dei contadini e dell’esercito. Questi decreti furono accompagnati da altri provvedimenti: controllo operaio sulle imprese, nazionalizzazione delle banche, separazione delle Chiese dallo Stato, soppressione dei giornali “borghesi” e l’istituzione della Ceka (polizia politica per combattere i controrivoluzionari). Le elezioni dell’assemblea costituente erano risultate sfavorevoli ai bolscevichi che il 5 gennaio 1918 sciolsero la Costituente. Il governo sovietico il 15 dicembre 1917 inizia i negoziati per una pace separata e viene firmata l’umiliante pace di Brest-Litovsk che impose alla Russia la rinuncia di Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia, Polonia orientale e Ucraina.
4. Subito dopo la pace si scatenò una durissima guerra civile. Nel paese operavano armate controrivoluzionarie dette bianche (menscevichi) che combattevano i comunisti. La situazione si complicò con l’intervento militare degli alleati occidentali; gli inglesi iniziarono nella primavera del 1918 con l’occupazione di alcuni porti russi. Per combattere i nemici Lenin e i bolscevichi combatterono il “terrore bianco” con il “terrore rosso”. In questo periodo ci fu l’esecuzione della famiglia imperiale. L’armata rossa (bolscevichi) nel 1921 riconquistarono il Caucaso, la Georgia e altre regioni. La Polonia, la Finlandia, gli Stati Baltici e la Turchia costituirono un “cordone sanitario” per ostacolare la diffusione della Rivoluzione. I bolscevichi fondarono a Mosca la Terza Internazionale (Comintern) il cui programma voleva una dittatura del proletariato e l’eliminazione dello Stato Borghese. I partiti comunisti per aderire al Comintern dovevano rompere con la tradizione socialista e separarsi dai riformisti.
5. Gli anni della guerra civile furono gli anni del “comunismo di guerra”. Le attività industriali divennero proprietà dello stato e il governo decretò misure come il razionamento del cibo e la requisizione forzata delle scorte; inoltre furono create grandi aziende agricole di proprietà dello stato. Il partito comunista fu incaricato di dirigere l’economia e la vita sociale. Il partito comunista cominciò ad avviare la repressione sistematica degli oppositori politici. I contadini contrari alle requisizioni si allontanarono dal partito. All’inizio del 1921 la Russia era stremata e le rivolte e gli scioperi convinsero i dirigenti bolscevichi ad abbandonare il comunismo di guerra.
6. La nuova politica economica (NEP) pose fine al comunismo di guerra e cercò di conciliare il mondo contadino con il potere. Furono abolite le requisizioni e fu reso libero il commercio al dettaglio con il ritorno ad un’economia monetaria. Nel settore industriale si rinunciò al livellamento dei salari, si introdussero dei premi e ci furono aperture ai capitali stranieri. Lo stato però conservò il monopolio dell’economia e mantenne i meccanismi di controllo.
7. I russi costituivano solo il 60% della popolazione. Il 30 dicembre 1922 venne creata l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS), un’unione multinazionale di repubbliche in cui il governo centrale conservava ampli poteri di difesa, relazioni internazionali, moneta, pianificazione e trasporti. Esisteva poi un Parlamento bicamerale, formato da un consiglio dei Soviet e da un consiglio delle nazionalità che costituivano il comitato esecutivo centrale il quale eleggeva un Presidium di 21 membri. Dopo la morte di Lenin nel 1924 prese il comando Stalin che subito indebolì il potere di Trotzkij (era stato il capo più importante dei bolscevichi). Stalin elaborò la teoria del socialismo in un paese solo e facendo leva sull’orgoglio nazionale ottenne il completo controllo del potere.
8. Gli anni della guerra civile e della NEP furono opera di vivaci movimenti artistici e culturali. Il movimento più importante era il prokult che sosteneva la creazione di un’arte proletaria. Cinema, letteratura, pittura e grafica erano rappresentate da grandi personaggi mentre lo stato conduceva una battaglia per la scolarizzazione di massa.
IL DOPOGUERRA IN EUROPA
1. Tra la fine della Grande Guerra e l’inizio della seconda ci furono grandi trasformazioni politico-istituzionali e crisi economico-sociali. Finita l’epoca del liberalismo e della democrazia ci si portò verso un rafforzamento del potere esecutivo che portò a regimi totalitari come il fascismo in Italia e il nazismo in Germania.
2. I costi umani della prima guerra mondiale furono pesantissimi e anche i costi economici che ammontavano a 603.570 milioni di dollari. Inoltre si presentavano importanti questioni economiche e sociali. L’apparato industriale doveva essere ridimensionato e riconvertito. Bisognava procedere con le riparazioni di guerra e pagare i debiti contratti. Il crescente bisogno di moneta provocò una gravissima inflazione. Il valore del marco arrivò a toccare quasi lo zero nel corso del 1923 e questa crisi portò all’occupazione militare del bacino carbonifero della Ruhr da parte della Francia.
3. Nella seconda metà degli anni 20 i maggiori problemi economici del dopoguerra erano stati affrontati. La quota internazionale dell’Europa nel dopoguerra era passata dal 60 al 45%. L’economia statunitense dimostrò una grande vitalità nel periodo che va dal 1922 al 1929. In questo periodo inizia la società dei consumi di massa: radio, automobili e elettrodomestici furono venduti in tutti i paesi sviluppati. Lo sviluppo economico però fu segnato da tensioni e difficoltà che portarono alla crisi dell’ottobre 1929. Queste tensioni riguardavano principalmente l’accentuarsi della concorrenza internazionale e nella scelta del protezionismo. L’Inghilterra dal 1921 varò un Emergency Tariff Act che introduceva tariffe protezionistiche. Un settore in cui ci fu una grande crisi fu quello agricolo. Negli stati uniti ci fu una sovrapproduzione che portò ad una drastica diminuzione dei prezzi.
4. Il periodo successivo alla fine della Grande Guerra è ricordato come il biennio rosso; il questa fase il movimento operaio coinvolse ampie masse di lavoratori e si radicalizzò. I soldati che tornavano dalla guerra potevano ricominciare la loro vita ma nessuno poteva garantirgli un lavoro. Nel febbraio 1917 la Rivoluzione russa dava segno della tensione rivoluzionaria europea. Nel 1919 fu fondata in Ungheria una repubblica basata sui soviet. In Germania crollo la monarchia e venne fondata una repubblica federale con il contributo del Partito socialdemocratico. In Italia operai e contadini occuparono le fabbriche nel 1920 mentre i scioperi si moltiplicavano in Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Il movimento operaio operò scelte di fondo: in molti paesi nacquero i partiti comunisti aderenti alla Terza Internazionale comunista, mentre i socialisti contrapposero al modello leninista la via democratico-parlamentare e la scelta riformista.
5. In questi decenni la scienza fece grandi scoperte in chimica, biologia, medicina e nella fisica atomica e nucleare. Due fisici tedeschi nel 1938 ottennero la fissazione dell’atomo di uranio che permise di sfruttare l’energia atomica. Molti furono anche i progressi nei settori della telefonia e della radiodiffusione; il cinema e i periodici illustrati divennero mezzi di comunicazione di massa e costituirono per i governi metodi di propaganda. In quegli anni ci furono straordinarie opere letterarie: l’Ulisse di James Joyce, la montagna incantata di Thomas Mann, Il processo e il castello di Franz Kafka, L’uomo senza qualità di Robert Musil. Gli scrittori più importanti abbandonarono il realismo e si espresse come nuova forma d’arte il surrealismo che rappresentò una rottura con i valori morali e culturali tradizionali.
6. In Germania il dopoguerra fu drammatico. Dopo la proclamazione della repubblica aderì al Partito socialdemocratico indipendente anche la Lega di Spartaco di Rosa Luxemburg e Darl Liebknecht che aveva un programma rivoluzionario e internazionalista. Però la maggioranza dei lavoratori restò fedele al vecchio partito che era favorevole a una democratizzazione della vita politica tedesca ma contrario a rivoluzioni. Nel gennaio 1919 l’insurrezione organizzata dalla Lega di Spartaco sfociò in una lotta armata soffocata nel sangue. Le elezioni per la Costituente (gennaio 1919) videro il successo dei socialisti che dovettero appoggiarsi ad altre forze politiche (il centro e il Partito democratico). La costituente elaborò una Costituzione che introduceva una democrazia parlamentare; era nata la Repubblica di Weimar. I primi anni furono duri a causa delle difficoltà economiche e delle condizioni impostate dal trattato di Versailles. Le destre scatenarono una campagna d’odio contro socialisti e comunisti e cercarono di abbattere la repubblica con insurrezioni armate (putsch). La più pericolosa fu tentata a Monaco da Hitler nel novembre 1923. Mentre i socialdemocratici non trovavano una strategia politica, lo schieramento antidemocratico si rafforzò; e vinse le prime elezioni presidenziali del 1925 con il candidato delle destre Hindenburg. La politica era complicata anche dall’inflazione che rese necessaria una forte azione di risanamento finanziario. Grazie ai capitali stranieri tra il 1925 e il 1929 ci fu una ripresa economica agevolata dal ministro degli esteri Gustav Sresemann che riuscì a ridurre il peso delle riparazioni e concluse i patti di Locarno con cui la Germania riconosceva le frontiere occidentali stabilite dai vincitori e poteva entrare nella Società delle Nazioni.

IL DOPOGUERRA IN ITALIA E L’AVVENTO DEL FASCISMO
1. La fine della Grande Guerra mise in evidenza la fragilità degli equilibri politici e sociali dello Stato italiano. I principali problemi erano: il distacco tra i gruppi dirigenti, la precarietà del sistema politico, il scarso decollo industriale, e l’inferiorità economica del Mezzogiorno. I rappresentanti italiani alla conferenza di pace di Parigi fece applicare le clausole pattuite a londra nel 1915 e rivendicò l’annessione di Fiume. Il presidente americano chiese moderazione nel Manifesto al popolo italiano di Wilson. Iniziò a diffondersi il mito della vittoria mutilata perché senza l’annessione di Fiume era una vittoria incompleta.
2. Il passaggio da un’economia di guerra a quella di pace fu complessa a causa dell’inflazione e della disoccupazione. Gli anni 1919 e1920 sono ricordati come il biennio rosso per le intense lotte sociali e per la crescita delle organizzazioni sindacali. Gli scioperi miravano a salari più alti e giornate lavorative più brevi; conquistarono la riduzione dell’orario settimanale a 48 ore e la contrattazione collettiva nazionale. Nel 1920 ci furono 2 grandi agitazioni a Torino: lo sciopero delle lancette e l’occupazione delle fabbriche. Questi episodi si conclusero con la sconfitta dei lavoratori.
3. La più grande partecipazione delle classi polari alla vita politica favorì una rapida ascesa di 2 organizzazioni politiche di massa: il partito socialista e il partito popolare. Il partito socialista mancava di compattezza e risultava indebolito dai contrasti interni: i rifornisti di Filippo Turati erano critici verso la prospettiva rivoluzionaria di tipo sovietico e favorevoli a graduali riforme politiche e sociali; la corrente massimalista guidata da Giacinto Menotti Serrati si poneva l’obiettivo di una rivoluzione socialista. All’estrema sinistra si sviluppò il gruppo di Antonio Gramsci che dall”Ordine nuovo” teorizzava uno stato socialista. Il partito popolare italiano fondato all’inizio del 1919 da Luigi Sturzo avviò l’inserimento dei cattolici nella vita dello stato, proponendo di realizzare il decentramento, le riforme istituzionali e l’incremento della piccola proprietà contadina.
4. Nel dopoguerra si rafforzarono anche le correnti nazionaliste che volevano la creazione di un ordine fondato su uno Stato forte e una monarchia autorevole; il movimento era voleva un aggressivo espansionismo e poteva contare sull’appoggio di gruppi finanziari e industriali e di ex combattenti. Il 23 giugno 1919 Francesco Saverio Nitti da vita a un ministero sostenuto da una maggioranza di giolittiani e di esponenti cattolici, che voleva affrontare i problemi del dopoguerra con una trasformazione in senso democratico dello Stato liberale. Ci fu una riforma elettorale che introdussi il sistema proporzionale che favoriva i partiti di massa meglio organizzati. Le elezioni del 16 novembre 1919 videro l’affermarsi del partito socialista e del partito popolare. Riuscì però difficile formare governi solidi e di questo vuoto di potere approfittarono le forze di destra e soprattutto il fascismo.
5. Il movimento fascista fu fondato a Milano il 23 marzo 1919 da Benito Mussolini, inizialmente con un carattere repubblicano e anticlericale nei quali confluivano elementi del nazionalismo, del sindacalismo rivoluzionario, del futurismo attivista e irrazionalista. Il movimento si classificò subito come antiparlamentare e antisocialista; questo movimento esordì il 15 aprile 1919 con l’assalto e l’incendio della sede milanese dell’”Avanti!”. Le dimissioni di Nitti del 1920 permisero un breve ritorno di Giolitti che intendeva predisporre incisive misure fiscali per colpire le grandi ricchezze. Giolitti riuscì a superare il momento dell’occupazione delle fabbriche e risolse la questione di Fiume con il trattato italo-iugoslavo di Rapallo del 1920 che faceva diventare la città uno Stato libero. La crisi del movimento socialista si aggravò con la scissione operata della frazione di estrema sinistra nel congresso di Livorno il 21 gennaio 1921 da cui prese origine il Partito comunista d’Italia che accusava il partito socialista di non proporre una strategia rivoluzionaria.
6. Fra il 1920 e il 1921 il fascismo si procurò consensi all’interno della piccola e media borghesia urbana, del mondo industriale e dei grandi proprietari terrieri. I fascisti combatterono socialisti e sindacati utilizzando le spedizioni punitive distruggendo camere del lavoro, leghe, circoli, cooperative, case del popolo, picchiando e costringendo a emigrare i dirigenti sindacali e politici. Giolitti non si opponeva al fascismo perché pensava di utilizzarlo in contrapposizione al socialismo. Il 15 maggio 1921 ci furono nuove elezioni che portarono Giolitti a dimettersi perché non aveva una grande maggioranza; gli successe Bonomi, che propose un patto di pacificazione tra socialisti e fascisti che però continuarono con le loro violenze.
7. Nel novembre 1921 Mussolini trasformò il suo movimento in Partito nazionale fascista. Ora si presentava come una forza di destra interclassista fondata sui principi di nazione e di Stato, intendeva valorizzare la produzione economica e accentuava la critica della democrazia parlamentare. Non creò stabilità del governo nemmeno la costituzione del Partito socialista unitario (Matteotti) anzi indebolì ulteriormente la sinistra. Il 27 ottobre 1922 i fascisti fecero la marcia su Roma e il re Vittorio Emanuele III proclamò la vittoria fascista affidando a Mussolini la formazione del governo.
8. Dalla marcia di Roma fino al 1925 il fascismo non rompe le istituzioni dello Stato liberale. Il governo costituito il 30 ottobre 1922 fu di larga coalizione. Mussolini privò presto la Camera dei deputati delle sue funzioni, smantellò la legislazione sociale, istituì il Gran Consiglio del fascismo e creò la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Mussolini indebolì il Partito popolare fino a escluderlo dal governo nel 1923. Il duce prese delle iniziative gradite alla Santa Sede per conquistare il suo favore, come la campagna contro la Massoneria, gli aiuti al Banco di Roma, l’accoglimento delle richieste dei cattolici in campo scolastico. Una legge elettorale maggioritaria coronò l’azione di Mussolini e nelle elezioni del 6 aprile 1924 ottenne il 65% dei voti.
9. Le votazioni furono illegali perché squadre di fascisti esercitavano pressioni fuori dai seggi nei confronti degli elettori. Le illegalità furono denunciate in Parlamento da Matteotti che fu assassinato da una squadra di fascisti. In seguito all’assassinio le opposizioni abbandonarono i loro lavori parlamentari e diedero vita alla secessione detta dell’Aventino. Questa linea politica però non riuscì a portare alla caduta di Mussolini che era sempre più deciso a costruire uno Stato fascista.
10. Nei mesi successivi la fascistizzazione coinvolse anche la stampa che dovette sottoporsi ad una dura censura, mentre le leggi fascistissime (emanate dalla fine del 1926) procedevano a sciogliere tutti i partiti, a creare un Tribunale speciale per la difesa dello Stato, a istituire il “confino di polizia” per gli antifascisti. I deputati aventiniani furono dichiarati decaduti e i poteri di Mussolini vennero rafforzati con la carica di Capo del Governo. Una nuova legge elettorale del 1928 istituì una lista unica di 400 candidati scelti dal Gran Consiglio e il libero Parlamento cessò di esistere.
11. Nella prima fase economica dell’Italia durante il fascismo dal 1922 al 1925 ed è caratterizzata da una politica economica liberista che cercò di sfruttare il buon andamento dell’economia mondiale. Tutte le iniziative prese dal governo servivano per sostenere la competitività delle aziende sul mercato internazionale. Furono detassati i capitali esteri per favorire gli investimenti, furono privatizzate le società dei telefoni e le assicurazioni, furono abolite le imposte sui capitali delle banche e delle industrie e le tasse di successione, fu abolita la nominatività dei titoli. Nel 1925 ci fu un mutamento internazionale che costrinse il governo a cambiare i suoi orientamenti politico-economici con una fase statalista. Per prima cosa fu fissato a quota 90 il tasso di cambio tra lira e sterlina; questo cambio mise in difficoltà alcuni settori dell’industria internazionale ma fece recuperare competitività alle merci italiane.
12. I buoni risultati economici dipendevano dai buoni rapporti fra imprenditori e lavoratori che furono regolamentati dall’alto. Nel 1925 la Confederazione dei sindacati e la Confindustria firmarono a Palazzo Vidoni un patto che fu la premessa dell’ordinamento corporativo. Nel 1927 nacque una nuova disciplina per i lavoratori, la Carta del lavoro che stabiliva il riposo settimanale, le ferie, l’indennità di licenziamento; questa norma divenne legge sono nel 1941
13. Con i Patti lateranensi firmati l’11 febbraio 1929 Mussolini chiude il contrasto tra Stato italiano e papato. Con questo trattato la chiesa riconosce lo Stato Italiano con Roma come capitale e inoltre fu creato lo Stato della città del Vaticano. Il concordato riaffermava il carattere cattolico dello Stato italiano.
DEBOLEZZA DELLE DEMOCRAZIE E CRISI DEL COLONIALISMO
1. In Europa i vari fascismi proponevano uno Stato forte che assicurasse, anche con la violenza, la grandezza del paese e della nazione. Gli stati totalitari erano caratterizzati dalla concentrazione totale e assoluta del potere nelle mani di un partito o di un gruppo dominante. Francia e Inghilterra erano gli unici stati che conservavano un regime democratico e che mantennero le fondamentali garanzie costituzionali.

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