Dalla rivoluzione industriale all'italia repubblicana.

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Testo

TESI CUMULATIVA DI STORIA
RIVOLUZIONE INDUSTRIALE.
La rivoluzione industriale ebbe luogo in Inghilterra tra la fine del ‘700 e gli inizi del ‘800 e si diffuse successivamente in Europa, negli Stai Uniti e in tutto il mondo creò una società non solo più ricca e sviluppata ma anche diversa perché caratterizzata da un nuovo modo di organizzare la produzione, il lavoro e la vita quotidiana.
L’economia precedente era essenzialmente agricola, con questa rivoluzione invece nasce e si sviluppa in pochi decenni un nuovo settore: l’industria.
Insieme a questo nuovo settore nasce un nuovo tipo di lavoratore: l’operaio che svolge il suo lavoro dentro la fabbrica.
Nella fabbrica avviene la trasformazione delle materie prime in semilavorati, venduti in altre fabbriche, o in prodotti finiti che sono venduti al pubblico perché da questo momento si produce esclusivamente per il mercato.
Il proprietario della fabbrica si chiama capitalista, il quale compra macchinari, le materie prime e pagare i salari degli operai.
In poco tempo sorsero migliaia di fabbriche che riunivano centinaia di lavoratori e di macchine sempre più perfezionate.
Questa rivoluzione ebbe luogo proprio in Inghilterra perché vi erano le più adatte condizioni:
Il capitale abbondava perché l’agricoltura inglese aveva conosciuto un grande sviluppo e così anche il commercio, abbondava anche la forza lavoro i quanto con l’introduzione di nuovi macchinari e tecniche, l’agricoltura produceva di più facendo lavorare meno persone quindi si verificò una espulsione di forza lavoro dall’agricoltura all’industria; infine le materie prime venivano importate dall’impero turco, dalle Antille e dal Brasile il ferro dalle miniere inglesi, le fonti di energia furono per un primo tempo idrauliche e poi a carbone anch’esso estratto dalle miniere inglesi.
In Inghilterra vi erano anche buone reti di trasporto e un vasto mercato di compratori, una fitta rete di canali navigabili e una grande flotta che era la più forte ed esperta del mediterraneo e riuscì a sostenere l’improvvisa richiesta d’esportazioni.
La colonizzazione di zone dell’America settentrionale aveva permesso di importare tabacco e cotone, quest’ultimo utilizzato nell’industria tessile.
Gli scambi commerciali internazionali trasformarono la Gran Bretagna nella nazione più ricca d’Europa. La prosperità inglese era espressa anche culturalmente; nello stato in cui regnava la monarchia costituzionale erano straordinariamente presenti: libertà e tolleranza. Il processo di rivoluzione fu amplificato dall’applicazione delle scoperte scientifiche nel sistema produttivo. Furono costruite macchine utensili per il settore tessile, le quali consentirono la meccanizzazione della filatura. Fu perfezionata la tecnica per lo sfruttamento del vapore come forza motrice.
La nuova tecnologia, che utilizzava il carbone, sostanza di cui il sottosuolo inglese è molto ricco; fu decisiva per lo sviluppo dell’industria siderurgica. Successivamente la macchina a vapore fu utilizzata per costruire i primi mezzi di locomozione.
Questa rivoluzione ebbe molte conseguenze sia positive che negative:
Si produce di più in meno tempo e meno costo, non si produce più per se stessi ma per il mercato, migliorano le condizioni di vita dell’uomo, sviluppo delle vie di comunicazione, dei mezzi di trasporto e dell’industria meccanica e siderurgica, incremento demografico, nascita del movimento operaio e socialista.
Il movimento operaio indica la protesta degli operai inglesi che prese di mira le macchine.
Si verificarono distruzioni di macchine da parte dei lavoratori perché vedevano in esse la causa dei bassi salari e della precarietà del posto di lavoro, queste persone vennero chiamate luddisti. L’atteggiamento del governo era duramente repressivo, la distruzione era punita con la pena di morte, I cartisti presentarono al parlamento una petizione che richiedeva una giustizia fiscale e suffragio universale.
Questo movimento nacque a causa della vita dura a cui erano sottoposti:
sedici ore di lavoro in luoghi pericolosi, salari bassissimi, venivano sfruttati donne e bambini non avevano il diritto di associarsi per difendere i propri interessi. Le conseguenze furono: diritto di associarsi, maggiore tutela, giornata lavorativa di dodici ore.
UNITÀ D’ITALIA
Nella seconda metà dell’ottocento l’Italia realizzò la propria unificazione.
In quel periodo le posizioni dominanti fra i patrioti italiani erano due: quella liberale moderata e quella democratica.
- I moderati ritenevano che il processo di unificazione dovesse essere guidato dall’alto cioè da un sovrano evitando momenti insurrezionali pensando all’Italia come una monarchia costituzionale e parlamentare.
- I democratici, il cui maggior esponente era Giuseppe Mazzini, pensavano invece che la nuova Italia non dovesse essere fatta dai principi, ma dal popolo attraverso un’insurrezione (Ricorso alla forza delle armi per ottenere un cambiamento di governo o di regime politico); progettavano di costruire una repubblica basata sulla sovranità popolare. Il biennio 48-49 aveva rappresentato la sconfitta di tutte le ipotesi di indipendenza ma nel decennio successivo maturarono le condizioni interne ed internazionali per la soluzione del problema italiano.
In questi dieci anni il Piemonte si affermò come il principale punto di riferimento per il processo di unificazione del paese. Unico, il Regno di Sardegna mantenne in vigore lo Statuto Albertino concesso da Carlo Alberto e avvio un processo di sviluppo economico e di rinnovamento politico.
Dopo il 1848 si accentuarono i caratteri oppressivi e polizieschi dei vari regimi e in Piemonte poté verificarsi un’alleanza politica fra la monarchia e la classe dirigente liberali (proprietari terrieri, imprenditori, intellettuale) ma negli altri stati si aprì una frattura sempre più profonda tra i governi e le forze sociali e politiche progressiste, che iniziarono a guardare il Piemonte sempre con maggior fiducia.
Il 17 marzo 1861 l’Italia, tranne il Veneto e Roma, si unifica sotto il potere di Vittorio Emanuele II. Questo grazie alla seconda guerra di indipendenza perché nella prima I piemontesi subirono una pesante sconfitta a Novara.
La seconda guerra d’indipendenza era stata preparata diplomaticamente da Cavour (aveva fondato con alcuni moderati piemontesi il giornale "Il Risorgimento", che diresse per un anno (1847-48), continuando poi a collaborarvi fino al 1850, quando venne nominato ministro dell'Agricoltura nel governo di Massimo d'Azeglio, Dopo essere stato ministro delle Finanze, il re Vittorio Emanuele II lo nominò capo del governo (1852), carica che gli permise di adottare misure per lo sviluppo economico del Piemonte e per la costruzione di una rete ferroviaria) con degli accordi segreti con l’imperatore francese Napoleone III che impegnava la Francia ad entrare in guerra a fianco del Piemonte, ottenendo in cambio Nizza e Savoia, ma se questo sarebbe stato attaccato dall’Austria era prevista una divisione dell’Italia in tre parti.
Vienna inviò un ultimatum che Cavour respinse e così il 26 aprile 1859 l’Austria dichiarò guerra al Piemonte invadendone il territorio cominciando cosi la seconda guerra di indipendenza. Napoleone III, dopo che il corpo degli uomini di Garibaldi vinse a Magenta, Solferino e San Martino, si ritirò perché preoccupato dalle reazioni dell’opinione pubblica francese. Firmò un armistizio con l’Austria chiamato di Villafranca, la delusione fra i patrioti italiani fu enorme e Cavour per protesta si dimise. La ripresa dell’iniziativa democratica diede una svolta decisiva alla vicenda. Parma, Modena e Toscana decisero con un plebiscito (votazione popolare su questioni inerenti la sovranità o l’autodeterminazione di un popolo) l’annessione al Piemonte.
Cavour ritornato al governo riuscì ad ottenere dalla Francia la ratifica di queste annessioni cedendo Nizza e Savoia.
Si era accesa in Sicilia una rivolta separatista e i democratici cercarono di riavviare li la lotta finita nel nord del paese.
Garibaldi con circa mille volontari tra studenti, intellettuali, artigiani e operai salpò a Quarto , con l’appoggio delle popolazioni abbattono il governo borbonico in Sicilia, prosegue la liberazione fino a Napoli e dopo l’intervento piemontese nell’Italia centrale si giunse alla proclamazione del regno di Italia che esclude Roma e il Veneto.
Per liberare il Veneto dagli austriaci l’Italia si allea con i Piemontesi, si apriva la questione romana cioè la presenza dello stato pontificio nel Lazio, per unificarlo un reggimento di bersaglieri entrò a Roma e si completò il processo di unificazione, le leggi dello statuto Albertino si estengono in tutta Italia. Le cause si questa unificazione erano molteplici:
La dominazione straniera e la presenza di ordinamenti politici e amministrativi antiquati erano un ostacolo insuperabile per lo sviluppo economico e civile, l’amministrazione austriaca era un freno intollerabile, Vienna non garantiva un adeguato sviluppo delle comunicazione ed imponeva una politica doganale sfavorevole, l’Italia era divisa economicamente con dogane, leggi commerciali, monete, sistemi di peso, misure differenti che rendono difficilissimi li scambi.
E POBLEMI POST-UNITARI
I problemi dell’Italia unita sono di natura politica, economica e sociale.
1. POLITICI, C’è lo statuto albertino, i rappresentanti non sono di tutta Italia, il potere accentrato fa sentire il sud escluso, ci sono die territori non ancora unificati come lo St. Chiesa, Veneto e Trentino.
2. ECONOMICI, Bisogna fare un’economia unita con un libero scambio bisogna costruire strade e vie di comunicazione per collegare il nord al sud.
3. SOCIALI, il sud vuole poteri politici quindi bisogna estendere il potere a tutti, bisogna costruire scuole al sud e questo accompagnato alla costruzione di vie di comunicazione porterà ad una forte imposizione fiscale, si istituisce l’obbligo scolastico e la leva obbligatoria ma il sud dice che i giovani devono lavorare, questione romana
Il parlamento è diviso in due camere, il senato e i deputati, a destra ci sono i conservatori (ne facevano parte i liberali, borghesi e i nobili) a sinistra vi erano i democratici ex mazziniani che volevano un’economia protezionista, l’abolizione della tassa sul macinato, una politica meno conservatrice e una politica estera coloniale, l’Italia si spinge in Africa.
IMPERI COLONIALI: QUALI E DOVE.
L’imperialismo è il fenomeno più caratteristico e di grande importanza tra gli ultimi anni dell’800 e la I guerra mondiale, esso stabilisce l’assetto economico e politico per molti decennio fino alla decolonizzazione. Il termine imperialismo si affermò in Inghilterra per indicare il programma di espansione coloniale ed entrò poi nell’uso comune come sinonimo di politica di potenza e di conquista territoriale su scala mondiale. In generale, rappresentò la tendenza degli Stati europei a proiettare più aggressivamente verso l’esterno i propri interessi economici e la propria cultura questo lo fecero anche se in minor misura gli USA.
L’imperialismo nasce perché i territori colonizzati fornivano alle potenze industriali risorse naturali e materie prime a prezzi vantaggiosi, inoltre costituivano vasti mercati di sbocco per le merci prodotte dalle industrie europee collocando la produzione eccedente.
Questo fenomeno accentua la concorrenza economica politica e militare tra le grandi potenze.
Nei principali stati europei nasceva la volontà di attuare potenza cioè di espandere il più possibile i propri domini per acquistare prestigio nei rapporti internazionali.
Questo valeva per la G. Bretagna che aveva visto il suo primato economico e politico minacciato da Germania e USA, per la Francia delusa dalla politica estera di Napoleone III, per la Germania e il Giappone che volevano consolidare la loro forza sul piano internazionale, ambizione simili le avevano anche Portogallo, Olanda, Belgio e Italia.
Da questo punto si spiega perché si conquistarono anche stati poveri di risorse, l’imperialismo è legato anche alla crescita degli armamenti.
In questo periodo si diffusero le ideologie nazionalistiche e razziste perché per loro l’unica civiltà era quella bianca..
Queste potenze si spartiscono il pianeta, si insediavano maggiormente in Africa che divento tutta colonizzata, nell’America centrale e meridionale, in Asia precisamente India e Cina. Anche la Russia zarista si era mossa: occupò la Siberia e si interessò all’estremo Oriente, dove costruì alcuni porti strategici. Decise invece di vendere agli Americani l’Alaska per sette milioni di dollari nel 1867 in quanto il territorio richiedeva spese troppo onerose.
Anche gli arcipelaghi del Pacifico vennero inglobati negli imperi coloniali, soprattutto dagli Inglesi e dai Tedeschi. I primi occuparono Australia, Nuova Zelanda, Isole Fiji, le Salomone e le Marianne, mentre i secondi si ‘accontentarono’ della Nuova Guinea.
SITUAZIONE ITALIANA PRIMI 900, GIOLITTI
Nel 1901 il nuovo re Vittorio Emanuele III affidò l’incarico di formare il governo al liberale di Sinistra Zanardelli; nel 1903 a questi subentrò Giolitti che mantenne la carica fino al 1914.
Un aspetto fondamentale della politica giolittiana è costituito dalla convenzione che lo Stato non dovesse intervenire a contrastare le lotte dei lavoratori. Egli aveva, infatti, compreso che bisognava tener conto dei profondi mutamenti che stavano interessando la società italiana:
- il vero decollo industriale
- la formazione dei primi nuclei di proletariato industriale
- il crescente peso delle organizzazioni sindacali.
Giolitti pensava che fosse necessario controllare i cambiamenti, cercando la collaborazione dei movimenti politici più forti: il movimento socialista e quello cattolico. Tuttavia queste forze politiche non avevano ancora un numero consistente in Parlamento; ciò dipendeva dal fatto che la legge elettorale escludeva dal diritto di voto i cittadini più poveri, per i cattolici, inoltre, vigeva il divieto del Papa che proibiva la partecipazione alla vita politica (1874).
Negli anni in cui Giolitti dominò la scena politica si ebbe il decollo industriale.
Anche se il settore agricolo restava dominante, il settore industriale cresceva a ritmi sostenuti.
L’industria si era sviluppata nell’Italia Settentrionale, mentre nel Meridione l’attività produttiva era costituita quasi esclusivamente dall’agricoltura, basata sul latifondismo.
Lo sviluppo economico di fine secolo fu accompagnato però dall’aggravarsi d’alcuni elementi di crisi; una drammatica manifestazione della situazione dell’arretratezza del Meridione fu il massiccio flusso migratorio.
Dall’inizio del 900 gli emigranti furono, infatti, soprattutto meridionali e la loro destinazione fu costituita quasi esclusivamente dagli Stati Uniti d’America.
Gli avversari politici di Giolitti motivarono la loro opposizione rifacendosi ai principi del liberismo addebitando a Giolitti gli effetti negativi dell’intervento dello Stato in economia, gli eccessivi vantaggi della grande industria, i rapporti non sempre limpidi tra industria, finanza e politica.
Quando nel 1903 Giolitti divenne capo del governo, offrì a Filippo Turati di entrare nel ministero; questi rifiutò anche perché nel Partito socialista si stava rafforzando l’altra corrente, quella d’estrema sinistra.
All’interno del Partito socialista si erano delineate due tendenze: i riformisti (Turati) che sostenevano la necessità di conquiste politiche, quali il suffragio universale, ed i sindacalisti rivoluzionari, che invece sostenevano la necessità di modificare la distribuzione della proprietà ed il sistema di produzione capitalistico, usando come strumento di lotta lo sciopero.
La crescita di quest’ala sindacalista portò nel 1904 allo sciopero generale; il Parlamento fu sciolto e furono indette nuove elezioni, dove i socialisti persero voti e seggi.
Nel 1904 il Papa Pio X permise ai cattolici di votare e di interessarsi alla vita politica, rafforzando lo schieramento giolittiano. Dopo le elezioni del 1904, Giolitti, rafforzato dal sostegno dei cattolici, mantenne l’egemonia liberale cercando sempre il punto di equilibrio e l’accordo tra i grandi gruppi di pressione.
Tra il 1905 ed il 1909 vennero adottati alcuni provvedimenti a favore dei lavoratori come l’obbligo del riposo festivo, la prevenzione degli infortuni e la proibizione del lavoro notturno per fanciulli e donne.
Giolitti aveva saputo avvantaggiarsi del contributo elettorale dei cattolici e del consenso dei socialisti riformisti.
Dopo le elezioni del 1909 quest’assetto cominciò ad incrinarsi; raddoppiò il numero dei deputati socialisti, ma andava crescendo la forza della componente rivoluzionaria.
Dall’altra parte si stava anche organizzando un movimento nazionalista che si costituirono in Associazione nel 1910; erano avversari del socialismo, imperialisti e a favore della guerra, premevano perché l’Italia s’impegnasse in conquiste coloniali.
L’oggetto delle rinnovate mire espansionistiche italiane era la Libia; Giolitti era contrario alla guerra, ma finì per prepararla e dichiararla. L’impresa militare per la conquista della Libia iniziò nel 1911 con la dichiarazione di guerra alla Turchia. La vittoria fu sancita nel 1912 con la pace di Losanna, che attribuì all’Italia oltre alla Libia anche Rodi e le isole del Dodecaneso.
La riforma elettorale del 1912 comportò un consistente aumento del numero degli elettori. La nuova legge elettorale concedeva, infatti, il diritto di voto a tutti i cittadini maschi purché avessero compiuto i 30 anni.
Nel settembre 1913 si tennero le prime elezioni, Giolitti stinse un patto di collaborazione con i cattolici. Questo accordo fu più determinante di quanto era accaduto nelle passate elezioni per assicurare ai giolittiani la vittoria perché i seggi conquistati erano il frutto dell’alleanza con i cattolici ed i conservatori.
Per questa condizione nei confronti dei voti dei conservatori nel marzo del 14 si dimise lasciando il posto a Salandra.
LE IDEOLOGIE POLITICHE IMPERANTI (NAZIONALISMO, CULTURA DELLA GUERRA, ANTISEMITISMO, PACIFISMO, INTERNAZIONALISMO).
La riforma elettorale del 1912, approvata con i voti favorevoli dei socialisti, doveva rappresentare una vittoria per tutti coloro che credevano fermamente nell’esistenza di una forza che spingeva la società verso il progresso: democrazia, libertà, giustizia sociale, avrebbero caratterizzato il mondo del futuro, però giunse quando diversi fattori avevano messo in crisi l’età giolittiana.
- Il primo di questi fatti fu la comparsa del nuovo movimento politico dei nazionalisti nato nei primi anni del 900. In principio fu limitato ai gruppi di intellettuali che leggevano la rivista “il regno” fondata nel 1903 da Corradini. Il tratto più evidente del nazionalismo era l’opposizione alla democrazia che si esprimeva con un linguaggio particolarmente violento, giudicavano la democrazia come “impero delle bestie da soma, regno degli schiavi, padronanza dei servi”, i nazionalisti contrapponevano il culto della forza e dell’eroismo esaltando la guerra e lo spirito di conquista.
- Le idee nazionaliste ebbero diffusione fra i ceti della piccola borghesia (studenti, intellettuali, impiegati) ma presto cominciò a trovare consensi nel mondo imprenditoriale.
- Nel 1910 in un congresso tenuto a Firenze i nazionalisti costituirono una associazione politica impegnata a influire sulle scelte del governo. Con la conquista della Libia Giolitti soddisfa le richieste dei Nazionalisti. I movimenti nazionalisti si affermano in tutta Europa coinvolgendo larghe fasce della popolazione.
- Dopo alcuni decenni di pace fra i paesi europei, il ripetersi di crisi internazionali contribuì a diffondere la convinzione che una nuova guerra non solo era possibile ma probabile. L’azione diplomatica e il freno esercitato dall’esistenza di alleanze difensive fecero la loro parte nel consigliare la rinuncia alla forza e nel suggerire accordi.
- Ma in questi anni si stava formando un clima culturale favorevole alla guerra che era vista ora come desiderabile perché il suo compito essenziale nella storia era quello di far emergere il gruppo che, risultando vincitore, si rivelava il meglio dotato per sopravvivere, la guerra serviva quindi per il miglioramento biologico e culturale dell’umanità.
- Il nuovo nazionalismo mostrava una spiccata predilezione per il militarismo e l’autoritarismo e rifiutava apertamente il metodo della discussione e del confronto nelle aule parlamentari.
- Il nazionalismo accolse le idee razziste del Darwinismo sociale e su queste basi dette un contributo fondamentale alla nascita di una nuova forma di antisemitismo. Per secoli in tutta Europa gli Ebrei venivano discriminati e perseguitati a causa della loro religione e successivamente vennero considerati razza inferiore ed estranea, presentata dai nazionalisti come una minaccia per la compattezza della nazione.
- I primi ad usare l’antisemitismo come arma politica, volgendo contro gli ebrei il malessere delle folle ignoranti, furono gli Zar russi che distruggevano le loro case e sinagoghe massacrandoli. Ciò che rivelò l’esistenza del moderno antisemitismo fu l’affare Dreyfus. Nel 1893 Dreyfus, capitano di artiglieria di origini ebraiche assegnato al comando generale di Parigi, fu accusato spionaggio a favore della Germania solo perché di origini ebraiche fu esiliato ma poi reintegrato nel suo ruolo.
- Il pacifismo è un atteggiamento politico di opposizione più o meno radicale alla guerra e ad altre forme di violenza per la convinzione che esistesse uno stretto legame fra progresso generale della civiltà e la pace. Per evitare controversie promuovono la creazione di un tribunale che fungeva da arbitro evitando il ricorso alla guerra si creò nel 1902 e venne chiamato a risolvere le controversie minori. Fallisce l’obbiettivo di limitare la corsa agli armamenti.
- La forza maggiore a difesa della pace era costituita dai partiti socialisti. Il loro peso elettorale era continuamente cresciuto in tutti i paesi dove si svolgevano libere elezioni e grande era il prestigio della loro organizzazione, la seconda Internazionale, fondata nel 1889. La pace fu al centro dei suoi congressi tenuti a Stoccarda e a Copenaghen in anni in cui i rapporti tra le potenze si stavano deteriorando. I loro interessi e la loro cultura spingevano ad affermare la fratellanza tra i popoli al di là di ogni confine. Il pericolo guerra veniva dal capitalismo che spingeva gli apparati statali alle conquiste coloniali e creava situazioni di conflittualità. Anche se non si chiariva bene con quali mezzi si sarebbe concretamente opposta alla guerra, la seconda internazionale affermò di essere pronta a trasformare un crisi bellica in occasione per avvicinare la rivoluzione.
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
La prima guerra mondiale si svolse tra il 1914 e il 1918 e fu il primo conflitto che non impegnò solo gli eserciti ma sconvolse la vita intera degli stati nei suoi vari aspetti politici, sociali, economici e culturali. Fu la prima “guerra di massa” condotta per terra, per mare e in cielo, con l’impiego d’armi mai usate prima (aerei, carri armati, sottomarini, gas).
Le cause che avevano spinto l’Europa a precipitarsi in un conflitto così sanguinoso furono numerose. Si possono dividere in cause economiche, politiche, sociali ed occasionali. Le prime riguardavano l’espansionismo e la politica di potenza della Germania, decisa di mettere in discussione la supremazia inglese soprattutto in campo coloniale e nel commercio marittimo; le seconde riguardano l’Austria, contraria al nazionalismo serbo, ci sono degli scontri tra Francia e Germania per il possesso dell’Alsazia e della Lorena; la terza rappresenta l’esistenza di conflitti all’interno delle nazioni europee.
La scintilla che fece scoppiare la guerra fu l’assassinio dell’arciduca d’Austria-Ungheria Francesco Ferdinando avvenuto a Sarajevo, in Bosnia, il 28 giugno 1914 ad opera di un nazionalista serbo.
Subito l’Austria accusò lo stato serbo (alleato con la Russia) di corresponsabilità per quanto avvenuto e, dopo essersi garantito l’appoggio dell’impero tedesco inviò una serie di richieste espresse in forma di ultimatum che se non fossero state accettate entro quarantotto ore sarebbe seguita una guerra.
Il 28 luglio l’Austria dichiarò guerra alla Serbia pensando che sarebbe stata breve.
Ma dal sistema di alleanze allora esistenti ( Triplice alleanza: Italia che all’inizio non intervenne, Austri e Germania; Triplice Intesa: Francia,Russia e Gran Bretagna) coinvolse tutte le potenze europee.
La Russia proclamò la mobilitazione generale del suo esercito, La Germania che ne temeva un crescita militare le dichiarò guerra. Ciò provocò la mobilitazione generale della Francia, alleata con la Russia, La Germania dichiarò guerra anche alla Francia e si pose di applicare i suoi piani di guerra lampo. Entrò in guerra anche la G. Bretagna dichiarando guerra alla Germania. Nel 1915, dopo lunghe controversie tra neutralisti e interventisti, entrò in guerra a fianco dell’Intesa, l’Italia che aprì un nuovo fronte nelle Alpi Orientali costringendo gli imperi centrali a spostare soldati da altri fronti. Questa strategia fu ideata dagli alleati e sottoscritta nel Patto di Londra (26-4-’15).
L’Austria allora progettò una contro offensiva nei riguardi dell’Italia, che non aveva rispettato gli accordi della Triplice Alleanza: la così detta Strafexpedition. Nello stesso anno l’Inghilterra organizzò un blocco continentale per impedire i rifornimenti alla Germania.
Nel 1916, in Francia, continuava sempre la guerra nelle trincee che provocò moltissime perdite in tutti e due i fronti. La Germania, ormai a corto di rifornimenti a causa del blocco continentale, rispose all’Inghilterra con una battaglia navale presso le Jutland, che però perse, e con la guerra sottomarina nell’Atlantico. Questa aveva il compito di affondare ogni tipo di nave che poteva trasportare rifornimenti agli stati della Triplice Intesa.
Un momento importante della Prima Guerra Mondiale fu quando con la pace di Brest-Litovsk (3-3-’18), la Russia uscì dal conflitto in seguito alla rivoluzione bolscevica che portò Lenin alla guida della Russia.
A questo punto del conflitto le sorti della guerra sembravano volgere a favore degli Imperi Centrali, ma l’intervento degli Stati Uniti d’America (6-4-’17) capovolse definitivamente la situazione.
In pochi decenni essi erano diventati la prima potenza economica mondiale. Le immense ricchezze del sottosuolo, ferro, carbone, petrolio, unite alla grande produzione di carni e cereali dovevano trovare sbocco su altri mercati.
I motivi che indussero il presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson a dichiarare guerra alla Germania furono molteplici; tra i principali una vittoria tedesca avrebbe rappresentato un serio pericolo per gli interessi americani nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Contemporaneamente gli U.S.A. dovevano garantirsi gli ingenti prestiti e le notevoli forniture di materiale bellico e civile concesso a Inghilterra e Francia che in caso di sconfitta non sarebbero stati mai restituiti.
Ma l’avvenimento più sensazionale che convinse l’opinione pubblica americana, peraltro divisa se partecipare direttamente alla guerra o meno, fu l’affondamento, da parte della Germania, del transatlantico statunitense Lusitania carico di civili.
Il presidente Wilson presentò l’intervento degli Stati Uniti come una lotta per la democrazia, per la libertà e per i diritti delle nazioni. Questo fu il principio con cui gli americani accettarono la guerra. Il tributo di vittime pagato dagli U.S.A., anche se non confrontabile con quello degli altri paesi, fu di 115.000 soldati morti e 200.000 feriti.
Nel 1918 si ebbero le battaglie conclusive del conflitto: I francesi, aiutati da inglesi e americani, respinsero i tedeschi e l’esercito italiano cacciò quello austriaco sulle montagne del Carso.
Il 19 gennaio del 1919 a Parigi iniziò la Conferenza di pace a cui parteciparono solo le nazioni vincitrici. Il giorno prima il presidente W. Wilson aveva presentato i quattordici punti, che miravano a ridurre le future cause di conflitto. Tra i principi più importanti: i confini degli stati avrebbero tenuto conto delle nazionalità diverse; le popolazioni avrebbero avuto la possibilità di scegliere il proprio governo (autodeterminazione); sarebbe stata garantita la libertà di navigazione dei mari.
L'ultimo punto di Wilson enunciava il bisogno di creare un’associazione con lo scopo di regolare i rapporti internazionali e di impedire le guerre future. Nacque così nel 1919, con sede a Ginevra, la Società delle Nazioni.
La società nacque però già debole, infatti non ne facevano parte né gli Stati Uniti né Germania e la Russia.
L’11 novembre del 1918 gli Imperi Centrali firmarono la pace con una serie di trattati. Con il trattato di Versailles la Germania rinunciava all’Alsazia, alla Lorena ed ai propri possedimenti coloniali. Inoltre, veniva istituito il corridoio di Danzica che la divideva in due ed era obbligata alla restituzione dei danni di guerra.
Il trattato di Saint Germain imponeva lo smembramento dell’impero Austro-Ungarico in nuovi stati e territori: Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Trentino-Alto Adige, Venezia Giulia e Istria.
Quindi gli stati vincitori, al fine di ricavare dalla loro vittoria i maggiori vantaggi possibili in termini economici e territoriali, imposero condizioni pesantissime agli sconfitti e in particolare alla Germania: la creazione della Polonia che sottrasse gran parte di territorio tedesco, la cessione di alcuni distretti ricchi di carbone a Belgio, Danimarca e Cecoslovacchia.
La scarsa visione politica francese ed inglese pose le basi dell’insofferenza tedesca che sarebbe sfociata poi nella seconda Guerra Mondiale.
IL DOPOGUERRA IN ITALIA, EUROPA E MONDO
La guerra era durata 4 anni, 3 mesi e 14 giorni. Non era stata però un improvvisa catastrofe giunta dall’esternon ma era sorta dagli stessi sviluppi della società boeghese. A lungo i governi avevano sfidato il delicato equilibrio internazionale e si erano esposti al rischio di infrangerlo; a lungo i più diversi ceti sociali si erano estasiati nel linguaggio violento del nazionalismo: ovunque lo scoppio della guerra era stato accolto con manifestazioni di gioia che sorpresero dolorosamente i pacifisti. La guerra stessa inasprì gli opposti nazionalismi, mentre fu solo in seguito alla guerra che il piccolo partito bolscevicco riuscì a prendere il potere in Russia e a creare uno stato socialista.
Mentre la grande guerra volgeva al termine, l’incombere del comunismo in Russia non fu l’unico motivo di paura per i ceti della grande e piccola borghesia, Nell’agosto del 1914 finisce la stabilità monetaria per colpa dell’inserimento della moneta cartacea. La guerra aveva sconvolto la fisionomia dell’Europa, determinando il crollo dei pilastri dell’ordine europeo centro orientale: l’impero russo si era dissoloto a causa della rivoluzione interna; quelli tedesco, austro-ungarico e ottomano non sopravvissero alla sconfitta e vennero smembrati. Tranne la Franci e la Svizzera tutti gli stati dell’Europa ottocentesca erano monarchie; quasi tutti gli stati che derivavano dal crollo degli imperi erano repubbliche che erano contornate da grande incertezza. La guerra aveva dimostrato che l’Europa non costituiva più l’unico centro economico e politico del mondo e le due potenze del novecento erano diventate Stati Uniti e Giappone.
L’Europa usci dal conflitto profondamente sconvolta e devastata, solo le vittime nelle forze di terra furono più di 37 milioni. Nel periodo del dopoguerra ci sono stati anche decessi causati dalla denutrizione, dal tifo, colera, tubercolosi e la micidiale influenza “spagnola”. Tra il 19 e il 24 l’Europpa attraverso una fase di ristagno, la guerra aveva prosciugato la meta delle ricchezze nazionali. Tutti i paesi europei cimbattenti erano gravati da un pesante deficit pubblico, causato dalle spese militari; anche l’apparato industriale era stato profondamente segnato dal conflitto per le distruzioni di fabbriche, aziende ecc. che ne causarono il falimento.
Durante la guerra erano aumentate le importazioni soprattutto dagli USA, la scarsità delle merci ne provocò l’aumento dei prezzi.
Questo aumento provocò anche una forte inflazione rendendo difficile anche la vita dei più abbietti. Si diffuse il mercato nero e il mal contento sociale. Incompatibile era il contrasto tra le povertà e la ricchezza degli industriali, in tutta Europa si vide un aumento delle agitazioni, degli scioperi, delle manifestazioni sindacali ma anche dello scontro politico.
Una nuova mentalità, nuovi valori e aspirazioni di vita si erano diffusi durante la guerra, sia tra i combattenti sia tra i civili. La guertra aveva stimolato una generale tendenza all’organizzazione e alla solidarietà. Nelle fabbriche milioni di donne presero il posto degli uomini inviati al fronte, acquisendo una nuova coscienza della loro importanza, l’organizzazione di grandi movimenti collettivi divenne uno degli aspetti più significativi della società del dopoguerra. Questo avvenne in un clima di forte disagio sociale e morale, nei paesi vittoriosi non si erano avuti il benessere e i miglioramenti che le autorità avevano promesso durente la guerra; nei paesi sconfitti alle difficolta meteriali si aggiungeva il peso dell’umiliazione e della condanna, generando un senso di isolamento e di rivincita.
L’inflazione e la disoccupazione colpiscono l’economia italiana aumentando il costo della vita di tre volte e la riconversione delle industrie comporto una forte disoccupazione.
Si apri una fase di lotte sociali tra contadini e operai, agli scioperi che miravano a ottenere salari più alti e migliori condizioni di lavoro mentre tumulti popolari contro il carovita si affiancavano a più riprese, mentre nelle campagne meridionali i contadini occupavano le campagne promesse dallo stato durante la guerra.
Gli scioperi ottengono risultati importanti: aumento dei salari e maggiore occupazione, giornata lavorativa di otto ore che riuscivano a compensare solo in parte.
Un forte disagio attraversava i ceti medi che nutrivano profonda avversione nei confronti del socialismo temendo una rivoluzione come in Russia. Per questo ebbe successo il nazionalismo. La mancata assegnazione all’Italia della Dalmazia e di Fiume diffonde il mito della vittoria mutilata.
Il primato economico passa dall’Europa agli USA la cui economia fu sconvolta da una grande crisi che ebbe conseguenze sia economiche che politiche, il sistema europeo era dipendente da quello americano.
Negli anni venti l’economia degli Stati Uniti conobbe un grande boom senza precedenti, era iniziata l’epoca dei consumi di massa con beni di consumo durevoli.
Per l’agricoltura la guerra europea aveva portato un buon affare ampliando il mercato.
Nasce la speculazione finanziari e le persone investono quasi, se non tutto il loro patrimonio, si diffuse un rapido arricchimento però seguito dal crollo della borsa di New York che manda in rovina milioni di americani che il più delle volte si suicidano. Nel 1932, da tre anni in profonda crisi, si tennero negli Stati Uniti le elezioni presidenziali. Il presidente uscente, Hoover, non avendo conseguito alcun successo nella lotta contro la crisi fu nettamente sconfitto da Franklin Roosvelt. Già nel discorso inaugurale questi annunciò di voler iniziare un ‘New Deal’ (nuovo corso) nella politica economia e sociale: un nuovo stile di governo che si sarebbe caratterizzato soprattutto per un più energico intervento dello Stato nei processi economici e per la stretta associazione fra l’obiettivo della ripresa economica e gli elementi di riforma sociale. Il New Deal fu avviato immediatamente con una serie di provvedimenti: fu ristrutturato il sistema creditizio, fu svalutato il dollaro per rendere più competitive le esportazioni, furono aumentati i sussidi di disoccupazione e furono concessi prestiti ai cittadini.
FASCISMO E NAZISMO
In Italia si diffuse il mito della > , uno degli elementi che resero possibile l’avventura fiumana di D’Annunzio. Nel 1919 Gabriele D’Annunzio, alla guida di gruppi di volontari occupò Fiume, ne proclamò l’annessione all’Italia e dichiarò costituita la Reggenza del Cornaro.
L’impresa di Fiume però, fu anche il segno di una grande crisi politica; il governo non era riuscito ad impedire l’iniziativa militare autonoma e dovette tollerare l’esistenza di questa situazione anomala.
Solo nel 1920 , col nuovo governo Giolitti, si riuscì a risolvere la questione col trattato di Rapallo con la Iugoslavia: Fiume venne riconosciuta indipendente e l’Italia rinunciò alle pretese sulla Dalmazia
Nel 1919 si svolsero in Italia le prime elezioni con il sistema proporzionale in cui ogni partito conquista nel parlamento un numero di seggi proporzionale ai voti ottenuti e segnarono il successo del partito socialista.
Intanto si facevano sentire i fermenti delle organizzazioni socialiste, ma cominciava a manifestarsi una nuova forza politica, radicalmente diversa, in cui confluivano vari elementi. Stava nascendo il Fascismo.
Il 23 marzo 1919 l’ex dirigente socialista e direttore dell’”Avanti!” Benito Mussolini, che era stato espulso dal partito a causa delle sue posizioni interventiste, fondò a Milano i Fasci italiani di combattimento, che si sarebbero trasformati nel 21 in Partito nazionale fascista.
Questo movimento, che all’inizio contava poche centinaia di simpatizzanti, andò progressivamente guadagnando consensi.
Il programma iniziale conteneva accanto a parole di ordine nazionaliste, antiparlamentari e antisocialiste alcuni obbiettivi apparentamente progressisti, era un programma adatto ad incontrare consensi tra i ceti medi dove era diffuso il risentimento verso il partito socialista.
Le squadre d’azione fasciste iniziarono a operare nelle campagne padane come strumento dei proprietari terrieri per stroncare il movimento contdino; organizzate e pagate dagli agrari queste squadre composte da ex combattenti, sudenti, disoccupati, percorrevano le campagne a bordo di automezzi compiendo spedizioni punitive contro le organizzazioni contadine soprattutto durante gli scioperi.
Queste squadre esprimevano chiaramente lo stile d’azione del fascismo, basato sull’uso della violenza.
La crisi del sistema politico liberale favorisce l’afferamzione del fascisomo e raccogliendo consensi presso gli agrari, gli industriali e le classi medie vedevano Mussolini come l’uomo forte che avrebbe potuto allontanare dall’Italia la minaccia della rivoluzione e stabilire la piena governabilità delle fabbriche.
Mussolini ritenne che il momento fosse propizio per un colpo di Stato e il 28 ottobre del ’22 , gruppi di fascisti marciarono su Roma senza trovare alcuna resistenz .
Facta (liberale), capo del governo, aveva chiesto che il re firmasse lo stato di assedio per poter disperdere i fascisti con l’impiego dell’esercito, ma il re rifiutò e affidò anzi a Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo .
Fino al 1925 Mussolini puntò a trasformare gradualmente il modello istituzionale dello Stato italiano, cambiando l’equilibrio tra i diversi organismi e rafforzando il controllo fascista su di essi.
• Il Parlamento vide limitate la sua influenza sulle decisioni
• Nel 1922 venne costituito il Gran Consiglio del Fascismo
• Nel 1923 venne istituita la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale , un organismo alle dipendenze non dello Stato ma del Partito. Era chiamata a svolgere quella funzione di braccio armato della volontà del Partito , che prima era stata svolta dalle squadracce e che, col fascismo al governo , poteva essere < legalizzata >
• Furono progressivamente limitate le libertà costituzionali di stampa , di sciopero e di associazione
• Fu modificato il sistema elettorale : fu abolito il sistema proporzionale che prevedeva l’assegnazione dei seggi in Parlamento alle varie forze politiche in proporzione al numero di voti ottenuto , e fu stabilito che la forza politica che avesse superato il 25 % dei voti e avesse ottenuto la maggioranza relativa avrebbe avuto 2/3 dei seggi in Parlamento , ovvero il totale controllo politico dello Stato.
• Nel 1925 si istaura la dittatura fascista.
Il modello mussoliniano ispirò e influenzò il nazismo tedesco che, una volta giunto al potere con Hitler, nel 33 diede vita a uno stato totalitario.
I nazisti predicavano il ritorno a una Germania grande potenza economica, politica, militare, così da riscattare la sconfitta della prima guerra mondiale promettendo di sconfiggere la miseria e la disoccupazione, con la creazione di una società di conflitti e in cui le condizioni di tutte le classi sarebbero migliorate.
I nazisti facevano leva sulla paura del comunismo e sul desiderio di autorità e di ordine.
L’esaltazione della potenza tedesca e l’antisemitismo sono al centro del programma nazista esaltando anche la pura razza germanica che avrebbe dovuto dominare il mondo riuscendo a denigrare gli ebrei presentati come nemico e fautori della perdita della guerra.
Salito al governo, in poco più di due anni, Hitler perfezionò la dittatura del partito nazista e rafforzo il suo ruolo di capo unico e assoluto (Führer) togliendo completamente il potere al parlamento.
Dapprima attribuì ai comunisti l’incendio al palazzo del parlamento, poi scatenò una caccia alle opposizioni.
Ottiene dal parlamento i pieni poteri e abolisce ogni libertà politica e sociale mettendo tutti gli altri partiti fuori legge liberandosi in modo sanguinario dei suoi oppositori.
Nel 34 Hitler con la morte del capo dello stato assunse anche questo potere, attuò un rigido accentramento politico e amministrativo, venne creato un fronte lavoro rafforzato dall’esercito e costituito da industriali e lavoratori eliminando così eventuali conflitti sindacali.
Gli avversari al regime forono oggetti di ogni tipo di violenza e molti finirono in campi di concentramento o costretti ad emigrare.
Gli ebrei venivano privati della cittadinanza tedesca e sui documenti erano costretti a stampare una J a significare ebreo. Una notte, chiamata notte dei cristalli molti edifici furono distrutti.
Lo stato nazista interviene per sviluppare l’economia e la potenza della Germania, finanziando grandi autostrade e una politica di riarmo preparando la germania alla guerra che diventò il secondo conflitto mondiale.
IL COMUNISMO IN RUSSIA
Negli anni della grande depressione e del fascismo trionfamte, mentre gli Stati dibattevano nelle spire della grande crisi, l’URSS, in virtù del suo stesso isolamento economico, non ne era affatto toccata, ma si rendeva protagonista di un gicantesco sforzo di industrializzazione forzata imposta da Stalin.
Questo vuol dire che indirizzo tutte le risorse disponibili allo sviluppo dell’industria, con l’obbiettivo di far compiere in pochi anni all’unione sovietica quel processo che in altri paesi aveva richiesto molti decenni. Stalin riteneva infatti che solo una grande potenza industriele e militare avrebbe permesso al paese si mantenere il regime comunista e di difendersi da aggressioni esterne.
Lo strumento utilizzato per raggiungere questo scopo fu la pianificazione economica: soppressa ogni forma di libertà economica, lo stato fissava dei piani in cui veniva deciso che cosa produrre, quanto produrre, in quali tempi e con quali mezzi, venne varato il piano quinquennale.
Venne abolita la proprietà privata, si attuùò la collettivizzazione forzata: i contadini furono costretti ad entrare in aziende cooperative (kolchoz) o statali (sovchoz) inserite in piani di produzione con l’obbligo di consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo stato. Questo incontrò l’opposizione dei piccoli e medi proprietari terrieri, i kulaki, ma anche dei contadini poveri che avevano sperato in una distribuzione di terre.
Stalin stroncò le opposizioni con unba durissima e sanguinosa politica di repressione e terrore: molte migliaia di persone furono deportati nei gulag cioè dei campi di concentramento in Siberia in cui erano costretti a lavori forzati in condizioni inumane.
L’industrializzazione fece crescere nuove città industriali, impianti, fabbriche, dighe e centrali idroelettriche di dimensioni mai viste.
Milioni di persone si spostarono dalle campagne alle città e lo sforzo di irreggimentare questa massa di nuovi lavoratori si concentrò sulla disciplina: rigidi orari di lavoro, punizioni, licenziamenti, passaporti interni per potersi muovere da una parte all’altra del paese.
Questo però non riuscì ad ottenere effetti positivi, le macchine spesso non funzionavano, mancavano di pezzi di ricambio e di assistenza, ovunque si creavano disservizi e ritardi.
Al termine del primo piano quinquennale la produzione dell’industria pesante era triplicata, ma l’agricoltura non aveva fatto passi importanti. Ci fu una grave carestia che uccise milioni di persone. Si svilupparono le industrie dei beni di consumo e edilizia, il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione era stato sacrificato all’obbiettivo di fare dell’URSS una grande potenza industriale e militare.
Parallelamente il potere di Stalin si fece dispotico e assoluto e l’attivirà della polizia segreta più capillatre e persecutoria. A essere presi di mira non furono solo gli oppositori accaniti ma la repressione e gli arresti colpirono anche chi esprimeva qualche critica.
Stalin emarginò tutti coloro che temeva non gli ubbidissero cecamente. Nel 36 iniziarono le grandi purghe. Una serie di processi portò alla condanna a morte o ai campi di concentramento o a campi di lavoro con accuse inventate dalla polizia.
Milioni furono i cittadini prelevati dalle loro abitazioni e inviati in Siberia senza possibilità di difendersi. Un clima di sospetto e terrore, l’abitudine alla delazione e alla denuncia si diffusero in tutto il paese.
SECONDA GUERRA MONDIALE
A partire dal 1935 la crescente aggressività militare ed espansionistica del fascismo e del nazismo portò Hitler e Mussolini a costruire un’alleanza di tipo offensiva destinata a sconvolgere i fragili equilibri politici e internazionali. In un primo momento il duce tenne una linea politica indipendente da quella di Hitler ma quando i nazisti tentarono, senza successo, un colpo di stato a Vienna, con il proposito di annettere l’Austria alla Germania si unì alla condanna espressa dai governi europei e si schierò al confine del brennero.
Mussolini successivamente si unì a inglesi e francesi nella condanna.
Dopo l’invasione dell’Etiopia Mussolini portò l’Italia ad essere sempre più vicina alla Germania e l’alleanza si manifestò pienamente durante la guerra di Spagna.
Il nazionalismo ideologico che portava l’Italia e la Germania a sovrastare sull’Europa, l’allargamento dei confini Tedeschi sfruttando Inghilterra e Francia, la diffidenza di Stalin verso l’espansionismo tedesco verso est e verso la Francia e la l’Inghilterra, La richiesta di Hitler che Danzica fosse annessa al Reich avanzando rivendicazioni sul corridoio polacco fece scoppiare il secondo conflitto mondiale.
Dal maggio 39 vennero avviate tra l’URSS e le democrazie occidentali trattative per una alleanza difensiva contro Hitler. Il principale ostacolo eras costituito dal rifiuto della Polonia di concedere ai sovietici il passaggio sul loro territorio per fronteggiare la Germania. Difronte alla lentezza dei negoziati Stalin tornò diffidente. L’URSS cerco di condurre trattative con i tedeschi e firmarono un patto di non aggressione. Il 1° settembre 1939 le truppe tedesche entrano in Polonia; il tre Inghilterra e Francia dichiarano guerra alla Germania per mantenere il loro impegno di difendere l’integrità dei confini polacchi. Conquistarono la Polonia e il territorio venne spartito tra russi e tedeschi. Nella prima metà del 1940 Hitler occupò la Danimarca, Norvegia, Olanda, Belgio e Lussemburgo quindi aggirarono la linea difensiva francese di Maginot (una serie di fortificazioni costruita in previsione di una lunga guerra) e sfondato il fronte transalpino le truppe degli alleati riuscirono a salvarsi imbarcandosi a Dunkerque (città della Francia settentrionale). Nella primavera del 1940 sembrava che la guerra-lampo di Hilter devesse aver pieno successo e Mussolini entrò in guerra a fianco della Germania. Sapendo che l’Italia era militarmente ed economicamente impreparata si era dichiarata in principio non belligerante.
Anche il fascimo introdusse le leggi razziali contro gli ebrei che ebbero il consenso solo di una minoranza della popolazione.
Di fronte ai travolgenti successi di Hitler, Mussolini accellerò sempre di più i tempi della prevista entrata in guerra, vincendo le incertezze e le esitazioni del re e del ministro degli esteri. Giudicando imminente la vittoria finale di Hitler; Mussolini volle condividerne i frutti, perciò getto l’Italia in una guerra che si sarebbe rivelata disastrosa.
L’ingresso dell’Italia in guerra affretto la caduta della Francia, attaccata anche da sud. Rimaneva solo la G. Bretagna a contrastare Hitler che la bombardò con una potenza mai vista sperando di distruggere il potenziale bellico e di fiaccare il morale della popolazione.
Il paese resistette con tenacia guidato da Winston Churchill. Per la prima volta la strategia e i piani di Hitler conobbero una battuta d’arresto.
L’Italia attacca la Grecia, il Sudan e l’Egitto sfidando l’esercito Greco-albanese e inglese subendo una controoffensiva.
La Germania invade la Jugoslavia e la Grecia e l’Italia eseguiva ormai una guerra subordinata alla Germania. Hitler attacca a sorpresa l’Unione Sivietica ponendo fine all’alleanza.
Il Giappone alleato con la Germania cerca di espandere il proprio dominio in Asia e nel Pacifico cosa destinata a metterlo in conflitto cin gli USA. Il Giappone dichiara guerra agli USA seguito da Germania e Italia, Hitler aveva conquistato tutta Europa tranne Svizzera e las penisola Iberica.
Gli Stati Uniti lanciano una controoffensiva, Hitler inizia lo sterminio degli ebrei, le sorti del conflitto andarono in mano agli anglo-americani che avevano in mente la resa della Germania. I tedeschi lanciano una offensiva sul fronte orientale blocaccato dai russi.
Le truppe italo-tedesche vennero sconfitte in Africa dagli inglesi.
Le truppe alleate sbarcano in Sicilia, Mussolini viene arrestato e cade il fascismo, il governo va in mano a Badoglio, l’Italia firma un armistizio con gli americani, ci fu una reazione tedesca, l’Italia era divisa in due parti una occupata dai tedeschi l’altra dagli alleati, l’Italia divenne un campo di battaglia.
L’avanzata degli alleati in Italia giunse sino a Napoli , insorta da sola contro i nazisti nel settembre del ’43.
L’Italia continuò comunque ad essere divisa in due zone ; a Sud il governo Badoglio dovette affrontare la decisa opposizione dei partiti politici del CLN che chiedevano l’abdicazione del re Vittorio
Emanuele III . La situazione si sbloccò col ritorno dalla Russia del leader comunista Togliatti, che portò alla < svolta di Salerno > che aprì la strada alla partecipazione dei partiti CLN ad un nuovo governo Badoglio.
Nel 1944 Roma fu liberata e fu costituito un nuovo governo presieduto da Bonomi, di cui facevano parte anche il comunista Togliatti e il liberale Croce.
Intanto i governi alleati facevano sempre più affidamento sulla forza delle organizzazioni partigiane.
Gli Alleati decisero così l’apertura di un nuovo fronte: il sei giugno 1944 le armate americane guidate da Einsenhower sbarcarono in Normandia, mentre sul fronte orientale i Tedeschi furono costretti ad arretrare sotto lo stimolo dell’Armata Rossa.
Il 13 aprile 1945 i Russi occuparono Vienna, il 2 maggio conquistarono Berlino.
L’8 maggio la Germania si arrese senza condizioni; Hitler si era tolto la vita alcuni giorni prima. In Italia intanto l’avanzata alleata fu accompagnata dall’insurrezione partigiana che liberò le principali città settentrionali.
Il 28 aprile Mussolini fu catturato mentre tentava la fuga e fu fucilato a Dongo.
La guerra continuava però in Oriente tra Giappone e Stati Uniti ; questi sganciarono il 6 e il 9 agosto due bombe atomiche rispettivamente su Hiroshima e Nagasaki , portando il governo nipponico al crollo .
Nel febbraio del ’45 si tenne l’importante Conferenza di Yalta tra Churchill , Stalin e Roosevelt; fu deciso che la Germania sarebbe stata divisa in zone d’occupazione e Berlino sarebbe stata spartita tra i quattro vincitori; la Francia infatti veniva considerata nazione vincitrice e avrebbe preso parte all’occupazione.
A tale Conferenza ne seguì un’altra in luglio , a Potsdam , dove vennero confermate le decisioni di ristabilire gli equilibri territoriali europei.
La NATO
LA NATO è l’organizzazione politico-militare nata in conseguenza del Patto Atlantico del 4 aprile del ’49 firmato da 12 Paesi occidentali (USA , Canada , Inghilterra , Francia , Belgio , Paesi Bassi , Lussemburgo , Danimarca , Norvegia , Islanda, Portogallo e Italia ) . La costituzione della NATO (North Atlantic Treaty Organization ) rappresentò lo sbocco della guerra fredda e sancì la divisione dell’Europa in due blocchi . L’adesione dell’Italia fu osteggiata degli Inglesi , favorita invece dai Transalpini e vista con perplessità dagli stessi Statunitensi . Fu la guerra in Corea che portò il passaggio dal Patto Atlantico alla NATO , ovvero la nascita della necessità di una struttura militare e politica in grado di garantire sicurezza in quel clima di forte timore .
Nel ’52 vi entrarono a far parte anche Grecia e Turchia , nel ’55 la Germania occidentale . Nel ’99 sono entrate Repubblica Ceca , Ungheria e Polonia .
Il Patto di Varsavia
Organizzazione militare dei Paesi comunisti dell’Europa orientale costituita con il trattato del 14 maggio 1955 tra URSS, Polonia , Cecoslovacchia , Germania orientale , Romania , Bulgaria , Ungheria e Albania , a completamento dei preesistenti trattati bilaterali tra l’URSS e gli altri Paesi .
Costituito in reazione all’ingresso nella NATO della Germania Federale , il Patto di Varsavia aveva un comando unico affidato a uno sovietico .
Fu sciolto nel 1991 in seguito al crollo dei regimi comunisti .
Il Piano Marshall
Questo piano fu lanciato dal segretario di Stato americano George C. Marshall con il nome di European Recovery Program ( ERP , Programma di Ricostruzione Europea ) nel 1947 , prevedeva nell’arco degli anni 1948 - 52 la concezione di aiuti gratuiti alle Nazioni europee , perlopiù sotto forma di beni che , dati dai vari governi agli operatori economici interni , avrebbero dovuto finanziare la creazione di infrastrutture e il risanamento dei bilanci dello Stato , sotto la supervisione dell’americana ECA ( Economic Cooperation Administration ) . Fu rifiutato dall’URSS e dagli Stati ad esso legati e quindi solo legato agli Stati europei occidentali . Aspramente contestato dalle sinistre , il Piano Marshall contribuì a rilanciare l’economia europea in stretto collegamento con quella americana .
LA RESISTENZA
Nei paesi europei che durante la seconda guerra mondialeconobbero l’occupazione nazifascista sorsero movimenti formati da gruppi di volontari, chiamati partigiani, che lottavano per la liberazione dagli oppressori. Questo movimento venne chiamato resistenza e i partigiani svolgevano diverse attività come stampa clandestina, aiuto agli ebrei per sfuggire alla deportazione, fuga dei prigionieri politici e si servivano soprattutto di guerriglia e sabotaggio.
La resistenza era diretta da partiti antifascisti che collaboravano nella lotta contro il nemico, In Francia la resistenza era capeggiata da Charles De Gaulle che incitava i francesi a ribellarsi, in Jugoslavia i partigiani comunisti capetggiati da Tito combatterono contro l’occupazione nazifascista.
In Italia si costituisce il comitato di liberazione nazionale che, anche se era debole, chiedeva l’allontanamento del re.
La Resistenza crebbe rapidamente in tutti i territori occupati dai nazisti; si formarono diversi contingenti della Resistenza come le Brigate garibaldini, le Brigate Giustizia e Libertà e le Fiamme verdi.
DOPOGUERRA, ORGANIZZAZIONE DEL MONDO (BIPOLARISMO)
La conferenza di Parigi del 1946 fu l’ultimo atto della cooperazione postbellica fra l’Urss e le potenze occidentali (per le condizioni da imporre agli sconfitti). Già quando la conferenza era ancora in corso, una grave crisi fu innescata fra Unione Sovietica e Turchia, appoggiata dagli U.S. a proposito dello stretto dei Dardanelli. Truman ,presidente americano, inviò nel Mar Egeo la flotta maericana onde evitare l’affacciarsi dei Sovietici sul Mediterraneo; era questa infatti la dottrina Truman, ossia l’impegno degli Americani di intervenire in sostegno dei popoli minacciati della loro libertà (dai Sovietici...). Nel 1947 gli Americani lanciarono un vasto programma per la ricostruzione economica Europea, il Piano Marshall, offerto a tutti i Paesi Europei, occidentali ed orientali. I Sovietici respinsero il piano ed imposero, condannandolo, ai propri satelliti di fare altrettanto; ma anzi, i Sovietici risposero con la creazione del COMECON, un’organizzazione con gli stessi scopi del Piano Marshall, volto però ai soli Paesi satelliti. A ciò si aggiunse, sempre nello stesso anno, la creazione del Cominform, un organo che raggruppava tutti i Partiti comunisti anche delle potenze europee occidentali (fra cui l’italiano era il primo). Il più importante terreno di scontro del dopoguerra fu la questione della Germani, divisa in quattro zone d’occupazione (americana, inglese, francese e russa). Berlino, che si trovava nella zona di occupazione russa fu anch’essa divisa in quattro blocchi. Saltata ogni possibilità d’intesa coi sovietici, stati Uniti ed Inghilterra integrarono le loro zone d’azione liberalizzando l’economia e rivitalizzandola poi con gli aiuti del Piano Marshall. Di fronte alla nascita di un forte Stato Tedesco occidentale, Stalin reagì con la prova di forza del blocco di Berlino. Nel 1948 l’URSS chiuse gli accessi alla città impedendone il rifornimento, nella speranza di indurre gli occidentali ad abbandonare la zona ovest da loro occupata. La crisi, invece di risolversi con le armi, lo fece senza alcuno scontro militare: gli Americani, infatti, organizzarono un gigantesco ponte aereo per rifornire la città finche nel ‘49 i sovietici si risolsero a togliere il blocco inefficace.
Furono poi unificate tutte e tre le zone occidentali e fu proclamata la Repubblica Federale Tedesca con capitale Bonn. La risposta sovietica fu la creazione di una Repubblica democratica tedesca con capitale Pankow.
A questo punto la divisione dell’Europa, e del mondo intero, in due blocchi contrapposti fra loro era perfezionata. Nel ‘49 gli occidentali costituirono il Patto Atlantico, un’allenaza strettamente politica, inzialmente firmato da 12 Paesi, che costituirà la base per l’alleanza militare, la NATO, attualmente l’unica forza militare internazionale estesa a 19 Paesi, tre dei quali, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia dell’ormai oggi ex blocco sovietico. I 12 fautori dell’alleanza furono USA, Canada, Inghilterra, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Danimarca, Norvegia, Islanda, Portogallo e Italia. A loro si aggiunsero nel ‘55 Grecia e Turchia e Germania Ovest. L’Urss da parte sua reagì nel ‘55, in seguito proprio all’entrate nell’allenanza della Germania Federale, con la creazione di un’alleanza militare, il Patto di Varsavia, a cui aderirono ‘liberamente’ URSS, Polonia, Cecoslovacchia, Germania orientale, Romania, Bulgaria, Ungheria e Albania. Lo stalinismo rispose alle sfide poste dal confronto con l’Occidente accentuando i suoi connotati autocratici e repressivi; gli apporti di capitali vennero imposti ai Paesi controllati dall’Armata, ed il prelievo, non solo di finanze, ma anche di derrate agricole, di macchinari, di impianti e di mezzi di locomozione fu ingente. La priorità nella ricostruzione postbellica sovietica andò all’industria pesante, a discapito del tenore di vita del popolo. Sul terreno della politica estera, l?unione Sovietica trasformò tutti i Paesi orientali occupati in democrazie popolari, una formula che mascherava l’imposizione a quei Paesi, di un sistema politico e sociale nella sostanza simile a quello vigente in Ursss e la loro riduzione a satelliti della potenza egemone.
Drammatico fu il destino della Cecoslovacchia, Paese economicamente e socialmente sviluppato, di tradizione democratica, che seguiva una linea non ostile all’Urss. Il governo formatosi a seguito delle elezioni era guidato dal leader comunista Gottwald e si fondava sull’alleanza fra i partiti di sinistra. La coalizione si ruppe nel ‘48 quando si trattò di decidere circa l’accettazione degli aiuti del Piano Marshall, sostenuta dai socialisti ed osteggiati dai comunisti. Per imporre il loro volere, i comunisti costrinsero sotto la minaccia della guerra civile il presidente della Repubblica ad affidare il potere ad un nuovo governo da loro completamente controllato.
L’unico fra i regimi dell’est europeo che cercò, con successo, di sottrarsi all’egemonia sovietica fu quello jugoslavo. La rottura si consumò nel 1948 in seguito alle resistenze di Tito ai piani staliniani; l’Urss sospese dapprima ogni collaborazione economica, quindi condannò apertamente i comunisti jugoslavi di ‘deviazionismo’. Isolata dal mondo comunista, la dirigenza jugoslava cominciò a sperimentare una linea autonoma basata sull’equidistanza fra i due blocchi, ed un nuovo corso in politica interna volto alla ricerca di un equilibrio fra stalinizzazione ed economia di mercato: l’autogestione delle imprese.
Per evitare che l’eresia di Tito trovasse adesioni, furono attuate dai sovietici massicce purghe nei confronti dei dirigenti comunisti dell’est europeo sospettati di velleità autonomistiche.
La prova del confronto fra i due blocchi si ebbe nel 1950 in Corea. In base agli accordi, quel Paese era stato diviso in due zone delimitate dal 38° parallelo. Una delle due zone, quella del nord, era governata da un regime comunista, mentre l’altra, quella del sud, presentava l’insediamento di un governo nazionalista appoggiato dagli americani. Nel 1950 le forze nordcoreane, armate dai sovietici, invasero il Sud. Gli Stati Uniti reagirono inviando in Corea un forte contingente di truppe che respinsero i nordcoreani ed oltrepassarono a loro volta il 38° parallelo. A questo punto però fu la Cina di Mao ad intervenire in difesa dai ‘fratelli comunisti’ ed in poche settimane capovolsero le sorti della guerra penetrando nella Corea del Sud. Nel ‘51 Truman accettò di aprire le trattative con i Nordcoreani e nel ‘53 si giunse all’accordo che riportò la situazione alla partenza, ossia la divisione in due del Paese al 38° parallelo.
Con la fine della presidenza Truman nel ‘52 e con la morte di Stalin nel ‘53, la guerra fredda perse i suoi protagonisti ed il confronto cominciò ad assumere nuove forme, forme di accettazione reciproca. Intanto negli U.S., dove stava scomparendo ormai il maccartismo, salì alla presidenza Eisenhower, mentre in Urss si arrivò ad una direzione ‘collegiale’ dal Paese affidata al gruppo erede di Stalin. Ma questo ‘governo di molti’ durò poco tempo perchè il nuovo leader del Pcus, Nikita Kruscev si impose facilmente come leader indiscusso del Paese; uomo molto diverso caratterialmente da Stalin, Kruscev si fece promotore di alcune significative aperture sia in politica estera che in politica interna: il Trattato di Vienna e l’incontro di Ginevra coi leaders occidentali, ma anche la clamorosa riconciliazione con la Jugoslavia di Tito e lo scioglimento del Cominform nel ‘55. In politica interna, il comando di Kruscev coincise con la fine della ‘grandi purghe’ e comportò un rilancio dell’agricoltura ed una maggiore attenzione alle condizioni di vita dei cittadini. Per rendere irreversibile la svolta, Kruscev non esitò a compiere l’operazione più traumatica di tutta la storia sovietica: demolì la figura di Stalin attraverso una sistematica denuncia dei crimini commessi in Unione Sovietica da Stalin in un rapporto al XX congresso del Pcus del ‘56.
Il Rapporto Kruscev ebbe effetti traumatizzanti in tutto il mondo comunista ma le conseguenze più esplosive della destalinizzazione si ebbero nell’Europa dell’Est, in particolare in Polonia ed in Ungheria: il rapporto Kruscev fece nascere i primi sogni che l’egemonia sovietica sui satelliti potesse essere cancellata.
In Polonia furono gli operai, con l’appoggio della Chiasa cattolica, a dar vita ad una serie di agitazioni culminate nel grande sciopero di Poznan. Lo sciopero fu stroncato con l’intervento delle truppe sovietiche, ma le agitazioni continuarono e così, piuttosto che continuare a reprimere nel sangue la popolazione, i dirigenti sovietici preferirono operare un ricambio ai vertici del partito e del governo polacco favorendo una politica di cauta liberalizzazione e di parziale riconciliazione con la Chiesa, impegnandosi per contro a non mettere in discussione l’alleanza con l’Urss e l’appartenenza al campo socialista. In Ungheria gli avvenimenti seguirono un corso analogo, inizialmente, a qielli polacchi. Le proteste sfociarono in una vera e propria insurrezione e si formarono dei consigli operai. A capo del governo fu chiamato Nagy, comunista liberale, già espulso dal partito. Le truppe sovietiche decisero di far rientrare l’esercito e questo aprì spazi alle forze antisovietiche che portarono i comunisti a perdere il potere nel Paese. Ma quando Nagy annunciò l’uscita dell’Ungheria dal Patto di Varsavia, i reparti armati dell’Armata rossa occuparono con la forza Budapest; Nagy fu fucilato. Questo avvenimento portò sdegno e proteste in occidente e non poche crisi di coscienza fra i comunisti di tutto il mondo.
I Paesi di nuova indipendenza, guidati dalla Jugoslavia di Tito, si affacciarono sulla scena internazionale al di là delle competizioni fra Est ed Ovest: la parola d’ordine diventò così quella del ‘non allineamento’. Per impulso dell’India di Nehru, dell’Egitto di Nasser e della Jugoslavia di Tito, questa parola d’ordine divenne la principale piattaforma politica comune di quello che veniva emergendo come un Terzo Mondo.
La consecrazione ufficiale di questo indirizzo si ebbe nell’aprile 1955 con la conferenza di Bandung, in Indonesia, che proclamò l’eguagliana fra tutte le nazioni e segnò non solo l’atto di nascita dei non allineati, ma anche l’affermazione del Terzo Mondo sulla scena mondiale.
DECOLONIZZAZIONE, TERZO MONDO, SOTTOSVILUPPO
Lo smantellamento del sistema coloniale e l’accesso all’indipendenza dei popoli afroasiatici sono tra i fenomeni più importanti di questo secolo. Il processo di decolonizzazione ricevette la spinta decisiva del secondo conflitto mondiale. Un altro fattore di importanza decisiva fu la pressione congiunta degli Stati Uniti e dei Sovietici per scalzare gli Europei dall’Asia e dall’Africa e quindi per accelerare le liquidazione del vecchio ordine mondiale fondato sull’eurocentrismo. Per volontà americana gli alleati avevano proclamato con la Carta Atlantica del ‘41 il ‘diritto di tutti i popoli a scegliere la forma di governo da cui intendono essere retti’. Il principio di autodeterminazione si impose e l’Europa non poteva sottrarvisi. La Gran Bretagna procedette ad una graduale abdicazione al proprio dominio, preparando i popoli all’indipendenza e cercando di trasformare l’Impero coloniale in una comunità di Nazioni liberamente associate nel Commonwealth. LA Francia invece oppose resistenza armata ai movimenti indipendentisti. Sul piano delle istituzioni politiche, la democrazia parlamentare di tipo europeo si affermò solo in pochi Paesi: il peso della tradizione era diverso e soprattutto l’Europa aveva mostrato ai popoli assoggettati il suo volto autoritario, non quello liberale; difficile quindi che, raggiunta l’indipendenza, questi Paesi volessero mantenere ‘ricordi’ di chi li aveva assoggettati. Il risultato fu perciò la prevalenza di regimi di stampo autoritario, di sistemi a partito unico e di dittature militari.
Il continente asiatico fu il primo a raggiungere l’indipendenza. Il motivo di ciò sta nel carattere relativamente più avanzato dell’organizzazione politica e della struttura sociale del continente rispetto all’Africa. Fra le potenze coloniali fu l’Inghilterra la prima a comprendere la necessità di ridimensionare la sua posizione imperiale, opponendo una resistenza elastica: rinunciò ad Iraq e Transgiordania, quindi all’Egitto, pur restando però, in quest’ultimo caso, ‘controllore’ del Canale di Suez. Il processo di decolonizzazione più drammatico fu senza dubbio quello dell’India, la più importante sul piano economico-strategico delle colonie britanniche. Già nel ‘19 le truppe inglesi repressero con la forza una manifestazione popolare indipendentista. L’anno seguente vide l’affermarsi dell’uomo simbolo dell’indipendenza del Paese, Gandhi, teoretico della lotta basata sulla resistenza passiva, sulla non violenza e sul rifiuto di qualsiasi collaborazione con i dominatori. Già nel ‘21 i risultati si vedevano: il popolo indiano otteneva spazio politico con l’elezione di propri organismi rappresentativi e si spianava la lenta strada verso l’indipendenza. Nel ‘41, in piene guerra mondiale, Nehru, collaboratore di Gandhi ottenne per l’India lo status di dominion, che equivaleva all’indipendenza. A guerra finita l’Inghilterra aprì i negoziati per concedere l’indipendenza definitiva, ma mentre Gandhi si batté per uno Stato unitario, i musulmani reclamarono la separazione degli induisti. Gli Inglesi, nel ‘47 concessero l’indipendenza all’Unione indiana a maggioranza indù, ed al Pakistan musulmano, creato alle due estremità orizzontali dell’India. La parte orientale prenderà poi il nome di Bangladesh nel ‘71 dopo la scissione dal Pakistan.
Pesante fu altresì l’indipendenza del Vietnam dai Francesi, parte del territorio sorto dalla dissoluzione dell’impero francese in Indocina. Nel Vietnam i comunisti, sotto la guida di Ho Chi Minh proclamarono nel 1945 la Repubblica democratica del Vietnam, ma i Francesi non la riconobbero e ne rioccuparono la parte meridionale con le armi. Nel 1946 iniziò una lunga guerra fra i Transalpini e le forza indipendentiste del Vietminh. La guerra si concluse solo nel 1954 con gli Accordi di Ginevra che stabilirono il ritiro dei Francesi e la divisione del Vietnam in due Stati: a nord uno comunista, a sud uno filoccidentale.
Anche in Africa il processo di indipendenza non fu indolore, soprattutto nella zona del Maghreb (Marocco, Algeria e Tunisia), anch’essa sotto dominazione francese. I Francesi concessero ‘subito’ l’indipendenza a Marocco e Tunisia in quanto essi avrebbero mantenuto in futuro una posizione filoccidentale.
Più drammatica fu la lotta per la liberazione in Algeria, dove la presenza di oltre un milione di Francesi rendeva rigida la posizione del Governo di Parigi e della stessa opinione pubblica riguardo l’indipendenza. Dopo il successo della rivoluzione nasseriana in Egitto, il movimento nazionalista algerino si radicalizzò e si affermò il Fronte di liberazione nazionale (FLN) guidato da Ben Bella. Comincia così lo scontro che avrebbe portato in crisi la situazione politica della stessa Francia. Lo scontro culminò nel ‘57 con la battaglia di Algeri che durò nove mesi e vide l’intera città araba stringersi attorno ai combattenti del FLN. I Francesi riuscirono a piegare l’insurrezione con la repressione. Nel 1958, i coloni crearono, con l’appoggio dell’esercito, un Comitato di salute pubblica che aveva tutto l’aspetto di preludere ad un colpo di Stato militare in Francia e che portò alla fine della Quarta Repubblica e al ritorno sulla scena politica transalpina di De Gaulle, il quale capì che ormai l’Algeria era perduta. Stabilì così i contatti con l’FLN, stroncò un tentato colpo di Stato militare ad Algeri e reagì alla campagna terroristica in Francia. Nel 1962 il Governo francese ed il governo rivoluzionario, espressione politica del FLN, si accordarono su un progetto di indipendenza del Paese da sottoporre a referendum.
L’ITALIA REPUBBLICANA
L’Italia del dopoguerra deve affrontare drammatici problemi politici e sociali, l’Italia si sforzava di diventare una democrazia. Un referendum decide la trsformazione dell’Italia in repubblica e per la prima volta votarono anche le donne a riprove del clima nuovo, il momento del trapasso si presentò molto teso, ma, dopo aver guidato l’Italia per più di ottanta anni vennero esiliati ed Enrico De Nicola fu eletto capo provvisorio della nuova Repubblica italiana. A suffragio universale fu eletta anche l’assemblea costituente, L’appartenenza dell’Italia al blocco occidentale comportò la fine dei governi di coalizione.
Entra in vigore la nuova costituzione repubblicana che si impegnava a realizzare una maggiore giustizia sociale, la democrazia cristiana vinse le elezioni, il sistema politico italiano nasce senza la possibilità di una alternanza dei partiti al governo

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