Dalla caduta del Sacro romano Impero a Federico Barbarossa

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Testo

IL SACRO ROMANO IMPERO SI FRANTUMA

Il sacro romano impero fondato da Carlo Magno non durò a lungo, dopo la sua morte nell’814 i suoi nipoti cominciarono a combattere tra loro per l’eredità e nell’ 843 con il trattato di Verdun divisero l’Impero in tre.
Queste lotte indebolirono il potere degl’imperatori e aumentarono quello dei feudatari (cioè i vassalli che avevano ricevuto un feudo) che ne approfittarono per impadronirsi dei feudi.
Mentre con Carlo Magno i feudi alla morte del feudatario ritornavano di proprietà dell’imperatore, nell’877 i grandi feudatari, e poi anche i piccoli feudatari, ottennero il diritto di tenersi i feudi e di lasciarli in eredità ai figli.
Ogni feudo si trasformò così in un piccolo regno dove il signore imponeva le sue leggi, riscuoteva i tributi e faceva da giudice fra gli abitanti.
Come i re i feudatari (vassalli) potevano avere dei vassalli (i valvassori) e questi a loro volta potevano averne altri (i valvassini). Ognuno doveva obbedire al suo diretto superiore e a nessun’altro, neppure al re che diminuiva sempre di più d’importanza.
Il Potere dei signori feudali fu rafforzato ancora di più con l’arrivo di nuovi invasori (saraceni, ungari ecc) che terrorizzavano la popolazione.
Poiché i re non riuscivano a proteggere le popolazioni lo fecero i signori costruendo centinaia di castelli fortificati e armati.
I castelli divennero l’abitazione dei signori, ma all’interno delle loro mura potevano trovare rifugio (pagando) anche i contadini indifesi quando erano in pericolo.

Il feudalesimo
In quest’epoca ogni uomo era sottomesso ad un altro più potente di lui o perchè era suo vassallo o perché lavorava nelle sue terre.
Questo sistema di dipendenza basato sul feudo o sul vassallaggio fu chiamato feudalesimo.
Il sistema feudale si formò al tempo di Carlo Magno e si affermò in Europa nel Medioevo. Questo sistema cominciò a scomparire con il passare del tempo anche se alcuni aspetti di questo sistema, come la sottomissione dei contadini e i privilegi dei signori resistettero più a lungo

Il castello
Era composto da due grandi aree: corte bassa e corte alta, divise fra loro da un alto muro. Nella corte bassa venivano alloggiati tutti gli artigiani come i falegnami, i fabbri, i muratori ecc. e c’erano anche le stalle i fienili, il forno , il pozzo. In questo posto, in caso di attacchi nemici, trovavano rifugio anche i contadini.
Nella corte alta sorgeva il Mastio che altro non era che la residenza (la casa) del Signore . Questo mastio era la parte più fortificata del castello ed era qui che in caso di assedio si svolgeva l’ultima resistenza.

Cap. B1 aumenta la popolazione, si estendono le terre coltivate e migliorano le tecniche di coltivazione (pag. 158 e 159)
Dopo l’anno 1000, nel periodo che segue le invasioni la popolazione in Europa comincia ad aumentare velocemente passando da 38 a 73 milioni di abitanti.
A causa di questo incremento demografico aumentano le terre coltivate, per poter sfamare più persone, e nello stesso tempo visto che c’è più cibo la disposizione a popolazione continua ad aumentare.
Contemporaneamente al fatto che aumentano le zone agricole, si riducono le foreste perché gli alberi vengono abbattuti per liberare il terreno da coltivare e si cominciano a bonificare le paludi.
L’aumento della produzione agricola porta al diffondersi di nuove tecniche agricole, una di queste è la rotazione triennale che consiste nel lasciare solo un terzo del terreno coltivabile a riposo ogni anno, mentre prima se ne lasciava la metà.
E all’utilizzo di nuovi strumenti come: l’aratro pesante – il ferro di cavallo per proteggergli gli zoccoli, il collare sempre per il cavallo che gli permetteva di trasportare carichi più pesanti – i mulini ad acqua e i mulini a vento.
Iniziano a cambiare anche le condizioni dei contadini, infatti sempre più spesso riescono ad ottenere delle carte della libertà, che aboliscono le corvées o, per lo meno permettono la loro sostituzione con pagamenti in denaro.
I contadini inoltre ottengono il diritto di acquistare le terre dove lavorano , di lasciarle in eredità ai figli, e di scegliere liberamente il coniuge (prima dovevano avere il permesso dal signore)

Si sviluppano i commerci e le città

Nel Basso Medioevo non cessò il pericolo di annate cattive e di carestie, tuttavia la produzione agricola aumentò, così fu possibile mettere da parte delle riserve e venderne anche una parte.
I mercati si moltiplicarono, e sorsero soprattutto presso le corti, i castelli, nelle città o al loro esterno cioè sotto le mura. Qui i mercanti avevano i loro depositi, le botteghe e le case dove vivevano in inverno.
Queste zone vennero chiamate borghi e i mercanti e artigiani che vi abitavano borghesi.
Con lo sviluppo del commercio fu abbandonato il baratto e tornarono a circolare le monete, prima in argento e poi anche d’oro come il fiorino di Firenze, il ducato di Venezia e il Genovino di Genova.
La sede principale degli scambi commerciali dove si tenevano i mercati erano soprattutto le città che, quindi dopo la decadenza dell’Alto medioevo, tornarono a rifiorire.
Dopo l’anno Mille ne sorsero molte nuove e i centri più antichi si ingrandirono includendo nel loro interno anche i borghi esterni e nuovi abitanti arrivarono dalle campagne per ripopolarle.
Intorno al 1200 le regioni d’Europa con il maggior numero di città erano la Germania settentrionale, le fiandre (regione del Belgio) e l’Italia.
Nella Germania i principali centri commerciali si unirono in una lega detta HANSA che col tempo divenne ricchissima e molto potente tanto che le città che vi aderirono diventarono 80.
Nelle fiandre si sviluppò la produzione e il commercio dei panni di Lana
In Italia, le città non erano mai scomparse del tutto, neanche durante le invasioni, perciò lo sviluppo urbano fu più facile. Verso la metà del XIII secolo, 5 delle 7 città europee più importanti erano italiane: Venezia, Firenze, Bologna, Genova e Milano
In Italia le città costiere si svilupparono prima di quelle dell’interno, e tra queste si svilupparono soprattutto le città marinare di Amalfi, Pisa, Genova e Venezia perché furono le prime a dedicarsi al commercio quando ancora l’attività principale per tutti era l’agricoltura.
Furono chiamate città marinare perché si erano rese indipendenti da imperatori e feudatari e furono governate dai mercanti stessi nominati dalle ricche famiglie della città
Lo sviluppo delle repubbliche marinare fu favorito dalla loro posizione geografica al centro del Mediterraneo e soprattutto dall’utilizzo di nuovi strumenti che facilitavano la navigazione come la bussola per orientarsi in mare aperto, il timone unico e i portolano, carte marinare che davano informazioni sulla costa e sui porti.
Le repubbliche marinare a volte si allearono fra loro per combattere un comune nemico come l’alleanza tra Genova e Pisa contro gli Arabi.
Ma più spesso si combatterono tra di loro così Pisa saccheggiò Amalfi, però a sua volta Pisa fu poi battuta da Genova nella battaglia della Meloria.
Infine, eliminate le altre, entrarono in conflitto tra loro Genova e Venezia fino alla vittoria di Venezia nel XIV secolo.
Venezia era sorta sulle isole della laguna veneta quando vi si rifugiarono gli abitanti della terra ferma che volevano sfuggire alle invasioni barbariche. Essendoci pochissima terra adatta alla coltivazioni gli abitanti di Venezia furono costretti a dedicarsi al commercio marittimo.
Le navi di Venezia trasportavano lungo il Po le spezie, i profumo ecc che portavano dall’oriente ed esportavano in Asia e in Egitto legname, metallo e schiavi.
Venezia governata da un capo, il Doge e da consigli di mercanti raggiunse la sua massima potenza durante l’epoca delle crociate (spedizioni militari di cristiani contro l’Islam per liberare la Terra Santa).

Cap. B1 aumenta la popolazione, si estendono le terre coltivate e migliorano le tecniche di coltivazione (pag. 158 e 159)
Dopo l’anno 1000, nel periodo che segue le invasioni la popolazione in Europa comincia ad aumentare velocemente passando da 38 a 73 milioni di abitanti.
A causa di questo incremento demografico aumentano le terre coltivate, per poter sfamare più persone, e nello stesso tempo visto che c’è più cibo la disposizione a popolazione continua ad aumentare.
Contemporaneamente al fatto che aumentano le zone agricole, si riducono le foreste perché gli alberi vengono abbattuti per liberare il terreno da coltivare e si cominciano a bonificare le paludi.
L’aumento della produzione agricola porta al diffondersi di nuove tecniche agricole, una di queste è la rotazione triennale che consiste nel lasciare solo un terzo del terreno coltivabile a riposo ogni anno, mentre prima se ne lasciava la metà.
E all’utilizzo di nuovi strumenti come: l’aratro pesante – il ferro di cavallo per proteggergli gli zoccoli, il collare sempre per il cavallo che gli permetteva di trasportare carichi più pesanti – i mulini ad acqua e i mulini a vento.
Iniziano a cambiare anche le condizioni dei contadini, infatti sempre più spesso riescono ad ottenere delle carte della libertà, che aboliscono le corvées o, per lo meno permettono la loro sostituzione con pagamenti in denaro.
I contadini inoltre ottengono il diritto di acquistare le terre dove lavorano , di lasciarle in eredità ai figli, e di scegliere liberamente il coniuge (prima dovevano avere il permesso dal signore)

SI SVILUPPANO I COMMERCI E LE CITTA’ (pag. 162 – 163)

Nel Basso Medioevo non cessò il pericolo di annate cattive e carestie, tuttavia la produzione agricola aumentò così fu possibile accumulare delle riserve e riuscire a rivenderne una parte. Infatti i mercati si moltiplicarono, soprattutto nelle città o al loro esterno sotto le mura.
All’esterno delle mura vivevano soprattutto mercanti, artigiani, perchè qui avevano i loro depositi e le loro botteghe. Queste zone fuori dalle mura furono chiamate borghi e borghesi quelli che vi abitavano.
Con lo sviluppo dei commerci fu abbandonato il sistema del baratto e ricominciarono a circolare le monete che prima erano d’argento e poi anche d’oro come: il fiorino di Firenze, il ducato di Venezia e il Genovino di Genova. Ovviamente gli scambi commerciali avvenivano soprattutto in città dove c’erano i mercati e le fiere.
Durante l’Alto Medioevo le città erano decadute e alcune erano diventate piccole come villaggi, invece dopo il Mille le città tornarono a popolarsi e a ingrandirsi, soprattutto i centri più antichi includendo anche i borghi e altre città sorsero in luoghi più adatti al commercio e alla difesa, sui monti, lungo i fiumi ecc.)

I principali centri urbani d’Europa
Intorno al 1200 le regioni d’Europa con il maggior numero di città erano la Germania, le Fiandre in Belgio e l’Italia.
Nella Germania del nord 80 città’ mercantili, si unirono in una lega della Hansa per controllare tutti i commerci marittimi.
Nelle Fiandre si sviluppò il commercio dei panni di lana.
In Italia, dove le città non erano mai scomparse del tutto, neanche durante le invasioni barbariche, lo sviluppo urbano fu ancora più intenso, così verso la metà del 13° sec. Delle 7 città europee più grandi, ben 7 erano italiane: Venezia, Firenze, Bologna, Genova e Milano.

LE CITTA’ MARINARE ITALIANE (PAG. 165 – 166)

In Italia le città costiere si svilupparono prima di quelle dell’interno
Dal X sec. in poi si affermarono sempre più le città marinare di Amalfi, Venezia, Genova e Pisa perché furono le prime a dedicarsi al commercio marittimo.
Per questo motivo e per il fatto che si resero indipendenti da imperatori o feudatari e furono governate dai mercanti stessi nominati dalle famiglie ricche della città furono chiamate Repubbliche marinare.
Lo sviluppo delle Repubbliche marinare fu facilitato dalla loro posizione geografica intorno al centro del Mediterraneo e dall’uso di strumenti di navigazione nuovi come: la bussola, il timone unico e i portolani (carte marinare che davano informazioni sulla costa).
Le Repubbliche marinare a volte si allearono tra loro per sconfiggere i nemici (come quando Genova e Pisa si allearono per cacciare gli Arabi dalle loro basi in Sardegna) ma più spesso si facevano la guerra per motivi di concorrenza commerciale, così successe che:
Nel 1135 e nel 1137 Pisa saccheggiò Amalfi e la sconfisse,
poi nel secolo successivo Amalfi fu battuta da Genova nella battaglia della Meloria
Infine nel 14° secolo Venezia riuscì a sconfiggere Genova e ad affermare il suo dominio sul Mediterraneo.

Lo sviluppo di Venezia

Venezia era sorta sulle isole della laguna veneta dove si erano rifugiate molti abitanti della terra ferma per sfuggire alle invasioni barbariche.
I suoi abitanti si dedicarono al commercio marittimo perché nella laguna le terre coltivabili erano poche.
Le navi veneziane risalivano il corso del Po per portare nel cuore della Pianura Padana: spezie, seta, profumi, che importava dall’oriente e in oriente invece esportava legname, metallo e schiavi slavi che prendeva in Dalmazia.
Venezia aveva mercanti anche in Grecia, Asia Minore ed Egitto.
Era governata da un capo detto Doge e da consigli di mercanti (assemblee).
Raggiunse la sua massima potenza all’epoca delle crociate (spedizioni militari condotte dai cristiani contro l’Islam) della Terra Santa.

L’EUROPA SI ESPANDE : LE CROCIATE. (PAG. 168 – 169 – 170)

Verso la fine dell’11° sec. i luoghi dove Gesu’ Cristo nacque, visse e morì (la Terra Santa) caddero nelle mani dei Turchi Selgiuchidi, che era un popolo che si erano convertito all’Islam ed era poco tollerante nei confronti degli “infedeli”, cioè i cristiani.
Questo fatto rese più difficili i pellegrinaggi in terra Santa e ostacolò i rapporti commerciali fra l’Europa e l’Asia.
Nel 1095 il papa Urbano II chiese ai principi cristiani di liberare Gerusalemme e il Sepolcro di Cristo, il suo appello fu accolto con entusiasmo e molti si dichiararono pronti a partire subito.
Tale entusiasmo era dovuto a una sincera fede religiosa ma soprattutto al fatto che molti nobili che non avevano terreni erano disposti a qualunque cosa pur di procurarsi feudi e bottino, i poveri speravano di fare fortuna, e le repubbliche marinare intuivano che l’impresa poteva essere un buon affare.
Per invito del papa ogni guerriero doveva portare sulla sopravveste, una croce di stoffa rossa come segno della fede per cui combatteva, per questo motivo i guerrieri furono chiamati crociati e crociata venne chiamata la loro spedizione.
I primi volontari non furono principi o grandi feudatari, ma fanatici, cavalieri poveri e contadini, infiammati dalla parola di un predicatore religioso chiamato Pietro l’Eremita.
Durante il viaggio queste bande senza capi, saccheggiarono villaggi e campagna e massacrarono alcune comunità di ebrei che incontrarono.
Non essendo preparati militarmente questi primi volontari non arrivarono mai a Gerusalemme, furono uccisi prima o fatti prigionieri dai turchi.
La prima crociata vera e propria partì nel 1906 sotto la guida del duca Goffredo di Buglione.
I crociati impiegarono tre anni per arrivare a Gerusalemme a causa dei sanguinosi scontri, della scarsità dei viveri, della sete e del sole che infuocava le armature.
Nel 1099, l’esercito crociato, dopo un mese d’assedio, conquistò Gerusalemme e massacrò i suoi abitanti.
Nelle terre conquistate i cristiani formarono regni di tipo feudale come:
il regno di Gerusalemme, la contea di Emessa e il principato di Antiochia.
Gerusalemme non rimase a lungo in mano cristiana.
Nel 1187 i Musulmani la riconquistarono definitivamente sotto la guida di un saggio sovrano d’Egitto che gli Europei chiamavano Saladino.
Pian piano persero anche tutti gli altri stati cristiani d’oriente, l’ultima fu la fortezza di San Giovanni d’Acri nel 1291.

Le spedizioni, furono 8 in tutto e si susseguirono fino al 1270 anche se man mano la spinta religiosa era sempre più debole, infatti, la 4° crociata non fu fatta nemmeno contro i Turchi ma contro la capitale cristiana dell’Impero Bizantino Costantinopoli, solo per poterla saccheggiare e fondare un nuovo stato feudale.
Questo fatto gravissimo rese sempre più difficili i rapporti fra le due Chiese cristiane (quella ortodossa dell’impero Bizantino e quella Cattolica del Sacro Romano Impero) separate dallo scisma del 1054.
Le crociate furono un affare soltanto per le città marinare italiane che affittarono ai crociati le navi, le armi e le macchine d’assedio e prestarono i soldi per equipaggiare la truppa e nutrirla.
Come ricompensa ottennero in tutto l’Oriente magazzini, strade, porti per poter commerciare liberamente.
I maggiori guadagni andarono a Venezia dopo la quarta crociata alla quale venne pagato l’affitto delle navi con il saccheggio di Costantinopoli.

La città medievale pag. 178 – 179 – 180

Aumenta la popolazione delle città.
Fra il 1050 e il 1100 tutte le città d’Italia allargarono la loro cerchia di mura perché la popolazione continuava ad aumentare. Ma anche il nuovo spazio man mano diventava insufficiente, cosi’ fecero la seconda cerchia di mura e poi anche una terza. Questa cosa successe anche fuori dell’Italia.
Siccome le città avevano bisogno di manodopera per le botteghe, i cantieri, cercavano di attirare sempre nuovi abitanti e per far questo tra il XII e il XIII sec. fecero dei regolamenti detti “statuti” con i quali promettevano la libertà a chiunque avesse abitato in città per un anno e un giorno.
Così molti servi della gleba che non potevano pagare il loro Signore per ottenere la libertà, fuggirono in città. Dalla campagna giunsero anche molti feudatari minori attratti dalla vita cittadina.

I borghesi
In Europa, la vita economica si sposto’ dalle corti alle città, dove vivevano i mercanti. Con l’aumento del commercio, il denaro stesso divenne una merce che si poteva vendere e acquistare. Sui banchi dei cambiavalute e dei banchieri era possibile scambiare le monete di vari paesi e ottenere prestiti.
I borghesi (gli abitanti dei borghi) essendo mercanti, banchieri artigiani, avvocati ecc.. erano diventati la classe sociale più importante e la loro ricchezza si basava proprio sul possesso del denaro e non più della terra.
Le corporazioni
Con la ricchezza aumentò la popolazione che a sua vota ebbe bisogno di un numero crescente di addetti all’alimentazione, all’abbigliamento, alla lavorazione di tessuti, metalli ecc.
Si formarono così le corporazioni che comprendevano tutti gli addetti allo stesso mestiere. Queste associazioni dette anche “arti” o “gilde” stabilivano norme che dovevano essere rispettate dai loro soci come ad esempio i prezzi da applicare, i salari dei dipendenti, gli orari ecc. Si prendevano cura anche dei soci malati, delle vedove e degli orfani.
Le citta’ sono centri di cultura
Fino a quasi due secoli dopo il Mille, l’istruzione era in mano agli uomini di chiesa che erano gli unici che sapevano leggere e scrivere. Le uniche scuole erano presso monasteri e chiese.
Nei centri urbani cominciarono a comparire anche maestri privati che insegnavano teologia matematica medicina e diritto. Alcuni di questi maestri divennero famosi per la loro cultura e raccolsero attorno a loro folti gruppi di studenti provenienti anche dai paesi europei.

Come gli artigiani anche gli studenti e gli insegnanti si riunirono in corporazioni. Nacquero così le Università, parola che significa collettività tra studenti e insegnanti. Le più antiche sorsero a Bologna per lo studio del diritto e Parigi per l’insegnamento della teologia.
Altre ne sorsero in Inghilterra e Spagna. L’insegnamento era in lingua latina perché era una lingua compresa da qualsiasi allievo qualunque fosse la sua provenienza.
Alla fine degli studi, superato un esame veniva rilasciata una licenza (oggi chiamata laurea) ed il titolo di dottore.

Nelle città si aprono scuole laiche
I mercanti ritennero che l’istruzione servisse a migliorare i loro affari.
Mandarono così i loro figli a scuola da insegnati laici, non tenute cioè da insegnanti religiosi, i quali insegnavano i calcoli, i pesi e misure, a tenere i libri contabili e perfino a parlare lingue straniere.
In queste scuole si insegnava ancora in latino, per gli usi pratici e giornalieri si parlava il volgare che era una specie di dialetto che cambiava di città in città.
Dall’uso comune si passò agli Statuti in modo che la popolazione capisse bene la legge e le norme che lo riguardavano.
Si diffonde il volgare
Il volgare che si impose su tutti gli altri fu quello Toscano, grazie anche a scrittori come Dante Alighieri, Francesco Tetrarca e Giovanni Boccaccio che componendo le loro opere in volgare Toscano fecero in modo che esso divenne la lingua letteraria italiana, cioè la lingua dei poeti e scrittori.

UN GOVERNO AUTONOMO PER I COMUNI MEDIEVALI (da pag. 183 a pag. 187)

Le città si governano con leggi proprie
Nelle prime fasi del loro sviluppo le città erano governate da un signore feudale (un vescovo o un grande feudatario), poi pian piano si resero autonome dando vita ad una nuova forma di governo: il Comune
Questa autonomia fu possibile perché le associazioni di cittadini mettendosi insieme riuscirono per prima cosa ad ottenere dei privilegi economici, ad esempio la libertà di commercio e poi ad ottenere concessioni politiche, come il diritto a darsi delle leggi, ad eleggere i propri magistrati e ad amministrare la giustizia.
Dopo aver ottenuto tutto questo le città di fatto divennero autonome, cioè potevano governarsi da sole con leggi autonome anche quando riconoscevano l’autorità dell’Impero.

In Italia sorgono comuni al nord e al centro
Fra l’11° e il 14° secolo sorsero comuni in tutta l’Europa, ma soprattutto nell’Italia del nord e del centro.
Al sud, invece, l’Impero Normanno impedì alle città di diventare autonome e persino Amalfi che nel X sec. era diventata una grande potenza sotto il dominio normanno cominciò a decadere.

I borghesi si succedono ai nobili nel governo dei comuni

Alla base della vita comunale c’era l’Assemblea cittadina, chiamata in vari modi: parlamento arengo ecc. essa era costituita da tutta la popolazione maschile che aveva fatto il servizio militare.
L’ assemblea (o parlamento) eleggeva i capi del comune chiamati consoli che potevano essere un numero da 4 a 20.
I consoli venivano assistiti da assemblee di cittadini dette consigli.
All’inizio gli uomini che potevano governare venivano scelti tra le famiglie nobili o potenti, ma dalla seconda metà del 13° sec. le borghesie (corporazioni di borghesi) ottennero non solo di partecipare al potere politico ma anche di allontanare i nobili dal governo.
A Firenze, ad esempio, nel 1293 quelli che non erano iscritti ad una corporazione non potevano partecipare al governo, e siccome, in genere, i nobili non lavoravano (consideravano il lavoro una vergogna) essi non potevano far parte di nessuna corporazione e di conseguenza non potevano partecipare alla vita politica della città.

Il potere politico va alle famiglie più ricche
Così, quasi dappertutto il potere andò alle grandi famiglie borghesi più ricche e potenti, che a Firenze erano chiamate il “popolo grasso”.
Il resto della popolazione borghese, assai più numerosa ma meno ricca, in politica contava pochissimo quasi niente ed era chiamata “popolo minuto”.

I conflitti interni ed esterni sono frequenti.

All’interno dei comuni italiani le lotte tra le varie famiglie erano feroci e sanguinose, gli sconfitti venivano uccisi o mandati in esilio e le loro case distrutte e saccheggiate.
Il popolo si schierava a favore di una o dell’altra famiglia in lotta formando gruppi politici armati.
Le lotte continuarono anche quando invece dei consoli venne nominato un magistrato unico, il podestà, scelto fra i cittadini di un’altra città. Ma nemmeno il podestà riportò la pace.
Presto poi i comuni vollero estendere il loro potere oltre le mura, cioè sulla campagna intorno alla città, detta contado, e nella loro espansione si trovavano a scontrarsi con i feudatari ai quali apparteneva il contado, oppure con i comuni vicini.
Si combatteva per tutto, per il controllo delle strade, per l’accesso al mare, per rivalità nei commerci. Queste guerre erano brevi ma feroci e provocavano odio e vendette.

Nasce la Signoria: il governo di una sola persona.

Le lotte comunali erano fonte di insicurezza, molti, perciò, iniziarono a pensare che fosse meglio dare il potere ad una sola persona che potesse assicurare la pace,.
Così alla fine del 13° sec. molte città si diedero una nuova forma di governo chiamata signoria, dove un signore (un capo) aveva tutto il potere politico.
Le prime signorie furono quelle dei Visconti a Milano, degli Estensi a Ferrara e degli Scaligeri a Verona.

VIVERE NELLE CITTA’ MEDIEVALI (pag. da 188 a 191)
Le città, erano quasi tutte circondate da una cinta di mura turrite sorvegliate da sentinelle.
Le notte le porte delle città venivano chiuse e le chiavi venivano consegnate ai magistrati.
All’interno delle mura le case si trovavano tutte molto vicine per risparmiare spazio e al centro, o nella posizione più alta, si trovavano gli edifici pubblici (come il palazzo del vescovo, il comune) e gli edifici religiosi.
Nella città vecchia, accanto alla cattedrale e al palazzo del vescovo c’erano le case signorili costruite in pietra con a fianco una torre per motivi di difesa. (Spesso le torri servivano da abitazione e infatti per maggiore sicurezza le porte erano in alto e per entrare bisognava arrampicarsi su scale).
Vicino alla piazza del mercato c’erano le botteghe degli artigiani riunite in gruppi secondo il mestiere, infatti ancora oggi ci sono vie medievali che testimoniano questo fatto come: via degli orefici, via dei calzolai ecc..
A volte fra due costruzioni vi era uno spazio vuoto, questo perché quando volevano punire qualcuno colpevole di qualche delitto gli abbattevano la casa.
Le strade erano strette e tortuose e non selciate e tenerle pulite era un problema cosi a Bologna venne fatto uno statuto che vietava di gettare immondizie e acque sporche nelle strade e di far circolare i maiali, a Firenze vennero selciate le strade e a Pavia fu creato un sistema di fognature, ma la situazione igienica era pessima e si diffondevano molte malattie infettive.
Le abitazioni erano quasi tutte in legno e spesso scoppiavano incendi, dal freddo ci si difendeva fissando tele spalmate di cera o imbevute di olio alle finestre e massicce imposte di legno. I vetri comparvero solo nel 12° sec.
Nel secolo successivo saloni e stanze da letto iniziarono ad essere scaldate da camini, però la gente continuava ad indossare anche in casa i cappotti.
Nelle abitazioni non arrivava l’acqua e le donne dovevano andare a prenderla ai pozzi o alle fontane.
Per la difficoltà di procurarsi l’acqua non si lavavano spesso, in famiglia il bagno si faceva in comune in grandi mastelli riempiti con i secchi.
Prima e dopo i pasti ci si sciacquava le mani e poiché non c’erano tovaglioli ci si puliva sulle tovaglie.
Non c’erano servizi igienici nelle case, solo nelle dimore signorili c’erano dei gabinetti scavati nel muro o collocati in bugigattoli all’esterno e aperti su un fossato
Le case erano infestate di pulci.
Nelle case della ricca borghesia vivevano le famiglie patriarcali, composte da padre, madre, figli, nuore e figlie nubili (quelle sposate andavano in casa dei suoceri). Molte di esse già avevano un cognome derivante da una caratteristica di un antenato: il mestiere,(Barbieri) un suo difetto fisico,(Calvi) il luogo di provenienza (Napoletano) o un nome proprio (Alighieri).
Il padre era il capo indiscusso della famiglia.
Soprattutto nelle famiglie ricche i figli erano molto desiderati, ma non avevano diritti fino a che non erano in grado di portare armi o prendere marito.
La mortalità infantile era elevatissima, a volte dopo pochi giorni o settimane dalla nascita i bambini delle famiglie borghesi venivano affidati ad una balia che li allattava al posto della madre, vivendo con lei in campagna fino allo svezzamento.
A 6-8 anni i figli maschi andavano a scuola o a bottega, mentre le bambine venivano tenute a casa ad imparare i lavori domestici.
Alcuni scrittori medievali consigliavano ai padri di non insegnare alle bambine a leggere a meno che dovessero farsi monache, ma alcune bambine delle famiglie ricche andavano lo stesso a scuola per imparare le conoscenze elementari ma non potevano andare alle scuole superiori e all’università.
Le giovani donne di buona famiglia erano tenute sotto stretta sorveglianza e non potevano uscire di casa se non accompagnate da una donna saggia e matura e neanche restare troppo alla finestra.
Non dovevano ridere per non apparire volgari, non dovevano parlare se non interrogate, e non dovevano cantare se non su invito dei genitori e sempre con gli occhi bassi.
Quelle che la famiglia aveva destinato al matrimonio venivano maritate giovanissime (16-18 anni) con uomini che conoscevano appena e molto più grandi di loro, spesso anziani, e una volta sposate dovevano fare un figlio dietro l’altro e ad ogni parto rischiavano di morire.
Nell’Europa settentrionale molte donne si dedicavano al commercio e dirigevano botteghe, in Italia, invece, era vietato alle donne iscriversi alle corporazioni e potevano solo lavorare a casa propria per conto dei mercanti.

Eresie e nuovi ordini religiosi all’interno della Chiesa.
(pag. 200 – 201 – 202)
Si diffondono nuove eresie. Nell’11° sec. alcuni papi riformatori, fra cui San Gregorio VII, con l’appoggio dei monaci di Cluny, si opposero al malcostume del clero e all’intervento dell’imperatore nella scelta del papa e dei vescovi.
La riforma di Gregorio VII diede alla chiesa autorità e prestigio, tuttavia il comportamento di parecchi ecclesiastici continuò a destare scandalo
Fra il 12° e 13°sec. si diffusero in Europa nuovi movimenti religiosi che criticavano il lusso e le abitudini del clero. I seguaci di questi movimenti furono accusati di eresia perché sostenevano dottrine in contrasto con i dogmi ( le regole della chiesa), e per questo vennero perseguitati.
Ad esempio subirono persecuzioni i valdesi e i catari, (puri) detti anche albigesi abitanti nella Francia meridionale.
Contro le eresie la Chiesa interviene con durezza.
Contro i Catari il papa Innocenzo II fece proprio una crociata, detta degli albigesi.
Il re di Francia e i grandi feudatari del nord, accolsero con entusiasmo l’invito del papa perché volevano impadronirsi delle terre della Francia meridionale, così con massacri e saccheggi distrussero il movimento cataro e riuscirono a sottomettere le ricche regioni del sud francesi.
Nella sua lotta contro le eresie la Chiesa si servì anche del tribunale dell’Inquisizione che aveva il compito di cercare e punire gli eretici.
Molte volte le confessioni venivano strappate con la tortura e i colpevoli che non si pentivano venivano condannati quasi sempre a morte sul rogo.
A sostegno della Chiesa nascono due nuovi ordini religiosi
Lo strumento più efficace che ebbe la chiesa nella lotta contro le eresie fu la nascita di due nuovi ordini religiosi, quello domenicano e quello francescano.
A differenza dei monaci benedettini che costruivano i monasteri in campagna, domenicani e francescani si stabilirono in città in mezzo alle persone più inquiete di cui si sentivano fratelli “frati”.
Questi monaci rinunciarono a qualunque proprietà e vissero del loro lavoro e di elemosine e per questo si chiamarono ordini mendicanti.
Questi ordini non si ribellarono alla Chiesa e non misero in dubbio i dogmi obbedendo con totale sottomissione.
I fondatori degli ordini mendicanti: San Domenico e San Francesco.
L’ordine domenicano fu fondato da un sacerdote spagnolo: San Domenico di Guzman e il loro obiettivo era la predicazione del vangelo e la confessione, perché dal 1215 era diventato obbligatorio per i cattolici confessarsi almeno una volta l’anno.
L’ordine francescano fu fondato da san Francesco D’Assisi il figlio di un ricco mercante che rinunciò a tutte le sue ricchezze per vivere in assoluta povertà.
Francesco si ispirava a valori come l’amore e la fratellanza e viveva in mezzo a penitenze e privazioni amando tutti i fratelli e contemplando le bellezze del creato.
I “fratelli” che lo seguirono furono detti frati minori per la semplicità della loro vita . Il desiderio di far conoscere il Vangelo spinse molti di loro a partire come missionari per terre lontane e a dedicarsi a curare poveri e malati.
Gli ordini mendicanti contribuiscono al rinnovamento della Chiesa.
Domenicani e francescani ebbero molto successo e con la loro opera contribuirono alla lotta contro le eresie e al rinnovamento spirituale della Chiesa.
La predicazione dei frati richiamava folle così grandi che spesso non entravano in chiesa e bisognava predicare in piazza e i monasteri si moltiplicarono.
Sorsero anche monasteri femminili come quello fondato da Santa Chiara d’Assisi, cugina di San Francesco che fondò l’ordine francescano delle clarisse
Federico Barbarossa (Pag. 203-204-205)
Il potere imperiale è debole.
I comuni dell’Italia settentrionale e centrale appartenevano al Sacro Romano impero Germanico (fondato da ottone di Sassonia), ma, si volevano per forza governare da soli; l’imperatore glielo permetteva perché era debole e lontano.
Quando i principali comuni sorsero l’impero era in lotta con il papato per la questione delle investiture, finita questo ci fu un nuovo contrasto, questa volta fra 2 grandi famiglie nobili tedesche, gli Svevia e i Baviera che volevano entrambe la corona di re di Germania.
Questa lotta si concluse all’elezione di Federico I di Svevia detto Barbarossa il quale era imparentato con tutte e due le famiglie.
Federico Barbarossa cerca di riaffermare l’autorità imperiale.
Federico Barbarossa cercò di ristabilire la sua autorità su tutto l’impero, Italia compresa, ma per prima cosa volle dimostrare che stava agendo secondo giustizia, perciò chiese ai dottori dell’università di Bologna come si doveva comportare e loro gli risposero che solo a lui spettava inventare tasse , battere moneta e amministrare la giustizia.
Per far rispettare la sua volontà Barbarossa nominò in ogni comune un podestà, che però molte città rifiutarono, e così si generò uno scontro tra imperatore e città.
Milano resiste all’imperatore viene distrutta.
Milano era il nemico più temibile per l’imperatore e, poiché si era ingrandita a discapito delle altre città, l’imperatore si alleò con i suoi nemici e la ridusse alla fame; così nel 1162 Milano fu costretta ad arrendersi e le sue mura vennero distrutte.
Tuttavia la vittoria dell’imperatore non portò la pace in Italia, anzi il malcontento contro i podestà imperiali si diffuse in tutte le città e quindi i comuni si accorsero che per conservare la libertà si dovevano alleare e combattere uniti.

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