Dal Medioevo al barocco

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Testo

Storia III
Una premessa d'obbligo.
Per poter capire la storia bisogna cercare, studiare, capire .studiare non tanto gli eventi in quanto tali, quanto i rapporti di causa ed effetto tra gli eventi.
Il programma di storia di III abbraccia circa 600 anni. Dall’anno 1000 (anche se in realtà il programma nello specifico si considera dal 1200) fino al 1600.
per capire la storia di questi 600 anni si possono seguire quattro direttive principali. 4 filoni attorno ai quali si possono ricondurre tutti gli eventi che si studiano.
1) la storia della progressiva affermazione delle monarchie nazionali. Dal 476, infatti, cioè dal crollo dell'impero romano fino all'anno 1000, l'Europa, che all'epoca si poteva considerare il mondo conosciuto, ha visto l'assenza di un potere centrale. Per secoli si è avuta l'assenza di punti di riferimento istituzionali; vigeva una sorta di anarchia per la quale le popolazioni erano in preda agli attacchi dei barbari e non c'era un esercito, non c'era un potere riconosciuto in grado di difenderle.
Dall'anno 1000 in poi, da quando cioè le grandi invasioni barbariche si sono concluse, l'Europa ha cominciato nuovamente a imboccare una via dello sviluppo. Il sistema feudale in atto, uno strumento di difesa privata dai rischi prodotti da queste invasioni, inizia a trasformarsi e inizia a non avere più senso. Da questo momento in poi si può ricostruire un potere centrale.
I nobili, l'aristocrazia feudale, sebbene voglia mantenere intatto il proprio potere, sente l'esigenza di riconoscere a una figura (quella del re) un potere di rappresentanza di un territorio più vasto di quello da loro posseduto. Questo processo di aggregazione dà il via alle monarchie. Il programma del terzo anno mostrerà il progressivo affermarsi di queste monarchie in termini di potere reale sul territorio anche e soprattutto a scapito dei nobili stessi. Lo scontro tra nobiltà e monarchia sarà una delle linee guida della storia medievale dall'anno 1000 in poi.
2) è la storia della progressiva affermazione della borghesia come classe sociale con un ruolo importante all'interno dei singoli Stati. Inizia a svilupparsi all'interno dei comuni, quindi fuori dai feudi, quindi in una situazione di debolezza esposta alle scorribande barbare in una fase iniziale, ma poi capace di affermarsi gradualmente, di diventare nei secoli la classe sociale fonte di maggiore ricchezza e potere di uno Stato. È la classe sociale che più dei nobili ha bisogno di un forte Stato centrale, che ha bisogno di uno Stato in grado di tutelare i propri interessi. Laddove le monarchie, il re si renderanno conto di poter utilizzare questa classe sociale per affermare il proprio potere sulla nobiltà, si affermeranno prima degli stati nazionali e prima diventeranno stati forti.
3) è la storia della fine di un mito: la ricreazione di di un'impero romano o perlomeno di un impero sul modello dell'impero romano. Sarà questo un sogno ricorrente di molti re, di imperatori (la carica imperiale formalmente resterà per secoli) ma sarà un sogno che andrà sempre più duramente a scontrarsi con la realtà degli stati nazionali in formazione. L'impero romano era un mito logico per chi è vissuto in un continente che da secoli non aveva un potere centrale e riconosciuto e che conosceva il mito di un intero padrone tutto il mondo conosciuto.
4) è la storia della progressiva perdita di potere da parte del Papa, dello Stato Pontificio. La Chiesa per secoli dal crollo dell'impero romano in poi è stata l'unico punto di riferimento in Europa per i popoli; è stato il collante sociale dell'Europa senza potere politico. Ha assunto per le popolazioni un ruolo non semplicemente religioso ma di punto di riferimento unico di carattere sociale e spesso anche politico. La progressiva formazione degli Stati nazionali inevitabilmente andrà a scontrarsi con una chiesa che non accetta di ridimensionare il proprio potere in Europa. La storia del seconda parte del medioevo è la storia dello scontro tra la Chiesa e le nascenti monarchie lo scontro tra il nuovo potere istituzionale emergente e quello che non accetta di ridimensionarsi.
Tutti gli eventi storici principali di questi anni si possono ricondurre a una di queste quattro linee guida.
1) La crescita dopo l'anno 1000: la nascita dei comuni
La genesi dei comuni (borghi) e degli abitanti (borghesi)
Fino all'anno 1000 l'Europa versava in condizioni disastrose, era una civiltà nel pieno del suo declino soprattutto se contrapposta al mondo bizantino e a quello arabo islamico.
È con l'anno 1000, con la ripresa dei commerci, per ragioni che più tardi affronteremo, che l'Europa rapidamente saprà riprendersi e tornare ad essere protagonista nella storia del mondo allora conosciuto.
L'anno 1000 è ovviamente un anno simbolico; qualsiasi processo storico si compie in periodi molto lunghi, ma di sicuro da quella data inizia un'inversione di tendenza.
* Una serie di progressi tecnici che permette un migliore sfruttamento dei campi
* La nascita e la progressiva affermazione dei comuni
* La nascita di una nuova classe sociale, la borghesia (termine che deriva appunto da borgo e i borghesi erano gli abitanti dei borghi, dei comuni) e la ripresa dei commerci strettamente legata alla nascita di questa nuova classe sociale che di commerci viveva.
Tutti questi fattori hanno determinato la ripresa economica e sociale.
Il moto di rinnovamento parte dalle campagne ma trova i suoi veri centri propulsori nelle città che, libere da vincoli feudali, si costituiscono in comuni affermando così la propria autonomia dai Signori.
I primi comuni, nati come associazioni fra privati cittadini, presto si trasformano in città stato, inizialmente dominate dalla piccola nobiltà ma presto governate dalla borghesia, organizzata in arti e corporazioni (che cosa siano lo vedremo in seguito).

Le Repubbliche marinare e poi l’entroterra
Secoli di assenza di potere centrale nei vari territori dell'Europa hanno determinato parallelamente al crollo del commercio la scomparsa di strade e vie di comunicazione.
Le poche rimaste non erano curate e spesso erano insicure a causa della presenza di briganti.
Inevitabilmente, quindi, i primi comuni a svilupparsi e a sviluppare il commercio sono stati i comuni affacciati sul mare, che potevano quindi la navigazione per gli spostamenti e per i traffici commerciali.
Per questa ragione, le prime realtà ad affermarsi in Italia sono le cosiddette repubbliche marinare. Le quattro principali Repubbliche marinare sono Amalfi, Pisa, Genova e Venezia.
Nascono come centri di commercio ma parallelamente a questa attività, al loro interno e nei comuni che si stavano formando anche nell'entroterra, si andava sviluppando una vivace vita culturale.
Iniziano a sorgere le prime università, nelle quali a fianco a uno studio di materie di carattere teologico,tipiche della società del tempo, iniziavano a coltivarsi studi laici come il diritto, la medicina e studi più legati alle esigenze delle nuove professioni.
Dal comune aristocratico al comune podestarile
Come già detto inizialmente, la piccola aristocrazia detiene il potere all'interno dei comuni ma presto la borghesia legata al commercio, fatta di mercanti, imprenditori, artigiani, diventando più ricca e potente cerca di appropriarsi del potere ancora in mano ai nobili.
La tensione sociale cresce e si cerca una figura di mediazione, un arbitro imparziale che medii contrasti fra le diverse classi. Si ha quindi il passaggio dall'embrionale e iniziale comune aristocratico al cosiddetto comune podestarile.
Il podestà è una figura esterna, chiamata a mediare i contrasti.
Il futuro è però chiaramente in mano ai mercanti. Questi si uniscono in arti o corporazioni, vere e proprie associazioni per tutelare gli interessi di una professione. Le arti legate al commercio e alla produzione stabiliscono il livello dei salari, gli orari di lavoro, le tecniche di produzione. Vietano inoltre la concorrenza e sono uno strumento importante di pressione politica.
Presto però le arti iniziano ad avere peso diverso. Vi sono arti maggiori come quelle dei Medici dei Farmacisti, dei Giudici, dei Notai, dei Mercanti di lana e dei Pellicciai e arti minori come quelle dei Calzolai, dei Fabbri, dei Fornai, dei Macellai, cioè di piccoli artigiani e commercianti.
Gli scontri tra queste arti che diventeranno due blocchi sociali contrapposti porteranno a un'ulteriore trasformazione del Comune.
2) L'eterno scontro fra papato e impero 1100-1200
La lotta per le investiture
Via via che nella storia del Medioevo Papi o gli Imperatori coltivano il sogno della ricreazione di un impero, il cosiddetto Sacro Romano Impero, si generano rapporti più o meno di collaborazione tra i due poteri.
L'antica concezione di una piena collaborazione tra potere spirituale e potere temporale dei tempi di Carlo Magno è un lontano ricordo. Molto più frequenti sono gli scontri tra i due poteri.
Dopo l'anno 1000 si apre un importante scontro chiamato “lotta per le investiture”.
Due Papi, Niccolò II e Gregorio VII cercano di riappropriarsi del diritto unico di elezione del Papa, elezione che sino a quel momento è fortemente influenzata dall'Imperatore. Lo è perché gli imperatori hanno molta influenza nell'elezione dei Vescovi, che poi sono chiamati a eleggere il Pontefice.
Niccolò II stabilirà che l'elezione del Papa spetta solo ai Vescovi di Roma
Gregorio VII stabilirà che la nomina dei Vescovi non spetta più ai Re bensì solamente al Papa.
Queste due decisioni aprono un durissimo scontro perché Papi e Imperatori si disputano il diritto di investire i Vescovi sia del potere religioso che di quello politico.
Lo scontro più aspro si ha tra Papa Gregorio VII e l'Imperatore Enrico IV di Francia. Dopo un duro scambio di accuse e di ostacoli politici, la disputa si concluderà nel 1122 (quando i due contendenti saranno già morti) con il concordato di Worms.
Cosa definisce il concordato di Worms (1122)
Il concordato è un compromesso per cui la consacrazione religiosa dei vescovi spetta al Papa, mentre l'investitura feudale, quindi il potere politico, spetta all'imperatore.
In Germania, sede dell'impero, l'investitura feudale avrebbe preceduto quella religiosa, in Italia si sarebbe verificato il contrario. Lo scontro è solo rimandato.
Federico Barbarossa (un tentativo di affermazione imperiale)
Nella seconda metà del dodicesimo secolo la nuova Europa deve affrontare una prova decisiva.
Federico I di Svevia detto il Barbarossa vuole concretizzare la creazione del Sacro Romano Impero e cercherà per questo di ridurre all'ubbidienza i Comuni italiani che nel frattempo sono cresciuti in peso e potere e di fatto sono realtà autonome.
I Comuni si opporranno a questa pretesa di Barbarossa e cacceranno i magistrati giunti a far rispettare i voleri dell'Imperatore.
Milano è la città a capo di questa ribellione dei Comuni e verrà cinta d'assedio da Barbarossa e inizialmente sconfitta. Sconfitta ma non calmata, Milano costruisce un'alleanza con altri Comuni italiani stringendo la cosiddetta Lega Lombarda che nel 1176 riuscirà a battere l'esercito imperiale.
La famosa battaglia di Legnano.
Nella Pace di Costanza del 1183 il Barbarossa sarà costretto a concedere ai comuni un largo margine di autonomia.
Questa battaglia e questa Pace hanno un valore simbolico profondo perché la nuova Europa dei Comuni e della borghesia sconfigge la vecchia Europa feudale che sogna il sacro Romano impero ancorata quindi a un passato che si rivela sempre più lontano. È uno scontro tra l'Europa del passato dell'Europa del futuro.
La teocrazia di Innocenzo III
Disegni grandiosi di governo dell'intera Europa non sono però solo nei sogni degli imperatori.
agli inizi del 120o, un Papa, Innocenzo III, persegue un programma teocratico d'ispirazione universale.
(Teocrazia= lett. = Governo di Dio; quindi governo di isperazione divina, sotto il controllo del Papa.)
Il progetto prevede una profonda lotta alle eresie e un tentativo anacronistico di associare al potere spirituale un potere temporale su scala mondiale. Anche questo tentativo però non avrà buon esito.
3) L'Europa e L’Italia nel 1200
La situazione in Europa
Gli Stati nazionali all'inizio del 1200 sono in via di lenta e faticosa formazione e presentano ancora caratteristiche prevalentemente feudali.
I sovrani ricorrono una politica di matrimoni per estendere il proprio potere e acquisire nuove province. Si può dire che gli Stati Nazionali siano la progressiva fusione di aree, prevalentemente organizzate su base feudale, di dimensione inizialmente provinciale.
I Re concepiscono ancora lo Stato come un patrimonio privato anche perché non esiste nel popolo il senso di appartenenza ad una nazione.
L'area Francese vede prevalere la dinastia dei capetingi, sostenuta dalle borghesie cittadine, che inizia a conquistare un potere effettivo su buona parte dell'entroterra francese. Il potere si consolida grazie a uno scontro tra Filippo IV e Bonifacio VIII.
Questo scontro fa sì che verranno per la prima volta convocati gli Stati Generali, cioè un'assemblea che rappresenta le classi sociali considerate fondamentali dal Re per la vita del regno. L'assemblea sarà composta da clero, nobiltà, terzo Stato, avrà potere semplicemente consultivo quindi non decisionale ma è il primo esperimento parlamentare che troviamo nelle monarchie europee.
Molto più difficile l'affermazione della monarchia in Inghilterra, invece, in cui i nobili costringono il Re Giovanni senza terra nel 1215 a concedere la Magna Charta Libertatum, un documento che limita le prerogative del sovrano.
Nel territorio dell'Impero, invece, che comprende la regione oggi paragonabile alla Germania più una parte dell'attuale Polonia, l'Imperatore ha un potere semplicemente formale ma non sostanziale perché, come in Italia, si sono create delle città stato autonome e molto forti, mentre altri territori sono saldamente nelle mani dei poteri nobiliari.
La situazione italiana
La situazione italiana vede un Nord in cui si affermano i comuni, fra tutti Milano, Firenze, le repubbliche marinare come Genova e Venezia, che estende il suo potere nella penisola balcanica ed è un centro di sviluppo del commercio verso oriente, mentre nel sud Italia si costituisce un vero e proprio regno: il regno di Sicilia.
In esso, la figura che spicca nella prima metà del 1200 e quella di Federico II di Svevia, sovrano illuminato, anch'egli portatore del sogno di ripristino di un potere imperiale, che presterà particolare attenzione allo sviluppo del regno di Sicilia.
Significative in tal senso sono le Costituzioni di Melfi del 1231, un insieme di leggi con le quali Federico II di Svevia si adopera per creare uno Stato moderno, compatto, sorretto dalle leggi solide a cui sia i nobili sia la borghesia sia i ceti più poveri avrebbero dovuto attenersi.
Esse rappresentano un insieme di Leggi avanzate e inedite per quel periodo storico che disegnano uno Stato Laico e con la certezza del diritto; il primo in un'Europa ancora ancorata a privilegi di carattere feudale.
Il regno di Sicilia diventerà un centro politico e culturale di grande importanza. È qui, in questo periodo, grazie a Federico II, che si può dire nasca la Letteratura Italiana.
Nasce infatti la prima scuola poetica italiana, chiamata Scuola Siciliana.
Sarà l'ostilità dei Papi che si vedono minacciati nel loro potere, e dei comuni che si vedono minacciati nella loro autonomia ad impedire a Federico II di estendere questo modello a tutta Italia.
La morte di Federico II nel 1250 segnerà la fine di questo progetto e i suoi successori saranno presto sconfitti dagli Angioini, chiamati dal Papa, che nel 1266 conquisteranno il regno di Sicilia.
4) L'Europa nel 1300
L'Italia del 1300: il passaggio da Comune a Signoria
La vita nei comuni nel 1300, nonostante si sia affermata la borghesia non è calma. Piccola e Grande borghesia, rappresentate rispettivamente nelle Arti Minori e nelle Arti Maggiori, entrano presto in scontro; i comuni vivono periodi di lotte molto forti che mandano in crisi il modello del podestà.
Del caos che si genera ne approfittano singoli individui che si impadroniscono del potere o con l'uso della forza o con una forma particolare di elezione popolare; essi riusciranno, grazie a una politica energica, a calmare i contrasti sottoponendo tutti alla propria autorità assoluta.
Si va perdendo il carattere democratico che avevano assunto i comuni. Non senza fatica le istituzioni comunali vengono spesso sostituite da regimi signorili; si impone un signore che governa e riesce a tramandare il potere ai figli per via ereditaria. Le principali Signorie che si creano tra il 1200 e il 1300 sono quelle del marchese di Monferrato, dei Conti di Savoia, in un'area a metà tra Francia e Piemonte, degli scaligeri a Verona, degli Estensi a Ferrara, dei Gonzaga a Mantova, dei Visconti a Milano. Resisterà a Venezia la figura del doge e resisterà per un po' una struttura comunale a Firenze finché nella seconda metà del 1300 non salirà la dinastia dei medici.
In Europa: I problemi tra papato e monarchia francese
I rapporti tra la Chiesa e le Monarchie che si vanno formando in Europa non sono dei più semplici. Verso la fine del 1200 la Chiesa attraversa un periodo di crisi per le lotte tra le famiglie romane che si contendono la soglia pontificia.
L'esito di questi scontri porta nel 1294 ad essere Papa Bonifacio VIII, che cerca fin da subito di riaffermare a livello internazionale il potere e il prestigio anche politico della Chiesa. Questo lo porta presto ad entrare in urto con Filippo IV il Bello, Re di Francia.
La contesa nasce per ragioni di carattere fiscale ma in realtà è l'ennesimo atto dello scontro tra il potere monarchico che si va affermando e la volontà della Chiesa di non perdere i privilegi acquisiti in passato.
Filippo IV, in guerra con l'Inghilterra che ha dei possedimenti in territorio oggi francese, bisognoso di soldi per continuare la guerra, decide di far pagare le tasse anche alla Chiesa fino a quel momento esente da obblighi fiscali.
Inoltre, e questo è il pretesto che apre il conflitto con il Papa, decide di far giudicare un Vescovo da un tribunale di Stato, cosa sino a quel momento mai avvenuta, per una sorta di extraterritorialità dei vescovi.
Bonifacio sceglie di reagire e convoca il Clero francese per condannare il comportamento di Filippo IV . Filippo IV reagisce convocando a sua volta gli Stati generali, dei quali fa parte anche il Clero francese.
Gli Stati Generali, riuniti, decidono di impedire al Clero francese di partecipare al Concilio proposto da Bonifacio. È uno scontro di principio su chi abbia potere sulla Chiesa di Francia. Bonifacio VIII, irritato profondamente, nel 1302 sceglie di scomunicare Filippo IV.
La scomunica non ha solo un valore simbolico perché, essendo la popolazione molto religiosa, un atto simile può creare problemi al Re incrinando i rapporti con il suo popolo.
Per nulla intimorito però, Filippo IV sceglie di inviare un consigliere con delle truppe a Roma con l'incarico di catturare il Papa e portarlo in Francia, sottoporlo a un Concilio e deporlo.
Le truppe francesi riescono a sorprendere e catturare il Papa ad Anagni ma la popolazione del luogo lo libera. E' l'episodio del famoso 'schiaffo di Anagni' in cui si dice che il Papa sia stato schiaffeggiato dalle truppe .
Poco dopo questo avvenimento Bonifacio VIII muore.
Nello scontro tra queste due figure c'è in realtà lo scontro tra un potere che si afferma e un potere che sta via via perdendo ruolo in europa. Filippo IV è il simbolo di uno Stato che non riconosce alcun superior,e uno Stato che oggi si potrebbe definire laico.
Bonifacio VIII è invece espressione dell'universalismo medievale cattolico che vuole la Chiesa protagonista, con un primato sulla politica.
In Europa: Enrico VII e la crisi del sacro Romano impero
Agli inizi del 1300 l'Impero si presenta debole per la forza acquisita dalle casate nobiliari e per l'autonomia di cui godono molte città tedesche. La corona imperiale resta un potere poco più che formale. Dopo un periodo di governo della famiglia degli Asburgo, i Principi tedeschi, incaricati della nomina dell'imperatore eleggono Enrico VII, piccolo feudatario del Lussemburgo a Imperatore.
La scelta di Enrico VII è data dal fatto che si vuole mettere alla guida Dell'Impero una figura espressione di un piccolo e debole territorio, perché non possa creare problemi.
Enrico VII però coltiva grandi ambizioni e proprio la sua debolezza diviene un'arma poiché si presenta , non come sostenitore di un potere di uno grande principato ma come eventuale arbitro nelle dispute tra diversi poteri. Cercherà così di utilizzare questo ruolo per rinsaldare e dare forma a un vero e proprio Impero.
Scende in Italia provando a dimostrarsi pacificatore delle discordie che presenti tra i vari comuni italiani divisi in fazioni suscitando anche le speranze di alcuni intellettuali italiani tra cui Dante Alighieri.
I comuni italiani, però, sono troppo gelosi della propria autonomia e si oppongono. Allo stesso modo si oppone anche Roberto d’Angiò, che governa il Regno di Sicilia.
Dopo anni di lotte nelle quali Enrico VII non riesce a piegare alcune importanti città, tra cui Firenze, l'imperatore decide di tentare uno scontro risolutivo con il Regno di Sicilia. Scende con le sue truppe ma, passando per la paludosa maremma, prende la malaria e muore nel 1313.
La sua fine è la fine del sogno di ricreare un Sacro Romano Impero.
Considerazioni su due eventi simbolici
In 1300 è un secolo che si apre con due eventi molto importanti, oltre che da un punto di vista politico da un punto di vista simbolico.
Due eventi che iniziano a segnare il passaggio dal mondo Medievale al mondo moderno.
La convenzione vuole che il medioevo finisca nel 1492 con la scoperta dell'America, ma questa è una data simbolica. Un'età non finisce da un giorno con l'altro né da un anno con l'altro.
La storia è un insieme di processi che si sviluppano nel tempo. Si può quindi dire che se il passaggio formale da medioevo all'età moderna è datato 1492, i due episodi (quello dello schiaffo di Anagni e quello della morte di Enrico VII) preannunciano l'inizio della fine del Medio Evo poiché vengono simbolicamente meno due basi su cui si poggiava la cultura e la vita medievale: il primato e una concezione universalistica della Chiesa e il sogno di ricreare un impero sulle orme di quello romano.
Il fallimento di questi due progetti apre definitivamente la strada all'Europa degli Stati nazionali e all'Europa della borghesia.
La crisi della Chiesa e la cattività avignonese
Dopo la morte di Bonifacio VIII, un suo successore, Clemente V, per sottrarsi al caos e agli scontri presenti a Roma sceglie di trasferire la sua sede ad Avignone. Questo atto dimostra come il potere del Papa sia in crisi e come Filippo il Bello abbia vinto la sua battaglia.
Il Papa ad Avignone sarà soggetto all'influenza dei sovrani francesi; avrà libertà organizzativa ed economica ma rinuncia al progetto politico universalistico e alla sua autonomia.
È un periodo di lusso estremo per la Chiesa che però cresce in un periodo in cui in Europa si vivrà una profonda crisi edconomica; questo contribuirà a ridurre ulteriormente il prestigio dell'istituzione ecclesiastica. Atto simbolico di questa perdita di potere è l'emanazione nel 1356 della Bolla d'oro, un atto giuridico che affida la scelta dell'Imperatore a Sette Principi Tedeschi e che esclude totalmente il Pontefice dalla possibilità di condizionamento della scelta dell'imperatore.
La crisi dell'Europa e la peste della metà del 1300
A metà del 1300 l'Europa verrà sconvolta da una serie di carestie e dalla peste.
Quest'ultima sarà una delle più importanti sciagure che investiranno l'uomo del medioevo e contribuirà nello stesso tempo a trasformare radicalmente le società europee.
Le ragioni che portano alla diffusione di questo flagello dagli effetti devastanti devono ricercarsi nello sviluppo che il continente ha avuto nei secoli precedenti.
Tra il 1000 nel 1200 si sono avuti importanti progressi tecnici e tecnologici che hanno migliorato le condizioni di vita delle persone. È aumentata la produzione agricola di merci è leggermente migliorata quindi la qualità della vita delle persone.
Questo miglioramento ha naturalmente comportato un incremento demografico, un incremento cioè della popolazione europea. Tra il 1200 e il 1300, invece, il progresso tecnico e tecnologico si arresta.
Non si arresta però la crescita demografica dell'Europa e questo in breve porta a una forma di squilibrio; la crescita della popolazione è troppo alta in relazione alle capacità produttive dell'agricoltura e del commercio dell'epoca.
Questo determina un numero troppo alto di persone in relazione alla capacità di produzione del cibo. Aumentano quindi la povertà e la malnutrizione; la società si indebolisce.
Lo squilibrio fra il bisogno di cibo e la quantità della produzione porta grandi masse alla miseria.
Alcune carestie e alcune annate sfavorevoli per l'agricoltura peggiorano ulteriormente il problema e la debolezza della popolazione favorisce il diffondersi di epidemie.
Fra queste la più grave è sicuramente l'epidemia di peste che investe l'Europa tra il 1347 e il 1351 e stermina quasi un terzo della popolazione europea che passa da quasi 90 milioni a meno di 60 milioni di cittadini. Tutta l'Europa conta i cittadini che oggi ha l'Italia.
La peste
La peste giunge da una nave che viene dall'oriente assieme a dei carichi mercantili.
Le rotte dello sviluppo della peste seguono esattamente le rotte delle navi mercantili da oriente. La peste raggiunge inizialmente Marsiglia, Genova per poi risalire all'interno del continente e arrivare in due o tre anni ai porti atlantici francesi, inglesi e danesi. La strage è enorme. Muoiono 25 milioni di persone. Boccaccio descriverà nella cornice del Decamerone gli effetti della peste sulla società, sui rapporti umani.
Oltre a questi aspetti la peste ha delle ripercussioni nei decenni a seguire perché contribusce a trasformare radicalmente i rapporti sociali in Europa. Si può sostenere che una delle ragioni, una delle cause che accelerò il passaggio dalla società feudale alla società moderna è stata la peste. Essa infatti determina un calo così profondo nella popolazione europea che va a modificare i rapporti economici e sociali e determina una crisi economica che si risolve solo dopo molto tempo e dopo molta fatica.
La povertà genera ribellioni di contadini nell'immediato per le condizioni di estrema povertà ma in seguito fornirà una preziosa arma di contrattazione proprio al mondo contadino nei confronti della nobiltà.
La strage di contadini e di lavoratori, infatti, fa sì che i sopravvissuti vengano ricercati per poter proseguire il lavoro dei campi. Questo permette a contadini e ad artigiani di pretendere dai proprietari terrieri e dai nobili migliori condizioni di vita.
Per la prima volta i ceti più umili hanno un potere di contrattazione. Coloro che fino a poco tempo prima sono stati condannati alla servitù della gleba, oggi possono chiedere e contrattare il pagamento delle prestazioni.
In molti casi raddoppiano gli stipendi e addirittura le autorità in alcune aree intervengono per fissare un limite all'incremento dei salari perché i nobili bisognosi arrivano a spendere cifre spropositate rischiando quindi di minare la stessa struttura sociale.
L'effetto della peste quindi è quello di abbandonare il dominio assoluto e privilegiato del padrone nei confronti del lavoratore e aprire la strada a un rapporto di lavoro “moderno”.
Un'altra caratteristica della società feudale si perde. È un altro passo verso l'età moderna.
5) L'Europa tra il 1300 e il 1400: La chiesa
Il Grande scisma
Dopo un periodo di settant'anni in cui la Chiesa mantiene la propria sede ad Avignone, di fatto sotto lo il controllo della corona francese, nel 1377 Gregorio XI riporta a Roma la sede del papato sperando di aver ristabilito l'ordine. Alla sua morte, però, nel 1378 si riaprono gli scontri interni alla Chiesa.
Il conclave, su pressione del popolo romano, elegge un italiano che prende il nome di Urbano VI.
Poco dopo, però, 13 cardinali francesi denunciano le pressioni subite, invalidano l'elezione di Urbano VI ed eleggono un altro Papa: Clemente VII. Quest'ultimo tenta di raggiungere Roma ma viene respinto dalle truppe di Urbano VI così si stabilisce ad Avignone.
Per quarant'anni nella cristianità si divide in due parti. È quello che viene chiamato lo scisma d'Occidente.
Francia, Regno di Napoli, Aragona e Scozia riconoscono il Papa di Avignone.
Inghilterra, Fiandre, Impero e Città italiane riconoscono il Papa di Roma.
Internamente ai vari strati vi sono comunque posizioni diverse. Sicuramente l'effetto più importante di questa divisione della Chiesa, è un ulteriore indebolimento della stessa in seguito a quello avvenuto grazie al trasferimento della sede papale in Francia poco prima.
La crisi della Chiesa appare significativa e ha come effetti il produrre, lungo il 1300, una serie di movimenti che chiedono un rinnovamento e un ritorno ai valori religiosi fino a sfociare in eresie. Significativo il movimento sviluppato da John Wycliffe in Inghilterra e quello di Jan Hus in Boemia. Questi due movimenti, che prendono piede soprattutto tra le classi popolari, uniscono una protesta religiosa ai temi sociali e politici.
In particolar modo in Boemia la protesta si trasforma in un movimento che richiede l'autonomia dalla Chiesa, dall'impero e dalla casa di Lussemburgo.
Al di là di questi due specifici movimenti, gran parte del mondo cattolico si rende conto di come lo scontro in atto all'interno della Chiesa possa favorire un indebolimento e forme di distacco come quelle sopra citate.
Molti intellettuali e teologi, quindi, iniziano a proporre che i due Papi regnanti si dimettano per eleggere un terzo Papa.
Questa soluzione, apparentemente logica, comporta però una grossa trasformazione in seno all'organizzazione stessa della chiesa.
In una situazione del genere, infatti, sarebbe dovuto essere un Concilio Ecumenico (dei vescovi) in grado di dirimere il contrasto e riunificare la Chiesa. Ma questo avrebbe significato attribuire un potere al Concilio superiore a quello del Papa.
Questa ragione, che avrebbe modificato i rapporti di potere interni alla Chiesa, e la necessità di cedere il proprio ruolo da parte di ambedue i Papi, portò i due capi della Chiesa a rifiutare l'ipotesi.
A questo punto, i Cardinali di entrambe le obbedienze, convocano a prescindere dai due Papi eletti un concilio a Pisa nel 1409, condannano i due Papi come eretici ed eleggono un terzo Papa che verrà chiamato il Papa Pisano.Nel 1410 quindi si arriva al paradosso di avere tre Papi.
Il Concilio di Costanza
La chiesa è nel massimo della sua crisi. Giovanni XXIII, il Papa eletto a Pisa, inizialmente convoca un nuovo concilio a Costanza ma, rendendosi conto di essere in una posizione di debolezza, deciderà di scioglierlo prima dell'inizio dei lavori.
Il Concilio si riunisce lo stesso, depone Giovanni XXIII, processa gli altri due Papi, li costringe a ritirarsi ed elegge alla fine come unico Papa Martino V della potente famiglia romana dei colonna.
Il Concilio decide inoltre la condanna al rogo per gli Jan Hus e di bruciare le ossa di Wycliffe.
Apparentemente le decisioni del concilio di Costanza concludono il grande scisma e riportano la pace e l'unità nella Chiesa. In realtà ci sono una serie di problemi non risolti. Le cause che hanno portato al grande scisma sono strettamente legate alla formazione degli Stati nazionali, a un desiderio degli Stati di non sottostare più alle ingerenze del Papa ma, anzi, di cercare quanto più possibile controllare la Chiesa di Roma.
Il rischio quindi di un nuovo trauma ci sarà finché non si ridefiniranno definitivamente i rapporti tra il papato di Roma e gli Stati nazionali.
Questo problema si risolverà solo quando il Papa accetterà di essere un Monarca come un altro all'interno dell'Europa.
Un altro problema che pone come irrisolto il Concilio di Costanza è il rapporto tra il Papa e il Concilio. Decidendo infatti della sorte di ben tre Papi, il Concilio ha assunto un potere straordinario nei confronti della figura del pontefice e i cardinali non hanno nessuna intenzione di restituire tutto il potere al capo della Chiesa.
Il Piccolo Scisma
È proprio la ridefinizione di questi rapporti che porterà al cosiddetto Piccolo Scisma nel 1437. Per 12 anni la Chiesa avrà nuovamente due Papi sebbene gli estremisti conciliaristi (che non vogliono riconoscere l'illimitata autorità del pontefice) debbano alla fine cedere.
Sarà Niccolò V a riaffermare nel 1449 la supremazia del Papa sul Concilio.
Conclusioni
A metà del 1400, quindi, la situazione è molto diversa rispetto al secolo precedente. In non più di cent'anni si passa da una Chiesa che pensa di poter esercitare una funzione universale, a una chiesa che è costretta a difendersi dai tentativi degli Stati di sottoporla alla propria egemonia e al proprio controllo. I
nizia il tempo in cui la Chiesa deve stabilire di volta in volta degli concordati con gli Stati per garantirsi autonomia e relazioni che la tutelino.
5) L'Europa tra il 1300 e il 1400:
Verso l'affermazione degli stati nazionali
Una premessa importante
Tra 1300 1400 L'Europa fu travagliata da una serie di sventure e conflitti. La grande peste e successive pestilenze ricorrenti anche se di minore intensità, l'arresto dell'espansione dell'agricoltura e la contrazione demografica, lo scisma che spezzò l'unità della Chiesa furono alcune delle cause della crisi. Oltre a tutto ciò la seconda metà del 1300 vide sempre più minacciosa l'avanzata dei turchi nella penisola balcanica e lo scoppio della guerra tra francesi e inglesi, detta guerra dei 100 anni.
L'insieme di questi fatti e questo periodo di crisi in realtà furono il preludio al superamento dell'Europa feudale e medioevale e portarono all'avvento di un'era nuova.
Culturalmente l'era dell'umanesimo e poi del Rinascimento, socialmente e politicamente l'era moderna, cioè della formazione degli Stati nazionali.
La guerra dei Cent'anni
Le cause
1337 e il 1453 Francia e Inghilterra si affrontarono in una serie di guerre intervallate da brevi periodi di pace o guerriglia che vengono globalmente chiamate col nome di guerra dei cent'anni.
Il conflitto nacque dalla pretesa dei Re inglesi di conservare ed estendere i propri feudi in terra di Francia e dalla volontà dei Re francesi di cacciare gli inglesi del continente e di consolidare il proprio controllo sul territorio delle Fiandre.
Le Fiandre erano un territorio molto ricco il cui benessere economico era però dato dall'importazione di lana inglese che veniva lavorata e trasformata in un panno pregiato.
La guerra scoppia dopo la morte di Carlo IV, ultimo discendente dei Capetingi (dinastia francese) che muore senza eredi.
Edoardo III di Inghilterra, dopo aver riconosciuto come Re di francia Filippo VI, essendosi quest'ultimo opposto all'importazione nelle Fiandre di lana inglese, lo disconobbe e rivendicò per sè la corona francese.
La prima fase della Guerra
Scoppiò così la guerra. La prima fase della guerra fu disastrosa per la Francia spesso sconfitta sia per terra che per mare mentre all'interno era flagellata dalla peste e da rivolte contadine.
Per questo, inizialmente, l'Inghilterra poté assicurarsi il controllo di tutti territori francesi che davano sull'Atlantico.
La seconda fase della Guerra
Nella seconda metà del 1300, però, quando divenne re di Francia Carlo V il Saggio, quest'ultimo riorganizzò l'esercito francese, ottenne l'appoggio di molti grandi feudatari nonostante questi fossero solitamente contrari alla politica accentratrice dei re e riuscì a riconquistare buona parte dei territori perduti nella prima fase della guerra.
La tregua
Ci fu quindi un lungo periodo di tregua, di più di trent'anni, dal 1380 al 1415 durante la quale sia in Inghilterra sia la Francia si ebbero gravi problemi interni da affrontare.
L'Inghilterra fu sconvolta da una grossa rivolta contadina mentre in Francia il figlio successore di Carlo V, Carlo VI, si rivelò non sano di mente e di questo approfittarono i grandi feudatari per tentare di riprendere il controllo del paese con le armi.
Divisi in due fazioni, gli Armagnacchi e i Borgognoni, così chiamati dal conte d'Armagnac e dal duca di Borgogna, i nobili lottarono tra loro per contendere il potere della Monarchia.
La terza fase della Guerra
Ebbero la meglio i borgognoni grazie agli accordi stretti con Enrico V re d'Inghilterra che si affrettò a dare il proprio aiuto con l'obiettivo di affermare il proprio potere anche sul regno di Francia.
Nel 1415, quindi, la situazione sembrò volgere a favore dell'Inghilterra ma qualcosa stava cambiando all'interno dei territori francesi.
Fino a quel momento sembrava che la guerra fosse semplicemente tra sovrani, feudatari e soldati di compagnie di ventura; un affare tra nobili.
Nella fase finale, invece, il popolo non fu più disposto a subire passivamente gli orrori della guerra e il conflitto in territorio francese si trasformò in una lotta per la liberazione dalla Francia sia dagli invasori inglesi, sia dai feudatari loro alleati. A questa trasformazione qualitativa del conflitto diede un contributo decisivo Giovanna d'Arco, una giovane nata e cresciuta in una famiglia benestante che a 17 anni dimostrò capacità politiche e militari eccezionali.
Nel 1429, quando ormai gran parte della Francia era in mano inglese e ai duchi di Borgogna loro alleati, Giovanna d'Arco si presentò al Re di Francia Carlo VII, ormai ridotto ai margini del regno e riusciì a convincerlo che la vittoria sarebbe stata certa se egli avesse reclutato un esercito fra i propri sudditi e l'avesse tenuto alle proprie dirette dipendenze al posto di utilizzare soldati mercenari.
Il popolo avrebbe infatti combattuto per salvare se stesso e la Francia e quindi anche la monarchia. Giovanna D'Arco conseguì molte vittorie. Nonostante sia stata catturata dai nemici del 1430 e bruciata sul rogo nel 1431 contribuì a dare una svolta alla guerra tanto che nel 1453 Carlo VII estese il proprio potere su gran parte della Francia lasciando in mano agli inglesi solo il porto di Calais.
Si concluse così nel 1453 La guerra dei cent'anni.
Gli effetti della guerra
L'affermazione della monarchia francese
La Francia, sebbene provata dalla lunga guerra, uscì vittoriosa e maturò un sentimento nazionale che sarebbe stato la sua forza nel futuro e nei secoli a venire. Il successore di Carlo VII, Luigi XI riuscì a riprendere la politica monarchica di accentramento del potere sconfiggendo il Duca di Borgogna e, grazie a un intreccio di matrimoni e successioni si riuscì a estendere la propria sovranità anche su Provenza e sulla Bretagna.
Nacque quindi lo Stato francese, simile a quello che noi oggi possiamo vedere in termini territoriali.
La monarchia inglese
Le conseguenze del conflitto furono drammatiche per l'Inghilterra che fu costretta ad abbandonare la propria politica continentale.
La guerra portò una grave crisi finanziaria e la perdita di prestigio della corona. I Re inglesi uscirono particolarmente deboli e i Nobili iniziarono a spadroneggiare su tutto il territorio.
Crearono piccoli eserciti privati li usarono per combattersi fra di loro, per imporre i propri arbitri sui sudditi e per resistere agli ordini del Re.
Si visse un clima di anarchia nella seconda metà del 1400 in Inghilterra. Si crearono due fazioni di nobili York e Lancaster che diedero vita dal 1455 al 1485 a una contesa per il potere dello Stato. La lotta fu chiamata guerra delle due rose a causa dei simboli che avevano negli stemmi le due casate.
Il conflitto arrivò a decimare la nobiltà. Dopo trent'anni la lotta si concluse con un compromesso e nel 1485 la corona fu assegnata ad Enrico VII Tudor, imparentato con Lancaster e unito in matrimonio con una York.
Il re ne uscì rafforzato perché i trent'anni di guerra indebolirono la nobiltà che si era di fatto autodistrutta nel conflitto interno; conflitto che non aveva invece coinvolto la popolazione che nel frattempo aveva potuto sviluppare attività produttive e mercantili.
Il re si trovò quindi al potere con una nobiltà debole e uno Stato che pian piano si riprese economicamente grazie alla nascita di una borghesia mercantile.
Il re potè iniziare quindi una politica commerciale e marittima che nei secoli successivi sarebbe stata la forza del paese.
Il distacco dalla Francia e dal continente contribuirono inoltre a far maturare un'identità nazionale inglese.
Conclusioni
Si può quindi affermare che per ragioni sostanzialmente diverse, quasi opposte, la guerra dei cent'anni diede un importante contributo all'affermazione sia della monarchia inglese sia della monarchia francese a scapito di una nobiltà feudale che ebbe sempre meno senso in Europa e che andò via via scomparendo come potere reale.
L'unificazione della Spagna
La Spagna nel medioevo fu coinvolta in secoli di lotte contro la presenza musulmana nella penisola iberica.
A metà del 1400 nelle mani dei musulmani restò soltanto il regno di Granada, anche se gli Stati spagnoli, in particolare Castiglia e Aragona, nonostante fossero uniti nelle lotte per la riconquista, rimasero spesso autonomi e anche reciprocamente ostili.
Il Portogallo, che pure combattè contro i musulmani, ebbe pochi rapporti con gli altri due principali Stati iberici dedicandosi prevalentemente al commercio e all'esplorazione delle rotte africane.
I due principali Stati presenti nella penisola iberica furono il regno di Aragona e il regno di Castiglia in concorrenza e in lotta fra loro.
In essi vi era una forte aristocrazia terriera decisa a difendere i propri privilegi contro le tendenze accentratrici delle rispettive monarchie. I Re cercavano invece di affermare il potere e perseguire i propri obiettivi appoggiandosi alla borghesia cittadina interessata alla riduzione dei privilegi dei nobili. Nella seconda metà del 1400 migliorarono i rapporti tra Castiglia Aragona grazie alle nozze fra i sovrani dei due maggiori regni: Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia che posero le premesse per la formazione di un vero e proprio Regno di Spagna, anche se tra il loro matrimonio (1469) e l'unità del regno (1520) passò ancora molto tempo.
Il matrimonio permise ai due sovrani di collaborare nell'attuazione di una politica di integrazione territoriale e di accentramento del potere.
Significativa la data del 1492, data dell'occupazione del Regno musulmano di Granada e della cacciata quindi dei musulmani dall'Europa.
Sicuramente la comune lotta contro gli arabi diede un contributo fondamentale nel creare l'identità nazionale spagnola, anche se il lato negativo di questa lotta fu che l'identità nazionale si basò sul fanatismo religioso e quindi su forme di razzismo.
La Spagna divenne per questo uno stato profondamente cattolico, profondamente religioso, spesso però dedito alla persecuzione nei confronti degli ebrei, nei confronti dei moriscos (cattolici da poco convertiti) e nei confronti delle minoranze religiose.
Questo sarà un problema per lo sviluppo della Spagna; infatti da un lato vi fu spesso un'azione di persecuzione nei confronti di fedi religiose molto diffuse tra le classi sociali più produttive, dall'altro la riconquista vide la nobiltà svolgere una parte di primo piano quindi i sovrani dovettero cedere molti territori strappati agli arabi.
La nobiltà in Spagna, quindi, rimase a lungo una classe dominante che si impadronì di immensi latifondi ostacolando la formazione di una forte classe borghese e condizionando lo sviluppo. Questo non permise alla Spagna l'evoluzione economica che avranno gli altri Stati europei e gli effetti si sentiranno anche nei territori che la Spagna dominerà nel 1500, in particolar modo nel Sud Italia.
6) L'Europa tra il 1300 e il 1400:
Oriente e il mondo germanico
Il mondo germanico
Mentre nell'Europa occidentale si andarono formando gli Stati nazionali, tra il 1300 e il 1400 nell'Europa centrale, in Germania, le monarchie non riuscirono a imporsi sulle forze locali che, grazie alla propria potenza economica riuscirono ad autogovernarsi.
Nel territorio germanico, in particolar modo, la tradizione imperiale proseguì ma rivestì un ruolo semplicemente formale.
I principi elettori si preoccuparono di scegliere come imperatori personaggi poco potenti che non andassero a minare il proprio potere.
La forza del territorio germanico fu data da molte città unite in leghe di carattere economico che esercitarono un importante dominio commerciale e politico nella regione del nord Europa.
La crisi dell'inpero portò nel 1300 alcuni territori del sud a distaccarsi e a creare una lega autonoma che costituì il primo nucleo della Confederazione elvetica. La forza della Confederazione costrinse i nobili degli Asburgo a spostare verso oriente e il centro politico dei loro possedimenti dando vita all'embrione di quello che il futuro sareebbe stato il regno austriaco. I
L'Europa orientale
Il regno di Polonia
Tra il 1300 e il 1500 sembrava avviato a un destino di grande potenza e la regno di Polonia.
Il regno acquisì un consistente potere sotto la guida di Casimiro III il grande che, grazie ad abili trattative, riuscì a farsi restituire molti territori polacchi occupati da cavalieri tedeschi.
Consolidati i confini intraprese un'opera di riforma iniziando a creare uno Stato moderno.
Morto senza eredi designò come suo successore il re di Ungheria Luigi I e in seguito lo Stato polacco finì sotto la monarchia degli Jagelloni.
Questa dinastia governò la Polonia del 1386 al 1572 creando uno Stato polacco-lituano di notevole importanza. Alla morte dell'ultimo degli Jagelloni, alla fine della dinastia, la monarchia, su pressione dei nobili, tornò da ereditaria elettiva e questo indebolì molto potere monarchico è quindi lo Stato.
Lo Russia
A oriente della Polonia, nel frattempo, era in via di formazione lo Stato russo.
I primi nuclei di nazionalità russa si erano formati nel decimo secolo attorno Kiev, grazie all'opera di principi normanni che si convertirono al cristianesimo ed entrarono in rapporti stretti con l'impero Romano d'oriente.
Nel tredicesimo secolo ci fu l'invasione dei tartari guidata da Gengis Khan che fondò tra il Volga e Don il cosiddetto regno dell'orda d'oro.
Gengis Khan non si intromise loro negli affari dei principi russi limitandosi a renderli tributari.
I principi di Mosca dunque vennero incaricati di riscuotere i tributi da versare al Orda d'oro e divennero luogotenenti dei dominatori, ampliando però i propri domini.
Nel quattordicesimo secolo i principi di Mosca si rafforzarono ulteriormente, tanto che diventarono così potenti da trasformarsi da servitori a nemici dei tartari e nel 1380 riuscirono a sconfiggerli. Questa vittoria sebbene non ancora decisiva esercitò una grande suggestione sulle popolazioni russe che sperarono di riconquistare la definitiva libertà.
Sarà Ivan III, nella seconda metà del 1400, ad ampliare i propri domini e rendersi del tutto autonomo rispetto al Orda d'oro, che ormai stava decadendo.
Ivan III può considerarsi il fondatore dello Stato russo.
Rielaborò il mito della terza Roma secondo il quale, essendo ormai caduta in mano ai turchi la seconda Roma cioè Bisanzio cioè Costantinopoli, l'eredità culturale politica e religiosa dell'impero Romano d'oriente sarebbe dovuta essere raccolta dai principi della cosiddetta terza Roma quindi di Mosca.
Per questo Ivan IV e i suoi successori assunsero il titolo di Zar (che in russo vuol dire Cesare).
Il riferimento alla civiltà romana fu semplice retorica ma servì ad affermare il prestigio di Mosca e dei suoi principi che cominciarono a esercitare in Russia una funzione unificatrice analoga a quella svolta in Occidente dalle grandi monarchie.
Anche qui le forze che andarono a ostacolare il processo di unificazione furono simili; infatti, come in Occidente i Re dovettero combattere contro i grandi feudatari, così in Russia, dovettero sottomettere i nobili Boiari, i piccoli principi e i signori locali che vennero stati progressivamente sottoposti al potere di Mosca ma che pretendevano di limitare l'autorità dello zar.
I turchi e la fine dell'impero d'oriente
Nei suoi ultimi secoli di vita, l'Impero Romano d'Oriente vive un periodo di decadenza. Vive l'ostilità di genovesi e veneziani che cercano di estendere verso oriente il proprio potere ed è minacciato dai turchi ottomani che cercano di risalire per la penisola balcanica.
L'Impero Romano d'Oriente ormai comprende la Macedonia, Costantinopoli e poche altre regioni poichè buona parte di esso è stato nel tempo assorbito dall'Impero Turco-ottomano, e la sua solidità interna è minata anche da contrasti in seno allo stato.
L'esercito e la marina, un tempo strutture alla base della sua potenza sono pressoché inesistenti.
La crisi dell'Impero Romano d'Oriente si manifesta nell'assoluta indifferenza dell'Occidente.
Emanuele II Paleologo, uno degli ultimi imperatori del regno, verrà in Europa a cercare aiuto più volte prospettando il rischio che la cristianità avrebbe potuto correre se i turchi musulmani si fossero impadroniti di Costantinopoli.
Gli scontri tra Chiesa romana e Chiesa greca-ortodossa saranno però una delle cause del mancato aiuto europeo.
La Chiesa greca infatti non ha intenzione di sottomettersi a Roma e per questo la Chiesa Romana sceglie il non intervento.
Tra la fine del 1300 l'inizio del 1400 i turchi iniziano a estendere il proprio potere sia su alcuni territori nei Balcani, sia nell'attuale Turchia.
Nel 1424 l'imperatore Emanuele II sarà costretto addirittura a versare tributi al Sultano nella speranza di potere mantenere un po' di autonomia.
Il conflitto però esplode e verso la metà del 1400 il Sacro Impero Romano d'Oriente non esiste più nei fatti. Da Occidente arrivano tardivi e scarsi aiuti, in particolare da Genova da Venezia, ma ormai è troppo tardi.
Il 29 maggio del 1453 le truppe islamiche superano l'ultima resistenza bizantina, entrano a Costantinopoli e l'ultimo Imperatore, Costantino XI paleologo, muore in battaglia.
7) L'Italia del 400: gli Stati regionali
Le signorie italiane
Mentre in Europa si formano gli Stati nazionali, in Italia, nel 1400, si vanno consolidando gli Stati regionali che, sul modello delle monarchie nazionali, intendono organizzarsi secondo una logica di accentramento del potere nonostante la piccola dimensione.
Dal 1300 il 1400 le signorie, una volta acquisito il potere interno al loro comune, si sono consolidate e hanno iniziato a espandere il loro territorio conquistando o affermando il proprio potere sulle campagne circostanti e poi sulle città minori, attraverso accordi o attraverso guerre.
Questo porta a una riduzione del numero di Stati o di regni in Italia e a un aumento del prestigio degli stessi.
Assieme a ciò, nel 1400 si ha una ripresa economica e demografica associata a un migliore sviluppo agricolo.
Vi è una razionalizzazione dell'agricoltura grazie alla borghesia urbana che investe capitali nella sistemazione di terreni con l'obiettivo di realizzare una produzione pregiata da commerciare.
Fondamentale, però, per la ripresa economica, è il rafforzamento della borghesia urbana, valido appoggio per i governi e motivo di sviluppo e di arricchimento.
Si fa sempre più stretto il legame tra signorie e potere economico.
Nel Nord Italia si affermano la Signoria di Milano, la Repubblica di Venezia, il Comune di Firenze.
Il centro è dominato dallo Stato Pontificio e nel sud persiste il regno di Napoli.
La signoria di Milano è in mano alla famiglia dei Visconti che, agli inizi del 1400, grazie all'opera di Gian Galeazzo Visconti, avrà il controllo di Bologna e del porto di Genova.
Per questo i domini si estenderanno dalla Lombardia a parte del Piemonte, all'Emilia oltre che a una piccola parte del territorio ligure. La morte di Gian Galeazzo Visconti, però, porterà a Milano anarchia e disgregazione dello Stato. Dovrà quindi cedere Bologna e alcuni territori in Veneto a venezia, a causa dell'eterna rivalità .
Venezia tra il 1300 1400 comincia a espandersi nell'entroterra. Per questa ragione Venezia e Milano lungo tutto il 1400 vivranno un periodo di scontri per la definizione dei confini.
Tra il 1300 1400 si viene anche sviluppando il territorio dei Savoia che alle origini comprendeva solo alcuni territori a cavallo delle Alpi ed era sviluppato prevalentemente in Francia ma, incalzati da Nord-Ovest dalla monarchia francese, e Savoia sono costretti a occuparsi prevalentemente dei territori al di qua delle Alpi, nei quali riescono a procurarsi uno sbocco al mare e una parte del territorio piemontese. È un periodo in cui i Savoia svolgono in Italia una funzione marginale.
A Firenze nel 1400 governa una oligarchia di banchieri che garantisce una ripresa economica e favorisce la produzione di tessuti, in particolar modo la seta. Nel 1400 Firenze occupa Pisa e l'attende un'importante sbocco sul mare. Nel 1434 Cosimo dei Medici diviene signore della città. Inizia qui il dominio della dinastia dei Medici a Firenze che raggiungerà un grande potere grazie a Lorenzo il Magnifico nella seconda metà del 1400.
Dopo la crisi del grande scisma, lo Stato Pontificio si dedicherà soprattutto a riorganizzare i propri territori fatti di molte signorie di fatto indipendenti.
Il regno di Napoli, invece, vive un grosso periodo di crisi nell'ultima parte della dominazione angioina. Dopo un periodo di anarchia agli inizi del 1400 gli aragonesi si impadroniranno nel 1442 del napoletano unendolo alla Sicilia.
Le Milizie mercenarie
Il 1400 è quindi un periodo in cui in Italia si creano si generano gli Stati regionali spesso in conflitto tra loro per l'espansione territoriale. È il periodo in cui hanno particolare fortuna le compagnie di ventura e le milizie mercenarie.
I mercenari erano organizzati in maniera gerarchica, dipendevano da un capo a cui giuravano fedeltà e che aveva su di loro diritto di vita e morte. Le armate mercenarie erano solitamente accompagnate da una schiera di addetti ai servizi medici medici, fabbri, venditori, segretari, prostitute eccetera.
Le milizie mercenarie vanno progressivamente a sostituire gli eserciti comunali che si rivelano sempre più inadeguati alle esigenze belliche che vanno trasformandosi.
Gli eserciti comunali non garantiscono un'adeguata difesa da un punto di vista tecnico e la borghesia è spesso molto più impegnata a commerciare per potersi preoccupare di garantire un numero di persone adatto a difendere il territorio.
Il limite, però, delle milizie mercenarie è che i mercenari combattono esclusivamente per il compenso, indifferenti alle ragioni dei contendenti e pronti a passare da un campo all'altro al servizio di chi li paga meglio. Inoltre il mercenario ha anche la tendenza a ridurre al minimo i rischi dei combattimenti per salvarsi la vita; infatti fa il mestiere di soldato per ricavare da vivere, non per morire. I mercenari, inoltre rappresentano un problema in condizioni di pace perché spesso, quando non hanno lavoro, sono dediti a devastazioni e saccheggi nei territori in cui passano.
L'Italia del 1400
l'Italia della prima metà del 400 è caratterizzata da una serie di conflitti per l'affermazione del potere dei singoli Stati regionali.
Tutti aspirano a imporsi come egemoni sull'intera penisola o su una parte di essa.
Questo sarà il problema de che porterà l'Italia all'indebolimento, mentre altrove gli Stati nazionali si vanno formando. E' il preludio alla fine dell'autonomia e dell'indipendenza italiana.
Nella prima metà del 1400 Milano e Venezia si scontrano profondamente. Venezia mira a estendere il proprio dominio fino a Brescia e Bergamo.
Nel 1447 muore Filippo Maria Visconti e si riaccendono le lotte per la successione a Milano. Il patriziato cittadino cerca di restaurare il libero comune, affidando la difesa della Repubblica Ambrosiana a un condottiero di nome Francesco Sforza. Lo Sforza, però, approfitta della situazione favorevole e si fa riconoscere signore di Milano nel 1450.
Venezia riprende la politica di espansione nella pianura padana e provoca una reazione di una vasta alleanza di stati regionali, ma in quel periodo e in quel momento giunge in Occidente la notizia della caduta di Costantinopoli nelle mani dei turchi.
La politica dell'equilibrio
La minaccia che arriva dall'oriente fa paura e induce gli Stati italiani a una maggior prudenza. Per questo nel 1454 sottoscrivono la pace di Lodi; un accordo generale che dà il via a una politica di equilibrio. Inizia un periodo di pace e di equilibrio fra gli stati.
La politica di equilibrio è proposta e concertata da Lorenzo dei Medici (detto il magnifico), divenuto signore di Firenze. L'azione di Lorenzo il Magnifico è visibile nella seconda metà del '400 quando si rompe la solidarietà tra Milano e Venezia e l'abile signore di Firenze riesce di volta in volta a contrastare sia il potere veneziano, sia i tentativi egemonici dello Stato Pontificio.
In particolar modo il Papa Sisto IV, cerca di instaurare a Firenze la signoria del proprio nipote e appoggia una congiura contro i Medici guidata dalla famiglia Pazzi. La famosa congiura dei Pazzi, nel 1478, però fallisce nell'intento di uccidere Lorenzo il Magnifico (riesce a uccidere soltanto il fratello) e i congiurati vengono poi massacrati dalla folla che sostiene i Signori della città.
Lorenzo il Magnifico interviene anche nel regno di Napoli quando il Papa cerca di approfittare di una congiura dei baroni contro la dinastia aragonese.
Lorenzo Magnifico è considerato, in quel periodo, l'ago della bilancia della politica italiana, l'unico che coglie l'importanza, per mantenere l'autonomia e impedire l'ingresso delle potenze straniere, di cinservare la pace e una forma di equilibrio tra gli Stati italiani.
Nel 1492 Lorenzo il Magnifico muore e i suoi sforzi di mantenere pace e autonomia per preservare l'Italia si perdono rapidamente perché, dopo la sua morte, le lotte tra gli Stati si inaspriscoono, viene presto richiesto l'intervento straniero e l'Italia perde l'autonomia.
8) Tra 1400 e 1500
L' Umanesimo e il Rinascimento
Agli inizi del 1400 viene a maturazione in Italia quel meraviglioso movimento culturale che viene chiamato umanesimo e che si fonda in larga parte sulla riscoperta e la rivalutazione dei classici. Il rinnovamento culturale prese le mosse dalle città italiane e coinvolse poi l'Europa intera. L'inizio è da attribuirsi a una riscoperta dei classici romani e greci. Gli umanisti li studiano andando a riscoprirli da un punto di vista storico e filologico, non più filtrati dalla cultura cattolica, e iniziano ad amarli proprio perché trovano valutazioni sulla vita e sull'uomo estranee al cristianesimo.
I classici sono per gli umanisti la testimonianza di quanto gli uomini possono fare anche grazie alla loro stessa intelligenza la loro stessa forza, anche non assistiti dalla fede.
Questo porta quindi a una scoperta e a una valorizzazione dell'uomo in quanto tale, dell'uomo non solo destinato al mondo ultraterreno ma dell'uomo nelle sue dimensioni puramente naturale.
L'uomo è capace di creare un proprio destino, di incivilire e dominare il mondo, di esprimersi nell'arte, di dare vita a una convivenza civile.
Questo comporta una revisione dei valori religiosi. Gli umanisti, infatti, non accettano passivamente il cattolicesimo e la tradizione presente ma lo reinterpretano in modo da renderlo compatibile con i loro interessi filosofici e culturali; non rifiutano l'esistenza di un Dio e di valori religiosi ma spostano l'oggetto di attenzione, di indagine (e quindi di lode) dal creatore al creato.
Gli umanisti svalutano gli aspetti collettivi dell'etica religiosa medievale ed esaltano sopra ogni cosa il singolo individuo, le sue capacità personali, le sue scelte.
Se gli eroi medievali erano il Cavaliere che combatteva per la fede e il monaco deciso a mortificare la propria carne per un ideale superiore, gli eroi dell'età umanistico rinascimentali sono i principi geniali , gli artisti che creano, gli animatori di centri di intelligenza e cultura.
Inizia a esserci una visione antropocentrica. Rinascono le arti, l'architettura muta da un gotico che doveva esprimere la grandezza di Dio capace di sovrastare l'uomo, a un nuovo gusto che realizza chiese a misura d'uomo, più luminose.
Anche l'arte, sebbene resti sacra nei soggetti, viene umanizzata, sia con la scoperta nello studio della prospettiva , sia con l'idea di rappresentare una realtà nella maniera più fedele possibile. I Santi nelle opere sacre vengono umanizzati.
Anche la letteratura cambia e l'uomo diventa oggetto della indagine e della produzione letteraria. L'umanesimo è il presupposto di quello sviluppo culturale che troverà all'apice nei primi vent'anni del 1500 con quel periodo che viene chiamato Rinascimento.
Le crescenti esigenze culturali dell'età rinascimentale stimolano la ricerca di metodi più efficienti per la diffusione del sapere fino allora affidata alla comunicazione orale o alle trascrizioni dei monaci amanuensi portando a nuove scoperte.
Fondamentale il passaggio dalla pergamena alla carta che gli europei impararono produrre dagli arabi. Nel 1450 Guttenberg e Costner giungono alla conclusione che i caratteri di stampa non devono essere più scolpiti su tavole di legno ma devono essere mobili, fusi in piombo, in modo da poter essere usati più volte per comporre righe e pagine diverse.
Si inventa la stampa a caratteri mobili che ha immediatamente effetti straordinari.
In vent'anni i libri si moltiplicano e cala il prezzo per ben cinque volte.
La stampa si diffonde in tutta Europa e trova un terreno particolarmente fertile in Italia.
Inizialmente si stampano testi prevalentemente sacri ma presto vengono diffusi e stampati anche testi profani.
La Chiesa, che inizialmente intravede la possibilità di una maggiore diffusione dei valori cristiani attraverso la stampa dei testi sacri, starà poi molto attenta al controllo di quanto verrà prodotto. Un'altra grande trasformazione del 1400 destinata a modificare profondamente la società è l'invenzione delle armi da fuoco attraverso l'uso della polvere pirica non semplicemente a scopo ludico com'era utilizzata fino a quel momento.
Le armi da fuoco diventano uno strumento di guerra fondamentale del 1500 per i progressi dell'uso del metallo e contribuscono a una trasformazione del modo di fare guerra e anche dell'architettura delle città.
Scompaiono zone feudali inespugnabili e si modifica la costruzione di castelli e città. Alle vecchie mura alte ma sottili vanno a sostituirsi bastioni bassi e massicci, resistenti all'artiglieria e i cannoni.
A questo sviluppo complessivo di tecnica e cultura si accompagna un grande sviluppo economico e demografico. Ci sono miglioramenti da un punto di vista agricolo ma anche da un punto di vista minerario siderurgico e metallurgico e un ampliamento degli scambi che prosegue grazie anche alla scoperta dell'America.
L'aumento dei commerci determina un'esigenza maggiore di attribuire valore al tempo. Nascono i primi orologi.
La società vive un complessivo miglioramento; migliora la quantità e la qualità dei prodotti agricoli che vengono diffusi, inizia a esserci una differenziazione tra beni di lusso e beni di ordinario consumo.
È il segno di una società che si sta trasformando, modernizzando e che può garantire qualità di vita migliori a una parte di cittadini.
L'umanesimo completa il processo di trasformazione da società medievale a società moderna.
Il miglioramento complessivo della qualità della vita fa appassionare maggiormente l'uomo anche alla vita su questa terra non semplicemente alla vita nell'aldilà.
9) Tra 1400 e 1500: La scoperta della terra
L'oro
L'aumento dei commerci determina in Europa una carenza di oro, principale moneta di scambio dell'epoca. Per questo portoghesi, spagnoli e genovesi iniziano esplorare le coste atlantiche in cerca di quell'oro che in Europa invece scarseggia.
In un'epoca in cui gli uomini attribuiscono maggior peso alla dimensione terrena e mondana, l'oro appare come strumento di forza e di ricchezza.
Nuove rotte commerciali
I paesi europei si trovano di fronte a una prima difficoltà nella libertà dei commerci, legata alla scomparsa dell'impero Romano d'oriente.
Le tradizionali comunicazioni con l'Asia attraverso i porti del Mediterraneo si sono interrotte per l'avanzata turca, quindi le città mercantili cercano in Africa quell'oro che prima trovavano negli scambi con il lontano oriente.
L'esigenza di più oro, però, spinge a riprendere le relazioni commerciali con l'oriente, così gli europei cercano nuove rotte per raggiungere i porti asiatici.
Inoltre la curiosità scientifica fa sentire sempre più viva l'esigenza di conoscere le dimensioni e i confini dei continenti. Grazie alle nuove tecniche a ai nuovi mezzi di navigazione, figli di quel rilancio della ricerca scientifica propria del periodo umanistico, si costruiranno navi in grado di affrontare anche l'Atlantico.
Viene infatti costruita la 'Caravella', un'imbarcazione a 13 alberi, frutto dell'ingegneria tecnica dell'epoca e facile da guidare.
Una via per le indie
I primi a cercare una nuova rotta per le Indie sono portoghesi e spagnoli. I portoghesi partono per primi all'esplorazione e alla parziale occupazione delle coste dell'Africa nella speranza di circumnavigare e di proseguire alla volta dell'India.
Gli spagnoli accettano l'ipotesi di Cristoforo Colombo e tentano di raggiungere l'oriente procedendo verso Occidente, attraverso l'oceano Atlantico.
I portoghesi continuano per tutto il 1400 l'esplorazione delle coste atlantiche africane e constatano che, se la navigazione costiera verso sud è favorita dai venti, per riuscire a tornare verso Nord il viaggio è molto più complesso.
Nel 1487 il portoghese Bartolomeo Diaz doppia il Capo di Buona Speranza, facendo intravedere la possibilità di procedere fino all'oceano indiano. I portoghesi, quindi, non finanziano Cristoforo Colombo perché hanno ormai trovato una rotta per l'India.
Nel 1497 Vasco de Gama salpa da Lisbona e arriva in India. L'apertura di questa rotta è un duro colpo per Venezia che viene definitivamente soppiantata dai portoghesi nel commercio delle spezie.
La scoperta dell'America
Cristoforo Colombo, genovese trapiantato in Portogallo, ha sempre frequentato luoghi di mare e gente abituata alla navigazione e ha accumulato una vasta esperienza durante diversi viaggi.
Sebbene Colombo sottovaluti la circonferenza terrestre, si convince che la rotta per l'Asia sarebbe più breve andando verso Occidente. Colombo vuole applicare concretamente le teorie sulla sfericità della terra, fino a quel momento mai sperimentate.
Colombo ottiene l'aiuto dei reali spagnoli Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia e nell'aprile del 1492 parte con tre navi e 86 uomini (La nina, la Pinta, e la Santa Maria). Dopo tre mesi di navigazione raggiunge un'isola convinto che sia l'Asia. In realtà ha scoperto un nuovo continente.
Tornato in patria con un indigeno e un po' di materiale del luogo, viene ammirato e stimato da tutti; gli viene così concessa una nuova spedizione con 17 navi e 1500 uomini.
Non si rassegna però all'idea di non essere arrivato in Asia, non accetta l'idea d'aver scoperto un territorio inesplorato. Viene comunque nominato governatore di quei territori.
Da quel momento inizia un movimento tra le due sponde dell'Atlantico, i nuovi territori vengono occupati dagli spagnoli.
Colombo, in qualità di governatore, commette però gravi errori ed eccessi, tanto che il governo spagnolo, preoccupato, sceglie di mandargli 'un aiutante', in realtà a controllarlo.
Quest'ultimo, in poco tempo lo fa arrestare e lo rimanda in Spagna. Verrà liberato dopo poche settimane ma nel frattempo ha perso la stima e la notorietà precedente.
Colombo ormai rappresenta semplicemente un sopravvissuto che avanza troppe pretese e insiste nel negare una verità di giorno in giorno sempre più chiara.
Nel quarto ed ultimo viaggio, concessogli dalla corona spagnola per gratitudine, esplora la regione dell'istmo di Panama alla ricerca della rotta che lo dovrebbe portare in Asia.
Muore dopo meno di due anni deluso, isolato e dimenticato da tutti.
Un continente da conquistare
Spinta dalla scoperta di Colombo, anche l'Inghilterra inizia la suggestiva avventura verso il nuovo continente.
Enrico VII e affida il compito di guidare una spedizione al veneziano Giovanni Caboto. Questi toccherà le isole di Terranova, la regione che in futuro fornirà grandi quantità di pesce, e ne restarà però deluso perchè quella terra, meno ospitale e più fredda, non offre le facili e immediate ricchezze sperate.
In Europa comunque si diffonde la consapevolezza che al di là dell'Atlantico c'è un nuovo continente, un mondo nuovo.
Le esplorazioni per la conquista del nuovo mondo ovviamente producono rivalità tra gli Stati. In particolare tra Spagna e Portogallo che rischiano di degenerare verso la guerra aperta. Nel 1494 si giunge però a un accordo, il Trattato di Tordesillas, che individua nel meridiano che passa dal 46°grado di longitudine la riga che delimita la sfera d'influenza dei due paesi. Ai portoghesi spetterà quanto sarà scoperto a oriente, agli spagnoli le terre a Occidente; pertanto il Brasile viene annesso al Portogallo.
La circumnavigazione del mondo
Sarà Amerigo Vespucci a rendersi ufficialmente conto di essere in un nuovo continente, essendosi spinto più a sud di dove sarebbe dovuta essere l'Asia. Da qui il nome America.
A operare invece il primo giro del mondo sarà invece Ferdinando Magellano, un navigatore portoghese che ottiene il sostegno della Spagna visto che i suoi connazionali non hanno interesse ad appoggiare la spedizione progettata. Salpa con cinque navi nel 1519 e arriva nelle Filippine nel 1521 dove muore in un combattimento con gli indigeni. Riuscirà a tornare una sola delle sue navi nel 1522.
E' questo il momento in cui si rendono tutti conto che aveva ragione Colombo, la terra può essere circumnavigata; è questa la prova decisiva della sfericità.
Considerazioni conclusive
Con il viaggio di Magellano si conclude il periodo eroico delle grandi esplorazioni. Ha inizio, da questo momento una gara spietata fra i maggiori stati per accaparrarsi le nuove fonti di ricchezza e per creare quegli imperi coloniali che, per un verso, contribuiranno a determinare uno sviluppo economico senza precedenti per l'Europa, per l'altro saranno strumenti di sfruttamento e di oppressione di interi popoli d'America d'Africa e d'Asia.
10) Le civiltà precolombiane
Caratteristiche comuni
Le popolazioni d'America erano molto arretrate rispetto ai popoli e asiatici e vivevano perlopiù raccolti in unità tribali dedite alla caccia, alla pesca e forme rudimentali di agricoltura.
Non conoscevano l'uso della ruota, non usavano monete ma ricorrevano al baratto.
Non praticavano la pastorizia per la carenza di animali adatti all'allevamento, fatta eccezione per L'Alpaca. Allevavano animali ignoti agli europei come tacchini e porcellini d'India.
L'agricoltura era perlopiù itinerante, diveniva stanziale sono in pochi popoli più evoluti.
Abili nella navigazione sui fiumi limitavano la navigazione marittima al Golfo del Messico.
Gli europei furono convinti che nessun popolo di quel luogo conoscesse la scrittura ma in realtà tali osservatori si sbagliarono aspettandosi di trovare nel nuovo continente metodi di scrittura simile ai nostri mentre le popolazioni dell'America più evolute usavano metodi diversi: gli Inca, per esempio, mostravano una cordicella che variamente annodata permetteva di annotare quantità di merci e i numeri. I Maia usavano una scrittura ideografica simile ai geroglifici dell'antico Egitto.
La civiltà azteca
Delle origini abbiamo poche notizie. E' invece certo che attorno al 1000 d.C. essi conducevano vita nomade nelle regioni meridionali del Messico, procurandosi i mezzi di sostentamento con la caccia raccogliendo il cibo, ignorando del tutto l'agricoltura.
Solo verso la metà del quattordicesimo secolo gli aztechi si stanziarono nell'inospitale regione del lago di texcoco dove riuscirono nel corso di circa di un secolo a fondare la loro capitale, in cui iniziarono a praticare l'agricoltura e, dopo una serie di guerre, nella prima metà del 400, diventarono il popolo egemone dell'intera regione.
La struttura economico sociale azteca era molto rigida: un'ampia base di contadini che vivevano in condizioni simili a quelle dei servi della gleba del nostro medioevo lavorava la terra assieme agli schiavi.
La classe dei contadini era sottomessa alla casta dei guerrieri sacerdoti che avevano il privilegio esclusivo di possedere la terra.
Accanto all'agricoltura erano praticate altre attività commerciali ed artigianali come la lavorazione delle piume e la tessitura. Credevano in molti Dei perché unirono alle proprie originarie divinità anche le divinità dei popoli conquistati o subalterni.
Gli Aztechi credevano nella precarietà del mondo. Ritenevano che già quattro volte l'umanità fosse stata travolta da grandi sventure e che la quinta fosse in procinto di arrivare. Per questo motivo sentivano il dovere di salvare il mondo, nutrendo di sangue umano e il Dio Sole.
Questo li portava a fare autentiche stragi di prigionieri durante le cerimonie religiose.
I prigionieri venivano trascinati in cima alla scala del tempio, venivano squartati, veniva strappato il cuore e offerto al Dio. I cadaveri venivano fatti rotolare per la scala dove alla base venivano decapitati le loro teste erano esposte nel 'Muro dei crani'. La loro religiosità era tale che non furono rari i casi in cui gli Aztechi decidevano di fare guerre semplicemente per procurarsi prigionieri da offrire al Dio.
La civiltà dei Maia
Fra il primo millennio a.C. e il primo millennio d.C. i Maia crearono nella penisola centroamericana dello Yucatan e nell'entroterra la più evoluta delle civiltà precolombiane.
I Maia erano organizzati in 300 centri urbani che erano vere proprie città stato autonome o legate da vincoli confederali. Le città erano complessi monumentali che comprendevano templi e palazzi d'abitazione dei sacerdoti che con i nobili costituivano la casta dominante.
Il popolo viveva in capanne che sorgevano vicino e andava nelle città solo in occasione di mercati, feste e cerimonie religiose. Si presume giocassero un gioco col pallone che aveva un significato religioso. Nobili e sacerdoti avevano il privilegio della proprietà privata della terra.
Le terre non appartenenti ai nobili erano di proprietà comune ma venivano amministrate dai sacerdoti che le assegnavano alle famiglie.
La religione Maia era simile a quella Azteca. Anche essi credevano nella precarietà del mondo, in un devastante diluvio, e sacrificavano vittime umane in onore del Dio Sole.
La civiltà Inca
Al momento dell'occupazione spagnola, gli altipiani del Perù e le cose del Pacifico erano abitate dalla civiltà Inca. L'organizzazione era una sorta di impero multietnico. E il sovrano di questo impero aveva una propria sede nella città di Cusco e, grazie a un'organizzazione efficiente, poteva tenere sotto controllo l'intero stato.
Un'estesa rete di strade permetteva collegamenti su tutto il territorio. I sudditi maschi adulti sposati avevano l'obbligo di prestare la propria opera per i pubblici lavori: costruzione di strade, di case, dei terrazzamenti per le coltivazioni eccetera.
La civiltà Inca si sviluppò fino al 1532 quando gli spagnoli, guidati da Pizarro diedero inizio alla sottomissione di quel popolo e alla distruzione della loro civiltà.
L'ultimo imperatore Inca, Tupac Amaro, fu decapitato nel 1572.
Le stragi dei "Conquistadores"
Le civiltà precolombiana furono distrutte. Contro di loro vi fu un vero proprio genocidio. Si ravvivò tra gli spagnoli lo spirito della 'Reconquista'; prese vigore l'idea di una Spagna missionaria e impegnata a garantire ovunque il trionfo della croce e del cattolicesimo. Gli spagnoli, nei rapporti con le popolazioni primitive, si ispirarono a questa ideologia. Vollero quindi cancellare le tradizioni degli amerindi obbligandoli a farli cristiani anche quando non esistevano affatto i presupposti culturali.
In realtà l'ideologia era spesso una copertura per interessi ben più materiali. Un gran numero di indigeni furono costretti al lavoro forzato nelle ricche miniere d'argento.
Protagonisti di questa azione furono i "Conquistadores", esponenti della nobiltà impoverita o semplici avventurieri spinti solo da un desiderio d'oro e di ricchezza.
Formalmente agivano in nome del re di Spagna, in realtà si muovevano arbitrariamente e provvedevano ai propri interessi personali.
I sovrani di Spagna li incaricavano di amministrare le terre che avrebbero occupato ma non delegavano loro alcuna sovranità. Tanto che in alcuni casi si scatenarono delle rivolte perché i conquistatori tentavano di conquistare l'autonomia dalla Spagna.
Tra i principali vi furono Cortes e Pizarro. L'impero coloniale spagnolo, una volta costituito, comprendeva la nuova Spagna (il Messico e l'America centrale) e la nuova Castiglia (dal Perù all'Argentina). Il Brasile invece, fu in mano ai portoghesi.
Effetti
Le grandi scoperte geografiche aprirono comunque, per i maggiori paesi d'Europa, prospettive di sviluppo fino allora impensabili.
L'impero coloniale spagnolo dell'America centromeridionale si rivelò presto ricco di miniere d'oro e d'argento nonché di immense risorse agricole virtuali.
I portoghesi non mirarono tanto a fondare colonie molto estese, quanto a costruire una lunga e ininterrotta catena di basi commerciali e navali lungo le coste africane, indiane e nelle isole dell'estremo oriente come Giava e Sumatra.
Dalle colonie prelevavano schiavi, metalli pregiati, oro, spezie e prodotti esotici di ogni genere esercitando un monopolio che andò soprattutto a scapito di Venezia.
Iniziò in questo periodo un primo processo di mondializzazione dei commerci e della storia.
La rivoluzione geografica
Fino alla fine del 1400, l'Europa, l'Asia e l'Africa erano reciprocamente estranee se non come tappe di commercio.
La rivoluzione geografica del 1500 sconvolge questa situazione. L'Europa inizia il processo che la porterà per secoli a dominare su tutta la terra e, nello stesso tempo, l'asse dell'economia si sposta dal Mediterraneo alla Atlantico.
Si formano e crescono porti come Lisbona, Siviglia, Cadice e Anversa.
Inizialmente l'Italia non va incontro a un'immediata crisi. I banchieri rimangono i più forti e abili d'Europa, la produzione della seta aumenta tanto da diventare quasi monopolio italiano.
Firenze e Venezia producono vetri di altissima qualità. Le produzioni delle armi sono fiorenti a Milano e Brescia e alimentano una ricca esportazione. Non passerà molto tempo, però, che l'Italia inizierà a sentire i primi sintomi della crisi data dallo spostamento dei traffici sull'Atlantico.
La scoperta dell'America porta grossi processi di trasformazione anche nel campo dell'alimentazione. Dal nuovo continente vengono vegetali come mais, la patata, i fagioli, il pomodoro, il cacao che oggi sono parte essenziale della nostra alimentazione. L'afflusso di metalli preziosi contribuisce a provocare un lungo processo di inflazione. L'oro e l'argento, infatti, come qualsiasi altra merce valgono meno quanto più abbondano. Essendo molto vaste le miniere americane arrivano molto oro e argento che quindi perdono progressivamente di valore nello scambio con le altre merci.
Per questo i prezzi pagati in monete d'oro e d'argento crescono fino a quattro volte.
Ovviamente questo non incide sulla borghesia, artefice di questi aumenti ma incide da un lato sulla nobiltà che spesso ha ceduto l'uso della terra in cambio di rendite fisse e sulle classi più basse che ovviamente perdono potere d'acquisto.
11) Le origini del capitalismo.
Da Medio Evo a Età Moderna
La scoperta dell'America è considerata lo spartiacque fra il medioevo e l'evo moderna.
Non è ovviamente un singolo fatto a determinare un cambio di era. La scoperta dell'America, però, assume un valore simbolico perché ha determinato l'avvio di due processi molto importanti destinati a trasformare radicalmente il mondo.
* Il primo in campo scientifico perché la scoperta della sfericità della terra cambia il modo dell'uomo di rapportarsi alle scienze, rendendole sempre più autonome dalla religione.
* Il secondo aspetto è prevalentemente di carattere economico poiché si avrà all'inizio della trasformazione capitalistica in campo economico.
La scoperta dell'America è profondamente connessa con le origini del capitalismo perché dal nuovo continente arriveranno in Europa immense quantità di oro e argento sufficienti a sconvolgere i tradizionali equilibri.
Il sistema capitalistico non nasce dall'oggi al domani con la scoperta dell'America ma è il compimento della cosiddetta rivoluzione commerciale del basso medioevo.
È già presente un'economia di mercato fondata su scambi di merce sia tra contadini che tra commercianti e mercanti.
Nonostante questo, però, nel medioevo la nobiltà terriera nella classe feudale è riuscita a conservare la propria posizione di egemonia.
Il processo di trasformazione capitalistica della società emerge però alla distanza e stravolge gli equilibri sociali. Progressivamente, infatti, si dissolvono i rapporti di servitù della gleba, si libera manodopera che non trova più nel sistema feudale una collocazione stabile, i lavoratori iniziano a percepire un salario.
Si moltiplica il numero di coloro che, impiegando i propri soldi nell'utilizzo di manodopera e nell'acquisto di macchine o di materie prime producono per lo scambio.
Il capitalismo nasce cioè nel senso moderno del termine quando non si produce per procurare mezzi di sussistenza, di sopravvivenza o semplicemente per accumulare per vivere bensì quando si produce per investire e per accrescere il capitale prodotto.
Inizia il meccanismo per cui si accumulano capitali per sviluppare attività che permettano un accumulo di nuovi maggiori capitali.
Sebbene nel 1500 i vecchi metodi di produzione individuale del contadino e dell'artigiano sono ancora effettivamente prevalenti, il fenomeno del capitalismo si sviluppa da un punto di vista qualitativo.
A favorire il decollo di questo sistema è anche l'aumento della popolazione europea.
L'incremento demografico comporta una crescita della domanda di beni che è da stimolo alla produzione.
Nel 1500 i lavoratori salariati non vivono molto meglio dei vecchi servi della gleba anzi, rischiano spesso di restare disoccupati e aumentare la massa di vagabondi e mendicanti che affolla le città.
La differenza tra il salariato e il servo della gleba è che il serbo serbo era legato indissolubilmente alla sua terra e al mestiere, il salariato dispone della propria forza lavoro che vende agli imprenditori a condizioni più o meno favorevoli a seconda delle capacità, della specializzazione, della quantità di manodopera disponibile al momento.
Il 1500 vede quindi anche la nascita del cosiddetto mercante capitalista che promuove e dirige le sue attività.
Egli persegue il fine di reinvestire i capitali in una produzione sempre più ampia.
La differenza con il mercante del passato è che prima ci si procurava un bene da consumare, adesso da reinvestire.
L'esigenza di aumentare la produttività del lavoro stimola in questa fase storica l'invenzione di nuove macchine e nuove tecniche di misura che non hanno precedenti.
Iniziano a crearsi piccole macchine per lavorare, alcune pompe idrauliche, alcuni strumenti che vengono usati in varie attività, nelle miniere e nelle industrie metallurgiche.
La manifattura
L'innovazione più importante e davvero rivoluzionaria del periodo è la manifattura.
Un tipo di fabbrica che comincia ad apparire nel 1500. In precedenza si forniva materia prima a laboratori familiari per ritirare il prodotto finito. Si produceva secondo il sistema domestico, si sfruttava quindi un vecchio metodo di produzione artigianaleper trarre un profitto capitalistico.
Il capitalista in quel caso era solo un grande mercante che nel processo di produzione interveniva marginalmente. La manifattura invece fa sì che la manodopera venga concentrata in fabbriche dove lavora sotto la stretta direzione del mercante con gli strumenti che egli fornisce.
Si realizza un risparmio nelle spese generali e nei tempi di produzione e si aggiungono i vantaggi della collaborazione fra gli operai. In queste aziende manifatturiere, inoltre, ha inizio la divisione del lavoro che permette di accelerare la produzione.
Grazie a questo sviluppo la popolazione delle più importanti città europee quali Venezia, Firenze, Napoli Parigi, Lione, Lisbona, Norimberga supera i 100.000 abitanti.
Le città, inoltre, diventano i centri direttivi di produzione e scambi nonché le sedi di fiorenti attività speculative e di banche. Le banche, necessarie per la raccolta e la distribuzione dei capitali iniziano a vivere sugli interessi dei prestiti.
I grandi banchieri avevano rapporti col potere politico e, spesso, in cambio di prestiti concessi a sovrani, ottenevano appalti e privilegi sulla riscossione delle tasse e privilegi di sfruttare alcune miniere appartenenti allo Stato.
L'Europa a inizio 1500
La situazione in Europa
All'inizio 1500 l'Europa centrale è ancora occupato dal Sacro Romano Impero di nazione Germanica. Quest'ultimo è diviso in principati e città libere ed è retto di diritto dall'Imperatore elettivo designato dai sette grandi elettori indicati dalla bolla d'oro, ma dal 1437 è sempre affidato esponenti della casa d'Asburgo che però fondano la loro potenza di più sui domini diretti di Austria e regioni vicine che sull'autorità imperiale che è precaria e problematica.
L'impero nel 1500 è un residuo di Medio Evo privo di consistenza, che comprende sulla carta sia i cantoni svizzeri che da tempo sono ormai indipendenti, sia la Boemia cioè la Cecoslovacchia, apertamente ostile alla nazione germanica.
La Francia, dopo la guerra dei 100 anni, ha visto rafforzarsi il potere monarchico a scapito della nobiltà che durante il conflitto si è in parte schierata a fianco dei nemici inglesi. La monarchia resta così per i francesi l'unico punto di riferimento autorevole.
In Inghilterra dopo la guerra delle due rose è forte la dinastia dei Tudor.
La Spagna, una volta unificate Aragona e Castiglia grazie al matrimonio di Ferdinando e Isabella porta nel 1492 a termine la cacciata dei mori con l'occupazione del regno di Granada.
Un nucleo di nazionalità non ancora identificabile in uno Stato è presente nei Paesi Bassi.
La Russia continua nel 1500 il processo di integrazione territoriale grazie all'iniziativa dello zar Ivan IV detto il Terribile. Venne definito così per le lotte spietate da lui condotte contro i boiari, nobili terrieri che avevano insidiato il suo potere e che furono da lui spietatamente combattuti.
La Polonia resta debole sia per la fragilità delle sue frontiere sia per il mancato sviluppo di una borghesia che sostenga la monarchia e permetta di tener testa ai nobili. Quando nel 1572 si estinguerà la dinastia degli Jagelloni la monarchia diviene elettiva e questo comporterà un progressivo indebolimento della Polonia che nei secoli pagherà la sua debolezza con la perdita dell’indipendenza.
Sul Mar Baltico si era formata l'unione di Kalmar che vede assieme Svezia Norvegia e Danimarca sotto la corona danese anche se sono molto forti le tendenze autonomistiche della Svezia.
Cresce per potere e invece nel sud-est del continente europeo l'impero ottomano padrone del Bosforo e dei Dardanelli che quindi controlla il passaggio dal Mar Nero al Mar Mediterraneo e cerca di estendere il suo potere verso nord.
La situazione in Italia
Una situazione particolare viene vissuta dall'Italia che, dopo la morte di Lorenzo il magnifico, si ritrova divisa in Stati regionali incapaci di raggiungere delle intese volte a prevenire il rischio di un'invasione da parte delle grandi potenze europee.
Una delle poche figure in grado di intuire i rischi di quella situazione è Machiavelli che invoca l'intervento di un principe capace di avviare un processo di unificazione politica dell'Italia.
La cultura italiana, nella sua eccellenza del suo primato artistico, dal punto di vista politico, però, non sa elaborare una proposta atta a salvaguardare l'indipendenza della penisola.
Carlo VIII in Italia
Carlo VIII, figlio e successore di Luigi XI, sembrava inizialmente impegnato in una politica di integrazione del territorio francese. Si unì in matrimonio ad Anna di Bretagna che portò le proprie terre in dote.
Condusse poi una spedizione in Italia per rivendicare l'eredità del regno di Napoli e liquidare la dinastia aragonese che si era insediata agli inizi del 1400 e diede la dimostrazione di muoversi secondo una linea politica ispirata a principi che andavano ben oltre gli interessi nazionali francesi.
In Italia la pace di Lodi aveva lasciato un periodo di tranquillità dei principali stati che si erano uniti, nel 1455, in una lega che garantiva reciproca amicizia.
Nessun processo unitario però scaturì dalla pace di Lodi e quindi quell'alleanza sembrava comunque figlia di una comune debolezza più che di una positiva solidarietà volta a costruire uno Stato italiano.
La situazione mutò da un punto di vista internazionale alla fine del 1400.
Carlo VIII non riteneva di avere concorrenti temibili in Europa:
5) la Spagna era un agglomerato di feudi che ha appena iniziato il processo di unificazione,
6) l'Inghilterra è da poco uscito dalla guerra delle due rose
Carlo VIII quindi si sentiva libero di poter estendere il suo dominio sul territorio europeo partendo dalla regione più debole e più facilmente attaccabile: l'Italia.
Per questo Carlo VIII approfittò di un invito rivolto da Ludovico il Moro a Milano che usurpò il potere del nipote Gian Galeazzo imparentato con gli Aragonesi di Napoli e temeva che costoro potessero tramare contro di lui per restaurare a Milano l'autorità del nipote.
Per tutelarsi suggerì a Carlo VIII di entrare in Italia.
Carlo VIII approfittò della situazione.
Si garantì la neutralità della Spagna e dell'imperatore e diede inizio alla spedizione nel 1494 in Italia. Da questo momento in poi inizia per l'Italia un periodo di conflitti tra potenze straniere giocati in territorio italiano che rappresentano per secoli una sciagura del nostro paese.
Carlo VIII fu ricevuto a Milano da Ludovico il moro che quindi gli aprì la strada per un libero passaggio in Italia.
Piero dei Medici, successore di Lorenzo il magnifico, si arrese rapidamente a Carlo VIII. Il Papa Alessandro VI gli lasciò via libera rapidamente, quindi Carlo VIII riuscì ad arrivare nel regno di Napoli e prendere il potere. Attraversò l'Italia in quattro soli mesi. Prese il potere tornò in Francia.
A questo punto Venezia, Milano e il Papa si resero conto del pericolo rappresentato per la loro stessa libertà da una massiccia presenza della Francia in Italia e crearono una Lega contro i francesi.
Carlo VIII fu costretto quindi a tornare in Francia e Ferdinando II d'Aragona riuscì a riprendere il potere a Napoli.
Tutto sembrò tornare come prima, ma la realtà fu ben diversa: la debolezza dei principati italiani risultò evidente e il vuoto della penisola attirò presto le mire concorrenti di Francia e Spagna.
La Guerra tra Francia e Spagna
Carlo VIII morì a soli 28 anni. Gli succedette Luigi XII che ebbe ambizioni non solo su Napoli ma anche su Milano in quanto lontano discendente di una Visconti.
I francesi quindi continuavano a manifestare interesse per i deboli territori italiani.
Luigi XII fece un accordo con Venezia e inviò un esercito in Lombardia che sconfisse Ludovico il Moro e lo portò prigioniero in Francia dove morì nel 1508.
Colui che per primo aveva aperto la strada agli stranieri, ne subì le prime conseguenze.
Luigi XII strinse quindi un trattato segreto con Ferdinando II di Spagna per una spartizione dei territori di Napoli ma ci fu uno scontro sulla divisione del bottino.
Scoppiò quindi una guerra tra Francia e Spagna in cui la Spagna ebbe la meglio e Luigi XII dovette sottoscrivere un armistizio con cui riconosceva il dominio spagnolo sul regno di Napoli.
Cesare Borgia, il Valentino
Nel frattempo il figlio del Papa Alessandro VI cercò di creare un forte Stato nell'Italia centrale. Cesare Borgia, infatti, iniziò un'azione contro la Romagna e contro una serie di signorie e feudi che sfidavano apertamente il potere del Papa.
Cesare Borgia, detto il Valentino, ottenne l'appoggio della Francia e, grazie alla propria intelligenza politica e agli aiuti francesi, riuscì a impadronirsi della Romagna usando intrighi, violenze e tradimenti abitualmente praticati dai Nobili del luogo.
Machiavelli vide nel Valentino una plausibile incarnazione del suo ‘Principe’: freddo, realista, disposto a usare qualsiasi mezzo, ma animato dalla nobile intenzione di creare uno stato solido.

Papa Giulio II
Nel 1503, però, Alessandro VI morì e il nuovo papa, Giulio II, nemico giurato dei Borgia fece arrestare il Valentino.
Giulio II entrò subito in urto con Venezia per alcuni territori della Romagna e aderì alla lega di Cambrai, un'alleanza militare contro Venezia che comprendeva Francia, Spagna e l'Impero.
Venezia quindi dovette cedere parte dei suoi territori al Papa, alla Spagna, e alla Francia.
Non crollò del tutto semplicemente perché Giulio II si rese conto del pericolo che ci sarebbe stato in tutta la penisola per un indebolimento eccessivo di Venezia e strinse con Venezia stessa, con la Spagna e con gli inglesi una lega santa volta a cacciare i francesi che nel frattempo si erano fatti troppo potenti.
Giulio II morì nel 1513 riuscendo perlomeno a cacciare temporaneamente i francesi del milanese ma nulla potè fare contro la presenza degli spagnoli nel napoletano.
Poco dopo la morte di Giulio II, Luigi XII, non rassegnato alla perdita del milanese, tentò una rivincita ma venne bloccato dagli svizzeri. Solo Francesco I, il figlio, riuscì nel 1515 a rientrare in Lombardia. Francesco I nel 1516 strinse accordi con il Papa e con la Spagna:
7) Leone X fece un concordato con Francesco I che attribuiva ampi poteri Re sulla Chiesa nazionale francese.
8) Sottoscrisse poi con una Spagna il trattato di Noyon che confermava alla Francia il milanese e alla Spagna il napoletano.
La pace in Italia era garantita semplicemente da un processo di spartizione di un accordo di spartizione tra le due principali potenze europee.
Carlo V e il sogno di una ‘Monarchia universale’
Un regno su cui non tramonta mai il sole
Il periodo che va dal trattato di Noyon del 1516 e la pace di Cateau Cambresis del 1559 è ricco di eventi complessi.
9) La Chiesa cattolica si scontra con la nascita della Chiesa protestante e con uno scisma anglicano.
10) La pressione dei turchi nei Balcani e nel Mediterraneo cresce
11) la Spagna grazie alle colonie nel sud America aumenta di peso come potenza europea.
12) Dalla nonna paterna ereditò la sovranità sui Paesi Bassi.
In questa particolare fase storica emerge la figura di Carlo V.
I regnanti di Austria e di Spagna, nonni paterni e materni di Carlo V, perdono in maniera prematura i propri eredi maschi, quindi Carlo V diventa sovrano di Spagna, delle dipendenze italiane della Spagna (Napoli, Sicilia e Sardegna) e dell'impero coloniale che si va costituendo in America nonchè dei domini degli Asburgo di Austria. Quindi ebbe la pretesa anche della corona imperiale, fino a quel momento passata in eredità agli Asburgo.
Sulla sua testa quindi si sommano le corone di mezza Europa.
Francesco I, re di Francia, si sente soffocato dentro ai domini di Carlo V e vuole almeno evitare che per Carlo si possa aggiungere anche la corona imperiale, quindi avanza la propria candidatura alle elezioni come Imperatore, spinto sia dalla necessità di difendersi, sia dall'ambizione che lo vuole come erede di Carlo Magno.
I grandi banchieri tedeschi, genovesi e fiorentini, però, offrono in tutto 2100 chili d'oro per comprare il voto dei grandi elettori e ottengono che sia eletto Carlo V.
L'elezione di Carlo V equivale però a un'implicita dichiarazione di guerra alla Francia anche perché il nuovo imperatore intende rivendicare la Borgogna, nonchè Milano.
Dal 1521 quindi l'Europa diventa il campo di battaglia sul quale si affrontano Francesco I e Carlo V impegnati in un conflitto che avrà termine solo nel 1559. La pace sarà firmata dai loro successori.
Vantaggi e svantaggi dei due belligeranti
Da un punto di vista territoriale, economico e demografico è netta la superiorità di Carlo V sul suo rivale Francesco I.
I domini di Carlo V però non sono uno Stato unitario:
13) il sacro Romano impero è un insieme di città di fatto autonome, molte delle quali passeranno grazie a Martin Lutero ai protestanti e si alleeranno contro il loro stesso imperatore.
14) In Spagna i comuni della Castiglia rifiutano di pagare i tributi
15) i Paesi Bassi sono affidati a governatori che non garantiscono piena affidabilità.
Oltre a non essere compatto da un punto di vista giuridico, il territorio di Carlo V non è compatto neanche da un punto di vista economico: a fronte di un territorio come quello dei Paesi Bassi molto ricco ed economicamente sviluppato, c'è un territorio come quello spagnolo debole e ancora feudale.
L'impero di Carlo V sul quale come disse lui stesso non tramontava mai il sole, costringeva però il sovrano ad affrontare contemporaneamente un insieme di problemi contraddittori che nessun uomo sarebbe riuscito a dipanare in modo soddisfacente.
Al contrario Francesco I, sebbene abbia un territorio molto più ristretto e molte meno risorse economiche, ha un territorio più compatto. Gode il vantaggio di esercitare la propria autorità su un dominio accentrato e unitaria.
Lo scontro tra Carlo V e Francesco I può simbolicamente rappresentare lo scontro tra i valori di una vecchia Europa feudale con il sogno ancora di ricreare un sacro Romano impero e la nuova Europa degli Stati e delle nazionalità.
La guerra tra Francia e l'impero di Carlo V inizia nel 1521.
La prima fase della guerra: Francesco I inizialmente viene sconfitto e addirittura arrestato ma una volta liberato in cambio di una firma di un trattato in cui si è impegnato a cedere Milano e la Borgogna, si allea agli Stati italiani nella lega di Cognac.
Carlo V reagisce inviando in Italia reparti di lanzichenecchi che battono gli eserciti della lega e raggiungono Roma, espugnano la città e la sottopongono a un duro saccheggio.
Nel 1529 Carlo V può imporre la pace al Re di Francia e al Papa. La Pace di Cambrai.
Malgrado il successo di Carlo V, però, la situazione complessivamente rimane precaria.
La seconda fase della guerra: I principi protestanti tedeschi sono nemici dichiarati dell'imperatore. Il sultano turco persiste nella pressione sui Balcani. I nemici dell'imperatore diventano naturalmente amici del re di Francia. Francesco I prepara quindi la guerra e la rivincita. Si allea ai principi protestanti e stringe addirittura un accordo con i turchi; per questo può reagire a Carlo V e riprendere la guerra. Le sorti militari sono in perfetto equilibrio; interviene quindi il Papa che è preoccupato sia per i successi della rivoluzione protestante che per la minaccia turca e vorrebbe unire i principi cristiani, in particolar modo Francesco I e Carlo V in una grande crociata.
Si arriva quindi alla tregua di Nizza per cercare di combattere contro gli infedeli.
Carlo V sposta la propria attenzione contro i turchi ma non riesce a dare uno scacco definitivo.
Nel frattempo, nel 1547 muore Francesco I e il figlio, Enrico II, continua una politica Antiasburgica e cerca di cogliere l'occasione per stringere un accordo con i principi protestanti.
Si distribuiscono equamente ancora successi e insuccessi e nessuno dei contendenti riesce a conseguire risultati decisivi.
Carlo V viene indebolito dai risorgenti ostacoli che gli impediscono di realizzare il suo grandioso disegno e va maturando la decisione di ritirarsi dal mondo. Nel 1556 si rifugia in un convento in Spagna.
Il ritiro a vita privata è preparato da una serie di disposizioni volte a impedire che il passaggio di mano possa recare danno all'impero e ai suoi domini.
Cede buona parte dei territori a Filippo II . Mentre lascia l’Impero e i possedimenti austriaci al fratello Ferdinando I.
La guerra continua ancora per breve tempo finché sia Filippo II che Enrico II si rendono conto della drammatica situazione delle loro casse e sono costretti a dichiarare bancarotta.
Si avviano quindi le trattative di pace che si concluderanno nel 1559 con il trattato di Cateau cambresis.
Il bilancio dell'opera di Carlo V
Carlo V è una delle figure che più ha fatto discutere gli storici e la critica.
Alcuni la valutano come un semplice tentativo reazionario di ridare vita a un'Europa monolitica e intollerante che nel 1500 non aveva più ragione d'essere.
Ma Carlo V credeva nel mito di un Impero che sotto sono monarca potesse unificare la cristianità e trionfare sugli infedeli riportando pace e giustizia nel mondo, assicurando una riforma della Chiesa fondata sui valori del messaggio evangelico.
Alcuni credevano che Carlo V fosse ancora tutto avvolto nelle idee nei pregiudizi medievali, altri invece riconoscevano in Carlo V un politico capace di affrontare realisticamente problemi del suo tempo.
Carlo V fu certamente una figura desiderosa di unificare la cristianità per difenderla contro gli infedeli.
Buona parte del regno fu occupato da viaggi e da campagne militari per cercare di unificare l'Europa intera.
Quando si rese conto dell'impossibilità di questo processo di unificazione che da alcuni scritti pareva essere dettato non da una sua volontà di potenza, ma da un desiderio di pacificazione dell'intero continente, scelse di andarsene e cedette tutto il suo potere.
La pace di Cateau Cambresis
In Spagna c'era Filippo II che restava ormai separato dall'impero andato a Ferdinando I.
Rimanevano a lui però i Paesi Bassi e le dipendenze italiane, controllate direttamente o controllate indirettamente.
In tutta Europa la pace sembra un'enorme successo di Filippo II e una sconfitta per la Francia ma in realtà, il disimpegno francese dall'Italia finì col preservare la Francia da una dispersione di forze a cui sarebbe stata condannata invece la Spagna per l'ampiezza dei suoi domini, in una fase in cui in realtà il Mediterraneo perdeva di peso e di valore commerciale, grazie alle nuove rotte americane.

La Riforma Protestante e lo scisma anglicano
La mondanizzazione della Chiesa
La Chiesa, lungo tutto l'arco del medioevo, si è presentata come maestra di verità che indicava ai fedeli un'altra realtà eterna e immutabile diversa da quella materiale.
Nel contempo però la chiesa era una realtà politica, un vero e proprio Stato e come tale era governato. Nei secoli quindi, quello pontificio, è diventato uno Stato prigioniero di necessità politico economiche, perdendo quindi di vista le ragioni fondamentali per cui esisteva.
Nel 1500 la Chiesa si presenta troppo simile ai costumi alle esigenze ai vizi della nobiltà del tempo, troppo indulgente nei confronti delle classi sociali dominanti in modo da perdere il prestigio per esercitare il proprio magistero della fede, apparendo più come un'autorità arbitraria e che pretende di imporsi senza avere l'autorevolezza morale.
La corruzione della Chiesa tocca dei picchi molto alti nel 1500.
Alessandro VI, Giulio II e Leone X sono immersi nella dimensione temporale e mondana.
Si occupano della Chiesa come Stato, cercano di rafforzare lo Stato Pontificio e sembrano trascurare il compito di pastori della cristianità.
Assegnano ai familiari rendite e incarichi, amano il potere, la ricchezza, il fasto.
Esercitano un mecenatismo a cui dobbiamo lo splendore della Roma papale ma che non è ispirato alla semplicità evangelica.
Si comportano come tutti i sovrani del tempo.
Il cattivo esempio che viene dall'alto viene poi largamente seguito da altri tanto che i cardinali, vescovi e anche semplici preti trovano del tutto normale occuparsi di affari, avere moglie o amanti, partecipare a imprese militari e approfittare della propria missione per procurarsi ricchezze.
E’ diffuso il costume di accumulare benefici, più Vescovati dei quale non si possono poi occupare. Neppure i preti risiedono nelle loro sedi, si fanno spesso sostituire da subalterni.
All'interno della Chiesa però c’è ancora chi crede nella necessità di un riscatto morale.
Si sta però diffondendo in Europa l'idea che la Chiesa sia una specie di sanguisuga che pretende da tutti paesi il versamento di contributi e usa il denaro per procurare una vita comoda e lussuosa a una minoranza di sacerdoti.
Grazie questo si diffonde una richiesta di una profonda riforma della Chiesa che la purifichi nel capo e nel corpo, dal Papa all'ultimo prete.

Erasmo da Rotterdam
Il primo movimento culturale fu senza dubbio quello sviluppato dal prete umanista Erasmo da Rotterdam che nel suo elogio della pazzia condannava le pratiche esteriori e polemizzava contro l'uso della mondanità di Papi e di Preti, esaltando l'importanza della carità e della fede.
Erasmo esprimeva l'esigenza di un cristianesimo non inquinato da credenze vuote o false in cui la Chiesa delle origini prevalesse sui riti senza ispirazione.
Erasmo denunciava le degenerazioni ma si arrestava davanti all'istituzione.
La vendita di indulgenze
La situazione degenerò a causa della vendita delle indulgenze promossa nel 1515 da Leone X.
La vendita delle indulgenze è la remissione totale o parziale delle pene da scontare in purgatorio per peccati già cancellati dalla confessione. Il fedele può invocare l'indulgenza per se stesso o per le anime dei defunti. La riscossione dell'obolo fu affidata a una banca.
Martin Lutero e la Riforma Protestante
Per protestare contro questo indecente mercato, Martin Lutero, monaco agostiniano di grande fede, professore a Wittenberg, rese pubbliche 95 tesi il 3 ottobre del 1517.
La disputa sulle tesi di Lutero innescò un grande movimento di diverse forze sociali e politiche della Germania, interessate per un motivo o per l'altro a modificare lo stato esistente.
Il frate suscitò vasti consensi che l'avrebbero aiutato ad assumere posizioni polemiche sempre più aspre che si conclusero con la ribellione alla Chiesa di Roma.
Inizialmente papa Leone X si limitò a intimare la ritrattazione. attraverso una bolla papale chiamata Exsurge Domine, ma quando Martino Lutero bruciò pubblicamente la bolla, venne scomunicato, nel 1521. Si apre un grande contrasto di sostanza su come intendere la religione.
I punti di distanza tra Martino Lutero e la Chiesa
16) Roma organizzò la pratica religiosa seguendo un'istituzione gerarchica che faceva capo al Papa, Lutero la affidava invece allo spontaneo consenso dei fedeli.
17) Lutero aveva con sofferenza il sentimento dell'immancabile colpevolezza dell'uomo, sentiva il monito che impone al cristiano d'esser sempre timoroso di peccare.
18) L'unica via verso la salvezza per Lutero è il pessimismo in relazione alle capacità umane; solo da questo nasce l'unica speranza possibile, cioè la fede in Dio che ci redime senza alcun nostro merito. È solo Dio che fa buono l'uomo.
19) Lutero è totalmente dipendente, non ha una fiducia nelle capacità creative dell'uomo.
Arrivando a questo svaluta anche tutta la vita comunitaria e religiosa:
20) La Chiesa non è maestra di coscienze, non ci si salva mediante riti e opere.
21) A nulla serve frequentare i luoghi sacri o pregare; solo la fede in Cristo può salvare.
22) La negazione della Chiesa e la svalutazione della vita comunitaria comportano anche atteggiamenti secondo i quali l'uomo, in un immediato contatto con Dio, è il solo legittimo interprete della sacra scrittura.
23) Per questa ragione è necessario un libro l'esame dei testi sacri.
24) Per questo Lutero provvede a tradurre la Bibbia in tedesco.
25) Per questa ragione sconvolse anche gli ordini religiosi tradizionali. Essendo tutta la vita consacrata alla religione la distinzione tra una casta sacerdotale e il popolo non ha più ragion d'essere; ogni cristiano deve considerarsi sacerdote di se stesso.
Anche le vie che collegano l'uomo a Dio vengono reinterpretati:
26) I sacramenti vengono ridotte di numero perché Lutero ritiene che nella Bibbia si faccia menzione solo del battesimo e dell'eucarestia.
Complessivamente, nel pensiero di Lutero predomina il tema dell'interiorità della vita religiosa, della salvezza non grazie alle opere ma per la sua fede, l'interpretazione personale dei sesti sacri, il rifiuto della Chiesa come istituzione, la creazione del sacerdozio universale e il valore soggettivo dei sacramenti.
Di tutta la predicazione di Lutero due temi erano adatti a una rapida e travolgente divulgazione:
27) l'ostilità al papato, al clero ricco e corrotto
28) l'appello al ritorno a una purezza del Vangelo.
Questi due temi fecero presa su gran parte della nazione germanica:
29) Sui nobili che avevano desiderio di liberarsi dal Papa in modo da far cessare i continui versamenti di denaro a Roma
30) Su contadini e operai che brevemente trasferirono i principi cristiani e di carità su un terreno sociale e politico e interpretarono il Vangelo come convalida delle loro rivendicazioni di giustizia terrena.
Quindi le diverse classi della società germanica aderirono al luteranesimo per motivi opposti: il principe per rafforzare propri privilegi, i poveri per eliminare quei privilegi.
Ben presto, però, il pensiero di Lutero si trasferì su un punto di vista politico.
Effetti politici: Piccoli nobili e cavalieri, ridotti ai margini della società, si rivoltarono contro la grande nobiltà, così capitò anche ai contadini che tra il 1524 al 1525 si ribellarono per ridurre le tasse, per il diritto a eleggere parroci di loro fiducia e per liberarsi dal sistema feudale.
Erano convinti che l'assenza di gerarchia da un punto di vista cristiano dovesse comportare anche un'assenza di gran di gerarchia anche da un punto di vista politico e sociale.
La rivolta di inizialmente ebbe l'appoggio di Lutero ma diventò violenta tanto che Lutero dovette prendere le distanze, anzi, invitare principi e uomini di buon senso a stroncare la rivolta.
Lutero che fu un rivoluzionario in campo religioso, da un punto di vista politico credeva nel principio di autorità.
L'invito di Lutero allo sterminio fu raccolto: i principi sterminarono in Svevia 10.000 contadini, 18.000 in Alsazia e migliaia anche dopo.
Gli Anabattisti
Il radicalismo evangelico che venne ripudiato da Lutero venne ripreso da un movimento, gli anabattisti, che si sviluppò in questo periodo. Erano così chiamati perché erano fautori di un battesimo da impartire agli adulti consapevoli della propria rigenerazione in Dio.
Si dichiararono venuti a mettere ‘il re in catene e i nobili e i ferri’ e volevano che i poveri e gli oppressi fossero liberati.
L'anabattismo si diffuse negli strati popolari delle città e in Germania nei Paesi Bassi e in Francia.
Calvino
Importante fu anche il movimento calvinista. Figlio di una vecchia famiglia francese, Giovanni Calvino non proveniva da ordini monastici.
Si stabilì a Ginevra e la trasformò in una capitale morale del protestantesimo.
Anche Calvino, come Lutero, professava il principio dell'arbitrio servo. Dopo il peccato originale, l'uomo è dannato e se alcuni si salvano è sono perché così vuole Dio, per un atto d'amore che nessuno può meritare.
L'uomo è un predestinato.
La conseguenza più ovvia di questa predestinazione sembrerebbe l'abbandono passivo alla decisione di Dio, senonchè Calvino rovescia l'argomento e ne trae conclusioni opposte: l'uomo non può meritare la grazia di Dio, può solo sperare di averla ottenuta.
Per questo l’uomo deve testimoniare questa speranza vivendo nella più rigorosa moralità, tenendosi lontano dall'ozio, dalla pigrizia, dimostrando in ogni sua azione la benevolenza che Dio gli ha concesso.
L'impegno e la serietà del lavoro e perfino il successo degli affari sono quindi simboli con un significato religioso che vengono considerati i segni del favore divino.
La predestinazione, che sembrava un invito alla passività, si trasforma invece in uno stimolo all'azione. Data l'importanza assunta dalle attività economiche nel sistema capitalistico, il calvinismo, che consacra il mondo del lavoro, della produzione e degli affari, era destinato ad avere ampia diffusione nella società.
Per i suoi principi, per la sua attitudine a inserirsi nel mondo borghese e per la capacità di contemperare misticismo e spirito pratico, il calvinismo si diffonde nei Paesi Bassi, in Inghilterra, nei paesi più economicamente sviluppati e in cui la borghesia era più avanzata.
Lo scisma anglicano
In Inghilterra al potere fra il 1509 e il 1547 ci fu Enrico VIII.
Il Sovrano, che si dilettava di studi teologici, sembrò in un primo tempo lontanissimo dall'idea di creare una Chiesa separata da Roma, anzi, quando in Germania esplose la rivoluzione protestante di Lutero egli si schierò con la Chiesa tanto che nel 1521 pubblicò una confutazione delle dottrine di Lutero e Leone X gli diede il titolo di difensore della fede.
Poco dopo entrò però in urto con la Chiesa di Roma.
Enrico VIII si unì in matrimonio con Caterina d'Aragona, zia di Carlo V.
Ebbe una figlia, Maria, ma nessun erede maschio.
Per questo e per la passione che lo legava a una dama, Anna Bolena, egli volle dal Papa l'annullamento del matrimonio.
Il problema era di competenza della Santa sede e molti precedenti autorizzavano il Re a ritenere che la soluzione fosse attuabile.
Papa Clemente VII, però, non poteva ignorare che Carlo V si sarebbe sentito oltraggiato.
Il Papa si trovò a dover scegliere tra uno dei re più fedeli, Enrico VIII, e l'imperatore all'epoca padrone di metà del mondo conosciuto: Carlo V.
Su pressione dell'imperatore, il Papa rifiutò a Enrico VIII l'annullamento del matrimonio.
La reazione di Enrico VIII fu quella di approvare nel 1534 un atto di supremazia, che attribuiva al re il diritto di esaminare, reprimere, riformare, emendare errori, cioè riconosceva al re la suprema autorità in campo religioso.
La nuova Chiesa faceva capo al Re e all'arcivescovo di Canterbury suo vicario:
31) eliminava il culto dei santi e della vergine, le offerte, i pellegrinaggi e tutta la pratica religiosa condannata anche da Lutero.
32) Sostituiva l'inglese al latino nelle cerimonie religiose e
33) manteneva le linee essenziali del dogma cattolico e la struttura gerarchica che la monarchia considerava necessaria per educare i sudditi alla disciplina e all'obbedienza.
Col pretesto dell'immoralità dei monaci cattolici il re confiscò i loro beni. Ne tenne una parte per la corona e fece vendere il resto a basso prezzo in modo che borghesi e nobili potevano concludere ottimi affari e divennero i più convinti fautori del nuovo corso.
Le due Marie
In Scozia tra il 1557 e il 1560 si diffuse il calvinismo e venne costretta la regina cattolica di quel paese, Maria Stuart a riconoscerlo come religione di Stato.
La corona d'Inghilterra, dopo la morte del figlio di Enrico VIII, Edoardo VI, fini alla Maria Tudor che cercò di restaurare il cattolicesimo nel paese, ricorrendo anche a metodi repressivi che le meritarono il nome di Maria la sanguinaria.
Coinvolse l'Inghilterra in una alleanza innaturale con la Spagna, un'alleanza odiata dal popolo perché gli interessi delle due nazioni erano nettamente in contrasto.
Così gli inglesi divennero sempre più anticattolici e antispagnoli e il tentativo di Maria di riportare l'Inghilterra all'ubbidienza romana fallì; il distacco da Roma fu irreversibile.
La riforma cattolica o controriforma
Riforma o Controriforma?
Il termine 'Controriforma' fu coniato nella seconda metà del 1700 dagli illuministi nella loro polemica contro tutte le chiese e in particolare contro la Chiesa cattolica.
Non è un termine oggettivo perché contiene una condanna:
* chiamare quanto avvenuto nel concilio di trento 'Riforma Cattolica' significa riconoscere che la Chiesa abbia preso atto da parte di una necessità di rinnovamento,
* parlare di 'Controriforma' significa parlare di una semplice reazione alla Riforma Protestante e nello stesso tempo legittimare la Riforma Protestante stessa.
Sicuramente nel quarto decennio del 1500 la Chiesa iniziò ad avvertire la gravità della situazione poiché si era sviluppato il luteranesimo in Germania, stava prendendo piede il calvinismo, la riforma anglicana aveva staccato l'Inghilterra dalla chiesa cattolica.
Bisognava correre ai ripari e porre mano a una riforma radicale della Chiesa, invocata da oltre un secolo in tutto il mondo.
Due fazioni nella chiesa
All'interno della Chiesa si svilupparono due correnti, due fazioni: il partito degli evangelici e il partito degli intransigenti.
* Gli evangelici vedevano negli eretici dei fratelli separati che avevano accettato solo una parte della verità ed erano nell'errore solo perché avevano fatto valere le loro verità non nell'ambito della Chiesa ma fuori. L'obiettivo degli evangelici era rinnovare la vita religiosa per cercare di riportare all'interno della Chiesa la maggior parte degli eretici.
* Gli intransigenti, invece, avevano come obiettivo, come fine assoluto la crociata contro l'eresia, e la riforma era principalmente un mezzo per raggiungere quell'obiettivo. Vedevano comunque il pericolo dell'eresia e consideravano gli evangelici come ancor più pericolosi perché gli eretici erano nemici esterni dichiarati mentre gli evangelici erano vissuti come nemici interni.
Nella discussione interna alla Chiesa, però, via via che le differenze tra protestantesimo e cattolicesimo si aggravavano, facevano perdere al partito evangelico speranze di successo.
Il Concilio di Trento (1545-1563)
La discussione si aprì nel Concilio di Trento, convocato da Paolo III nel 1545.
A capo del partito degli evangelici c'era il cardinale Reginal Pole, che alla morte di Paolo III rischiò di diventare papa mancando di un solo voto la maggioranza di due terzi che l'avrebbe portato al soglio pontificio.
Il paradosso fu che pochi anni dopo, con la vittoria degli intransigenti al concilio, rischiò di essere tacciato d'eresia.
Furono molte le decisioni destinate a rivoluzionare la Chiesa e a condizionare profondamente la cultura dell'Italia e dell'Europa per tutto il resto del 1500 e per il secolo successivo.
Decisioni dottrinarie:
* il valore delle opere oltre che della fede contro la tesi protestante della salvezza per la sua fede
* l'importanza della tradizione contro la tesi del puro e semplice ritorno alla sacra scrittura,
* il valore oggettivo dei sette sacramenti,
* la consacrazione dei sacerdoti mediante un sacramento specifico,
* il riconoscimento della vulgata ossia della versione latina della Bibbia come unica versione ufficiale della Bibbia.
Decisioni organizzative:
* impose l'obbligo del celibato ecclesiastico,
* l'obbligo per tutti i vescovi e preti con responsabilità pastorale di risiedere nella circoscrizione affidata,
* l'obbligo della visita pastorale per ogni vescovo di tutti i paesi della sua diocesi,
* la rinuncia al cumulo dei benefici,
* l'istituzione presso ogni diocesi di seminari per l'educazione e la preparazione del clero,
* l'uso del latino come lingua universale della Chiesa.
Le decisioni organizzative, in particolare, furono uno sforzo enorme per contrastare e stroncare il malcostume diffuso e radicato nella Chiesa, tant'è che si produssero in atto solo per gradi e attraverso un grande impegno.
Questo successo bloccò l'espansione del protestantesimo e riuscì a recuperare alcuni paesi all'obbedienza romana.
Il concilio di Trento diede forza al Santo Uffizio, costituito già nel 1542 e composto da nove cardinali che doveva sovraintendere il tribunale dell'inquisizione che aveva il compito di indagare sull'eventuale eresia degli imputati.
Venne creata inoltre la Congregazione dell'indice, venne cioè pubblicato l'indice dei libri proibiti la cui lettura era vietata ai fedeli per ragioni morali o filosofiche.
I Gesuiti
La controffensiva cattolica impegnò l'intera Chiesa ma ebbe le sue massime espressioni nel Concilio di Trento e in un nuovo ordine religioso fondato nel 1540 da Ignazio di Loyola: i Gesuiti. Ignazio di Loyola fu un nobile spagnolo, dedito alla vita di militare, che scoprì la vocazione al sacerdozio.
Fuse assieme la disciplina militare alla cultura cattolica.
Egli sarebbe diventato un soldato di Cristo che si sarebbe dedicato alla diffusione del cattolicesimo tra gli infedeli.
Convinto che solo una profonda cultura potesse permettergli di attuare i suoi propositi, frequentando l'università di Parigi diventò il capo di un gruppo di persone con le quali creò la cosiddetta 'compagnia del Gesù', approvata da Paolo III; una milizia scelta al servizio della fede e del Papa.
La preparazione dei gesuiti si compie attraverso un severo tirocinio di esercizi spirituali, studi profani e sacri che dura più di 16 anni.
I gesuiti vengono poi ordinati sacerdoti e aggiungono ai voti di povertà, castità e obbedienza, un voto di obbedienza assoluta al Papa dal quale il loro ordine dipende senza la mediazione della gerarchia tradizionale.
I gesuiti hanno quindi autonomia da ogni potere. La compagnia del Gesù è retta da un generale e gode di potere assoluto, fatta salva ovviamente la dipendenza dal pontefice.
Sono divisi in reparti militari ed esercitano su molti paesi un'influenza determinante.
L'organizzazione dei gesuiti è coerente con il loro modo di intendere la vita e la propaganda religiosa. I I Gesuiti fanno valere un rigore etico profondo. Molto operosi e attivi, indifferenti ai beni di questa terra, si impegnano per conquistare le coscienze attraverso l'educazione.
Formano classi dirigenti per poter influire sulla società.
Si rapportano in maniera originale nei con il pensiero scientifico moderno.
Il loro atteggiamento nei confronti della cultura moderna non è un semplice tentativo di svuotare di contenuto le nuove scienze, ma è vissuto come impegno nell'assimilare al cattolicesimo quanto della nuova scienza potesse essere compatibile con la visione cattolica.
Per esempio rifiutarono i risultati che Galileo raggiunse raggiunto ma non il metodo di indagine scientifico.
Importante fu l'attività missionaria anche nel nuovo mondo e in Asia.
L'età di Filippo II
La figura di Filippo II
Filippo II, erede della corona di Spagna, dei possedimenti spagnoli in Italia, in America e nei Paesi Bassi, fu durante il suo regno sovrano più potente d'Europa.
La Spagna era al centro dell'economia mondiale grazie all'intensificarsi delle comunicazioni con l'America e con l'oriente.
Egli, avendo ricevuto una rigida educazione religiosa, si battè sempre in difesa del cattolicesimo presentandosi come campione della Controriforma.
Anche il suo matrimonio fu una sorta di crociata. Si sposò con Maria Tudor, di 11 anni più grande di lui, perché voleva l'alleanza con la Regina e perché voleva aiutarla a restaurare il cattolicesimo in Inghilterra.
Nonostante le intenzioni, però, non seppe attuare una politica adeguata.
Egli avrebbe potuto favorire lo sviluppo capitalistico della società spagnola, eliminando le strutture feudali e concentrando la propria attenzione sul traffico Atlantico e sulle enormi risorse che arrivavano dall'America, ma non era nella sua mentalità e nelle sue tradizioni.
Il sovrano rimase invece bloccato in una serie di guerre dispersive e costose per cui, nonostante il molto oro proveniente dall'America, fu costretto a dichiarare per ben tre volte bancarotta.
Fu un sovrano assoluto che impedì il progresso economico della Spagna.
La politica interna
In politica interna Filippo II si propose di eliminare ogni forma di eresia e di opposizione, di perseguitare le minoranze come gli ebrei e i moriscos, cioè gli arabi apparentemente convertiti al cattolicesimo.
La lotta contro l'eresia era nelle sue profonde convinzioni ma aveva anche interessi materiali. L'unità cattolica della Spagna era insidiata da minoranze di ebrei e musulmani sulla cui fedeltà non si poteva contare.
Gli spagnoli religiosi odiarono queste minoranze e Filippo secondo aiutò il processo di sterminio.
Chi si salvava fuggiva dalla Spagna. Questo contribuì a indebolire ulteriormente economicamente la Spagna perché gli ebrei e i moriscos rappresentavano prevalentemente la parte più sviluppata della borghesia. Filippo II, però, non se ne curò.
Iniziò poi una guerra volta all'annessione del Portogallo. Facendo così, riunì sotto di sé l'intera penisola iberica e aggiunse il Brasile ai già immensi domini del Sudamerica. Nel 1580 bastò una passeggiata militare perché Filippo venisse riconosciuto come legittimo Re del Portogallo.
La politica estera.
Avendo escluso l'ipotesi di concentrare le proprie mire sull'Atlantico, Filippo II si trovò impegnato in una politica estera dispersiva perché dovette combattere contro i turchi nel Mediterraneo, intervenire negli affari di Francia, scontrarsi con l'Inghilterra dopo la morte di Maria Tudor e nello stesso tempo cercare di imporre le sue pretese cattoliche e controriformistiche nei territori dominati, in particolar modo nei Paesi Bassi.
* I turchi
Filippo II, avendo il controllo del sud Italia, non poteva trascurare gli interessi nel Mediterraneo e quindi essere indifferente al pericolo islamico e turco. La lotta contro l'Islam era quindi una crociata contro gli infedeli ma era anche imposta dalla necessità di garantire la sicurezza alle rotte mediterranee. Per questo attaccò in Marocco, si alleò a Venezia contro i turchi.
Famosa fu la santa lega creata da Papa Pio V e condotta da Filippo II che riuscì a sconfiggere, nella straordinaria battaglia di Lepanto nel 1571, arrestando l'avanzata turca sopra i Balcani.
* I Paesi bassi:
Gravi problemi ebbe però nei Paesi Bassi. La struttura economico sociale borghese dei Paesi Bassi era irriducibile nei confronti dei metodi di governo di Filippo II. L'imperatore Carlo V, che conosceva bene quelle popolazioni, non aveva mai tentato di opprimerle con obblighi incompatibili con le loro esigenze e con loro mentalità. Filippo II invece, pretese fin dai primi anni di regno di sottoporli a metodi autoritari.
Cercò di riorganizzare da un punto di vista ecclesiastico il regno, costringendo il paese all'obbedienza romana e volle trasformare vescovi e preti in strumenti del suo potere.
Per questo impose l'inquisizione e l'obbligo di attenersi al concilio di Trento.
Pensò così di aver consolidato il proprio potere in realtà aveva posto le premesse perché il popolo si ribellasse.
Nel 1566 gruppi di calvinisti insorsero distruggendo chiese cattoliche. Nobili e borghesi si unirono alla 'rivolta', chiamata 'dei pezzenti' come la definì un cortigiano di Filippo II.
L'istituzione di un tribunale che in tre mesi condannò a morte oltre 1800 persone, instaurando un clima di terrore, non bastò però a soffocare la rivolta. Sotto la guida di di Guglielmo d'Orange, un cattolico convertito al calvinismo, la lotta continuò immutata.
Le spese erano così alte che il Duca d'alba, mandato da Filippo II a governare quei territori, fu costretto a inasprire il regime fiscale. Questo comportò ovviamente una rivolta ancora più dura tanto che le province del Nord, appoggiate dalla regina Elisabetta e dai calvinisti francesi (detti ugonotti) si sottrassero di fatto al potere della Spagna, dando il titolo di capo di Stato a Guglielmo.
Nel 1584 Guglielmo venne ucciso da un sicario di Filippo II ma gli olandesi continuarono a battersi contro la Spagna sotto la guida del figlio Maurizio d'Orange e fu sempre più evidente che erano disposti a tutto per difendere la propria indipendenza.
La guerra continuò anche dopo la morte di Filippo III.
Fu il figlio e successore Filippo III che riuscì a stipulare una tregua di 12 anni.
Filippo II e la Francia
Le guerre della prima metà del 1500 avevano ridotto le finanze francesi in condizioni precarie.
Dopo un lungo periodo con sovrani di poco peso, le forze feudali in Francia ripresero potere.
E iniziarono gli scontri tra cattolici e Ugonotti, i calvinisti francesi.
La monarchia fu presa tra due fuochi nel tentativo di far convivere sudditi i cattolici con gli Ugonotti. Caterina dei medici, che all'epoca reggeva lo Stato francese, fece emanare l'editto di Saint Germain che garantiva libertà di religione agli Ugonotti fuori dalle mura cittadine.
Questo però contribuì a un ulteriore scontro: la famosa la notte di San Bartolomeo del 1572 in cui i cattolici massacrano a Parigi più di 2000 ugonotti giunti in città.
Il rischio, in questa fase storica, fu una vera e propria disgregazione del regno francese diviso tra cattolici e ugonotti in guerra aperta tra loro.
Scoppiò una guerra civile. Alla fine di questa guerra civile finì per salire al trono Enrico IV di Borbone, Ugonotto.
Per evitare questo scandalo, Filippo II cercò una prova di forza. Fece entrare in Francia un esercito con l'obiettivo di restaurare un monarca cattolico.
Questo però fece sì che non si presentasse più come uno scontro fra ugonotti e cattolici ma come una guerra tra Francia e Spagna, questo bastò per legittimare Enrico IV come Re, Tanto più che nel 1593 il sovrano si convertì alla fede cattolica. Filippo II si trovò quindi a dover combattere contro un Re che ormai era accettato dai francesi e la sua impresa si rivelò fallimentare.
Nello stesso anno Enrico IV prese un provvedimento molto significativo per la Francia e per l'Europa. Emanò l'editto di Nantes che sancì libertà di coscienza e concesse libertà religiosa agli ugonotti e a tutte le religioni.
Per la prima volta si scinde l'appartenenza nazionale alle scelte religiose.
Filippo II e l'Inghilterra di Elisabetta
Come sappiamo, Maria Tudor, la sorellastra di Elisabetta, si era alleata alla Spagna e aveva cercato di riportare gli inglesi al cattolicesimo.
La sua politica fu però fallimentare perché la Spagna era rivale e concorrente economica dell'Inghilterra nelle rotte commerciali con l'Atlantico. Per questo motivo Elisabetta operò una svolta politica coerente con le esigenze del suo popolo. Rifiutò le nozze che Filippo le propose dopo la morte della prima moglie e riportò il paese nell'anglicanesimo.
La nuova regina affrontò il problema religioso secondo un'impostazione moderata. Fu moderata da un punto di vista del culto ma lasciò intatta la struttura gerarchica della Chiesa anglicana, tanto che il Papa Pio V la scomunicò.
Rafforzò il suo potere interno attraverso una politica che rivendicava il pieno potere dell'Inghilterra e il rilancio del commercio sull'Atlantico, rilancio che ebbe come concorrente principale ovviamente la Spagna.
L'Inghilterra si oppose alla Spagna ovunque nascessero motivi di attrito:
* in Olanda appoggiò gli indipendentisti
* in Francia gli ugonotti,
* su tutti i mari i contrabbandieri e i corsari violavano il monopolio spagnolo e predavano le navi Filippo secondo. Famoso il corsaro Francis drake che godeva dell'esplicita approvazione della regina e venne addirittura nominato dalla regina stessa Cavaliere.
Su di lei si svilupparono la compagnia del Baltico e delle Indie orientali. Sviluppò le attività produttive tra cui l'agricoltura, ma anche la manifattura, soprattutto nella produzione di panni di lana e incentivò anche la pesca. L'Inghilterra si avviava con fresche energie sulla via del capitalismo.
La tensione tra Spagna e Inghilterra crebbe finché le due potenze, dopo essersi combattute indirettamente nei Paesi Bassi giunsero allo scontro diretto.
La guerra anglo-spagnola
L'occasione dello scontro fu offerto da una vicenda che apparentemente avrebbe dovuto riguardare soltanto la politica interna inglese.
La regina cattolica di Scozia Maria Stuart, per sottrarsi a una situazione insostenibile nata da una serie di intrighi prodotti dai calvinisti scozzesi, dovette abbandonare il regno e si rifugiò in Inghilterra presso la cugina Elisabetta. Per i vincoli di parentela essa fu considerata però dai cattolici inglesi come l'unica sovrana legittima d'Inghilterra, soprattutto dopo la scomunica di Elisabetta. Essa divenne condiscendente strumento delle trame che si andavano tessendo contro la cugina Elisabetta che però nel 1587 risolse la questione facendola decapitare come colpevole di alto tradimento.
Filippo II, già in urto con l'Inghilterra per 1000 ragioni, campione della controriforma, raccolse la sfida di Elisabetta.
Fece allestire un'imponente flotta di 130 navi munite di 2000 cannoni chiamata dagli storici 'l'invincibile armata' che avrebbe dovuto sbarcare in Inghilterra e deporre la regina vendicando Maria Stuart e le umiliazioni subite dalla Spagna nei mari di mezzo mondo.
L'invincibile armata, però fu sorpresa mentre era in navigazione sulla manica, si batté con coraggio in un'epica battaglia di 10 giorni ma alla fine dovette cedere alla superiore esperienza inglese e ai venti sfavorevoli subendo grandissime perdite. (1588)
Le navi superstiti per evitare ulteriori scontri furono per giunta costrette a circumnavigare l'Inghilterra.
La sconfitta fu molto grave perché compromise le sorti della Spagna sull'Atlantico, cioè sulla grande via delle comunicazioni con l'America.
La Spagna trionfò contro i turchi dove era secondario vincere e fu invece sconfitta nell' Atlantico dove si giocava la partita decisiva.
Questo determinò l'inizio del processo di decadenza spagnola.

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