Da Giolitti alla prima Guerra mondiale

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LE TRASFORMAZIONI POLITICHE E SOCIO-ECONOMICHE DA GIOLITTI ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE
DA GIOLITTI ALLA PRIMA GUERRA MONDIALE
L'etа giolittiana, cioи il periodo dominato politicamente dalla figura di Giovanni Giolitti, che iniziт col 1901 e finм col 1914, cadde intorno al cinquantenario dell'Unitа d'Italia (1911). Essa segnт un passaggio nella storia dello Stato italiano: "L'ACME E LA CONCLUSIONE DEL SISTEMA LIBERALE NELLA SUA ACCEZIONE CLASSICA OTTOCENTESCA".
E' questo il periodo in cui nacquero le prime cospicue concentrazioni industriali, socialisti e cattolici andavano organizzando ampie masse di popolo, si concesse il suffragio universale maschile (1913).
Giolitti fu deputato dal 1882 e Presidente del Consiglio per la prima volta nel 1892-1893. Esperto conoscitore dell'apparato burocratico e amministrativo dello stato, pronto ad utilizzare per i suoi fini politici i prefetti nelle consultazioni elettorali, abile tessitore di maggioranze parlamentari secondo i metodi del trasformismo, lo statista piemontese dominт la vita politica italiana per un quindicennio. Suo obiettivo principale fu quello di allargare le basi del consenso allo stato liberale dal quale erano fino allora rimasti esclusi socialisti e cattolici, per garantire lo sviluppo economico del paese.
Nella sua opera di governo Giolitti cercт di conciliare le esigenze della borghesia italiana con le forze che si raccoglievano nel partito socialista, spingendo le prime a riconoscere la legittimitа delle rivendicazioni economiche dei lavoratori, le seconde a scegliere una linea riformista per il miglioramento delle condizioni del proletariato abbandonando cosм le velleitа rivoluzionarie.
Lo sviluppo economico dell'Italia, durante il governo Depretis, fu inferiore a quanto si sperava soprattutto a causa della "crisi agraria" e della dipendenza della nostra economia dal capitale straniero, in prevalenza francese, che tendeva a frenare la nostra industrializzazione. Per reagire a questo stato di malessere economico, di delusione e scontentezza generale, e per adeguare la politica estera italiana a quella delle altre potenze, Depretis ed i suoi collaboratori finirono con l'abbracciare il protezionismo economico per consolidare lo sviluppo delle attivitа industriali; nonchй con l'avviare, nel 1885, la conquista dell'Africa, cioи di quella che sarebbe poi diventata la colonia Eritrea.
La situazione peggiorт negli ultimi anni della vita di Depretis, morto nell'estate del 1887. Crispi, succedutogli, si mise al lavoro con grande energia. Intanto, il protezionismo che il Crispi portт avanti, con la sola concezione che fosse una tattica antifrancese, provocт una guerra doganale che risultт catastrofica per l'agricoltura italiana. Dopo Crispi e il governo Di Rudinм Giolitti, durante il corso del suo breve primo ministero, anticipт alcuni aspetti della linea politica che realizzerа dopo la crisi di fine secolo: in particolare il rifiuto di far intervenire la forza repressiva dello stato nei conflitti economici tra le classi sociali.
Di fronte all'esplosione del movimento dei Fasci siciliani, Giolitti non volle affrontare l'agitazione ricorrendo allo stato d'assedio e alla repressione militare. Ma accusato di debolezza e coinvolto nello scandalo della Banca romana Giolitti dovette rassegnare le dimissioni. Crispi tornato al potere e repressa con pugno di ferro l'agitazione che percorreva la penisola, rilancia la politica coloniale in Etiopia. Dato il disastroso insuccesso finale ed i costi altissimi della guerra Crispi si dimette. Seguм il ministero Di Rudinм; data la ripresa dell'agitazione popolare contro il carovita, i fatti di Milano e le proposte di leggi liberticide di Pelloux si approda alla svolta liberale prima con Zanardelli e poi soprattutto con Giolitti che rimase quasi ininterrottamente alla guida del governo dal 1903 al 1914.Aveva cosм inizio l'etа Giolittiana. Essa nacque dal bisogno di liquidare in modo radicale, la pesante ereditа degli anni precedenti, della crisi di fine secolo, dominata dalla infelice guerra d'Africa, dalla cattiva situazione economica e dalle agitazioni popolari.
La strategia giolittiana trovava il suo piщ valido fondamento nella fase espansiva dell'economia italiana che in quegli anni realizzт il decollo industriale.
Il programma economico di Giolitti si puт cosм sintetizzare nei seguenti obbiettivi :
Stimolare e proteggere l'espansione industriale;
Combattere alcuni monopoli privati;
Disincentivare le forze finanziarie legate a modi di produzione arretrati o dipendenti dalla finanza estera.
In politica interna il governo Giolitti prende rilevanti provvedimenti: vengono approvate le prime importanti leggi speciali per il Mezzogiorno, si opera la statalizzazione delle ferrovie per migliorarne gestione e funzionamento; e si avvia una moderna legislazione sociale a vantaggio delle classi lavoratrici.
L'unico risultato di rilievo a favore del Mezzogiorno fu la creazione di un polo siderurgico a Napoli. Non venne quindi intaccato il predominio economico e politico della grande proprietа latifondista delle campagne responsabile dell'arretratezza della economia meridionale, e gli interventi pubblici finirono per favorire le clientele legate al potere, delle quali lo stesso Giolitti si servм per controllare le consultazioni elettorali.
Il divario tra nord e sud andт cosм approfondendosi sempre di piщ. Lo sviluppo industriale rafforzava al nord la borghesia capitalistica e un proletariato cosciente e capace di difendere i propri interessi; mentre l'immobilismo latifondista del sud impediva lo sviluppo economico e civile e obbligava milioni di uomini alla dolorosa fuga dell'emigrazione.
La linea di Giolitti cominciava perт a suscitare forti opposizioni di settori diversi del paese: i grandi proprietari terrieri e gli industriali, colpiti dagli scioperi, ritenevano troppo favorevole ai lavoratori la politica del governo; Vittorio Emanuele III e i circoli militari erano favorevoli a nuove imprese coloniali; i nazionalisti reclamavano una politica di prestigio e di potenza; i rivoluzionari (o massimalisti) del PSI proponevano una lotta piщ dura contro il padronato e il governo.
Nel corso del suo quarto ministero (1911-1914) Giolitti cercт quindi di tenersi in equilibrio tra le forze opposte facendo concessioni ora alla Sinistra ora alla Destra, con un'abile politica pendolare.
La concessione del suffragio universale maschile coronт la ripresa di una politica di riforme volta ad attenuare l'opposizione socialista e riconobbe finalmente la completa cittadinanza politica anche alle masse contadine analfabete.
La conquista della Libia, mentre segnava la ripresa di un ruolo autonomo della Italia nel sistema delle relazioni internazionali, diede soddisfazione agli ambienti economici e politici favorevoli a una politica di espansione coloniale e produsse anche in Italia una ventata di bellicismo.
Nel 1913 si svolgono le prime elezioni a suffragio universale maschile in un clima sociale molto teso per la difficile situazione economica. I liberali, preoccupati di un successo socialista, stipulano con i cattolici il patto Gentiloni che prevedeva un impegno del Governo ad opporsi a leggi quale il divorzio e l'abolizione dell'insegnamento della religione in cambio dell'appoggio dei cattolici ai candidati liberali.
Nel marzo del 1914 si aprм la crisi per l'opposizione della sinistra; nonostante le accresciute difficoltа il sistema creato da Giolitti restava ancora in piedi. Tutto mutт radicalmente allo scoppio della prima guerra mondiale.
Riguardo l'intervento alla guerra, Giolitti espresse pareri nettamente negativi. L'ostilitа degli interventisti, contro Giolitti, si precisт nel gennaio del 1915 e nel mese successivo, iniziarono le dimostrazioni di piazza, antigiolittiane, che avevano nettamente un carattere di sinistra : lo scopo era "ottenere ciт che con mezzi strettamente legali, la Camera non avrebbe concesso". Il neutralismo di Giolitti, fu nettamente conservatore, fu concepito tutto come una eventuale manovra parlamentare, tenuta ben separata dalle nuove forze esistenti nel paese, la cui importanza egli sottovalutava. Dallo scoppio della prima guerra mondiale, cominciт quella che fu definita, "la vecchiaia della politica di Giolitti".
Lo scoppio della guerra diede vita a grandi trasformazioni socio - economiche del paese. Mutarono , infatti, la struttura del lavoro in fabbrica, la composizione della classe lavorativa con una massiccia presenza di donne. Mutт anche il volto delle cittа e non soltanto quelle in prima linea, come Gorizia e Trieste, simbolo e luogo materiali dello scontro tra italiani ed austriaci, ma anche centri urbani relativamente lontani da fronte. Anzitutto, intere regioni di confine diventarono visibilmente terra di soldati, che vi si concentrarono provenendo da tutto il Paese o dall'estero, con una mescolanza inedita di dialetti, lingue, di divise e di mezzi di trasporto. Piccoli centri, assunsero ben presto importanza strategica in virtщ della loro collocazione geografica e della rete aerea e ferroviaria. La "normalitа" ne uscм demoralizzata e sconvolta, anche sul piano della vita quotidiana dei civili, del commercio indotto dalla presenza di tanta gente in piщ, delle abitudini, dei costumi sociali e della moralitа pubblica. Inoltre, nacque il problema degli attacchi aerei, in grado di colpire centri abitati anche molto distanti dal fronte per cui si rese necessaria la costruzione dei rifugi, nei quali trovare riparo dopo l'avvio delle sirene.
Si ebbero cambiamenti anche dal punto di vista della "produzione", dove fu imponente l'accelerazione produttiva, in particolare, dove la domanda indotta dalla guerra, "tirava" di piщ. La necessitа di organizzare e coordinare la produzione necessaria alla guerra, portт l'Italia a modificare profondamente l'assetto del mondo industriale. Nel 1915 venne istituito un nuovo organismo, il Sottosegretario per le armi e le munizioni. Quando l'attivitа di uno stabilimento era giudicata necessaria gli scopi di guerra, l'azienda era dichiarata ausiliaria e sia la produzione che il personale passavano sotto il controllo militare. Inizialmente gli industriali videro con sospetto questa misura, ma quando si resero conto che essa comportava la sicurezza del lavoro, l'assegnazione delle materie prime, l'esonero dei dipendenti dal servizio militare e il pagamento di elevati anticipi sulle commesse statali, mutarono atteggiamento.
Si ebbero notevoli cambiamenti sia nelle cittа, sia nelle campagne. Dovunque iniziarono a sorgere nuovi capannoni con piccole fabbriche di fortuna, mentre le fabbriche maggiori, nelle cittа industriali, moltiplicarono attrezzature e manodopera e divennero ancora piщ grandi. Si verificarono grandi processi di trasformazione che investirono la vita quotidiana dei civili. Una forte trasformazione coinvolse le donne che da figlie, mogli, madri divennero lavoratrici salariate; da contadine operaie da campagnole cittadine; questo in relazione all'impiego quasi totale della popolazione maschile per la causa bellica.
Era inoltre necessario pubblicizzare l'immagine ottimistica della guerra come valore positivo, e quindi si fece uso massiccio della propaganda e della censura. Quasi tutti i giornali diventarono articolazioni del sistema di guerra. Ora la politica e il sacro egoismo per la salvezza della patria dovevano prevalere e non si tolleravano contraddizioni. In quest'ottica, pure la corrispondenza dei soldati fu sottoposta a censura e furono puniti gli autori di lettere a "contenuto disfattista".
Il 1916 fu l'anno delle battaglie piщ rovinose del conflitto. In Italia, fallм la spedizione "punitiva" austriaca, sull'altopiano di Asiago, mentre, con l'offensiva dell'Isonzo, l'Italia conquistт Gorizia, sia pure con perdite enormi. Dopo queste esperienze, apparve chiaro, che la fine del conflitto sarebbe stata determinata dall'esaurimento complessivo delle risorse di uno dei due contendenti, piщ che dall'esito della battaglia.
Le spese belliche furono enormi. Nel bilancio statale si aprм un famoso Deficit, per far fronte al quale, l'Italia decise l'emissione massiccia di "prestiti pubblici" a breve e medio termine e si verificт l'aumento della circolazione monetaria; l'inflazione, ne fu la logica conseguenza.
All'inizio del 1918 gli Imperi Centrali vennero sconfitti sia in Francia che in Italia. L'Intesa passт al contrattacco e pose fine alla guerra. Il 4 novembre l'impero Austro- Ungarico chiese l'armistizio, l'11 gennaio anche la Germania.
Le potenze vincitrici fra cui l'Italia, si riunirono quindi a congresso Parigi, per stabilire le condizioni della pace. Il trattato di Versailles ebbe perт tristi conseguenze per l'Italia. Nonostante gli abitanti di Fiume, in nome del principio dell'autodeterminazione dei popoli, avessero affermato di sentirsi italiani e di volere l'annessione all'Italia, questi territori furono assegnati alla neonata Jugoslavia.
Dal sentimento della "vittoria mutilata" del nazionalismo ferito dalla ingratitudine della classe dirigente che ben presto dimenticт le promesse fatte, nacquero gravi problemi sociali e politici che furono matrici del fascismo in Italia.
E' vero, d'altra parte che si pretendeva di cavalcare contemporaneamente principi che si elidevano a vicenda infatti, il confine con il Brennero, con Bolzano e le valli tirolesi dove si parlava tedesco, si ottenne, in base al "patto di Londra" e a logiche nazionalistiche, e non certo in base al principio di autodeterminazione dei popoli e alle logiche democratiche che si sarebbero volute vedere onorate a Fiume in Dalmazia.

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Esempio



  


  1. Davide

    Pittori francesi prima guerra mondiale