Crisi del '29

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LA CRISI DEGLI ANNI TRENTA
SI PROFILA UNA NUOVA CRISI GENERALE
- A più di 50 anni dalla prima grande crisi, avvenuta nel 1873-96, il mondo industrializzato precipitò in un’altra grande crisi generale che sconvolse le strutture economiche degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale che determinò profonde trasformazioni del sistema produttivo e dei rapporti tra stato ed economia. La crisi iniziò il 24 ottobre 1929 –giovedì nero- con il crollo della borsa di New York e si differenziò per 3 ragioni: eccezionale lunghezza. Intensità senza precedenti e portata mondiale. Caduta economica fino al 1932, seguì poi una ripresa fino al 1937, ma il 1938 fu un anno di crollo.
- 1923-29 furono anni di intensa crescita economica e in particolare l’ultimo biennio. Alla base di questo sviluppo economico vi era stata la complessa ristrutturazione dei sistemi produttivi e dell’organizzazione del lavoro messi in atto per superare la crisi postbellica. Industria automobilistica e chimica furono le prime ad avvantaggiarsi di questi moderni strumenti di produzione, ma ben presto molti altri settori vi fecero largo ricorso. Creazione di catene di montaggio secondo le teorie di Taylor.
- Il mercato risultava troppo piccolo per accogliere l’enorme quantità di merce prodotta. Crisi degli anni ’30 = crisi di sovrapproduzione, che dagli USA dilagò a macchia d’olio in tutti i paesi a economia capitalistica. USA epicentro del sisma economico. Il rilancio produttivo post-bellico in questo paese aveva raggiunto livelli elevatissimi perché, oltre alla domanda interna doveva rispondere anche a quella europea.
- L’Europa stava tornando a essere una grande area di produzione con notevoli capacità concorrenziali anche sullo stesso mercato statunitense. A una sola grande nazione produttrice, USA, capace di rispondere alla domanda internazionale di beni di consumo e di macchinari, si sostituì una molteplicità di aree produttrici, Europa occidentale e Giappone, che trasformarono l’economia americana in una gigantesca macchina che produceva eccedenze. Ciò costrinse le industrie a ridurre la produzione e di conseguenza a licenziare grandi masse di operai, i quali, privi di reddito, dovettero ridurre gli acquisti, facendo così diminuire le capacità di assorbimento del mercato interno statunitense. Si aprì quindi una drammatica spirale che travolse l’economia americana, al fondo della quale, 1932, stettero 13 milioni di disoccupati e un sistema produttivo al collasso.
- Nello sviluppo del 1928 e ancora più in quello dei primi mesi del ’29 vi era qualcosa di anormale dominato dalla speculazione borsistica divenuta sempre più frenetica e incontrollata. Azioni a credito: il piccolo speculatore chiedeva un prestito al proprio mediatore di Borsa (broker), e per ottenerlo depositava in garanzia titoli per una somma equivalente al 30-50% circa dell’ammontare del prestito. Il mediatore a sua volta contraeva prestiti a breve termine presso banche o altri istituti. Il cliente calcolava di poter rivendere le azioni acquistate a credito a un costo che avrebbe largamente coperto le spese del prestito, e ciò si verificò fini all’ottobre del ’29. per porre un argine ai movimenti speculativi esisteva una manovra molte volte sperimentata: essa consisteva nell’aumento del TASSO D’INTERESSE praticato dalla banca centrale nei rapporti con le altre banche. Gli operatori di borsa più avveduti si aspettavano simili interventi e infatti nel mese di marzo le vendite a prezzi ribassati crebbero. Nulla invece accadde da parte delle autorità pubbliche e la speculazione riprese. Il 6 agosto del ’29 il tasso della banca centrale fu innalzato dal 5 al 6%: misura tardiva e troppo contenuta. Il crollo del mercato borsistico si ebbe il GIOVEDI’ 24 OTTOBRE quando le azioni vendute al ribasso furono 12.894.650. La crisi travolse tutti.
- La crisi, avendo colpito il fulcro del sistema economico internazionale, rapidamente si diffuse in tutto il mondo e in particolare in Europa soprattutto perché, tra il ’30 e il ’31, gli USA ridussero drasticamente i prestiti agli Stati e agli operatori economici del vecchio continente e praticarono una politica di rigido protezionismo che paralizzò il commercio internazionale e in particolare le esportazioni della merci europee. Le conseguenza più gravi si ebbero in GB e in Germania, mentre la Francia ne subì i contraccolpi solo a partire dal 1934. In Inghilterra invece la congiuntura si aggravò rapidamente a seguito della paralisi del commercio internazionale, che privò il Paese di una delle sue fonti tradizionali di reddito.
- Le cause del crollo della base aurea affondano le loro radici nel rigido protezionismo cui fecero ricorso tutti gli Stati. Nel 1930 il presidente degli USA Hoover aveva deciso un forte rialzo di tutte le tariffe doganali. L’atto formale che decretò la fine della base aurea fu la decisione del governo inglese di svalutare la sterlina e di sganciarla dall’oro, dichiarandone l’inconvertibilità: in sostanza tutte le Nazioni dovevano accettare la sterlina come moneta dominante nei pagamenti internazionali, ma non potevano chiedere il rimborso in oro delle sterline possedute. Come conseguenza le nazioni industriali operarono una serie di svalutazioni. La dinamica delle svalutazioni a catena travolse gli equilibri delle transazioni internazionali, acuendo la paralisi del commercio mondiale e rafforzando la spinta alla creazione di mercati nazionali chiusi. In un mondo dominato da mercati protetti, ogni potenza accentuò la sua spinta all’espansione, all’allargamento delle proprie aree di influenza a scapito delle altre nazioni. Le correnti di queste tendenze espansive storicamente furono duplici:
- imperialistiche verso cioè i paesi sottosviluppati ancora estranei al controllo delle grandi potenze industrializzate
- aree piene verso i paesi confinanti delle zone sviluppate accentuando i rischi di guerra e destabilizzando le relazioni dell’intero sistema internazionale.
Negli anni 30 però la prima via, seguita dopo la prima grande depressione, si rivelò sostanzialmente impraticabile, perché si erano ormai definitivamente consumati gli spazi fisici del colonialismo. Rimaneva aperta la seconda possibilità ed è quella che venne seguita soprattutto dalla Germania. Le conseguenze furono sconvolgenti: lo scoppio della 2^ GUERRA MONDIALE.
L’AMERICA DI ROOSEVELT
- Nel 1932 venne eletto il democratico F. Delano Roosevelt che aveva condotto tutta la campagna elettorale su di un grande programma di risanamento della società americana. Il progetto era fondato su principi fondamentali:
- il primo era costituito dalla convinzione che il rilancio dell’economia era possibile solo rilanciando la domanda interna, cioè migliorando i redditi dei cittadini americani attraverso un vasto piano di interventi sociali,
- il secondo consisteva nell’intervento regolatore dello stato nell’economia, sia mettendo sotto controllo il sistema bancario e le grandi corporation per impedire il ripetersi delle speculazioni borsistiche.
- Nel 1932 si apriva il new deal che definì non solo la politica di riforme econoimiche varata da Roos. , ma una intera epoca della storia americana. Il governo operò in senso di ridare ordine al sistema finanziario, sottoponendolo a più rigidi controlli e rafforzando la Federal Reserve Bank. Secondo R. la speculazione finanziaria era stata la responsabile prima crisi; quindi l’azione del governo andò nella direzione di impedirne la ricostruzione, mettendo sotto controllo la Borsa, le grandi holdings, i centri del sistema finanziario. Si ripristinarono rigide barriere doganali che limitarono l’afflusso sul mercato interno di merci concorrenziali provenienti da altri paesi. Parallelamente si operò nel senso di rivitalizzare la domanda attraverso la creazione di numerose aziende federali istituite per promuovere grandi opere pubbliche, dando lavoro alla massa sterminata di disoccupati, mentre si promuoveva la crescita dei salari operai. Si rilanciò così la vita economica del Paese.
- L’intervento diretto dello Stato sull’economia era un mutamento significativo per una società che trovava uno dei suoi principi costitutivi nella libertà di mercato e nell’assoluta autonomia della sfera economica rispetto al potere politico e allo Stato. Lo Stato in sostanza si assumeva il compito di regolamentare e di equilibrare le attività economiche mettendo in atto una serie di misure in grado di invertire la tendenza alla recessione che il mercato e il libero gioco delle forze in campo non riuscivano a realizzare. Lo Stato diventava così centro del SISTEMA ECONOMICO. Questa centralità si consolidò anche attraverso un controllo diretto dei centri produttivi del reddito nazionale: agricoltura, Industria, credito, commercio; un controllo in grado di pianificare lo sviluppo sottraendo ai singoli imprenditori la libertà di deciderne i caratteri e le tendenze. Forte dei consensi che una simile politica trovò presso i lavoratori americani e del sostegno delle grandi organizzazioni sindacali, Roosevelt si ripresentò alle elezioni del 1936 e fu riconfermato.
L’ASCESA DEL NAZISMO
La Germania, per quanto prostrata dalle conseguenze della guerra, aveva riacquistato nella metà degli anni venti, la posizione di grande potenza industriale. I nuovi dissesti economico-sociali giocarono a vantaggio delle formazioni politiche estreme: comunisti e nazionalsocialisti. La repubblica di Weimar era sul punto di crollare, mentre si susseguivano governi passivi. Nel 1933 Hitler ottenne la nomina a cancelliere.
- La dottrina hitleriana esaltava il nazionalismo e la superiorità genetica ed intellettuale di una presunta razza ariana, di cui i tedeschi sarebbero stati i più puri rappresentanti. Era necessario assicurare al popolo tedesco i territori che gli spettavano mediante un vigoroso espansionismo ad oriente e in Russia (conquistare cioè lo “spazio vitale”) e risultava evidente che il trattato di Versailles avrebbe dovuto essere annullato. La minaccia più grave era rappresentata dalla “infezione ebraica” ma questi motivi razziali nascondevano ragioni di tipo economico: la grande industria aveva bisogno di denaro e le banche erano in gran parte in mano agli ebrei, molti proprietari terrieri che avevano ipotecato i loro beni avevano creditori ebrei
- 30 giugno 1934, la “notte dei lunghi coltelli”: Hitler fece massacrare i capi dell’ala sinistra del partito per assicurarsi l’appoggio della casta militare. Poi aggiunse alla carica di cancelliere quella di capo dello stato e di capo supremo delle forze militari. Nel 1934 tutti i partiti erano sciolti ed erano saldamente poste le basi dello stato totalitario. Le formazioni paramilitari del partito nazista e la Gestapo (polizia politica) seminavano il terrore, molti furono gli oppositori del regime che cercarono scampo all’estero
- Uno degli intenti primari del nazismo fu quello di assoggettare gli individui ai suoi principi mediante un’educazione totalmente controllata formando una gioventù assolutamente devota al regime (formazioni paramilitari come la Hitler-Jugend) anche attraverso l’azione di una propaganda martellante esaltando così le masse rendendole succubi delle parole d’ordine e della volontà dell’unico capo (Führer). La propaganda antiebraica si tradusse in misure persecutorie schiaccianti. Nel 1935 le leggi di Norimberga li esclusero dal diritto di voto e dagli impieghi pubblici, successivamente furono costretti a cucire sui propri abiti la stella gialla come segno di riconoscimento
- Il nazismo (come il fascismo in Italia) eliminò i sindacati sostituendoli con il “fronte del lavoro”. Lo stato intervenne nell’economia promovendo lavori pubblici per riassorbire la disoccupazione. La produzione industriale che aveva ripreso vigore, fu legata ad una politica di riarmo. Nel 1933 la Germania uscì dalla Società delle Nazioni manifestando la volontà di un espansionismo aggressivo.
L’EUROPA DEI FASCISMI
- Dal 1930 in Italia si manifestarono le ripercussioni della crisi economica mondiale con forti riduzioni della produzione industriale. Il tenore di vita delle classi meno abbienti peggiorò sensibilmente. Venne potenziata la politica dei lavori pubblici (bonifiche pontine e interventi urbanistici nel centro di Roma). Il fascismo accentuò l’indirizzo dirigista imponendo un sistema economico centralizzato dove lo stato aveva una funzione coordinativa ma la gran parte di profitti andavano a industrie private (costituzione IMI ed IRI). Lo stato divenne uno dei maggiori committenti dell’industria e consolidò la politica protezionista (“autarchia”). Nonostante l’incredibile estensione del settore pubblico nell’economia italiana, il malcontento si diffuse tra i lavoratori e Mussolini dovette cercare una diversione in politica estera per riacquistare popolarità. Allora costituì l’Impero dell’Africa orientale italiana unendo alla Somalia e all’Eritrea la neo-conquistata Etiopia
- L’Austria conobbe nell’immediato dopoguerra il rapido sviluppo di organizzazioni paramilitari di orientamento nazionalista e antisocialista che facevano riferimento al fascismo italiano (per il rifiuto della democrazia parlamentare e per l’adesione ai principi del corporativismo). Il Fronte Patriottico fondato da Dollfuss (cattolici conservatori, nazionalisti e gruppi apertamente fascisti. Dollfuss divenne cancelliere nel 1932 nel periodo di più acuta crisi economica e propugnò una soluzione autoritaria fondata sul ridimensionamento delle libertà democratiche e sulla repressione dell’opposizione socialista, in nome dei principi corporativi coniugati con il paternalismo della dottrina sociale cattolica, base della nuova costituzione del maggio 1934. si oppose però alla nazificazione dell’Austria giungendo persino a sciogliere le organizzazione naziste sorte nel paese. Si aprì un duro conflitto con Hitler e l’esperimento autoritario di Dollfuss perse appoggi
- Nel periodo tra le due guerre l’Ungheria, componente della dissolta monarchia asburgica e territorialmente ridimensionata più di ogni altra nazione, fu governata da un regime autoritario presieduto dall’ammiraglio Horty e garantito dalla grande proprietà semifeudale. La più marcata fisionomia fascista si rivelò quando Gyula Gombos assunse la direzione del governo
- 1928 Albania, dittatura del re Ahmed Zogu; 1929 Jugoslavia re Alessandro; 1935 Romania Boris III; 1936 Grecia generale Metaxas
- Il fascismo si impose anche nella penisola iberica, che ne costituiva la propaggine economicamente più arretrata, dove il latifondo estensivo si combinava a un gracile sistema manifatturiero concentrato in alcune città. Portogallo: Antonio de Oliveira Salazar trasformò la dittatura militare (dal 1926) in un regime corporativo autoritario e confessionale. Spagna: l’affermazione del fascismo fu complessa e drammatica, la crisi economica del 1929 aveva indebolito il governo dittatoriale di Primo de Rivera (dal 1923) rendendo possibile una soluzione democratica e riformatrice all’instabilità economica e politica infatti nel 1931 venne instaurata la repubblica. Inizialmente venne governata dalla sinistra, successivamente dalla destra e infine da un governo di centro-sinistra appoggiato dai socialisti. Debole della scarsa unità che lo caratterizzava, il governo venne contrastato dall’esercito spinto dal vasto fronte di forze conservatrici che non intendevano adeguarsi al responso delle urne.
- 1936 l’esercito del generale Francisco Franco insorse contro il governo dando inizio ad una guerra civile di 3 anni. A sostegno delle forze franchiste furono inviati corpi di spedizione italiani e tedeschi. L’esercito repubblicano dovette capitolare e nel 1939 il generale Franco instaurò una dittatura fascista
LEUROPA DEMOCRATICA
- In Inghilterra l’intero sistema dei partiti venne scardinato. Per fronteggiare la crisi economica e lo scontro sociale si formò un governo di coalizione (partito laburista, liberali e conservatori) nel 1931 che interruppe l’alternanza tra partiti contrapposti che aveva garantito la democrazia per oltre un secolo. La geografia politica risultò completamente modificata e il sistema bipartitico si ricostituì attorno al Partito conservatore (erede dei Wigh e Tory) e al Partito laburista. Il nuovo governo ristrutturò il sistema produttivo britannico abbandonando i principi liberisti e intervenendo massicciamente nell’economia e pianificò la produzione dei settori produttivi più colpiti (industria cotoniera e cantieristica). Dovette anche rispondere alle spinte nazionaliste dell’impero coloniale: i dominions persero la loro condizione di stati sudditi e assunsero alla dignità di stati sovrani raccolti nel Commonwealth (comunità di stati giuridicamente uguali, presieduta dal sovrano inglese e unita dalla “comune fedeltà alla corona”). 1935 mobilitazione della popolazione contro il nazismo attraverso una più equa distribuzione dei redditi tra le classi sociali e l’allargamento della partecipazione politica
- Francia: crisi meno dirompente per la forte incidenza del mondo rurale. Nel 1930 gli effetti della crisi mondiale si fecero sentire con particolare asprezza. Si cercò di combattere l’inflazione riducendo gli interessi sul debito pubblico e gli stipendi dei dipendenti pubblici. Questa politica con la disoccupazione elevata, polarizzò lo scontro politico tra una destra filofascista (caratteri di massa in grado di condizionare i governi moderati) e il partito comunista (consenso dei lavoratori). L’Internazionale comunista del 1935 propose la strategia dei “fronti popolari” che prevedeva la partecipazione dei partiti comunisti a coalizioni di governo insieme ai socialisti e alle forze democratiche per opporsi al fascismo. 1936 governo di coalizione (Partito comunista, socialista e radicale) presieduto da Léon Blum che distrusse i focolai del fascismo e si fece promotore di ampie riforme economiche e sociali. Ci furono delle discordanze per l’orientamento marcatamente sociale della politica governativa che, unite agli attacchi della destra (accuse di spingere la Francia al comunismo), costrinsero Blum a dimettersi nel 1937 e il governo di fronte popolare venne sostituito da uno di ispirazione conservatrice.
- Solo in Svezia il governo era nelle mani dei socialdemocratici

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