Astronomia del 500

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Astronomia del 500

L’universo aristotelico-tolemaico
L’universo precopernicano risulta dalla fusione di tre distinte componenti: la fisica aristotelica, l’astronomia matematica di Tolomeo e la concezione cristiana del cosmo. Nella fisica aristotelica - che ha ancora una posizione dominante nella cultura del XVI secolo - la Terra è immobile al centro dell’universo, mentre i pianeti, la Luna e il Sole sono trasportati in sfere concentriche che descrivono orbite circolari intorno alla Terra. Composti di una materia incorruttibile, la quintessenza, i corpi celesti sono dotati di moto circolare che, per Aristotele, rappresenta il moto perfetto, non avendo né inizio né fine. Se per Aristotele il moto delle sfere celesti deriva in ultima istanza dal motore immobile, per i filosofi cristiani medievali esso è determinato dalle intelligenze celesti (angeli), per mezzo delle quali Dio governa l’universo.
Il sistema astronomico tolemaico, pur condividendo i presupposti della cosmologia aristotelica, rispetto a quest’ultima si caratterizza sia per il metodo con cui vengono studiati i moti dei pianeti, sia per la descrizione che ne offre. In primo luogo, l’Almagesto di Tolomeo - a differenza del De coelo di Aristotele - è un’opera di carattere eminentemente matematico ed è basato su una ricca messe di osservazioni astronomiche; in secondo luogo, nell’opera di Tolomeo i moti dei corpi celesti sono descritti come una combinazione di moti circolari dai quali deriva un sistema di gran lunga più complicato di quello aristotelico. Per poter salvaguardare il principio della circolarità dei moti celesti e, allo stesso tempo, spiegare i moti irregolari dei pianeti - apparenti stazionamenti e moti retrogradi -Tolomeo fa uso di epicicli, eccentrici ed equanti. Con l’epiciclo il pianeta - con il termine pianeta si indicavano tutti i corpi celesti mobili, inclusi Sole e Luna - è posto in moto lungo un piccolo cerchio, il cui centro descrive un cerchio maggiore, detto deferente. L’eccentrico è un punto differente rispetto al centro dalla Terra - che costituisce il centro dei moti celesti per giustificare il fatto che, per un osservatore posto sulla Terra, la distanza del pianeta varia durante la sua (apparente) rivoluzione intorno alla Terra. L’equante è un punto distinto dal centro dei moti celesti dal quale un immaginario osservatore vedrebbe i pianeti muoversi con velocità angolare costante. Per Tolomeo - come anche per Ipparco - la descrizione dei moti planetari e l’intero sistema astronomico sono soltanto costruzioni di carattere matematico e non fisico, il cui scopo era di consentire descrizioni e previsioni dei moti planetari.

Prima di Copernico: cosmologia e astronomia nel Quattrocento
La rinascita del platonismo e dell’ermetismo nel XV secolo, contribuiscono a mettere in crisi l’immagine aristotelica di un cosmo chiuso con al centro la Terra.
Il filosofo neoplatonico Niccolò da Cusa sostiene - sulla base di presupposti di carattere teologico - che non può esserci né un centro fisso né un limite fisso dell’universo, poiché ogni punto rispecchia l’intero universo. Di conseguenza la Terra non può essere considerata il centro dell’universo e neanche in quiete assoluta. Tuttavia nelle opere di Niccolò da Cusa non si trova accanto a queste intuizioni di carattere puramente filosofico alcun tentativo di criticare dal punto di vista astronomico il sistema aristotelico-tolemaico.
Importanti progressi nel campo dell’astronomia matematica sono compiuti da Georg Peurbach e dal suo allievo Johann Müller, detto Regiomontanus, autori di un’epitome dell’Almagesto che ha una straordinaria diffusione, e di significativi contributi alla trigonometria. Gli studi di astronomia di Regiomontanus, come quelli di molti suoi contemporanei, non sono disgiunti da interessi di carattere astrologico: l’esatto calcolo delle posizioni dei pianeti e dei moti delle comete è infatti indispensabile per operare previsioni astrologiche.

Il sistema copernicano
Fedele al principio della perfezione dei moti celesti, Copernico muove il proprio attacco all’astronomia tolemaica con lo scopo di ristabilire la circolarità dei moti celesti, a suo parere abbandonata dal sistema tolemaico: la traiettoria risultante dalla complessa combinazione di circoli non è circolare, ma a forma di spirale.
Alla Terra immobile al centro dell’universo, Copernico sostituisce un sistema nel quale la Terra è dotata di tre moti: uno annuale intorno al Sole (per la precisione intorno a un punto situato presso il Sole, che costituisce il centro dell’orbita della Terra e degli altri pianeti), uno giornaliero intorno al proprio asse, e un terzo movimento - anch’esso annuale - dell’asse terrestre. Tale movimento - detto di declinazione e introdotto da Copernico con lo scopo di mantenere l’asse della Terra parallelo a se stesso durante il moto di traslazione intorno al Sole - sarà considerato superfluo da Kepler e dagli astronomi copernicani del XVII secolo.

Nel De revolutionibus, Copernico risponde alla possibile obiezione secondo la quale il moto rotatorio della Terra genera una forza centrifuga tale da distruggerla: a maggior ragione, secondo Copernico, ciò dovrebbe accadere alle sfere celesti che dotate di un raggio maggiore - si muoverebbero con velocità di gran lunga superiore a quella della Terra. Nel De revolutionibus non sono però presenti prove fisiche per giustificare il moto della Terra: a questo scopo Galilei scriverà il Dialogo sopra i due massimi sistemi (1632).

I primi seguaci di Copernico
La pubblicazione del De revolutionibus non comporta di per sé l’affermazione del nuovo sistema dell’universo, affermazione che avviene invece in modo piuttosto lento e graduale. Oltre a motivi di carattere filosofico e teologico, un ostacolo all’affermazione del copernicanesimo è costituito dalla prefazione uscita anonima - scritta dal teologo luterano Andreas Osiander - nella quale il sistema copernicano non è presentato come un sistema alternativo a quello aristotelico-tolemaico, ma come una semplice ipotesi di carattere matematico, senza alcuna pretesa di rispecchiare la realtà fisica dell’universo. Il teologo luterano Melantone adotta questa interpretazione, accettata anche dagli astronomi tedeschi Reinholds e Peucer. Rheinolds utilizza il De revolutionibus per la redazione delle sue Tavole, senza però adottare la concezione eliocentrica.
Allievo di Copernico e autore della Narratio prima (1539) esposizione divulgativa delle dottrine del maestro pubblicata prima del De revolutionibus -Rheticus è uno dei primi convinti copernicani. Il sistema copernicano è sostenuto in Inghilterra dal matematico Thomas Digges che, a differenza di Copernico, propugna l’infinità dell’universo. E’ copernicano anche il medico William Gilbert, che spiega il moto della Terra sulla base delle leggi del magnetismo. Giordano Bruno - sostenitore, come Digges, dell’infinità dell’universo - adotta la tesi della mobilità della Terra con argomenti non di carattere astronomico, ma puramente filosofico.

Il sistema di Tycho Brahe
Tycho Brahe, uno dei maggiori astronomi del Cinquecento, è autore di un sistema astronomico a lungo rivale di quello copernicano e differente da quello tolemaico, anche se ancora basato sulla centralità della Terra. Per Tycho il moto della Terra è impossibile, sia per ragioni fisiche sia per incompatibilità con l’insegnamento delle Sacre Scritture. Tycho ritiene tuttavia di poter risolvere i problemi posti dal sistema tolemaico senza dover adottare la concezione geodinamica. Secondo Tycho, la Terra è immobile al centro dell’universo e intorno ad essa ruotano ogni ventiquattro ore tutti i corpi celesti; il Sole ruota annualmente intorno alla Terra, mentre tutti i pianeti ruotano intorno al Sole. In questo modo Tycho ritiene di poter spiegare le irregolarità dei moti dei pianeti senza far ricorso alle complesse costruzioni di Tolomeo. Sulla base dell’osservazione del moto delle comete e dell’orbita di Marte (che nel suo sistema interseca l’orbita del Sole intorno alla Terra), Tycho giunge alla conclusione che le orbite dei pianeti non sono sfere solide, cristalline come insegnava la filosofia aristotelica e sostiene ancora Copernico - ma semplici orbite geometriche.
L’importanza dell’opera astronomica di Tycho risiede soprattutto nella grande mole di osservazioni accumulate, utilizzate in seguito da Johannes Kepler.

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