Appunti sulle forme dello stato

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Testo

Le forme dello stato

Dalle monarchie medievali allo stato moderno
Seguendo a distanza di un secolo il più precoce Portogallo, nel breve arco di anni che va dal 1474 al 1485, quattro dinastie europee - in Aragona, Castiglia, Francia e Inghilterra - si avviarono sulla strada della costruzione dello stato. Tale opera non si realizzerà in breve tempo e si può anzi parlare di una costruzione ininterrotta dello stato destinata a prolungarsi fino al XIX secolo. Si può dire tuttavia che fu nei decenni intorno al 1500 che avvenne il decisivo passaggio dalle monarchie medievali allo stato moderno, in parte già in atto dal principio del Trecento, ma interrotto dalla successiva lunga crisi economica e sociale. L'analisi di autori come Philippe de Commynes e Niccolò Machiavelli (che scrisse II Principe nel 1513) si concentrò soprattutto sul modo con cui veniva conquistato ed esercitato il potere dai principi del loro tempo; soprattutto il secondo cercò di costruire una teoria razionale della politica, che rispecchiasse l'autonomia che questa si era conquistata dall'etica e dalla religione e che desse il dovuto spazio ai mezzi di cui i principi si servivano comunemente - l'astuzia, l'inganno, lo spergiuro, la violenza; la distinzione fra morale privata e i superiori interessi dello stato divenne una acquisizione comune, anche se ci si aspettava che tutti aborrissero pubblicamente il teorico del "machiavellismo". Il nuovo modo di pensare e praticare la politica non deve però indurre a pensare che in essa si esaurisce la modernità dello stato. Alla base del successo dei principi vi era non solo la loro spregiudicatezza ma anche la loro capacità di costruire strutture stabili.

L’amministrazione dello stato moderno
La società feudale era stata caratterizzata da un grande frazionamento dei sistemi giuridici, perché ogni regione aveva le sue consuetudini, mentre ogni autorità feudale esercitava una parte più o meno cospicua dei poteri giurisdizionali. I principi del XV secolo potevano ancora far poco nel campo del diritto canonico che regolava tra l'altro la materia matrimoniale e familiare, saldamente rivendicata a sé dalla chiesa; ugualmente il loro potere doveva arrestarsi di fronte a materie regolate dai costumi, come quella vasta e complicata delle eredità. Ma in farro di diritto penale, dall'alto tradimento a tutti quei delitti che turbavano la pace sociale (omicidi, furti, violenze), i re pretendevano il monopolio pieno e riuscire a spossessare le autorità feudali dai poteri di "alta giustizia" costituiva uno dei primi e più visibili passi verso l’affermazione dello Stato: le corti regali e le autorità di polizia venivano a sostituire i poteri locali della feudalità, la quale tuttavia conserverà a lungo la "bassa giustizia", cioè il diritto di applicare multe e pene corporali per reati minori.
I re feudali avevano per lo più tratto le loro risorse dai grandi patrimoni terrieri ereditati o conquistati; a questa fonte maggiore di redditi si potevano aggiungere i proventi delle imposte dirette fatte pagare ai mercanti nei punti daziari.
Occasionalmente i re avevano chiesto degli aiuti finanziari ai propri sudditi (rivolgendosi alle assemblee degli "stati" e ai parlamenti), ma questi interventi di imposizione diretta rendevano impopolare la monarchia e per essere veramente efficaci avevano bisogno dì un gran numero di agenti del fisco: il costo dell'operazione finiva per sconsigliarla e per rendere preferibile il ricorso a prestiti da parte di mercanti e banchieri stranieri. Fino a che l'esercito regio aveva potuto contare sui servizi dovuti dai vassalli, i bisogni finanziari del sovrano non erano stati molto elevati, ma nel XIV secolo l'impiego di truppe mercenarie aveva reso le guerre assai più costose. Per aumentare le proprie risorse i re avevano di fronte a sé tre vie: la prima era quella della manipolazione monetaria, cioè della coniazione fraudolenta di monete più leggere e con una lega peggiore con le quali compiere pagamenti e saldare debiti; la seconda era quella dell'’ntroduzione di nuove imposte; la terza consisteva nel rivolgersi in maniera massiccia ai prestiti dei mercanti (come avevano fatto i re inglesi con le banche fiorentine, facendole poi fallire nel 1342-46).
Fra le imposizioni fiscali la più efficace era sicuramente quella indiretta, che veniva estesa a beni di prima necessità e scaricata dai mercanti, che pagavano per primi, alla generalità dei sudditi che dovevano sopportare gli aumenti dei prezzi: la gabella del sale, introdotta in Francia nel 1341, divenne il tipo più comune e più pesante di imposta indiretta. Ma nel pieno del XIV secolo i re potevano ormai tentare di istituire delle autentiche e regolari imposte dirette, le taglie, che colpivano tutte le famiglie del regno. In Francia la taglia divenne regolare dal 1370 e alla fine del secolo successivo il potere degli Stati generali di concedere il suo prelievo era diventato una pura formalità. La più pesante imposizione stanale venne ad aggiungersi ai prelievi sui redditi del mondo rurale compiuti dai proprietari terrieri e dalla chiesa (canoni e decime) ed è difficile dubitare del fatto che le grandi rivolte contadine degli anni 1350-90 siano legate alla comparsa di questi nuovi prelievi.

Il rinnovamento dei sistemi militari

Le guerre feudali erano state fino al principio del XIII secolo brevi e discontinue, interrotte continuamente dalle tregue di Dio, dalla cattiva stagione, raramente esse avevano mobilitato più di qualche centinaio di cavalieri e un numero forse triplo di fanti, per lo più contadini. Cento anni dopo le cose erano cambiate: i re preferivano ora eserciti composti da mercenari o da. coscritti e la Francia, che era rimasta indietro su questa strada rispetto all'Inghilterra, aveva visto da vicino come l'ordinata fanteria degli arcieri fosse superiore alla cavalleria feudale.
La guerra dei cento anni aveva certamente avuto l'effetto di scatenare la rissosità dei signori, fino a farla sfociare nel banditismo puro e semplice, e
10 stesso accadde durante le guerre che sconvolsero le monarchie iberiche nel XIV e XV secolo. L'anarchia nobiliare, tuttavia, doveva col tempo diventare sempre meno significativa: solo i re possedevano le risorse finanziarie necessarie per mantenere un apparato di guerra. Ciò divenne ancor più vero quando accanto alle truppe mercenarie comparvero anche le armi da fuoco, a partire dalla metà del Trecento: i cannoni divennero sempre più grandi e più costosi, accessibili solo alla borsa di un regnante.
I1 ruolo militare della nobiltà naturalmente non sparì di colpo: i ranghi più alti della nobiltà conservarono ancora a lungo i comandi degli eserciti.

Il ceto degli “ufficiali del re”

Per ultimo parleremo del funzionari pubblici, gli "ufficiali" che in nome del re rendevano possibile il funzionamento della macchina statale, presiedendo i tribunali, mantenendo l’ordine nelle province, raccogliendo le imposte, amministrando i beni del re e le entrate statali. Un esempio alto e molto significativo del ceto sociale degli ufficiali - destinato per secoli a svolgere un ruolo fondamentale negli stati europei - è costituito dai membri del parlamento di Parigi. Questo era ben diverso dal parlamento inglese, perché non era un organo politico, ma il più importante strumento del sistema giudiziario francese, con funzioni di corte giudicante per alcuni reati particolarmente gravi e di corte d'appello delle sentenze di tribunali inferiori. Ma soprattutto il parlamento di Parigi aveva la funzione di registrare gli atti del re, dichiarando allo stesso tempo la loro legittimità, cioè la loro conformità alle leggi supreme del regno, quelle che neppure il re poteva mutare (come quelle che regolavano la successione alla corona). Formalmente controllori del re, i giuristi che sedevano nel parlamento di Parigi furono di fatto i più strenui assertori del potere assoluto del sovrano, sia nel confronti di forze esterne come il papato, sia nei confronti del clero francese e della nobiltà feudale.
Il regno non era, d'altra parte, un organismo passivo, ma era composto da "corpi" o "ordini", dei quali bisognava ascoltare il consiglio e di cui bisognava sollecitare l'approvazione. In Inghilterra già dal XIII secolo l'istituzione del parlamento (in questo caso abbiamo a che fare con un organismo politico), diviso nelle due camere dei lord (la nobiltà e l'alto clero) e dei comuni (la borghesia), aveva dato una forma istituzionale ai possibili momenti conflittuali del rapporto fra il re e il regno. In Francia Filippo IV il Bello, per ottenere l'approvazione della sua politica contro Bonifacto Vili, aveva convocato per la prima volta un'assemblea politica nel 1302, gli Stati generali:
essi divennero da allora, sia pure con un potere effettivo inferiore a quello del parlamento inglese, un elemento essenziale del prestigio dell’azione regia. Benché nel corso del XV secolo diventasse sempre meno ammissibile che tali assemblee di "stati" rifiutassero la loro approvazione al re, nondimeno esse restavano un elemento essenziale della costituzione degli stati europei.

L’ufficio pubblico inteso come possesso personale

Con i suoi eserciti professionali e le sue schiere crescenti di membri della burocrazia, lo stato del XV secolo aveva compiuto grandi progressi verso la modernità. Per mola aspetti esso si trovava però ancora a metà strada fra il vecchio e il nuovo.
I funzionari della giurisdizione o della finanza erano ormai diventati un corpo qualificato con competenze tecniche nel campo del diritto e dell'amministrazione, ben diversi dai dilettanti che costituivano i consigli regi in epoca feudale.
Gli uffici, tuttavia, tendevano irresistibilmente a venire considerati veri e propri possessi di famiglia trasmissibili ereditariamente; spesso, specialmente in Francia, essi venivano acquistati e venduti come un possesso personale e questa degenerazione inutilmente deprecata ebbe la tendenza piuttosto ad accrescersi che a sparire nel corso del Cinquecento.
Se gli uffici erano comprati a caro prezzo era perché ci si attendeva da essi un reddito elevato: la distinzione fra stipendio e corruzione non era considerata affatto chiara e un giudice che si faceva pagare la prestazione da chi si rimetteva al suo giudizio non era considerato un funzionario corrotto, ma solo un uomo che metteva a frutto il suo investimento di capitale nell'acquisto di un ufficio pubblico.

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