Annibale

Materie:Riassunto
Categoria:Storia
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Testo

ANNIBALE
Annibale è forse il più grande genio militare di tutti i tempi, ke sempre ricordiamo e ke perfino nominiamo ancora ai giorni nostri…Di lui ce ne hanno lasciato memoria i due scrittori Polibio e Livio e pochi altri di minore notorietà e rilievo.
Quando apparve nella storia, Cartagine, la sua città natale, era una potenza sconfitta, umiliata e costretta ad accettare durissime condizioni di pace imposte da guerre precedenti. Siamo circa nel 240 a.c. e a Cartagine tra i due partiti principali trionfava quello di coloro che non volevano la guerra, ma piuttosto dedicarsi ad altre attività di cui erano amanti e maestri: come ad esempio, le attività marittime e il commercio.
Annibale già da piccolo si identificava nel padre Amilcare che fino ad allora era stato l’unico condottiero a non essersi mai piegato davanti ai Romani, come lui il figlio era dotato di una rapidità nelle decisioni, di una “silenziosa freddezza”, e di un temperamento vivace e orgoglioso; anche nei caratteri fisici, di cui ce ne parla Livio, c’è un certa somiglianza tra i due: la fronte, il taglio delle sopracciglia, il naso, il mento e soprattutto il senso di forza e energia che si sprigionavano dalla figura del padre e che si trasferirono poi in quella del figlio.
Ciò che maggiormente influenzò Annibale in tutta la sua vita e in tutte le sue battaglie fu l’odio per Roma, fin da piccolo, un sentimento troppo profondo nel suo animo che nessuno avrebbe potuto cancellare, anch’esso trasmessogli dal padre. Addirittura a soli 9 anni fece con il padre un giuramento che recitava così:«Odierò i Romani come essi mi odieranno», che mai si dimenticò.
Partì con il padre alla volta di Gabes in Spagna, dove a 26 anni divenne capo dell’esercito; successivamente poi, morto il padre, progettò un piano per attaccare Roma e per compiere il suo desiderio, quello del padre…e quello che tanto gli premeva: sconfiggere Roma. Nella prima guerra punica avvenuta tra il 264 e il 241 a.c. i combattimenti per mare non avevano portato i risultati voluti e così, alla luce di ciò e di altri ragionamenti teorici, Annibale decise che Roma doveva essere attaccata via terra, dal nord. Roma si era costruita la sua potenza travolgendo le potenze di molti popoli dell’Italia, quali i Galli, i greci, i Sanniti, gli Etruschi, i Boi, e anche altri della valle del Po; la strategia nella mente di Annibale era quella di provocare una reazione di tutti quei popoli e spingerli a ribellarsi a Roma con lui. Per quanto riguarda l’esercito che rappresenta uno dei punti fondamentali di tutta l’avventura romana per la sua efficacia e coesione…bisogna dire che Annibale per anni scelse i suoi soldati ad uno ad uno personalmente, li educò e riuscì a farne uno strumento di grande disciplina e non solo, creò tra essi quello spirito fraterno indispensabile perché le imprese abbiano successo e si combatta uniti. Il casus belli si presentò a Sagunto: alla luce di un trattato con i Romani che Asdrubale firmò, secondo il quale l’area di influenza cartaginese non doveva superare il confine naturale costituito dal fiume Ebro; Annibale varcò lo stesso questo confine per assediare Sagunto. A questo punto il generale cartaginese si mise alla testa di un impresa militare mai vista prima, una traversata lunga migliaia di km, un viaggio spaventoso e quasi incosciente…giungere in Italia valicando le Alpi. Prima della partenza Annibale disponeva di un esercito di 90.000 fanti, 12.000 cavalieri e 37 elefanti! Che alla fine di Maggio del 218 partì alla volta delle Alpi. Durante la marcia incontrò qualche difficoltà, ma superò tutto con grande determinazione. A Roma intanto Annibale era considerato un giovanotto presuntuoso ed insolente che si accingeva a compiere un’impresa impossibile, i consoli in carica in quell’anno erano Publio Cornelio Scipione e Tiberio Sempronio Longo. Tornando ad Annibale, oggi nessuno sa dire quale itinerario seguì precisamente, abbiamo informazioni sommarie dei luoghi e soprattutto delle Alpi; abbiamo però dei riferimenti certi riguardo i tempi impiegati:sappiamo che tutto il viaggio durò 5 mesi e che quindi si concluse alla fine di ottobre. La traversata delle Alpi fu durissima e parecchi soldati non sopravvissero, ma Annibale fu abile anche nel saper ben equilibrare gli sforzi e i giorni di riposo, anche le imboscate furono numerose ma Annibale seppe prevederle e contrastarle sempre; gli elefanti morirono tutti sulle pianure del Po, dopo la traversata, solo uno sopravvisse…rimasto simbolico. Giungendo in Italia, come aveva previsto, incontrò fin da subito dei popoli che si allearono a lui, i primi furono i Taurini allettati dalla figura che Annibale riusdì a dare di sé di nemico dei Romani e liberatore delle popolazioni italiche dal loro giogo. Annibale infatti contava su queste alleanze, sul loro appoggio senza il quale probabilmente il suo arrivo al Po sarebbe stato solo una vana avventura. Oltre ai Taurini, i popoli che si allearono a lui furono: i Boi, i Linoni, gli Insubri e i Liguri, tutti compatti nell’odio verso Roma.
Ormai sia l’esercito romano che quello cartaginese si preparavano a combattere. Il generale romano era Scipione…quella mattina entrambi i condottieri mandarono a perlustrare la zona, con la differenza che Annibale mandò un contingente più alto di quello di Scipione; sul Ticino i Romani furono colti alla sprovvista e sconfitti, persino lo stesso Scipione fu disarcionato dal cavallo e cadde ferito. A questo punto il comando passò nelle mani di Sempronio. Siamo sul fiume Trebbia, dove avvenne la prima vera vittoria di Annibale nel 218 a.c. I due eserciti sono posizionati sulle due sponde del fiume, l’uno sulla destra e l’altro sulla sinistra, qui la geniale astuzia di Annibale gli disse di aspettare che ad attraversare il fiume per primo fosse stato l’esercito del nemico, così da poterlo battere non appena sarebbe arrivato sulla riva opposta. Avvenne proprio così: Sempronio da male intenditore non aveva saputo attendere e ragionare e, attraversato il fiume, si ritrovò con un esercito grondante di acqua gelida e spossato, mentre gli uomini di Annibale erano ben ristorati e caldi. Furono mandati in campo anche alcuni elefanti ma ormai i soldati romani non combattevano più per la vittoria ma per la salvezza.
L’Inverno passò senza combattere, ma poi Annibale optò per la ripresa dei combattimenti …dopo il Trebbia infatti l’istinto gli diceva di andare avanti, egli preferiva la rapidità della fantasia piuttosto che la lentezza della meditazione. Valicò dunque gli Appennini in direzione del Sud e durante la marcia perdette l’uso dell’occhio sinistro probabilmente a causa delle poche ore di riposo e sonno e dalle febbri dell’ambiente paludoso. Arrivò al Trasimeno, il luogo della seconda battaglia, intorno al 20 di Giugno e studiò attentamente ogni angolo e ogni posizione della zona. Era in anticipo su Flaminio e lo sconfisse con una trappola ben ragionata, imprigionando l’esercito che gli veniva incontro in una valle senza vie di uscita; morirono circa 4.000 soldati romani.
A questo punto Annibale aveva via libera per dirigersi a Roma, poteva tentare finalmente la presa della città e così la conclusione del conflitto, ma non lo fece! E su questo snodo sono tante le domande che negli anni si sono poste gli storici e a cui ancora oggi ci è difficile dare risposta…Roma appariva come una città fortissima, dotate di mura possenti (addirittura rinforzate dopo la disfatta del Trebbia) e impossibile quindi da assalire. Per questo e altri motivi Annibale decise di non marciare su Roma e proseguì l’opera di scardinamento del tessuto italiano. Intanto a Roma, preoccupata per la grave situazione e allarmata da ciò che quell’uomo era riuscito a fare fino a quel momento, nominò un dittatore con poteri eccezionali: Quinto Fabio Massimo. Egli che era un grande pensatore, ponderato e molto razionale; quando Annibale riprese la marcia verso Sud, Fabio Massimo non lo lasciò un secondo, gli stette sempre alle calcagna. Nella battaglia di Canne che fu la più devastante sconfitta per i Romani, Annibale mise in atto un piano invincibile anche questa volta e che poteva essere il frutto soltanto di una mente acuta e geniale quale era quella di Annibale.
Il campo di battaglia si presentava come una pianura calda da cui a ogni passo si alzava una nuvola di polvere, qui Annibale con la sua strategia e 90.000 soldati riuscì ad accerchiare i Romani fra la cavalleria cartaginese e facendo ciò essa non ebbe più vie di scampo. Era il 2 Agosto e sul campo si accalcarono i cadaveri di migliaia di soldati. Fu una battaglia veramente grande che durò un solo giorno; dice Polibio con una frase:«I Romani s’erano lasciati accerchiare dai Cartaginesi. Il risultato fu esattamente quello che Annibale aveva voluto». Annibale a questo punto si ritirò per qualche tempo a Capua dove potè godere di tutte le leccornie e i piaceri di cui questa città era ricca. Dopo gli ozi di Capua la situazione si mostrò sfavorevole ad Annibale in quanto ora l’esercito romano era tutto intorno a questa città che Annibale amava e che non voleva lasciare in mano nemica. Così per far si che le truppe che la circondavano tornassero a Roma decise di dirigersi lui stesso verso la capitale sperando di preoccupare i Romani che avrebbero dato ordine di far tornare le truppe in patria per il pericolo imminente di Annibale che si avvicinava alla capitale. Ma a Roma c’era Quinto Fabio Massimo che comprese l’intento del generale cartaginese e non si lasciò ingannare…
Ormai Capua era perduta e Annibale si diresse verso Taranto.
A questo punto della storia entra in gioco Publio Cornelio Scipione appena venticinquenne che ormai aveva imparato a conoscere Annibale e sapeva che per riuscire a batterlo bisognava prima di tutto comprenderlo e entrare dentro di lui. In questo periodo si alternarono momenti alterni di fortuna e sfortuna ora all’uno ora all’altro esercito. Erano passati 16 anni di guerre in cui i soldati gli erano rimasti sempre fedeli, nel bene e nel male e solo un grande capo, un condottiero di tale eccezionale personalità poteva tenerli uniti intorno a sé fino all’ultimo,
Ora il conflitto si sposta in Africa a Zama per l’ultima grande battaglia di Annibale con il suo esercito contro Roma. Era il 202 a.c. e si affrontarono sotto il sole più di 80.000 uomini; la superiorità numerica dell’esercito di Scipione (poi soprannominato L’Africano) era disarmante e così pure gli alleati che man mano giungevano da tutte le parti. Annibale a questo punto non potè far niente per cambiare le sorti della battaglia già decise in partenza… L’esercito cartaginese fu distrutto e più di 20.000 uomini perirono sul terreno di Zama, gli altri caddero prigionieri o feriti. Finì così la seconda guerra punica durata quasi vent’anni.
La vittoria era tramontata per sempre, ma quello che ora premeva nell’animo di Annibale era salvare Cartagine, mantenerla il più possibile intatta dai fuochi del conflitto; per fare ciò si affrettò a concludere un trattato di pace con i Romani che, seppure molto restrittivo, evitava per il momento la distruzione della città di cui a Roma già si andava parlando.La firma avvenne nel 201 a.c. anche se con molti pareri contrastanti.
Annibale in seguito per due anni riuscì a istaurare con un colpo di stato un suo potere illimitato a Cartagine ma ben presto dovette partire di nascosto per evitare l’uccisione, vagò di Stato in Stato, di zona in zona…fino a che, ricercato dai Romani, si uccise da sé all’età di sessantaquattro anni con il veleno…ancora una volta li aveva battuti sul tempo!
Questa è la storia di un uomo veramente esistito sulla faccia della terra che durante la sua vita fu sempre fedele al suo desiderio, al suo sogno più grande…tutta la sua epopea perfino poco approvata dalla sua stessa patria fu soprattutto una lotta personale con se stesso. L’odio che lui provò nei confronti di Roma si spense con la vita, anche il suo ricordo si dissolse: ma il genio rimane eterno, è uno specchio del mondo.
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