America

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That’s america!
RIVOLUZIONE AMERICANA
1606: Giacomo I (re d’Inghilterra) concede a un gruppo di sudditi inglesi di costruire case e creare piantagioni in America. Nasce la prima colonia inglese: Virginia, in onore della regina Elisabetta I (“regina vergine”).
1620: Nascita democrazia americana = sbarco nel Massachusetts dei “padri pellegrini” (coloni puritani guidati da William Bradford).
Si formano, col tempo, 13 colonie inglesi autonome in un certo qual modo e in cui gli uomini si sentivano liberi: per questo, nel corso del ‘600, il movimento immigratorio si fece sempre più forte.
America:
- ‘600 = luogo in cui uomini di diverse idee politiche e religiose potevano vivere assieme senza combattersi;
- ‘700 = luogo in cui c’era lavoro sicuro, cosa che mancava in Europa. Le terre, però, ad un certo punto, cominciarono a calare a causa del crescente numero di abitanti che si insediavano nelle Americhe.
1763: conclusione Guerra dei 7 Anni che influenza positivamente la storia americana. La Gran Bretagna, infatti, alla fine del conflitto affermò la sua superiorità su quella zona del mondo e tolse ai francesi il Canada e la Louisiana → le terre a disposizione dei contadini aumentarono, anche se la Gran Bretagna non considerava quelle terre come colonie da aggiungere a quelle esistenti.
Si vide subito il suo proposito di affrontare le cose diversamente con le nuove terre: nello stesso 1763 la Gran Bretagna proclama “riserva degli Indiani” i territori al di là dei monti Appalachi: quest’istituzione era dovuta al fatto che gli inglesi temevano che una massiccia migrazione dei coloni nei territori appena acquisiti avrebbe provocato le spinte all’autonomia che si manifestavano già nelle 13 colonie esistenti.
Pontiac (capo indiano) riunisce varie tribù indiane in un’alleanza che diede origine alla cosiddetta “cospirazione di Pontiac”. Gli indiani, invece, la consideravano la “guerra di Pontiac”.
1766: dopo la battaglia di Bloody Run, in cui gli indiani riportarono una vittoria sugli inglesi, si firmò un trattato di pace.
1769: Pontiac fu ucciso da un indiano e cominciò una guerra fra le tribù.
Fu raggiunto un grande livello di autonomia da parte delle colonie, grazie al fatto che ci si basava sugli ideali dei primi immigrati:
- libertà di pensiero e stampa;
- amore per la libertà.
Quest’autonomia si trasformò, in seguito, in desiderio di indipendenza. Le cause sono soprattutto economiche: la Gran Bretagna considerava l’America del Nord come una terra da sfruttare, la quale doveva fornire alla madrepatria materie prime e, in cambio, acquistare, da essa, manufatti.
La situazione commerciale era, comunque, in mano agli inglesi e questo accresceva, nelle menti dei coloni, la convinzione che il nuovo mondo avrebbe potuto conoscere uno sviluppo economico soltanto sottraendosi al predominio inglese, considerato da essi uno stato straniero.
Intanto la Gran Bretagna, per mantenere le colonie sotto il suo predominio, si serviva dei dazi.
1764: approvazione da parte del parlamento britannico dello Stamp Act, tassa sul bollo che riguardava documenti legali, giornali, almanacchi. C’era dal medioevo la convinzione che nessuna tassa poteva essere imposta da un’assemblea in ci non fossero rappresentati coloro che dovevano, poi, pagarla. Nel parlamento britannico i coloni non erano rappresentati per cui consideravano la tassa illegale.
Ne nasce un forte malcontento: a New York si riuniscono i rappresentanti di 9 colonie protestando contro la tassa sul bollo.
1765: un gruppo di coloni fonda un’associazione, la Sons of Liberty in opposizione allo Stamp Act.
1766: la tassa viene abolita ma gli inglesi non rinunciano a imporre dazi e tributi.
Affermazione del Declaratory Act.
1767: imposta sulle importazioni di tè dalle colonie per trovare ulteriori entrate.
Dati i tentativi della Gran Bretagna di imporsi sui coloni, in questi ultimi cominciò a infondersi l’idea di nazione, diversa da quella degli stati europei: la nazione americana era unita da esperienze di vita comuni (conquista di nuovi spazi, lotte contro gli indiani) e dall’idea di libertà.
Giorgio III, però, non aveva intenzione di concedere nulla ad essi.
1770: le truppe inglesi reprimono nel sangue una manifestazione di protesta a Boston. Vennero uccisi 5 dimostranti.
1773: il governo inglese concede alla Compagnia delle Indie Orientali (che attraversava un momento finanziario difficile) di vendere il tè in America senza l’intermediazione dei mercanti americani.
Dicembre 1773: un gruppo del Sons of Liberty dà il via ad un’insurrezione (Boston Tea Party): alcuni di loro erano travestiti da indiani e salirono sulle navi, appartenenti alla Compagnia delle Indie orientali, gettando in mare 342 casse di tè.
Dopo questo episodio il governo britannico nominò un governatore del Massachusetts che comandava le forze britanniche in Nord America. Egli emana 4 leggi, considerate intollerabili dagli americani:
1. il porto di Boston doveva restare chiuso fino a quando la Compagnia delle Indie orientali non avesse ricevuto un risarcimento per le casse di tè gettate in mare;
2. gli ordinamenti del Massachusetts furono modificati, accrescendo l’autorità del nuovo governatore sull’assemblea che rappresentava i coloni;
3. tutte le spese per gli accampamenti inglesi dovevano essere a carico dei coloni;
4. concessione di un particolare trattamento giudiziario agli inglesi, autori di gravi reati.
In Virginia si svolse un dibattito particolarmente acceso sui rapporti con la Gran Bretagna.
1774: assemblea dei coloni a Filadelfia: si afferma che le leggi valide per loro saranno solo quelle approvate da loro stessi. Si decise anche il blocco di tutte le merci provenienti dalla Gran Bretagna.
Novembre 1774: durante l’assemblea viene approvata la Dichiarazione dei diritti delle colonie, con:
- diritto alla vita;
- diritto alla libertà;
- diritto alla proprietà.
I coloni chiedevano che venisse concesso il diritto di legislazione alle assemblee locali; la regolamentazione del commercio esterno era ancora in mano ai britannici.
Ma Giorgio III non intendeva cedere e continuò a rifiutare ogni tipo di concessione.
Aprile 1775: la situazione degenera. Si verificano scontri armati tra le truppe del Massachusetts e le truppe inglesi.
Maggio 1775: si riunisce un altro congresso a Filadelfia in cui di nuovo si chiede al re di riconoscere i diritti degli americani. Ma ci sono ancora molte esitazioni.
1776: Thomas Paine (liberale inglese) scrive “Il senso comune”, attaccando la monarchia inglese e sostenendo che l’unica possibilità rimasta ai coloni era rendersi indipendenti dalla corona britannica.
Da questo momento le varie colonie si mettono all’opera per guadagnarsi l’indipendenza: la prima ad agire fu il Rhode Island.
4 Luglio 1776: i delegati riuniti a Filadelfia approvano la Dichiarazione d’Indipendenza, stesa da Jefferson. In questa si affermavano:
- diritto alla vita;
- diritto alla felicità;
- diritto alla libertà;
- denuncia all’atteggiamento di Giorgio III.
Per dare più forza alle sue decisioni, il congresso forma un esercito, il cui comandante fu George Washington (ricco proprietario terriero). Questo esercito dovette intervenire subito per resistere agli inglesi.
Ottobre 1777: battaglia di Saratoga dove gli americani sconfiggono gli inglesi.
Questo conflitto aveva preso, intanto, un respiro internazionale: il governo francese si era schierato a favore degli insorti.
Alcuni volontari si diressero verso l’America per schierarsi apertamente a favore dei coloni:
- La Fayette (marchese) guidò le azioni terrestri;
- la flotta francese (a cui si aggiunse dopo poco anche quella spagnola) si impegnava a contrastare gli inglesi in mare.
1781: battaglia di Yorktown in cui La Fayette riporta la vittoria sugli inglesi.
20 Gennaio 1783: la guerra finisce. La capitale è Washington.
1783: trattato di Versailles, con cui la Gran Bretagna riconosce l’indipendenza degli Stati Uniti.
Le conseguenze, per quel che riguarda il tipo di stato, furono che le colonie cominciarono ad assumere costituzioni autonome e gli Stati Uniti, così, nacquero come confederazione di stati, ciascuno dei quali con una propria economia e leggi proprie. Si sentiva, però, l’esigenza di un governo centrale forte che guidasse gli Stati Uniti vero una posizione di potenza sul piano internazionale. Nacque la richiesta di trasformare la confederazione in federazione.
Confederazione = unione di stati che restano indipendenti ma hanno alcuni obiettivi comuni, soprattutto nel campo della politica estera. Ha un organo centrale, che non può prendere decisioni che non siano accettate da tutti gli stati confederati.
Federazione = unione tra stati che hanno rapporti più stretti di quelli che ci sono in una confederazione. L’organo centrale può prendere decisioni anche senza consultarsi coi governi degli stati federali, almeno per quel che concerne la politica estera. Lo stato federale si fonda su un principio: l’esistenza di diversi centri di potere; quello centrale garantisce unità politica ed economica e la difesa dello stato dai nemici esterni; i centri periferici garantiscono l’autonomia dei singoli stati in ogni campo.
1787: una convenzione si riunisce a Filadelfia per stendere la Costituzione. Ci fu un acceso dibattito tra i federalisti (Hamilton, Madison, Jay) e i sostenitori della confederazione (Jefferson).
I primi sostenevano l’ideale di giustizia, il benessere generale e i diritti degli individui.
I secondi sostenevano, invece, che la costituzione proposta non dava garanzie contro la tirannide.
La Costituzione creata aveva queste caratteristiche:
- potere legislativo: al Congresso;
- Congresso formato da Camera dei rappresentanti e Senato;
- potere esecutivo al presidente.
1788: la Costituzione entra in vigore.
1789: Washington viene eletto presidente.
1792: Washington fu rieletto.
1801: il secondo presidente degli Stati Uniti è Jefferson.
Il dibattito tra federalisti e sostenitori della confederazione, intanto, continuava. Il rappresentante degli uni era Hamilton, degli altri era Jefferson.
Hamilton: vuole favorire i ceti mercantili, imponendo dazi sui prodotti stranieri per incoraggiare lo sviluppo delle manifatture statunitensi. La sua politica protezionistica favorisce la grande borghesia manifatturiera nel nord (favorevole a Hamilton), mentre il sud era a favore di Jefferson.
Jefferson: applica il principio del non intervento nelle guerre che si combattevano tra le potenze europee. Egli attua, inoltre, una politica di acquisizioni territoriali:
- 1803: compra dalla Francia una parte della Louisiana;
- 1819: la Spagna cede la Florida agli USA.
Un problema che la Costituzione aveva lasciato aperto era la schiavitù: la costituzione, infatti, aveva affermato la libertà di tutti i cittadini americani, ma la schiavitù vigeva ancora. La soluzione di tale problema fu affidata al governo dei singoli stati:
- sud: favorevoli perché la loro agricoltura era fondata sulle piantagioni di cotone, per le quali era indispensabile il lavoro degli schiavi portati dall’Africa.
C’era, comunque, un certo equilibrio tra gli stati del nord che erano sfavorevoli e quelli del sud che erano pro. Quando fu richiesta l’ammissione dello stato schiavista del Missouri, l’equilibrio rischiò di spezzarsi. Si trovò una soluzione col “compromesso del Missouri”, fatto approvare dal presidente Monroe: per lasciare intatto l’equilibrio fu creato (distaccandolo dal Massachusetts) uno stato antischiavista, il Maine.
Si notò che la popolazione schiava era in netto aumento e Jefferson ne dedusse che, se la crescita fosse continuata in quel modo, presto la popolazione di schiavi avrebbe superato numericamente quella di uomini liberi. Era, secondo Jefferson, un pericolo per la democrazia americana. Temeva che la grande presenza di stranieri in territorio americano avrebbe contrastato con quella che era la struttura istituzionale originale degli Stati Uniti. Inoltre, sarebbe stato un pericolo per la popolazione bianca.
1794: proibito il traffico degli schiavi dagli USA a paesi stranieri.
1807: proibita l’importazione di schiavi in tutti i porti americani.
Queste decisioni furono prese perché ormai il numero di schiavi già presenti in America era sufficiente a garantire abbastanza manodopera.
Anche gli indiani erano rimasti fuori dalla Costituzione. Le loro terre, tra l’altro, venivano continuamente usurpate dai pionieri. L’avanzata dei pionieri nei loro territori costringeva i pellirosse a ritirarsi. Tra il 1816 il 1821 ci fu la media di uno stato all’anno nell’ovest degli USA: Indiana, Mississippi, Illinois, Alabama, Maine, Missouri.
Intanto lo sviluppo industriale si stava concentrando al nord degli USA, mentre il sud era ancora legato ad un tipo di economia fondata sulla schiavitù per cui il capitalismo era ben lontano dall’entravi: mancavano, infatti, un mercato del lavoro e la possibilità di concorrenza. In più, i proprietari delle piantagioni non sentivano il bisogno di investirvi grandi capitali e preferivano sprecarli nel lusso. Comunque, gli USA, a metà ‘800, erano in grado di produrre macchinari industriali con pezzi intercambiabili, senza, dunque, doverle sostituire. Questo sistema fu, in breve, adoperato dappertutto.
1812 – 1814: guerra USA vs. Gran Bretagna perché il blocco continentale posto contro Napoleone aveva danneggiato il commercio americano (sequestri di navi, ad esempio) e anche perché al confine col Canada c’erano continui episodi di tensione. Non ci furono vincitori né vinti.
Per ottenere l’attuale struttura territoriale, gli USA dovettero sostenere una guerra contro il Messico: il Texas era si appartenenza messicana, ma nei primi anni dell’800 vide una grande affluenza di immigrati dagli Stati Uniti che preoccupò il governo messicano, il quale tentò di limitare il fenomeno.
1836: Texas indipendente dal Messico. Nella battaglia di Alamo, i messicani sconfissero gli americani indipendentisti (comandati da Sam Houston) che successivamente riescono ad avere la rivincita. All’inizio, però, il Texas non poté dirsi appartenente agli USA per l’opposizione degli stati antischiavisti del nord che non volevano nell’Unione un altro stato favorevole alla schiavitù.
1845: il presidente degli USA, John Tyler proclama l’annessione del Texas agli Stati Uniti e scoppia, dunque, una guerra col Messico che si conclude con la vittoria degli USA.
MOVIMENTI RIVOLUZIONARI PER L’INDIPENDENZA NELLE COLONIE SPAGNOLE DELL’AMERICA LATINA
Le colonie spagnole erano formate da 4 viceregni:
- Nuova Spagna (attuali Messico e America centrale);
- Nuova Granada (attuali Venezuela e Colombia);
- Perù (attuali Cile e Bolivia);
- Rìo de la Plata (attuale Argentina).
Esse erano abitate dalle popolazioni indigene e dagli spagnoli immigrati. I figli di questi ultimi erano chiamati creoli, non si sentivano più spagnoli e non volevano più essere sudditi della corona spagnola. Il resto della popolazione era formato da indios, dai neri discendenti dagli schiavi, dai mulatti e dai meticci.
L’economia era in mano ai creoli e ai funzionari spagnoli. Proprio i creoli iniziarono a chiedere l’indipendenza, richieste che si fecero più forti quando Napoleone occupò la Spagna. I funzionari spagnoli e le truppe rimasero fedeli a Ferdinando IV, ma non potevano più ricevere rinforzi dalla madrepatria.
1810: in Venezuela scoppia la prima rivolta.
Le guide del movimento indipendentista furono José de San Martìn e Simòn Bolìvar. Le truppe spagnole reagirono, ma l’effetto fu quello di un’estensione del conflitto:
- 1817: San Martìn libera il Cile;
- 1819: costituzione della repubblica federale della Grande Colombia;
- 1828: riconoscimento dell’indipendenza dell’Uruguay;
- 1822: il Brasile si rende indipendente.
Questo, invece, è quel che successe per l’indipendenza del Messico:
Miguel Hidalgo y Costilla, prete cattolico, chiede l’uguaglianza razziale e la restituzione delle terre agli indios, oltre all’indipendenza della Spagna. Nel 1810 annuncia l’insurrezione. L’aristocrazia creola, allarmata, si schiera contro i rivoluzionari e si allea con gli spagnoli. Hidalgo non riesce a conquistare la capitale e nel 1811 viene sconfitto. Tenta di trovare rifugio negli USA ma viene catturato e fucilato.
MIGRAZIONI
Nell’800 ci fu un elevato aumento della demografia mondiale: gli abitanti della terra arrivarono al miliardo.
Nelle campagne, soprattutto europee, la pressione demografica fu tale che sarebbe stata insostenibile se non fosse stato per:
- inurbamento;
- emigrazione verso altri continenti.
Alla fine dell’800 le città americane di New York, Chicago, Filadelfia, Buenos Aires e Rio de Janeiro erano tra le più popolose del mondo.
Per alcuni l’emigrazione fu una scelta obbligata: in Europa la popolazione si stava spostando sempre più frequentemente verso le città e i contadini rischiavano la disoccupazione e la miseria, per cui non gli rimaneva altro da fare che partire per l’America, ad esempio, dove c’erano ampi territori da mettere a coltura e nei quali il numero di abitanti era ancora relativamente basso.
Le terre promesse erano il Nordamerica e il Sudamerica, con vaste regioni incolte e scarsamente abitate, miniere da sfruttare, città da costruire. Il motivo principale per cui molti europei erano emigrati verso queste terre era la ricerca della libertà, connessa al desiderio di trovare ricchezza e lavoro.
Gli spostamenti si registrarono soprattutto negli USA perché erano un territorio multietnico ed era, quindi, più facile integrarsi, oltre che essere un paese che aveva conosciuto un rapido sviluppo economico. La messa a colture di nuove terre e l’estensione dei pascoli favorirono moltissimo l’emigrazione verso gli USA. Inoltre, le ferrovie consentivano di spostare la frontiera sempre più a ovest e, dunque, di colonizzare le praterie e di trasformare i villaggi in città.
Un avvenimento importante è il fenomeno di popolamento delle zone dell’ovest degli USA, cioè la marcia verso il “Far West”. Il popolamento di tali zone è da attribuire ai pionieri che vi si stabilivano i cerca di terre da coltivare. Nelle grandi pianure, però, vivevano gli indiani e, quindi, l’avanzata dei coloni doveva essere accompagnata da quella dell’esercito, impegnato nella resistenza agli indiani, o pellirosse. Le terre conquistate nel corso di questi spostamenti verso ovest furono assegnate a prezzi bassi oppure venivano prese con la forza dagli squatters (coloro che occupavano le terre senza averne avuto la concessione). Oltre agli agricoltori, anche gli allevatori si spostarono verso ovest per allargare i pascoli. Lottarono spesso con i contadini perché questi ultimi reclamavano il diritto di recintare i campi per impedire agli animali di fuggire e distruggere i raccolti.
GLI ITALIANI NELLE AMERICHE
La stragrande maggioranza degli italiani che migravano nelle Americhe lo fece per:
- i giovani volevano sottrarsi alle famiglie;
- alcuni speravano di fare fortuna;
- alcuni dovevano allontanarsi dall’Italia per forza, per motivi politici.
Gli italiani che si recarono nel nord America si fermarono soprattutto a New York, in un quartiere che venne chiamato Little Italy, in abitazioni povere. Inizialmente erano isolati dagli americani e non riuscivano a fondersi bene nemmeno fra di loro: rimanevano spesso divisi per gruppi di regioni, con le proprie tradizioni, costumi, feste.
I giovani cominciarono a integrarsi, col tempo, sentendo che ormai quella era la loro vera terra.
Nel Sud America gli italiani lavoravano le terre vergini e si battevano con gli indios. Le loro abitazioni erano fatte di frasche e capanne.
I vantaggi dell’emigrazione erano:
- alleggerimento della pressione demografica nei paesi d’origine;
- aumento dello sviluppo demografico dei paesi che li accoglievano;
- per i paesi di provenienza era favorevole perché le provviste di denaro degli emigranti mandate alle famiglie erano molto ingenti;
- l’incontro tra culture diverse favorì l’integrazione.
GUERRA DI SECESSIONE
Esistevano, a metà ‘800, grandi differenze economiche, soprattutto tra est e ovest degli USA. C’erano grosse divergenze anche tra nord e sud.
- NORD: aveva una intensa attività industriale e commerciale; civiltà borghese; agricoltura fondata su piccoli e medi agricoltori (farmers);
- SUD: civiltà agricola e aristocratica; agricoltura fondata su piantagioni, lavorate dagli schiavi;
- OVEST: terra dei pionieri che la strappavano agli indiani per coltivarla e porvi grandi allevamenti;
- EST: erano sorte qui le prime città, le manifatture e le industrie.
Le divisioni più profonde erano causate dalla questione della schiavitù:
- al nord-est gli stati erano abolizionisti perché non erano interessati al lavoro degli schiavi neri. C’era, però, una divisione: alcuni abolizionisti sostenevano che bisognava svolgere un’azione di convincimento dell’opinione pubblica; altri, invece, chiedevano che venissero svolte delle azioni di lotta.
Novembre 1860: presidente = Abraham Lincoln, non era contrario alla schiavitù negli stati del sud e voleva impedirne la diffusione nell’ovest.
Dicembre 1860: la Carolina del sud proclama la secessione dalla federazione degli USA, con altri 10 stati con cui forma una confederazione la presidenza della quale viene assunta dal generale Jefferson Davis. Gli altri stati affermano la loro fedeltà a Lincoln e all’unità degli USA.
1861: la guerra ha inizio e vede schierati, da una parte, i confederati (sudisti) e dall’altra gli unionisti (nordisti).
I primi formarono un esercito di oltre 800.000 soldati, guidati dal generale Lee; gli altri avevano un numero doppio di soldati.
La guerra fu molto sanguinosa soprattutto perché vide l’uso di armi tecnologicamente avanzate come mitragliatrici, cannoni e retrocarica (fig. 1) e navi corazzate (fig. 2).
(fig.1) (fig. 2)
La flotta nordista blocca i porti del sud e i sudisti cercano di rompere il blocco costruendo 3 battelli sottomarini, mossi dalla forza dell’uomo. Uno di questi riuscì a collocare un esplosivo sul fianco di una nave nemica e ad affondarla. Anch’esso, però, fu travolto dall’esplosione.
I morti provocati da questa guerra furono circa 500.000; furono fatti 400.000 prigionieri; vaste zone furono saccheggiate e devastate.
1863: battaglia di Gettysburg, vincono i nordisti.
Lincoln proclama l’emancipazione degli schiavi e questo li spinse ad arruolarsi nelle schiere nordiste.
1865: battaglia di Appomattox, vincono i nordisti.
4 Aprile 1865: Lincoln, a teatro, fu ferito da un colpo di pistola e morì. La guida del paese fu successivamente assunta da Andrew Johnson.
Dopo la fine della guerra, un gruppo di reduci dell’esercito sudista si unì a formare un’organizzazione razzista denominata Ku Klux Klan, con lo scopo di impedire ai neri di usufruire dei diritti civili. A causa dei suoi metodi violenti, il Ku Klux Klan si sciolse presto per poi rinascere nel 1915 e rivolgere le sue azioni contro tutti coloro che non erano bianchi.
1870: i neri ottengono il diritto di voto:
- al sud non fu applicato;
- al nord c’erano limitazioni, tipo l’alfabetizzazione e la proprietà e la maggior parte dei cittadini non poteva, dunque, partecipare.
La guerra vede un’alta partecipazione delle donne. La maggior parte delle donne appartenenti al movimento femminista faceva parte della borghesia ed erano motivate da ragioni ideologiche.
Alcuni nomi di queste donne sono:
- Lucy Stone: da ragazza volle imparare il greco e l’ebraico per verificare se le traduzioni dei passi della Bibbia che attribuiscono all’uomo il dominio sulla donna erano vere;
- Mary Livermore: fonda il settimanale “Woman’s Journal”, battendosi contro la schiavitù;
- Susan Anthony: fonda il giornale “The Revolution” e si pone contro la schiavitù anche lei.
1848: 300 donne e uomini si riuniscono a Seneca Falls, residenza di Elizabeth Cady Stanton (moglie di un parlamentare) e approvarono la Declaration of Sentiments, in cui si affermava che la storia dell’umanità era una ripetuta usurpazione da parte dell’uomo sulla donna, per stabilire su di essa una tirannide. La conclusione era che “la donna era rimasta ormai troppo a lungo dietro le quinte, ed era ora di farsi sentire”.
Il diritto di voto fu dato alle donne prima nel Wyoming e poi anche negli altri stati. Ciò avvenne lentamente e non in tutti gli USA.
PARTITI AMERICANI
C’erano 2 partiti predominanti negli USA:
1. repubblicano, prevalente nel nord-est;
2. democratico, prevalente al sud: i repubblicani, in quanto liberatori degli schiavi, erano visti male.
Nascono i sindacati, che rappresentavano gli interessi dei lavoratori. Il primo partito sindacalista fu il Knights of Labor, dal quale un gruppo di lavoratori si dissociò per creare l’American Federation of Labor.
A fine ‘800 cominciò l’uso del termine progressista, per indicare i movimenti politici che volevano favorire il controllo del popolo sulle attività delle istituzioni e rendere più forte il governo, così che fosse in grado di combattere gli interessi particolari.
Rimaneva aperta una questione di carattere razziale: la questione degli indiani e dei neri.
1868: trattato di Fort Laramie. Fu proibito agli europei di entrare nelle riserve, da cui gli indiani non potevano uscire. Il trattato, però, fu spesso violato. Gli ultimi a ribellarsi furono i Sioux e i Cheyenne che sconfissero gli americani nel 1876 e furono, a loro volta, sconfitti in seguito.
Nonostante la liberazione degli schiavi, i neri restarono in condizioni di vita pessime, sottoposti anche alle pressioni violente di gruppi come il Ku Klux Klan (vedi sopra).
AMERICA LATINA
L’America Latina era formata dai paesi di lingua e cultura portoghese e spagnola.
L’avvenimento di maggior importanza nei paesi sudamericani fu la caduta della dinastia portoghese dei Braganza in Brasile. La caduta dell’impero brasiliano si svolse sotto Pietro II: egli aveva favorito l’emancipazione degli schiavi e, per questo, era visto male dai conservatori, i quali gli voltarono le spalle quando i militari effettuarono un colpo di stato e instaurarono la repubblica. Il governo, restato nelle mani dell’esercito per un certo periodo, passò ad una forma federale.
Nell’America centrale il Messico, dopo la sconfitta della guerra avvenuta tra il 1845 e1848, cedette agli USA il Texas, il New Mexico, l’Arizona, la California, il Nevada e il Colorado.
Una figura importante fu Benito Juarez che diventò presidente e cercò di instaurare in Messico un regime liberale. Realizzò riforme volte a colpire lo Stato e la Chiesa: secondo lui, infatti, il Messico poteva progredire solo con la nascita di una classe media.
Nell’America del sud si verificarono importanti investimenti stranieri, da parte degli USA e dell’Europa. I capitali investiti venivano impiegati nella costruzione di infrastrutture, come le ferrovie, nell’agricoltura e nelle miniere.
I paesi dell’America del sud erano i maggiori esportatori di cereali, di carne e di fertilizzanti (guano). Negli ultimi anni dell’800 le ferrovie aiutarono lo sviluppo delle esportazioni. Lo sviluppo economico, però, interessò solo i paesi esportatori: Argentina, Brasile e Cile.
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