1848

Materie:Tema
Categoria:Storia
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Testo

Con la datazione 1848 viene designato quel ciclo storico segnato da insurrezioni rivolte e rivoluzioni che coinvolsero quasi simultaneamente l’Europa intera ad esclusione delle sole Inghilterra e Russia. Definito “Annus Mirabilis” è, in realtà, il risultato di anni di immobilismo e scontento sia sociale che politico che trovarono la loro goccia in eccesso nella crisi economica del ’46-’47 che aprì la strada all’impetuoso fiume di rivolte che inondò tutto il vecchio continente. La scintilla scoppiò il 12 gennaio a Palermo per dilagare fino al centro dell’Europa: in febbraio fu rivolta a Parigi; nella Germania meridionale, a Vienna, Venezia, Milano e Praga in marzo ed gli ‘italiani’ videro protrarsi gli scontri lungo tutto l’anno corrente e fino al successivo.
Se il casus belli, inteso come input generale, fu lo stesso, diversificati si rivelarono gli scopi dei vari ‘paesi’(se così possono essere definite quelle zone che ancora paesi non erano). In primo luogo la Francia orléanista, la cui rivolta presentò una matrice di stampo sociale, decisa a sovvertire l’egemonia tanto economica quanto politica della classe capitalistica. Il ‘re borghese’ non si era infatti mostrato tanto liberale com’era stato presentato ed i conflitti maturati durante la crescita economica degli anni 30-40 scoppiarono. La classe operaia rivendicava diritti che le concedessero dignità, tra questi invocava specialmente una giusta rappresentanza politica e, quindi, il diritto di voto. La rivolta sfociò in un nuovo governo provvisorio dove figurava, per la prima volta nella storia, un operaio. La vittoria dei radicali durò ben poco però; la “Paura Rossa”, infatti, elesse l’ombra di un nuovo Napoleone Bonaparte, il nipote del ‘grande’, a capo dei moderati.
Non la necessità di egualitarismo, ma i diritti politico-costituzionali di libertà ed unità, invece, furono alla base dei tumulti di tre grandi capitali europee: Vienna, Praga e Berlino.
Dal Congresso del 1815 la direttiva principale della politica asburgica era stata quella di mantenere lo status quo istituzionale e territoriale definito a Vienna, ma la nascita di una coscienza nazionale da parte delle varie componenti etniche che ne facevano parte, andò a minare tale equilibrio. Nel marzo 1848 il movimento rivoluzionario costrinse Metternich, alfiere della Restaurazione, alle dimissioni ed il re ad abdicare a favore del nipote diciottenne, ma all’intervento delle truppe dello zar di Russia sia i ribelli del Lombardo-Veneto, sia quelli ungheresi sarebbero stati schiacciati. Nel mentre, la rivolta si era estesa anche dalla ‘Germania’ meridionale fino a Berlino, dove il re era stato costretto a convocare a Francoforte una Dieta, che avrebbe dovuto rappresentare l’assemblea costituente dell’unificazione nazionale. In tal sede due ipotesi si scontrarono sull’inclusione o meno dell’Austria in quella che sarebbe diventata o la “Grande” o la “Piccola” Germania”. La seconda proposta prevalse per poi fallire nel rifiuto sdegnoso del re di Prussia. Guglielmo IV rifiutò infatti di porsi a capo di un’unificazione condotta per manu militari che gli offriva un “diadema avvelenato” proveniente dalle mani del popolo.
In Italia il fermento si estese a tutto il territorio, il 17 marzo insorse Venezia, che proclamò la Repubblica di San Marco guidata da Manin ed il giorno successivo ebbero inizio le cinque celebri ‘Giornate di Milano’ sotto la direzione di Carlo Cattaneo. Ruolo fondamentale, con accezione negativa, ebbe il cosiddetto ‘re Tentenna’, Carlo Alberto di Savoia. In seguito a tali avvenimenti questi si decise a dichiarare guerra all’Austria, ma l’efficienza dell’esercito sabaudo si rivelò pressoché nulla e le truppe del generale Radetzky riconquistarono una dopo l’altra le città piemontesi. Venne firmato un armistizio e fu proclamata, dopo la cacciata di Pio IX, la Repubblica Romana. La situazione era però favorevole al programma repubblicano ed unitario, definito da Carlo Alberto “una catastrofe per il trono in Piemonte e per il rimanente d’Italia”, così il re decise di recuperare il suo prestigio rompendo la tregua con l’Austria. Una dopo l’altra caddero tutte le città, Venezia per ultima, stremata dal colera il 23 marzo 1849. La guerra durò quindi pochi giorni e con l’Armistizio di Vignale il re fu costretto ad abdicare a favore del figlio Vittorio Emanuele II, che mantenne l’ordine del ‘casato’ anche dopo l’unità.
Il 1848 è così diventato una data proverbiale nell’indicare una serie di avvenimenti sovvertivi e simultanei. Lo storico Hans Kohn ha ben sintetizzato l’importanza di tale annata che segnò un punto cruciale nella storia moderna dell’Europa e l’inizio del secolo decimonono. Esso ha radici innanzitutto nella Rivoluzione francese che aveva impresso quei principi di liberalismo e socialismo che il Congresso di Vienna non è poi riuscito, attraverso il suo intento reazionario, a cancellare dalla coscienza collettiva.
Il ’48 fu, così, liberale nei suoi ideali e negli uomini; fu socialista nei suoi presupposti di lotta di classe e, forse, di rivoluzione sociale. Quella radiosa aurora si rivelò, però, solamente una “breve alba”, tutte le speranze si trasformarono ben presto in amare delusioni e la causa del popolo sembrò ovunque sconfitta, ma questo anno ha comunque concluso un’epoca ponendosi come ‘spartiacque’ con il passato. Viene delineato qui, per la prima volta, il ’900 con le sue contraddizioni politiche e ideologiche e con il continuo urtarsi di socialismo e nazionalismo, i quali porteranno la battaglia all’apogeo durante la II guerra mondiale. Fu proprio in questo clima, infatti, che si diffuse il Manifest der Kommunistisches Partei di Marx ed Engels mentre per una più limpida delineazione dei principi nazionalsocialisti si dovranno aspettare ancora alcuni decenni; ma questo è il terreno fertile dove entrambi questi due movimenti sono nati per poi essere sfruttati in seguito come due tra le più crudeli armi ideologiche della storia. È così che la “Primavera dei Popoli” si è conclusa.

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