Van Gogh e la sua diversità

Materie:Tesina
Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

Tesina di Arte
“I mangiatori di patate” di Van Gogh
-
Van Gogh e la sua diversità
di
Alaimo Cinzia
Esami di Stato - a.s. 2007/2008
VINCENT VAN GOGH
“ I MANGIATORI DI PATATE”

I mangiatori di patate (1885), olio su tela; Amsterdam, Museo Van Gogh.
Si tratta del dipinto più importante del periodo olandese di Van Gogh, prima del suo trasferimento a Parigi.
Dipinse il quadro in Olanda, dove vivevano i genitori, poco dopo la morte del padre, pastore protestante.
Lavorò su questa tela dal 13 aprile fino all’inizio di maggio, periodo in cui il pittore aveva quasi ultimato l’opera eccetto per alcuni cambiamenti apportati più tardi ma sempre nello stesso anno con un piccolo pennello.
Con questo quadro il pittore vuole mostrarci la situazione economico-sociale di quel tempo. Come scrisse egli stesso in una sua lettera, “Ho voluto far comprendere che questa povera gente che mangia patate, alla luce di una lampada, servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro perciò evoca il lavoro manuale”.
Singolare è la rappresentazione del volto e delle mani dipinti in modo caricaturale: con questo il pittore vuole esagerare e intensificare la realtà al fine di renderla più intensa. In effetti la lampada a petrolio che scende dal soffitto a travi proietta una luce debole nell’oscurità della sera, che illumina la parte centrale del dipinto, i volti e in particolar modo le mani. Egli da molta importanza alle mani, in quanto vuole mettere in evidenza il rapporto tra il lavoro manuale e il mangiare patate. La luce colpendo soltanto alcune parti provoca contrasti chiaroscurali e accentua la caratterizzazione dei volti, delle mani nodose, degli abiti, con una deformazione che significa fatica fisica. I personaggi non sono abbruttiti e conservano la loro dignità.
La disposizione delle figure non è casuale, ma segue un preciso modello geometrico: due personaggi di profilo incorniciano una coppia che siede in posizione frontale, mentre il tavolo viene interrotto visivamente da una figura femminile di spalle.
La stanza è arredata poveramente.
Per questa rappresentazione, il pittore utilizza nuove combinazioni di colore, che esprimono anche la sua partecipazione emotiva: il colore, che richiama le tecniche fiamminghe, è monocromatico; ciò fa si che l'occhio non sia appagato ma percepisca la realtà attraverso l'interiorità di Van Gogh.
IL POST-IMPRESSIONISMO
A partire dal 1880 circa, ci si pone il problema di come dare consistenza alla fugacità dell’impressione. E’ nell’ambito di questa crisi che si colloca la nascita del “puntinismo” o, come anche è stato detto, del “neoimpressionismo”.
Al post-impressionismo si rifanno tutti quegli orientamenti artistici che si svilupparono in Francia nell'ultimo ventennio dell'Ottocento.
Non si trattò di un vero e proprio movimento riconosciuto, ma di un momento nuovo di ricerca e di assimilazione di ciò che avevano fatto gli Impressionisti.
Nelle opere dei post-impressionisti si possono ancora intravedere elementi che legano la loro pittura all'impressionismo, quali tracce della pittura a tocco, il colore inteso non in senso assoluto, la pittura basata sul contrasto tra colori complementari, il dato di osservazione dal vero, e la trasparenza realistica di alcuni elementi.
Elementi per cui la loro pittura si allontana dall'impressionismo sono, invece, il ripristino della linea di contorno e del disegno, e di conseguenza il ritorno all'utilizzo del marrone e del nero, la stesura del colore in campiture piatte e monocromatiche, la tendenza al linearismo, e la predilezione per la bidimensionalità.
Altre caratteristiche comuni ai post-impressionisti furono il rifiuto della sola impressione visiva, la tendenza a cercare la solidità dell'immagine, la certezza e la libertà del colore. Le immagini assumono valore per la loro capacità evocativa. Per questo ricompaiono temi mitologici o fantastici, e le immagini perdono il carattere di realtà, nel volume, nello spazio, nel colore ecc.
Si utilizza l'arte come mezzo di reazione ai valori della società borghese di fine secolo, anche se non sempre in modo consapevole.
VINCENT VAN GOGH
(1853-1890)
Vincent Van Gogh (Olanda, 1853 – Francia 1890) apre un capitolo nuovo dell’arte europea negli anni della crisi dell’impressionismo.
Van Gogh può essere considerato tanto geniale quanto incompreso; egli dipinse una grande quantità di quadri divenuti famosi solo dopo la sua morte suicida.
Celebri i suoi paesaggi, i fiori (in special modo i girasoli, la cui serie di dipinti lo ha fatto conoscere in tutto il mondo) e gli autoritratti.
Un museo a lui dedicato, il Van Gogh Museum, si trova ad Amsterdam.
Van Gogh è un autodidatta che dipinge per necessità interiore.
Pur guardando con attenzione i fatti artistici contemporanei, Van Gogh inventa una tecnica tutta personale, la sola adatta a dar corpo alle proprie immagini; caratteristica rilevante di questa tecnica dal gusto personale è la tendenza a trasfigurare la realtà a favore del proprio “io”.
Vincent Van Gogh nasce il 30 marzo 1853 da Théodorus Van Gogh, pastore protestante, e da Anna Cornelia: primo di sei fratelli, Vincent ha un' infanzia turbata, anche a causa dell'apprensione dei genitori, e la sua vita è un cammino di insuccessi esistenziali e sociali. Nel 1857 nasce il fratello Théodorus, chiamato Théo, che avrà una grande importanza nella sua vita.
Nel 1869 inizia a lavorare in una bottega d'arte ; passa il tempo libero leggendo molto e visitando musei.
Gli anni che seguono segnano per Van Gogh un continuo viaggio che lo porterà a Bruxelles, Londra e Parigi.
Van Gogh decide di dedicarsi interamente alla pittura solo a partire dal 1880, appena dieci anni prima della sua morte. Ma sono anni di lavoro intenso, durante i quali crea un numero elevatissimo di opere (oltre 850), maturando rapidamente e precisando sempre più la propria personalità.
Questa velocità pittorica è forse una delle chiavi per capire Van Gogh. Non è semplicismo o faciloneria: è, piuttosto, la necessità di seguire con la mano l’urgenza interiore di esprimersi, in assoluta libertà, obbedendo al sentimento più che alla ragione.
E’ una svolta decisiva nella storia dell’arte. Anche gli impressionisti lavoravano rapidamente per non perdere il contatto con la fugacità della luce. Ma Van Gogh, pur dovendo molto alla lezione impressionista, pur restando anch’egli aderente al soggetto naturalistico, tende a proiettare nella realtà se stesso e quindi a trasformarla, o meglio, a trasfigurarla secondo i propri sentimenti. Egli, dunque, non si era immedesimato nella natura, ma aveva immedesimato in se stesso la natura, l’aveva obbligata a piegarsi, a modellarsi secondo le forme del proprio pensiero, a seguirlo nelle sue impennate, addirittura a subire le sue deformazioni.
Fin dal periodo trascorso in Olanda, prima del trasferimento in Francia, il suo modo di vedere non è mai oggettivo: a lui, più che narrare i fatti o descrivere luoghi, interessa il significato umano di ciò che rappresenta, così come lo sente.
Nel 1886, dopo aver inutilmente tentato di frequentare corsi regolari di pittura, parte improvvisamente per Parigi, dove, tramite il fratello Théo, entra in contatto con alcuni fra i maggiori artisti d’avanguardia, come Bernard, Monet, Renoir, Pisarro, Sisley, Signac.
Il 1886 è l’anno dell’ultima Mostra degli impressionisti. E’ dunque l’anno in cui ufficialmente ha fine la stagione artistica impressionista e ne ha inizio un’altra, il puntinismo.
Dapprima deluso dall’impressionismo, Van Gogh ne sente subito dopo il significato e schiarisce la sua tavolozza, fino ad allora molto scura e monotona, scoprendo la bellezza del colore.
L’accostamento dei puntini diviene in Van Gogh un mezzo per eludere la restituzione del vero; più che di “puntinismo” si dovrà parlare di “divisionismo”, perché i puntini si trasformano gradualmente in linguette di colore accostate, disposte secondo un ordine coerente alla forma del soggetto.
Nel 1888 lascia la capitale e si trasferisce ad Arles, nella Provenza ricca di colori e luminosità, che gli appare in tutto il suo splendore meridionale.
In questo luogo entusiasmante Van Gogh vagheggia di costruire una comunità di artisti che possono lavorare insieme. Ma il disegno non ebbe l’esito sperato e, anzi, durante il soggiorno di Arles, si verificò il peggioramento delle sue condizioni mentali che lo portarono a diversi ricoveri in case di cura.
Eppure il periodo di Arles è fecondo di opere (circa 200 pitture) di altissimo livello.
Tornato a Parigi, nel 1890, si conclude improvvisamente e tragicamente la breve e sofferta vita del pittore: il 27 luglio, errando fra i campi, si spara un colpo di rivoltella al cuore.
Quando si parla di Van Gogh, si parla anche della dicotomia genio-follia, indicando in quest'ultima il motore della pittura originale, unica dell'artista.
Altri ritengono invece che Van Gogh dipingesse nei momenti di sanità, e che la sua genialità non fosse connessa alla follia.
Sono mille le congetture di malattia, tutte basate su ipotesi fatte a posteriori: chi prende spunto dalla biografia, parla di un incrudelirsi della malattia venerea, o addirittura di una possibile ereditarietà dal padre di sifilide, oppure di schizofrenia, depressione, etc. Chi prende spunto dalla sua arte, vede nei suoi quadri spiraleggianti, delle caratteristiche comuni a mille altri pazienti affetti da malattie degenerative del cervello.
Altri invece scindono completamente questi ed altri motivi pittorici da presunte degenerazioni patologiche, considerandoli pura arte.
Con i mezzi attuali, ogni supposizione è possibile, perciò nessuna è unica e veritiera. Ciò che è permesso dire, è che l'arte di Van Gogh è illuminante, e la sua figura, magra piccola e solitaria nella carne, si staglia, in realtà, gigantesca e poderosa nella storia dell'arte e dei sentimenti umani.

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