Manierismo a palermo

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Introduzione
L’architettura siciliana, secondo la definizione del testo di Calandra “Breve storia dell’Architettura in Sicilia”, è un’architettura “fatta di briciole che, assimilate con il contenuto della tradizione, hanno dato luogo sempre ad un operare atipico nell’ambito d’ogni fenomeno architettonico specifico in base alla condizione storica”.
E’, infatti, innegabile che il Quattrocento e il primo Cinquecento in Sicilia siano rimasti fortemente legati a contenuti di sapore gotico catalaneggiante e che la vicenda rinascimentale isolana sia stata piuttosto fragile rispetto al resto dell’Italia.
Tuttavia, dopo la prima metà del sedicesimo secolo confluisce nell’architettura isolana una corrente che apporta nell’ambito culturale dell’attardata corrente rinascimentale il vigoroso impulso michelangiolesco: artisti toscani o formatisi a Roma, infatti, confluiscono nel messinese e quindi nel palermitano.
A Palermo questa penetrazione manieristica si esplica in una prima fase con opere in genere anonime, se si eccettua la Fontana di Piazza Pretoria del Camilliani, in cui affiora per lo più un’influenza libresca, derivata dalla diffusione dei trattati sull’Architettura, specie quelli del Serlio, del Vignola e del Labacco.
Alla fine del ‘500 la Sicilia diviene quindi, sul piano artistico, una provincia italiana, per cui l’isola si allinea alla cultura che le proviene dall’Italia.
E’ però interessante porre l’accento su come l’aspetto del capoluogo siciliano si fosse sensibilmente trasformato già nei primi anni del XVI secolo.
La ristrutturazione del sistema difensivo della città e gli interventi urbanistici del XVI secolo
I primi del Cinquecento videro mutare completamente il sistema difensivo della città costituito, sino a quel tempo, dalla cinta muraria formata da “torri e cortine”.
Nella prima metà del XV secolo, infatti, gli effetti distruttivi delle artiglierie avevano indotto gli ingegneri militari a ricercare nuove forme di fortificazioni pervenendo al “tracciato bastionato”, il cui elemento fondamentale (il “bastione” o “baluardo”) era costituito da una grande massa di terra avente forma pentagonale, capace tra l’altro, di assorbire le notevoli azioni dinamiche delle artiglierie poste su di esso.
Nella prima metà del Cinquecento, inoltre, l’aggravata minaccia dell’“Armata del Turco”, nella quale militavano anche feroci corsari il cui solo nome era sufficiente a terrorizzare le popolazioni rivierasche, consigliò il potenziamento delle fortificazioni delle città costiere dell’isola.
In tale circostanza la cinta muraria di Palermo fu rinforzata, integrandola con la costruzione di numerosi bastioni e con lo scavo di un grande fossato esterno.
Contemporaneamente il Castello a mare (già ingrandito alla fine del secolo precedente) fu ulteriormente rafforzato.
La città assunse in tal modo quella caratteristica forma esterna che avrebbe mantenuto inalterata sino alla fine del Settecento.
Verso la metà del secolo ebbe inizio un fervore d’interventi urbanistici che sarebbe culminato, nell’anno 1600, con l’apertura di una strada nuova ortogonale a quella antica del Cassaro.
Tali interventi possono, in forma sintetica, essere così elencati:
1508 – Nell’intricato tessuto viario fu inserito, secondo un disegno d’assi ortogonali, un crocevia formato
da due strade ben ordinate e diritte (Discesa dei Giudici e Via Lattarini)
1510 –Vengono portate a compimento le opere di sistemazione della piazza della Bocceria della foglia
iniziate sin dal 1454
1545-59 –Viene creata la Piazza del Garraffello
1567 – Si rettifica e si allarga l’antica strada del Cassaro e si apre il piano dei Bologna.In questo
stesso anno è da ricordare l’inizio dei lavori per la costruzione del Molo Nord, opera colossale e di
ingente spesa che destò meraviglia nei tecnici e nella gente di mare dell’epoca.La sua realizzazione
si rese necessaria giacché il progressivo interramento della Cala, nonostante la costruzione del
Molo Sud, aveva reso insufficiente alle necessità della navigazione l’antico approdo della città
1568 – Viene prolungata la strada del Cassaro sino alla Chiesa di Porto Salvo, demolendo l’antica Torre di
Baych con la vicina Porta Patitelli.
1577 – Si realizza la sistemazione del “piano a mare”, oltre le mura, e la creazione della “passeggiata” detta
Strada Colonna (attuale Foro Italico)
1581 – Avviene il prolungamento ulteriore della strada del Cassaro e l’apertura della Porta Felice.
E’ di questo periodo tra l’altro la pubblicazione delle prime carte a stampa di Palermo, testimonianza del fatto che l’assetto della città si è ormai istituzionalizzato in un disegno che merita conoscenza e diffusione.
Famosa la rappresentazione della città contenuta nel Civitates orbis terrarum di Braun e Hogemberg
Nell’ultimo decennio del secolo ebbe luogo la bonifica interna delle zone attraversate dai due corsi d’acqua Kemonia e Papireto. Ciò si rese necessario per evitare le catastrofiche conseguenze di alluvioni simili a quella dell’anno 1557.
Questo intervento urbanistico è facilmente individuabile nell’odierna cartografia, in quanto l’ordinato tessuto viario in questa zona risalta in netto contrasto con quello intricato e spontaneo delle zone limitrofe.
Nel 1571 poi si ebbe il primo intervento urbanistico esterno alla città con la creazione, per volontà del presidente del Regno D. Carlo d’Aragona, principe di Castelvetrano, del Borgo di s. Lucia, prevalentemente abitato da pescatori, posto ad una certa distanza dalla città stessa.
Le vicende di questo borgo, quale la peste del 1575, ne provocarono l’isolamento fino alla seconda metà del XIX secolo, quando venne rinsaldato all’antico tessuto urbano.
Altro tentativo di sviluppo della città al di fuori della cerchia muraria fu intrapreso nel 1580 dal viceré Marcantonio Colonna che ordinò la costruzione di una strada per congiungere la città di Monreale, lo “Stradone per Monreale”: rettilineo per quasi tutto il percorso, aveva inizio a Porta Nuova ed era quindi la logica continuazione del Cassaro.
Sin dai tempi più antichi, l’arteria del Cassaro (dall’arabo al-Qasr) è stata l’asse più importante della città, da cui si dipartivano in età fenicia e romana le strette stradine allineate ortogonalmente della parte alta, a monte, e a cui si addossarono, nel tratto inferiore, i quartieri medievali. Essenziale strada di collegamento tra il Palazzo degli Emiri – poi Palazzo Reale – e il mare, il Cassaro fu la prima via della città ad essere lastricata in pietra (da cui la dicitura di Strada Marmorea) e assunse il suo aspetto definitivo soltanto alla fine del XVI secolo, con i due prolungamenti del 1568 sino alla Chiesa di S.Maria di Portosalvo e del 1581.Si venne così a determinare uno spettacolare cannocchiale prospettico, esaltato dalla differenza di livello e inquadrato alle due estremità, quella che guardava ai monti e quella rivolta verso il mare, rispettivamente da Porta Nuova e Porta Felice. A tal proposito è da sottolineare che nell’ambito palermitano coesistono due “maniere” in una sorta di equa pariteticità: l’una, quella colta ed intellettualisticamente contenuta, di estrazione continentale che ha come campione significativo, appunto, la Porta Felice di Mariano Smeriglio; l’altra, quella che rielaborandosi sulla precedente e affondando decisamente le sue radici nel substrato della tradizione, ha il suo monumento più espressivo e meglio caratterizzato nella Porta Nuova.
Porta Nuova e Porta Felice
Porta Nuova. Ideata nel 1569 e realizzata nel 1583, mostra di sé una duplice significazione.Mentre il fronte interno vuole forse aderire ad una prima stesura di contenuti rigorosamente geometrici, il fronte volto verso Monreale aderisce ad un Manierismo fiorito e più tardo, protobarocco.Si è detto che i grandi Telamoni possono apparire monumentali pupazzi delle farse paesane, statiche caricature di un mondo temuto nel subconscio dell’animo popolare; pur accettando questa tesi, non si può non considerare il contenuto ironico e bonario della Porta Nuova né si può disconoscere di questi Telamoni l’adesione al Manierismo, che rivela tuttavia un antinaturalismo di fondo, espresso tramite la deformazione antropomorfica degli elementi tettonici, in un senso allegorico che è proprio anch’esso del manieristico concetto dell’“inganno”.
Porta Felice. L’ingresso, cioè, dalla parte del mare, al Cassaro, il primo progetto, che la tradizione ha fatto risalire al Bramante, iniziava verso il 1582, ma proseguiva, dopo una stasi di un ventennio, soltanto nel 1602 sotto la direzione dello Smiriglio.
L’impostazione del monumento, la sua articolazione ufficiale, la grazia contenuta della decorazione e la vibrazione che nasce dal fatto di essere realizzata in pietra tufacea, fa pensare ad esso come ad un prodotto manieristico di elegante fattura, che potrebbe richiamare da vicino, realizzato con elementi tettonici diversi, il pensiero di uno Jacopo Del Duca nell’unico esempio a noi pervenuto, e cioè nella Tribuna della Chiesa di Malta a Messina, opera che rivela ampliamente la sua estrazione buonarrottiana.

Il taglio della Via Maqueda
Negli ultimi anni del secolo ebbe luogo un fondamentale intervento urbanistico: il taglio di una nuova strada perpendicolare a quella del Cassaro,intitolata al viceré dell’epoca duca di Maqueda, ma che il popolo per molto tempo chiamò semplicemente “strada nuova”.
L’apertura di questa strada, avvenuta nel 1600, ristrutturò a fondo la città facendo scomparire l’antica suddivisione in cinque quartieri e creandone al loro posto quattro nuovi determinati dalla croce delle due vie.
La sistemazione della strada del Cassaro ed il taglio della Via Maqueda sono stati attribuiti dalla tradizione locale ai viceré Garcia di Toledo e Maqueda. E’ stato invece dimostrato che ci fu una precisa volontà pianificatrice da parte dell’amministrazione civica, sia nel primo che nel secondo intervento, per ripartire la città in “quattro nobili parti” alla ricerca di un effetto scenografico che restituisse unità estetica al complesso urbano sino a quel tempo frammentato in una miriade di episodi edilizi.
Ma è anche probabile che ambedue gli interventi siano stati voluti allo scopo di rendere disponibili, lungo i fronti delle due strade, nuove aree edificabili dove l’aristocrazia isolana, che aveva abbandonato i lontani feudi divenendo cittadina per far corte attorno al viceré,potesse erigere le sue splendide dimore, e dove conventi e monasteri, sempre più accresciuti dal persistente istituto del maggiorasco, potessero innalzare nuovi e sontuosi complessi religiosi.
E’ da notare infatti che, mentre lungo il Cassaro rimasero localizzate le grandi attrezzature urbane,lungo la “strada nuova” vennero invece costruiti soltanto palazzi dell’aristocrazia o imponenti complessi conventuali.
Agli estremi della nuova strada vennero aperte due porte, la prima detta di “Maqueda” in onore del viceré, l’altra chiamata “di Vicari” in quanto dedicata al pretore del tempo.
L’incrocio delle due strade determinò il nuovo centro della città – la piazza Villana, architettonicamente completata solo nel 1620 – che sino alla fine del secolo scorso poté considerarsi il vero cuore di Palermo.
La Via Maqueda passò alta sulla bassura del Papireto costituendo un pericoloso sbarramento i cui effetti nocivi sono stati più volte risentiti in occasione di alluvioni durante le quali il corso d’acqua ha ripreso il suo antico letto.
Ultimata la “croce barocca” formata dalle strade del Cassaro e Maqueda, all’alba del XVII secolo la vicenda urbanistica s’era conclusa. Era nata Palermo, una delle più moderne capitali europee; spazi, aree edificabili, quinte scenografiche e dinamiche erano pronte ad accogliere le architetture del potere laico ed ecclesiastico.
A questo fervore si deve lo stimolo al rinnovamento edilizio che ha segnato, sotto la sigla barocca, gran parte degli spazi esterni ed interni del capoluogo siciliano.
BIBLIOGRAFIA:
Cesare De Seta, Maria Antonietta Spadaro, Sergio Troisi – “Palermo città d’arte” (guida ai monumenti di Palermo e Monreale.
Rosario La Duca – “Palermo ieri e oggi” (la città)
M. De Simone – “Manierismo architettonico nel Cinquecento palermitano”

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