L'impressionismo

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte
Download:1961
Data:26.03.2000
Numero di pagine:8
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
impressionismo_17.zip (Dimensione: 8.75 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_l-impressionismo.doc     35 Kb


Testo

L’impressionismo

Fin dal 1874, alcuni artisti si battevano contro l’accademismo per l’affermazione di una pittura che interpretasse la realtà in maniera nuova totale e libera. Sii libero dice l’artista. Il gruppo si era formato per aggregazione spontanea e per unità d’intenti nella battaglia comune. Le loro idee venivano discusse negli incontri al Caffè Guerbois e più tardi al Caffè della Nouvelle. Personaggio centrale ne era Edouard Manet, cui si affiancavano, Pissarro, Monet, Degas, Renoir, ecc.
Poiché la giuria dei Salon aveva quasi sempre respinto le loro opere, non comprendendone la novità, nacque l’idea di una mostra indipendente. Infatti, tali artisti erano spregiativamente chiamati Impressionisti. Le impressioni sono prive di meditazione, superficiali, non definite, i quadri sembravano solo abbozzi in attesa di essere rifiniti. Da allora tutti questi pittori vennero chiamato con quel termine.
Il punto di partenza del gruppo era la resa della realtà, non di una scelta, non di una parte, ogni suo aspetto, anche quello apparentemente più banale, in quanto fa parte di noi stessi e quindi possibile di essere dipinto. Rappresentano, quindi, la realtà naturale comprendendola tutta, anche quella umana e cittadina. Scrive Zola: “L’artista esiste di per se e non per i soggetti che sceglie”. Non vi sono intenti politici, un po’ forse, per le tante delusioni e per l’eterogeneità sociale del gruppo. La loro rivoluzione e forse più violenta, l’affermazione costante della propria libertà di artisti, malgrado gli insuccessi e la miseria sono state altamente dirompenti. Essi si rendono conto che nessun oggetto vive da solo, ma in un contesto generale che, collegando l’uno a l’altro, non ha mai termine, così come la nostra vita è un continuo fluire, senza pause. Lo spaio non è definibile secondo le norme della prospettiva, perché esiste non soltanto in profondità verso il punto di fuga, ma anche a destra ed a sinistra. La realtà dovrà essere resa nella sua globalità come noi la percepiamo. Manet diceva: “Non stia tanto a guardare lo sfondo. Pensi soprattutto ai valori”. Il nostro occhio vede oggettivamente ogni dettaglio sul quale si sofferma. Ma la ragione, trascurando il superfluo e cogliendo solo “ l’impressione” generale, opera una sintesi e comprende la realtà nella sua sostanza. La luce è l’elemento indispensabile per la visione, che colpendo gli oggetti viene assorbita scomponendosi nei vari colori, cangianti continuamente a secondo dell’ora della stagione e dal nostro punto di vista. L’impressionismo è il trionfo del colore. Le ombre, invece che nere, benché meno luminose, sono anch’esse formate da colori, per lo più complementari. Essi giustappongono i colori sulla tela a secondo il loro modo di vedere. Lo stesso tema, nello stesso punto di vista e nella stessa ora, potrà essere dipinto da più pittori, ed il risultato non sarà mai uguale, perché ciascuno ha un proprio mondo interiore e giudica in maniera diversa la realtà. Ma anche dallo stesso pittore in momenti diversi. La maggior parte degli impressionisti riteneva che era meglio dipingere all’aperto, di fronte alla natura libera, per ricevere con immediatezza l’impressione in tutte le infinite sfumature della luce, del colore, dei riflessi, dei movimenti. Altri ritenevano che era meglio dipingere in studio, affermando che l’impressione filtrata attraverso il ricordo fosse più autentica perché non soggetta al pericolo della riproduzione banale del vero.

Manet
Edouard Manet (Parigi 1982, ivi, 1883), il principale esponente del gruppo di Batignolles, l’artista le cui opere suscitavano sdegno e scandalo allo stesso tempo era in realtà un uomo alieno dalle grandi battaglie. Apparentemente nella sua concezione non c’è niente di rivoluzionario, tanto da essere ritenuto un imitatore con scarsa fantasia. Ma il soggetto non è che un pretesto, ciò che conta e la resa e l’interpretazione che ne da l’artista. Ed in questo Manet apre strade nuove.
Uno dei quadri che suscitarono maggiori polemiche fu il Dèjeuner sur l’herbe, che apparve scandalosamente indecente. Eppure non soltanto il nudo è uno dei temi più usuali, ma per altro derivava da una nota tela di Giorgione o di Tiziano, il Concerto campestre. Lo scandalo nasceva dalla trasposizione del fatto in età moderna, lungo le rive di un fiume, come se una donna contemporanea, andando a fare una merenda sull’erba ai bordi della Senna, si fosse denudata e conversasse indifferentemente con due giovanotti borghesi abbigliati con cura, mentre un’altra ragazza, in camicia, si curva per sciacquarsi. Manet non aveva voluto scandalizzare nessuno, ma soltanto essere moderno.
Ma forse lo scandalo nasceva anche dalla nuova tecnica usata: l’evidenza luminosa del nudo contro i colori scuri degli abiti maschili, la resa realistica degli oggetti posati in terra, lo sfondo abbozzato impressionisticamente. Olympia rompeva ancor più decisamente, con la tradizione accademica per la modellazione esclusivamente coloristica. Ogni particolare anche il più insignificante, ha un suo preciso valore cromatico collocandosi in rapporto con tutti gli altri e con l’insieme: il fiocco rosa sui capelli, il nastrino nero al collo, il braccialetto dorato, il mazzo di fiori variopinti, le scarpette, il gatto nero eccitato, si concatenano armonicamente con le più vaste pezzature cromatiche dei lenzuoli e dei cuscini bianchi, della sovraccoperta di seta giallo chiaro ornata di nappe e fiorellini, del bel corpo ambrato della donna nuda, della veste rosa della negra, i colori distesi in superficie, senza passaggi chiaroscurali, sono resi più luminosi dal contrasto con il fondo scuro, diviso dalla verticale in due settori di diversa tonalità. Questi quadri sono stati realizzati in studio. Più tardi Manet si lascerà convincere dagli amici a dipingere en plein air, raggiungendo una maggior luminosità in senso impressionista. Il bar alle Folies-Bergère, qui veramente Manet è moderno, non soltanto per avere rappresentato un momento qualunque di un luogo contemporaneo, quanto per averne reso la transitorietà che è in tutta la nostra vita. Manet riesce a cogliere la poesia che è in ognuno di noi, “nelle nostre cravatte e nelle nostre spalle lucide. Egli rappresenta sul bancone del bar, i banali oggetti d’uso: bottiglie di champagne e di liquori, una fruttiera di cristallo, un bicchiere con i fiori. Ma questi oggetti non sono protagonisti; sono resi impressionisticamente con tocchi di colore, con luci riflessi. Protagonista è la giovane cameriera che con una massa cromatica blu ed azzurra conduce verso il viso, dai chiari occhi malinconici. Tutti intorno è la vita effimera del celebre locale. Dietro la cameriera è un grande specchio nel quale si riflettono il suo dorso, parte del banco, una folla variegata, gente che vive. Lo specchio da una dimensione più ampia allo spazio, trasforma la realtà oggettiva ed esteriore nella realtà filtrata attraverso la coscienza del pittore.

Monet
Il pittore che più di tutti, rappresenta ai nostri occhi l’impressionismo, è Claude Monet (Parigi 1840- Giverny, 1926). Già ne La Grenouillère, il quadro che può essere considerato uno dei primi veramente impressionisti. Qui la Natura vive in tutta la sua mobilità e continuità e noi viviamo in mezzo ad essa. Protagonista del quadro è l’acqua che, a causa del punto di vista leggermente rialzato, domina buona parte della superficie; anzi sentiamo la prosecuzione di essa oltre i limiti della cornice. L’acqua mobile e riflettente, tutto ciò che la sovrasta e la circonda (cielo, alberi, uomini, barche, pontili) vi si specchia con i suoi diversi colori, che si influenzano reciprocamente, si fondono e, così modificati, ne vengono respinti, tornando ad influenzare quelli degli stessi oggetti riflessi, con relazione al continuo inarrestabile movimento della superficie. Le percezioni visive, fatte di colori, sono infinite e sempre diverse, quando elemento centrale della visione è l’acqua; in qualche modo, inconsapevolmente, si riprende in questi quadri il tema che è stato il motivo conduttore di tutta l’arte veneziana, non per nulla Monet, recatosi a Venezia, ormai vecchio e celebre, restò colpito ed entusiasta dell’inimitabile luce della città, rammaricandosi di non averla conosciuta da giovane, disse: “Venezia è l’impressionismo in pietra”. Per Monet l’acqua esprime il senso della relatività di tutti i nostri rapporti con ciò che ci circonda, anzi la relatività del nostro essere. Il tema è un luogo qualsiasi come spesso vedremo nelle pitture di Monet. Fra le opere dipinte ad Argenteuil, una località sulla Senna a nord-ovest di Parigi, le più note sono: La regata ad Argenteuil, dove l’acqua del fiume riflette l’azzurro del cielo, il roso delle cose, il verde della riva, il bianco delle vele. La luminosità è intensa e festosa, tutto è colore. L’atmosfera nebbiosa attenua i contorni delle cose toglie loro esattezza obiettiva: da ciò che i nostri occhi vedono e ricavano impressioni non certezze. Fra le opere che maggiormente rendono l’impressione fugace del moto.
La cattedrale di Rouen è stata dipinta da Monet in 50 quadri, molti dei quali hanno per oggetto la sola facciata, vista da una posizione unica, eppur sempre diversa poiché diversa è l’ora del giorno. E’ uno dei più importanti monumenti gotici francesi. La facciata è vista obliquamente e solo in parte, le torri, i lati che sfuggono alla nostra attenzione. Lo stagno delle ninfee realizza l’ideale di totale comunanza con la natura. Coinvolgimento totale dell’emozione. E’ molto presente la qualità trasfiguratrice, che pur riconoscendo l’oggetto rappresentato, si può parlare d’astrattismo, poiché interessa il rapporto cromatico e la libertà inventiva delle forme, più che il tema. Monet apre la strada alle più audaci esperienze del Novecento.

Renoir
In Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 1841 – Cagnes, Nizza, 1919) la pittura esprime la gioia di vivere o, per essere più precisi, la gioia di partecipare alla vita di tutto ciò che ci circonda e di apprezzare la bellezza al punto da sentire l’urgenza irrinunciabile di fissare sulla tela il ricordo di ogni percezione visiva, tutto ciò che esiste vive, tutto ciò che vive è bello, tutto ciò che è bello merita di essere dipinto. Ormai vecchi e famoso e con le dita deformate si legava i pennelli ai polsi per poter lavorare, seduto su una sedia poiché semiparalizzato. Dipinse anche nel giorno estremo della sua vita, poco prima di assopirsi per passare al sonno della morte, chiese una matita per l’ultimo disegno. Tutta la sua pittura è piena di gioia e di luce. La Grenoullère, la tela che dipinge accanto a Monet è esemplare per spiegare le affinità e le differenze sostanziali. Sono simili nell’impostazione generale e nella divisione dei colori reciprocamente accostati, ma la pennellata di Renoir è leggera, levitante, trasparente, i riflessi sono vibranti, i toni più chiari e luminosi, l’atmosfera più primaverile. La luce non è soltanto rifranta e respinta dal movimento tenue dell’acqua, ma giunge ad essa già variegata e frammentata perché passa attraverso il filtro mobile delle foglie che pendono dai rami dell’albero centrale. Lo studio della luce culmina in una delle sue opere più note, il Bal au Moulin de la Galette. Egli come tutti gli impressionisti sceglie il soggetto della vita quotidiana. In questo caso un ballo all’aperto in un ritrovo di Montmartre, non un ballo aristocratico, ma un ballo di giovani qualunque nei loro vestiti giornalieri. Ama il movimento, perché il nostro esistere è un continuo trapasso spazio-temporale. Ama la vita, e questo quadro esprime lo slancio vitale nel concatenamento mobile delle figure in profondità e lateralmente e nel gioso ondeggiamento della luce che spiove dalle fronde degli alberi. Le impressioni sono fugaci ovunque è uno scintillio di luci e di colori che si tramutano. Si fissa un attimo di tanti che se ne susseguiranno senza soluzione di continuità, l’impressionismo coglie la sintesi dei molteplici momenti della nostra vita, andando ben oltre la semplice riproduzione della realtà esterna.

IL POSTIMPRESSIONISMO

La durata del movimento impressionista è breve, non più di una decina di anni che vanno dal 1870 al 1880. Perché molti ormai vivono lontano da Parigi, ma soprattutto perché dopo il 1880 ci si pone il problema di come dare consistenza alla fugacità dell’impressionismo: Renoir la cerca nel disegno raffaellesco ed ingrista, Degas nella sintesi operata dalla memoria. E’ nell’ambito di questa crisi che si colloca la nascita del puntillismo o, come anche è stato detto postimpressionismo.
IL più noto esponente del puntillismo è Gerorges Seurat (Parigi, 1859, ivi, 1891), la cui breve vita è stata costantemente impegnata alla ricerca e nell’applicazione alla pittura di un metodo scientifico, o presunto tale, che dia ordine razionale alle intuizioni impressioniste sull’importanza del rapporto luce-colore nella resa della realtà. Già gli impressionisti hanno constatato che non esiste il colore locale, perché ogni colore che noi vediamo nasce dall’influenza del suo vicino, e che perciò il colore, invece che mescolato deve essere accostato all’altro, soprattutto ricevendone un’esaltazione luminosa. Si fa forte della lettura di trattati scientifici sul colore, importanti in un’epoca in cui sembra che la scienza non si possa porre più alcun limite. Ai colori dovrà essere data la forma di punti, da cui la voce puntillismo.

Esempio