Il Duomo di Orvieto

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

IL DUOMO DI ORVIETO
In Orvieto, ridente città dell’Umbria posta su una singolare roccia tufacea d’origine vulcanica, è presente uno dei maggiori gioielli dell’arte italiana: il Duomo.
Quando a Bolsena, nel 1263, un sacerdote boemo in pellegrinaggio a Roma celebrò la messa e spezzando l’Ostia vide che questa perdeva sangue, ad Orvieto si discuteva già da qualche anno del restauro della vecchia cattedrale, pericolante per i danni causati dalle intemperie e quasi abbandonata, e così si decise il trasporto delle reliquie ad Orvieto e per il volere di Papa Urbano IV, che si era rifugiato ad Orvieto temendo le armi di Manfredi di Sicilia, si decretò la costruzione di un nuovo tempio porale recante le macchie del sangue di Cristo.
Il luogo prescelto per la decretata opera fu quello ove esistevano le Chiese di S. Costanzo e di S. Maria Prisca o di S. Brizio.
I lavori per la costruzione dell’imponente struttura durarono circa tre secoli.
Il primo architetto fu forse Arnolfo di Cambio che si trovava in quel tempo in Orvieto dove attendeva alla lavorazione del monumento funebre del Cardinale De Bray ed a lui è stato anche attribuito il progetto della facciata monocuspidale conservato presso il Museo dell’Opera del Duomo. Sembra però che il primo costruttore sia stato Fra’ Bevignate di Perugia che inalzò le tre navate di stile romanico. A questi susseguì un costruttore locale, Giovanni Uguccione, che nella crociera e nell’abside riprese lo stile gotico. Le volte però misero in pericolo le pareti del transsetto e dell’abside cosicché si richiese il parere del rinomato architetto e scultore senese Lorenzo Maitani il quale rinforzò l’edificio con archi rampanti e progettò la facciata tricuspidale.
LA FACCIATA: Altezza: 53,06 m. Larghezza: 40 m.
La facciata del Duomo è costituita da quattro torri poligonali, due ai lati più basse e robuste (m. 42,80) e due nel mezzo più snelle e alte (m. 51,30), che ne dividono la superficie in tre parti corrispondenti alle tre navate interne, da sei cuspidi, da un grande rosone centrale inscritto in un quadrato di ricca fattura e da un elegante loggiato che l’attraversa orizzontalmente a metà.
BASSORILIEVI ALLA BASE DELLE QUATTRO TORRI:
Dei bassorilievi non si conoscono gli autori ma si pensa che quegli interni siano più antichi e siano opera di scultori umbri e senesi, ma quelli più belli vengono solitamente attribuiti al Maitani.
I PILASTRI:
Nel primo pilastro viene descritta la Creazione ed i fatti della Genesi, nel secondo la storia dei profeti, nel terzo la storia del Nuovo Testamento, nel quarto il Giudizio Universale.
LE OPERE IN BRONZO, LE STATUE E I MOSAICI:
Sui mensoloni che si ripartono dalla ricca cornice a grandiosi fogliami che corona i pilastri, sono situati gli emblemi in bronzo dei quattro Evangelisti: l’ANGELO che simboleggia la dolcezza dello stile del Vangelo dell’Apostolo Matteo; il LEONE che ricorda la forza dello stile dell’evangelista Marco; l’AQUILA simbolo dell’elevatezza dei pensieri di Giovanni; il TORO che rappresenta la robustezza di stile dell’evangelista Luca.
Sull’architrave della porta centrale poggia un elegante padiglione in bronzo, opera del Maitani (1325), i cui lembi sono sollevati da sei angeli; sotto il padiglione siede la statua marmorea della Vergine col Bambino attribuita da alcuni ad Andrea Pisano (1347), da altri, più recentemente, a Vitale Maitani. Sull’acroterio della stessa porta centrale vi è un AGNUS DEI in bronzo di Matteo di Bologna (1352); in quello della cuspide sinistra è situata la statua di S. MICHELE ARCANGELO di Andrea da Siena, fusa in bronzo da Matteo da Bologna (1356); in quello della cuspide destra si eleva una statua marmorea, dipinta di color rame, raffigurante un ANGELO CUSTODE. Ai lati del meraviglioso rosone, opera di Andrea Orcagna, entro edicole gotiche binate, stanno le statue marmoree dei dodici Profeti, lavoro di Petruccio di Benedetto orvietano (1372-1388) e, in linea orizzontale sopra di esse entro altre edicole di stile cinquecentesco, le statue dei dodici Apostoli.
Sui vertici delle cuspidi alte minori, sui pinnacoli delle torri, come pure sugli architravi delle porte laterali vi sono altre statue di marmo.
Le cuspidi della mirabile facciata sono decorate a mosaico. I mosaici della parete superiore rappresentano “ Lo Sposalizio” di Maria, “L’incoronazione” della Vergine e “La Presentazione al Tempio”; quelli inferiori ”Il Battesimo di Cristo”, “L’Assunzione” e la “Natività della Vergine”. Negli spazi fra la cornice circolare del rosone e il quadrato circoscritto sono raffigurati i quattro Dottori del Chiesa: S. Gregorio, S. Ambrogio, S. Girolamo e S. Agostino, opera di Pietro di Puccio. Oltre a questi magnifici quadri sono decorati di mosaici a disegni geometrici diverse cornici, pilastrini, fasce, colonnine, le strombature delle porte e circa due terzi delle torri.
I PORTALI:
I due portali sono ad arco acuto e quello centrale ad arco a tutto sesto con strombature ornate riccamente di colonnine a spirale, di pilastri ottagonali, di fogliami in marmo e di mosaici.
Quelli laterali sono chiusi, per più della metà nella parte superiore, da grandi finestroni di alabastro, come la lunetta dietro il padiglione della porta centrale.

IL LOGGIATO:
Attraversa orizzontalmente la facciata alla sua metà circa, le colonnine, i trafori e gli archi tribolati lo fanno somigliare ad un merletto.
IL ROSONE:
E’ posto nel mezzo della facciata; esso è costituito da colonnine e capitelli di fine esecuzione ed ha nel centro una testa di Redentore di squisita fattura. Il lavoro fu iniziato nel 1354 e portato a termine nel 1380. IL rosone de il loggiato sono la stupenda opera compiuta sotto l’influenza di Andrea di Cione, detto l’Orcagna.
I FIANCHI:
I fianchi del duomo sono a fasce orizzontali di pietre bianche (travertino) e nere (basalto). Nelle pareti alte della navata centrale si aprono lunghe finestre ad arco acuto; da quelle delle navate laterali sporgono dieci cappelle semicircolari con belle finestre istoriate con vetri colorati.
L’INTERNO:
L’architettura interna è quella di una basilica a tre navate: quella centrale è larga il doppio delle laterali. La navata mediana è sostenuta da dieci grandi colonne sormontate da ricchissimi capitelli di varia forma e da due grandi pilastri polistili sui quali posa l’imponente arco centrale. Fra colonna e colonna si arrotondano a tutto sesto i dodici archi romanici; sopra a questi un ballatoio a trafori quadrilobi gira nei tre lati della navata sostenuto da mensole di varie forme scolpite a fiori, fogliami e teste di animali.
Anche l’interno è a fasce orizzontali bianche e nere come i fianchi esterni, ad eccezione dell’abside e delle cappelle maggiori (Cappella del SS. Corporale e Cappella Nuova detta anche della Madonna di S. Brizio) che sono affrescate. Mamdano luce all’interno il rosone della facciata, il grande finestrone e le belle ruote dell'abside, le finestre della navata mediana e quelle istoriate delle navate minori. Su queste navate si aprono le dieci cappelle a mezza cupola con lunga e stretta finestra romanica, chiusa da alabastri e vetri istoriati. Sui muri di queste cappelle appaiono tracce e avanzi di antichi affreschi fattivi eseguire da devoti.
FONTE BATTESIMALE: ( 1407)
E’ una pregevole opera di scultori senesi e fiorentini tra cui si ricorda Giovanni da Friburgo e Jacopo di Pietro Guidi da Firenze. Otto leoni sostengono la base ottagonale sulla quale poggia la grande conca ricavata in un solo pezzo di marmo rosso. L’orlo è ornato da una fascia scolpita . Il sovrastante acroterio a forma ottagonale come la conca è in marmo bianco. L’acqua benedetta si attinge da quattro porticine sormontate da quattro frontespizio e fronteggiate da piccole torri a fascio intarsiate con marmo nero. Sulla sommità dell’acroterio è situata la statua di S. Giovanni Battista in marmo.
LA MADONNA DI GENTILE DA FABRIANO:
Sulla parete della navata prossima al fonte battesimale, sotto la prima finestra istoriata, si ammira un affresco di Gentile da Fabriano (1425) raffigurante la Vergine seduta in trono che tiene in piedi, sulle ginocchia, il Bambino sorridente che alza la destra in atto di benedire mentre prende con l’indice della mano sinistra il mignolo che gli porge la Madre. Questo affresco in origine doveva essere una Maestà, ma lo deturparono nel XVII secolo aggiungendovi nel lato destro una S. Caterina orante.
PILE DELL’ACQUA SANTA:
La più interessante è quella della navata centrale a destra, presso la porta maggiore, attribuita al Federighi. La tazza è sostenuta da tre aquile ad ali spiegate; il piedistallo è riccamente decorato con festoni di frutta e fogliami, con puttini a cavallo su delfini, rosette decorative. La statuetta che la sormonta, rappresentante S. Giovanni Battista, si ritiene opera di Luigi Acquisti. Le altre quattro pile, tutte in marmo bianco, del XVI secolo sono di buona fattura artistica.
IL PULPITO:
A destra, nella navata trasversale, è situato un pulpito ottagonale in legno di noce intagliato. Negli spigoli s’innalzano, su pilastri, delle colonne scannellate che sostengono il fregio, la cornice e il cornicione ornato di ricchi intagli. Su quest’ultimo poggiano i quattro Evangelisti scolpiti in legno con i loro emblemi. Su disegno di Ippolito Scalza, orvietano, il pulpito venne eseguito dai senesi Ercole Urbani e Giovanni di Giulio (1636).
L’ORGANO: (1584)
Nella parete sopra l’ingresso della Cappella del SS. Corporale è collocato l’organo monumentale che è giudicato uno dei maggiori d’Italia, conta più di quattromila canne e quella centrale è la più grande che si conosca. Il disegno è di Ippolito Scalza e la pittura di Cesare Nebbia.
Sopra un basamento dal quale si allunga un’ampia cantoria si innalzano quattro colonne di ordine ionico, sostenenti una ricca trabeazione; a questa è sovrapposto un secondo ordine di colonne di stile composito con relativa trabeazione e frontespizio, sui lati superiori del quale si adagiano due statue che sostengono festoni di foglie e frutta. Più in alto un attico termina con un’ampia conchiglia, spezzata in mezzo, ove sorge la statua del Redentore che tiene nella destra una croce e nella sinistra il calice con l’Ostia; altre statue completano la decorazione della bella architettura barocca.
LA PIETA’ DI IPPOLITO SCALZA:
Nel transetto, accanto ad un pilastro è situato l’ammirato gruppo della Deposizione di Ippolito Scalza, pittore, scultore, architetto orvietano allievo di Michelangelo.
Il gruppo è scolpito in un solo blocco di marmo e si compone di quattro statue: la Vergine dolente con in grembo il Figlio morto, la Maddalena in ginocchio che con la guancia accarezza la piaga della mano del Cristo e Nicodemo in piedi che guarda commosso Gesù tenendo con la destra i chiodi, le tenaglie e con la mano sinistra il martello e la scala ove è annodata una corda ed il lenzuolo; alla destra del Redentore si vede la corona di spine.
GLI ALTARI IN MARMO BIANCO:
Sebbene di stile cinquecentesco, diverso cioè da quello che la chiesa avrebbe richiesto, sono il più bell’ornamento della navata traversa.
A sinistra è quello della visitazione: il basamento è opera del Sanimicheli e la parte superiore è di Simone e Francesco Mosca. Nel quadro marmoreo dell’altare si ammira la Vergine in atto di abbracciare S. Elisabetta, contornata da otto figure di grandezza naturale. Graziosa è la fanciulla canefora con un cestello di frutta alla quale un bambino nudo abbraccia una gamba e chiede con grazia qualche pomo, e l’altra donna seduta in terra con un bambino che le sale sulle spalle; nel secondo e terzo ripiano figure di vecchi venerandi e bella prospettiva di edifici.
A destra è l’altare dei Magi, di Simone e Francesco Mosca. Nel quadro marmoreo sono rappresentati i Re Magi in ginocchio nell’atto di adorare Gesù Bambino in grembo alla Madre nella capanna; bello è il corteo dei re. Sopra un cammello si vede una scimmia che lo guida, in alto la stella indicatrice ed un gruppo di angeli osannanti.
ABSIDE:
L’abside con volta a crociera si eleva dal piano del transetto per un gradinata in travertino sormontata da una balaustra in marmo rosso scuro opera di Ippolito Scalza.
Qui si trova il bellissimo coro atre ordini di seggi in legno scolpito ed intarsiato, monumento capitale dell’arte lignea, che fu incominciato nel 1329 da Fra Bartolomeo dei Servi di Maria, Giovanni Ammannati ed altri. In mezzo a ciascuno dei riquadri del terzo ordine di seggi addossati alle pareti vi sono rose a traforo pentagonali o quadripartite; ciascuna di esse reca intarsiata una delle lettere che compongono il saluto alla Madonna. Nel centro del coro è situato il trono episcopale. Nel timpano è intarsiata l’Incoronazione della Vergine e nella spalliera della sedia è raffigurato S. Pietro apostolo. Nell’edicola laterale a sinistra, sempre ad intarsio vi è la Vergine con il Bambino seduta e, sopra, la Crocifissione. Nell’altra edicola è effigiato S. Costanzo Martire protettore dei canonici. Ai lati della cattedra sedici mezze figure di Santi. In origine il coro si trovava in mezzo al tempio, dopo il transetto. Fu portato nell’abside, perché così esigeva il rito romano, per ordine del Pontefice Paolo III Farnese. Fu probabilmente il Maitani stesso a dare il disegno del coro, che però è stato completamente restaurato in epoca recente. Nelle pareti sopra il coro sono dipinte quaranta mezze figure di Santi Pontefici e Vescovi che, con la loro dottrina, hanno dato gloria alla Vergine Maria.
Le pitture delle pareti dell’abside sono di scuola orvietana: sono divise a piccoli quadri su varie zone, non tutti ben conservati, nei quali sono riprodotti fatti della vita della Vergine.
La volta dell’abside, anch’essa dipinta, è divisa in quattro vele dagli archi a crociera. Questi rappresentano i cori degli angeli, Cristo glorioso, lo Spirito Santo circondato da cori di angeli raffiguranti i suoi sette doni e l’incoronazione della Vergine.
CAPPELLA DEL S.S. CORPORALE:
Si entra nella Cappella del S.S. Corporale per la cancellata in ferro battuto eseguita da Matteo da Bologna nel 1355-1356. La Cappella a pianta irregolare, perché innalzata fra gli archi rampanti gettati dal Maitani per sostenere la parete nord del transetto, fu edificata fra il 1350 e il 1361, anni in cui si fecero dei lavori di consolidamento delle volte a crociera.
E’ il Santuario che custodisce la Reliquia del famoso Miracolo di Bolsena per il quale si costruì una così magnifica cattedrale. Le pareti e le volte sono ricoperte da affreschi eseguiti da pittori orvietani; questi affreschi, purtroppo, sono stati quasi interamente rifatti tra il 1855 e il 1860.
La volta è divisa da un arco a due crociere con otto vele. Nella prima vela si vede la conversione di S. Agostino, nella seconda vi è S. Tommaso d’Aquino, nella terza S. Paolo, nella quarta risplende l’ostia sollevata, sopra ad essa sta il Salvatore, sotto i tre nemici dell’uomo: il mondo, la carne e il demonio, rappresentati allegoricamente. Nelle altre quattro vele sono dipinte scene di storie del Vecchio Testamento.
Nella parete sopra la porta d’ingresso è dipinta l’ultima cena di Gesù: Giuda Iscariota, il traditore, ha dietro di sé un piccolo demonio.
Nella parete di fondo è dipinta la Crocifissione mentre nella parete destra è illustrato, in scene su tre zone, il Miracolo di Bolsena avvenuto nel 1263.
Altre storie adornano le pareti della Cappella, alcune sono ben conservate mentre altre sono state sciupate dal tempo e dall’umidità.
LA MADONNA DEI RACCOMANDATI:
Il quadro, su tavola, opera di Lippo Memmi da Siena, cognato di Simone Martini, reca in fondo la firma dell’autore (1339). La Vergine, di grande figura, è in piedi dipinta frontalmente, con le mani giunte, fra quattordici angeli, due dei quali innalzano il manto ove sotto sono genuflessi, a sinistra, i fratelli Raccomandati con il loro priore; a destra, le sorelle adoranti condotte da due regine.
L’EDICOLA DEL S.S. CORPORALE:
Dietro l’altare maggiore della Cappella sorge l’edicola marmorea di stile gotico che racchiude il prezioso reliquario nel quale si conserva il Corporale della Messa di Bolsena. Il disegno dell’edicola è attribuito ad Andrea Orcagna, capomastro dell’Opera del Duomo dal 1358. E’ costruita in marmo bianco e rosso, con decorazioni a fogliami e mosaici. Nel timpano è scolpita la testa del Redentore e, nella lunetta sottostante l’Agnello pasquale, stemma del Capitolo della Cattedrale. Nei sei riquadri della porta dorata sono scolpiti, a mezza figura, la Vergine, il Cristo, S. Giovanni e le tre Marie.
IL RELIQUARIO DEL S.S. CORPORALE:
L’opera, uno dei più grandi gioielli dell’oreficeria medioevale, è opera di Ugolino di Vieri (1338), orafo senese, che ebbe nel lavoro l’aiuto di alcuni collaboratori . Il Reliquario ripete nel disegno le linee della facciata tricuspidale del Duomo. E’ tutto d’argento dorato scolpito e smaltato. Viene portato in processione nella solennità del Corpus Domini, rimanendo poi esposto nella Cappella, completamente aperto all’ammirazione e venerazione dei fedeli.
Le storie che vi sono riprodotte in smalto nei due sportelli della parte anteriore rappresentano le stesse scene che sono dipinte nella parete destra della Cappella. In fondo agli sportelli si vedono: Gesù trionfante che entra a Gerusalemme; l’ultima cena; Gesù che lava i piedi agli Apostoli; il discorso di Cristo dopo la cena. Nella base sono effigiate: l’Annunciazione di Maria; la nascita del Redentore; l’Adorazione dei Magi.
Nella parte posteriore sono raffigurate alcune storie della Passione: la Flagellazione; la Coronazione di spine; la Crocifissione; la Morte; la Sepoltura; la Resurrezione e l’Apparizione di Cristo alla Maddalena. Sono quadretti popolati di figure con espressioni tali da ricordare i dipinti del Lorenzetti ai quali forse Ugolino di Vieri.
CAPPELLA NUOVA O DELLA MADONNA DI S. BRIZIO:
Una grande porta ad arco a tutto sesto dà accesso alla celebre Cappella. La cancellata in ferro battuto a quadrilobi è di Sigismondo da Orvieto (1516). Il nome di Madonna di S. Brzio è dovuto all’antica immagine che si venera sull’altare barocco costruito da Bernaridno Cametti e situato nello spazio tra le finestre. Tale immagine, dipinta su tela incollata sopra tre tavole collegate, è di un artista del duecento o dei primi del trecento: la Vergine con il Bambino Gesù in braccio è circondata da angeli, in alto è il Salvatore in campo d’oro. Il quadro si trovava originariamente in fondo alla chiesa e fù posto nella Cappella il 12 Settembre 1622. Si ritiene che sia stato portato in dono agli orvietani da S. Brizio quando venne in Italia esule dalla Francia.
La costruzione della nuova cappella, sul luogo dove esisteva la Sacrestia del Duomo, fu decretata nel 1397, ma ai lavori si dette inizio intorno al 1409.
Fra Giovanni da Fievole, detto il Beato Angelico, nel 1447 preparò i cartoni per la metà della volta presso l’Altare e con alcuni aiuti incominciò a dipingere. Eseguì la vela del “Cristo giudice” e il “Coro dei Profeti”, ma poi partì senza far più ritorno in Orvieto. I sovrintendenti dell’opera del Duomo dopo ripetute ricerche di un altro pittore valente per continuare l’opera intrapresa, affidarono l’incarico di completare la decorazione della Cappella a Luca Signorelli da Cortona. Il Signorelli, stipulato il contratto nel 1499 incominciò i lavori e, servendosi dei cartoni dell’Angelico dipinse sulle altre due vele della volta “gli Angeli con gli emblemi della passione” e il “coro degli Apostoli”.
Passò, quindi, a dipingere su disegni e concezioni proprie, l’altra metà della volta presso l’ingresso dove raffigurò il coro dei Martiri, il coro delle Vergini, il coro dei Patriarchi, il coro dei Dottori.
La parte più interessante della Cappella è costituita dai grandi quadri delle pareti in cui il vigoroso pennello del Signorelli seppe creare visioni di una tale forza e drammaticità da ispirare più tardi lo stesso Michelangelo per alcune soluzioni della Cappella Sistina.
PREDICAZIONE DELL’ANTICRISTO:
In questo primo quadro l’Anticristo con le sembianze del Redentore, avvolto in ricche vesti, parla ad una moltitudine di gente dall’alto di un piedistallo; accanto a questo sono ammucchiati arredi sacri, tazze d’oro, vasi e borse ricolme di monete. Un demonio gli suggerisce le parole da rivolgere agli spettatori. Fra questi si sono voluti riconoscere Cristoforo Colombo, Dante, Boccaccio, Petrarca, Raffaello, Cesare Borgia, e altri ancora. Verso sinistra molti cristiani sono uccisi dai seguaci dell’Anticristo. Il tempio, dalle caratteristiche bramantesche è il simbolo di Gerusalemme. Nel centro dell’affresco si vede la resurrezione di un defunto per opera dell’Anticristo; più a destra la decapitazione di Enoc e di Elia. Nel secondo piano del quadro tra un gruppo di monaci, un domenicano spiega i passi delle sacre scritture. La morte dell’Anticristo è riprodotta nella destra del quadro; Luca Signorelli e Beato Angelico assistono alle grandiose scene.
IL FINIMONDO:
Sopra l’arco dell’ingresso è affrescata la fine del mondo. In primo piano il profeta David con la destra levata in alto e la profetessa Sibilla con un libro aperto. Gli animali fuggono spaventati, il sole si oscura, piove fuoco, il mare inonda la terra.
LA RESURREZIONE DEI CORPI
Due grandi angeli danno fiato alle trombe: si risvegliano i morti che con realistici e drammatici atteggiamenti sorgono faticosamente dalla terra. Particolarmente grazioso è il gruppo di tre persone, un uomo tra una donna e un giovane. L’esaltazione del nudo, con i suoi corpi scultorei, predomina anche in questo quadro in cui il Signorelli ci ha dato un vero assaggio di anatomia.
L’INFERNO:
Per la drammatica forza che il Signorelli ha dato a queste immagini, vera interpretazione dell’Inferno dantesco questo quadro è ritenuto il più bello della Cappella. In alto tre angeli, nelle loro armature di guerriere vigilano la terribile scena. Al centro un demone porta sulle spalle una donna nuda. Altri demoni tormentano i dannati in vari modi a seconda dei loro peccati; a sinistra è dipinto il fuoco dell’inferno.
GLI ELETTI:
Due angeli al centro gettano rose e, sulle nubi, altri nove angeli dai visi dolcissimi chiamano gli Eletti con la loro musica. La raffigurazione di questi stupendi nudi e la sequenza dei colori danno a tutto il quadro una meravigliosa avvincente armonia.
ORNATI E POETI:
Con sorprendente fantasia il Signorelli ha dipinto la metà inferiore di tutte le pareti riproducendovi arazzi di cuoio, tanto in vigore alla sua epoca, divisi da ricche decorazioni architettoniche quali cornicioni, pilastrini e zoccoli. Nel centro di ogni arazzo, dipinto a figure grottesche e fogliami su sfondo dorato, si apre una specie di finestra quadrangolare dalla quale si affaccia il ritratto di un poeta. Attorno ai ritratti dei poeti - Dante, Virgilio, Ovidio, Orazio, Lucano, Omero, Empedople - vi sono dei tondi in chiaro scuro nei quali sono riprodotte scene tratte dalle loro opere.
Nella piccola cappella, sotto l’affresco della resurrezione dei corpi, vi sono altri dipinti del Signorelli.
Nel fondo la commovente Deposizione dalla Croce: il Cristo morto, la Vergine desolata e la Maddalena pentita. Fu eseguito dall’artista in una notte, a lume di candela, subito dopo che gli venne ucciso il figlio Lorenzo in una rissa. Il volto del Cristo riproduce infatti le sembianze del figlio.
Sullo sfondo della Deposizione è dipinto, in chiaroscuro, il trasporto funebre del Cristo nel Sepolcro.

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