il Beato Angelico

Materie:Riassunto
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

IL BEATO ANGELICO
Fra Giovanni da Fiesole, più noto come Beato Angelico è originario della città di Vicchio in Toscana; il soprannome Beato gli è stato attribuito, prima ancora che la Chiesa lo avesse definito tale, per le sue opere che trattavano tutte soggetti religiosi, egli è infatti un pittore fondamentale del Rinascimento che ha unito la vita di frate devoto a quella di pittore completo.
È opportuno specificare che il fatto che l’Angelico si dedichi a soggetti prettamente religiosi non sta a significare la sua mancata aderenza alla corrente rinascimentale (è infatti comune associare il Medioevo all’affermazione del divino mentre il Rinascimento a quella dell’uomo). In realtà l’artista pur esprimendo una così profonda religiosità, aderisce pienamente alle ideologie del suo tempo: comprende i problemi dell’umanità in terra, ma li risolve con la fede nella giustizia divina. Pone l’uomo al centro della sua attenzione, e sa bene che questi può giungere a Dio comprendendo il suo creato solo con l’aiuto della ragione, soprattutto di quella prospettica. Ritroviamo quindi una certa somiglianza con l’ ideologia positiva di Brunelleschi che vedeva con serenità il rapporto uomo-natura , dal momento che l’uomo con la ragione era perfettamente in grado di comprendere ciò che lo circondava. Questa idea di serenità è appunto la stessa che ritroviamo nelle pitture dell’Angelico, dove il dramma non esplode mai, ma anche gli episodi più dolorosi vengono contemplati da lui con la sicurezza che tutto ha un fine ben preciso, stabilito da Dio.
Riguardo agli anni della sua formazione non si sa molto, ma possiamo dare per scontato che egli cominciò la sua carriera come illustratore dei messali e di altri libri religiosi.
Negli anni successivi si dedica alla realizzazione di due importanti tabernacoli:
* Il Tabernacolo con l’Annunciazione e l’Adorazione dei Magi A Nella cuspide, dove è rappresentata l’Annunciazione, il piano di fondo è costituito da un parametro riccamente ornato, di origine miniaturistica, come la decorazione del pavimento, che a prima vista sembra quasi verticale; ne deriva che la bidimensionalità e la ricchezza esornativa dominano l’opera, richiamando fortemente l’arte bizantina. È infatti nelle figure che dobbiamo ricercare gli elementi rinascimentali, esse pur non aderendo saldamente al terreno (ulteriore influenza medievale) hanno una loro consistenza volumetrica (la Madonna in particolar modo), ma soprattutto sono esseri umani pensanti, che presentano nei movimenti un’evidente eleganza classica, ma sono perfettamente radicati nella realtà che li circonda, esattamente come era per il San Giorgio di Donatello. Ed ancor di più nella sottostante adorazione, nonostante la ricchezza decorativa delle vesti e del prato fiorito, i personaggi si distribuiscono spazialmente, “vivono” non coralmente ma da persone con un’identità propria. Per quanto riguarda la struttura generale del tabernacolo è importante notare come anche qui siano presenti elementi tardo-gotici come la scelta del dorato per la colorazione della cornice e la forma ogivale della stessa.
* Il Tabernacolo dei Linaioli In quest’opera, successiva a quella precedentemente descritta, si riscontra invece una definitiva adesione al Rinascimento, per la monumentalità della Madonna, le cui gambe formano una solida base d’appoggio per il Bambino, rappresentato nell’atto di benedire i fedeli. Tuttavia anche qui possiamo vedere minimi accenni ai secoli passati, come la dominazione del colore dorato di influenza bizantina e l’impostazione generale dell’opera che deriva chiaramente dalle maestà medievali.
Nel 1436 i Domenicani di Fiesole per concessione di papa Eugenio IV spostarono il loro convento a San Marco a Firenze, che era stato recentemente restaurato da Michelozzo. Qui l’Angelico fu incaricato di rivestire le parati di affreschi man mano che i lavori da architettura andavano avanti; egli si dedicò quindi alla decorazione del chiostro, della casa del capitolo e degli ingressi delle venti celle del corridoi superiore. Ovviamente durante i lavori si servì dell’aiuto di svariati collaboratori, ma la sua impronta è comunque ben evidente.
* Nell’Annunciazione (terza cella)( l’atmosfera che pervade è serena, pacata, dolce; le figure dell’Angelo e della Vergine sono ambientate in un porticato che richiama evidentemente quello del convento stesso. Ci rendiamo conto che si tratta di un ambienta aperto dalla prospettiva, definitrice dello spazio, facendo sì che questo non sia delimitato dalle pareti, bensì dalle linee; quest’ultime inoltre con una serie di convergenze aiutano la resa di intimità dell’opera: le linee intersecanti delle crociere riprendono la curva delle ali dell’Angelo e le conducono verso la Madonna che, parallelamente, si inclina in avanti. In tal modo possiamo comprendere come, nell’ideologia dell’artista i due interlocutori “esistano”, occupando ciascuno il proprio posto, ma allo stesso tempo si raccordano e interagiscono; è qui che vediamo la comprensione angelichiana dell’uomo rinascimentale: Maria e l’Angelo vivono ciascuno la propria vita , svolgono il proprio ruolo, ma allo stesso tempo fanno parte di una societas. La luce, provenendo dalle arcate del chiostro, è una luce terrena, che illumina serenamente l’atmosfera e i personaggi, definendone le ombre, che a loro volta definiscono i volumi e le posizioni, ma trattandosi della luce della fede, essa non definisce contrasti chiaroscurali troppo netti. A sinistra compare un frate domenicano, che indica la presenza costante dell’ordine nel Cristianesimo.
* La Crocifissione (sala capitolare) (l’opera non viene rappresentata dall’artista come un evento drammatico, ma piuttosto come una meditazione pacata e profonda. Ai piedi delle tre croci individuiamo le figure tradizionali (Maria, Giovanni e le pie donne), ma anche altri personaggi decisamente più isoliti come santi di differenti periodi (come San Domenico e San Gerolamo), ciò vuole indicare la continuità secolare del cristianesimo. Un importante elemento da notare è la presenza della Maddalena vista di spalle, novità pittorica che prima dell’angelico solo Masaccio aveva utilizzato, per rendere bene lo stato emotivo del personaggio.
* Il Giudizio Universale (retro di una sedia sacerdotale) la rigida divisione tra benedettie dannati viene effettuata in modo insolito, quasi surreale:un rettangolo centrale nettamente decrescente contrassegnato da tombe vote, indicate da buchi neri, e scoperchiate. Cristo siede in giudizio, con un’aureola formata dagli angeli, con la Vergine e il Battista: alla sua destra i benedetti hanno lo sguardo adorante e sono accolti in Paradiso da Angeli; alla sua sinistra i dannati vengono trascinati dai demoni verso i tormenti dell’Inferno; in mezzo vi sono principi e sacerdoti. Sopra la scena si innalza un arco con file di santi su ciascun lato e nel centro la figura di Dio circondato dalla schiera angelica. Da qui due angeli con due lunghe trombe annunciano l’imminente arrivo del giudizio universale. È interessante notare come sulla terra non esista più alcuna forma di vita: il punto di fuga centrale va svanendo e denota una cupa infinità di spazio vuoto, mentre solo in Paradiso la natura è viva e continua ad appagare gli occhi.
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Beato Angelico ha unito l’influenza dello stile gotico elegante decorativo di Gentile da Fabriano con lo stile ben più realistico dei maestri del Rinascimento come Masaccio, Donatello e Ghiberti; inoltre era ugualmente informato delle teorie della prospettiva proposte da Leon Battista Alberti. Il segreto della sua arte sta quindi in questo equilibrio tra passato e presente: nel saper bilanciare, a seconda delle opere da realizzare e a seconda del committente, il cromatismo delicato e un’illuminazione piena con forme decorative più arcaiche.
Le sue rappresentazioni delle espressioni facciali devote e del suo uso di colore per intensificare l’emozione è particolarmente efficacie.
La sua abilità nella creazione delle figure monumentali, nel rappresentare il movimento e nel suggerimento dello spazio profondo con l’uso della prospettiva lineare, particolarmente negli affreschi situati a Roma, lo contrassegnano come uno dei pittori più grandi del Rinascimento.
La sua morte, avvenuta nel convento domenicano di Roma, viene fatta risalire dagli storici al 18 marzo del 1455.
Ferreo Merlino Chiara IVA 27-01-2007

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