Gustav Klimt

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

GUSTAV KLIMT (1862_1918): VITA
Gustav Klimt nasce il 14 Luglio 1862 a Baumgarten presso Vienna, secondo dei sette figli dell’incisore e cesellatore Ernst Klimt (in seguito si vedrà come la sua arte sarà notevolmente influenzata dalle sue origini) e di Anne Finster. Nel 1876 si iscrisse alla scuola di arti e mestieri del museo austriaco per l'arte e l'industria (l’anno seguente vi entrerà anche il fratello Ernst). Durante il 1879, insieme al fratello e all’amico Franz Matsch partecipa ai lavori di decorazione del Kunsthistorisches Museum. In seguito otterranno altri importanti incarichi come, per esempio, la pittura di quattro allegorie per il soffitto di palazzo Sturany a Vienna, la decorazione di Villa Hermes, luogo di villeggiatura prediletto dell’imperatrice Elisabetta. Nel 1886, con la decorazione del Burgtheater, lo stile di Klimt, allontanandosi dall’accademismo, comincia a differenziarsi da quello del fratello ed ognuno comincia a lavorare in modo indipendente. Nel 1888 ottiene dalle mani dell’imperatore Francesco Giuseppe la Croce d’oro al merito per la sua opera artistica. Nel 1890 gli viene conferito il Kaiserpreis (400 fiorini) per il dipinto Interno del vecchio Burgtheater, Vienna. Durante 1892, muore il padre per un attacco cardiaco e muore il fratello Ernst. Nel 1897, viene ufficializzata la rivolta: Klimt è membro fondatore della Secessione e ne viene eletto presidente. Inizia a trascorrere i mesi estivi con la compagna Emilie Flöge nella località di Kammer am Attersee, dove comincia a dipingere i primi paesaggi. Nel 1900 il dipinto la Filosofia (acquistato da Koloman Moser), rifiutato da 87 professori in occasione della mostra di Secessione (1898), viene premiato con una medaglia d’oro all’esposizione mondiale di Parigi. Durante 1903, compie un viaggio a Venezia, Ravenna e Firenze. Inizia da qui la cosiddetta fase del ʽʽperiodo d’oroˮ. Nel 1905 Klimt e gli amici lasciano il gruppo della Secessione. Nel 1908, vengono esposti 16 suoi dipinti al Kunstschau (art show) di Vienna. La Galleria d’Arte Moderna di Roma acquista Le tre età della donna, la Österreichische Staatsgalerie Il bacio. Nel 1909, fa un viaggio a Parigi, dove l’artista scopre con grande interesse le opere di Toulouse-Lautrec. Viene anche a contatto con il fauvisme: il Kunstschau ospita i lavori di Van Gogh, Munch, Gauguin, Bonnard e Matisse. Nel 1911, il suo dipinto Morte e vita ottiene il primo premio all’esposizione mondiale di Roma. Riceve critiche degli espressionisti per i suoi quadri, soprattutto per aver dipinto Morte e vita su uno sfondo blu, alla maniera di Matisse. Klimt muore il 6 febbraio 1918 per crisi cardiaca,lasciando numerosi dipinti incompiuti.
Vienna Tra realtà ed illusione
A Vienna, la città di Gustav Klimt, quella della Belle Epoque al volgere del secolo, si assiste a una fioritura culturale senza raffronti. L’estrema tensione tra realtà ed illusione, tra tradizione e modernità in cui vivono artisti ed intellettuali, produce una potente energia creativa. Nomi come Sigmund Freud, Otto Wagner e Gustav Mahler ne sono testimonianza. Tra loro si inserisce anche Gustav Klimt con la sua arte. Ciò che affascina di Klimt è la sensualità del disegno, la resa caleidoscopica della pittura, la bellezza dell’ornamentazione e l’impulso di decifrare i segreti racchiusi nelle sue opere.
Ma ciò che interessa ed affascina di più è il soggetto principale dell’artista: la bellezza femminile. Klimt eleva la sessualità in ambito artistico a ‘‘leitmotiv’’ della propria opera. L’atmosfera che si respira a Vienna costituisce un evidente stimolo a portare in primo piano sulla scena l’erotismo e la donna, quale elemento ad essa rappresentante. Klimt, per parte sua, dipinge Eva, la donna per eccellenza, in tutte le pose immaginabili, anche le più ardite. Ella seduce, non più con la mela, ma con il proprio corpo che esibisce allo sguardo, che mostra apertamente, senza pudore, nella sua nudità (v. Nuda Veritas). Klimt ha contribuito quindi a creare quell’immagine di ‘‘femme fatale’’, e la raffigura tanto nei ritratti ufficiali delle signore viennesi quanto in rappresentazioni come Giuditta o Salomè, Danae, o fanciulle senza nome (v. Le Vergini) oppure nelle personificazioni allegoriche. L’attenzione in questo periodo è tesa esclusivamente verso l’erotismo: persino nei paesaggi vi sono caratteristiche che richiamano questo tema. Talvolta le sue opere vengono accolte con entusiasmo e l’artista viene esaltato fino a diventare il ritrattista per eccellenza della società borghese di Vienna. Tuttavia il suo manifesto erotismo si scontra con un esasperato rifiuto: lo scandalo è all’ordine del giorno e ne sono oggetto, per esempio, i dipinti destinati all’università di Vienna che alla fine dovranno essere rimossi. E’ ben vero che l’imperatore Francesco Giuseppe concederà all’artista la croce d’oro al merito, ma gli rifiuterà per ben tre volte la cattedra all’Accademia! L’artista così si rende indipendente dagli incarichi statali e si dedica alla ritrattistica e ai paesaggi. Ma sotto la formale rispettabilità dei ritratti, egli intende comunque dipingere la sensualità seduttiva della donna e l’onnipresenza dell’eros. Per mantenere le apparenze, egli veste le donne con abiti sontuosi che ne celano la nudità solo per metterla ancora più in risalto. L’impianto dell’opera, nello stile dei mosaici bizantini, suscita rispetto e la profusione dei dettagli distoglie l’attenzione dal vero messaggio: capelli fluttuanti, fiori stilizzati, decorazioni geometriche, stravaganti capelli. Ma proprio questo sovrappiù accentua ed esalta il fascino erotico delle donne ritratte che l’artista, prima di avvolgere in abiti, dipingeva nude, come ha rivelato, dopo la sua morte, una tela rimasta incompiuta: La Sposa.
Sin dagli esordi Klimt osa infrangere i limiti del perbenismo imposti dall’ipocrita società viennese: nelle allegorie per il Kunsthistorisches Museum avrebbe dovuto essere rappresentata l’antica Grecia, mentre dipinge ‘‘ragazze di facili costumi’’ viennesi, molto contemporanee,per quanto vi siano i riferimenti storici. Il nudo accademico fortemente idealizzato, soprattutto quando è funzionale ad un messaggio storico, viene accolto con favore dal pubblico, ma una donna svestita, disponibile, tratta dalla vita quotidiana, suscita solo scandalo. Prima di Klimt, già Manet aveva dovuto affrontare le critiche per la sua Olympia, non certo una pura Venere, ma una donna somigliante ad una prostituta e lontana anche dalle idealizzate cortigiane di Tiziano che egli rese sotto l’apparenza di mistiche dee.

Simbolismo seccesionista & ‘‘femme fatale’’
La Secessione venne costituita nel 1897 alla cui presidenza vi è per l’appunto Klimt. La nuova generazione di artisti non sopporta più l’arte accademica e chiede uno spazio espositivo adeguato e libero da qualunque ‘‘carattere commerciale’’. Inoltre, essa tende porre fine all’isolamento culturale di Vienna, invitando artisti stranieri e facendo conoscere le proprie opere all’estero. Il programma della Secessione promuove la lotta per il ‘‘diritto alla creazione artistica’’, per annullare le varie differenze che si sono create in ambito artistico. Questa corrente stilistica si contrappone sia all’accademismo che al conservatorismo borghese, promuovendo lo sviluppo e la diffusione dello Jugendstil. La rivolta di questa generazione si fa strada con tale impeto da ottenere un successo quasi immediato per sfociare infine in un progetto pressoché utopistico: la trasformazione della società attraverso l’arte. La prima mostra del gruppo viene inaugurata nel marzo del1898. La Secessione trova i propri mecenate tra le ricche famiglie ebree della borghesia viennese che prediligono in particolare l’arte d’avanguardia: tra questi si possono ricordare i nomi di Wittgenstein, la famiglia Knips o la famiglia dei Lederer. Essi divengono anche i committenti di Klimt che si specializza nei ritratti delle loro mogli (v.Ritratto di Sonja Knips).
Uno dei temi principali di questo movimento è quello del dominio che la donna esercita sull’uomo (v.Pallade Atena). Klimt rimane ancorato all’esteriorità,differentemente dai giovani artisti espressionisti che vogliono direttamente inoltrarsi nella ‘‘psiche’’ e nel sentire interiore. Il linguaggio visivo di Klimt trae ispirazione dall’universo onirico freudiano. I temi da lui affrontati provocano una continua polemica: l’erotismo innanzi tutto, la malattia, la decadenza fisica, la povertà in tutto il loro orrore (v. le tre allegorie). Lo stesso Klimt afferma: ‘‘Sono del tutto insensibile alle critiche. Molto più sensibile divento invece nel momento in cui mi rendo conto che il mio committente non è soddisfatto del mio lavoro.’’ Klimt sembra riservare ai mecenati il suo stile più adulatorio così come appare nei suoi ritratti. I suoi soggetti hanno tutti la medesima espressione trasognata, sono donne assenti, melanconiche che osservano il mondo e l’uomo con lo stesso sguardo sereno. L’ ‘‘horror vacui’’ dell’artista si esprime tutto nella loro monumentale presenza. Sempre colpisce la palese passività del personaggio (v. ritratti). Tanto nei paesaggi come nei ritratti o nelle allegorie Klimt pone le figure in rilievo su uno sfondo di piatta ornamentazione. Nei ritratti di Klimt l’abito è importante quanto la modella e ha la sottile funzione di svelarne la personalità e metterne in risalto la gola e le mani. In questo si sente l’influenza del classicismo di Ingres, nei cui ritratti viene espressa una analoga sensualità. Per entrambi gli artisti l’abito ha la medesima valenza delle parti del corpo: esso stesso è un organo.

Giuditta I
Giuditta I, dipinta nel 1901, segna il punto di partenza della fase matura di Klimt, il periodo detto ‘‘aureo’’, in cui è presente un linguaggio di forte astrazione simbolica ed un uso massiccio dell’oro puro in foglia e carta dorata. Racchiusa entro una cornice di rame sbalzato, Klimt dipinge per la prima volta (una seconda Giuditta seguirà nel 1909) la bella eroina biblica che, per salvare la sua città ebraica di Betulia, uccise, decapitandolo con la spada, il generale nemico Oloferne, capo dell’esercito degli Assiri. Seguendo la descrizione dei testi sacri, secondo la quale Giuditta si orna per sedurre il generale e portare a compimento il suo piano, il pittore raffigura la protagonista come una donna moderna e le dà il volto di una signora dell’alta borghesia viennese. Non vi è dubbio che la scelta del soggetto come Giuditta è per Klimt simbolo della punizione inflitta dalla donna all’uomo che egli deve espiare con la morte. Così il personaggio biblico diviene emblema perfetto del coraggio e della determinazione a servizio di un ideale. Al collo porta un pesante collare che ne separa nettamente il corpo dalla testa, come in una simbolica decapitazione rivelando così, mediante una sottile citazione, l’allusione all’atto compiuto. Ciò testimonia come la Giuditta qui rappresentata non sia la solita eroina storica, ma un genere di donna contemporanea. In questo quadro inoltre, Klimt codifica anche un altro tema centrale della sua produzione pittorica: quello della donna fatale, crudele e seduttrice. E’ lei, secondo un luogo comune della letteratura e dell’arte tra il 1890 e i primi decenni dell’ottocento, che porta alla rovina e alla morte il proprio amante. Dietro la testa di Giuditta si disegna un paesaggio arcaico e stilizzato di colline ed alberi, che riprendono motivi decorativi geometrici tratti dalle ceramiche micenee. La cornice di questa versione inoltre è opera del fratello di Klimt, Georg che era orafo. Sulla cornice prosegue la decorazione in uno stile già sviluppato dai pittori preraffaelliti e molto amato dall’artista. La Giuditta di Klimt rappresentò una provocazione anche per la classe sociale che in altri casi aveva accettato le trasgressioni dell’artista, cioè la borghesia ebraica.
Giuditta ii / salomè
Questo quadro fu ultimato da Klimt a distanza di otto anni dalla prima versione del 1901 e da quest'ultima possiamo riscontrare profonde differenze di carattere stilistico e una mutata rilevanza simbolica.
La figura femminile rappresentata nella sua interezza e non più sino alla vita conferisce una forte verticalità all'insieme pittorico, tanto che il limite inferiore del quadro tagliando di netto la gonna della donna ci lascia immaginare quasi che la sua figura possa continuare ancora verso il basso. Lo slancio verticale quasi sproporzionato delle figure femminili è una caratteristica peculiare dei quadri del pittore austriaco, che con tale mezzo espressivo conferiva ai suoi soggetti una monumentalità e un' eleganza assolutamente predominanti all'interno delle sue opere. Le parti del corpo di carattere figurativo si concentrano soprattutto su viso, busto, mani (elemento fondamentale) e seppure in ombra sulla testa di Oloferne in basso a destra. Gli altri elementi pittorici all'interno dell'opera ricompongono nell'occhio dell'osservatore le parti rimanenti della figura, ovvero i capelli della donna e il suo vestito, che solo dopo un'attenta valutazione si può ben vedere come siano isolati e sciolti da un'idea di plasticità e di adattamento alle forme voluminose del corpo. Partendo dal concetto liberty della linea sinuosa curva Klimt è riuscito a creare una sua speciale estetica che rende i suoi quadri inimitabili nel loro genere. Le tipiche linee spiraleggianti si mischiano a cerchi colorati concentrici che, forse maggiormente in altre sue opere, ricordano la forma dell'occhio umano, fino ad arrivare a motivi geometrici come triangoli o piccoli rettangoli colorati ravvicinati.
Giuditta, o Salomè come dir si voglia, fu l'eroina ebrea che liberò il suo popolo da Oloferne tagliandogli la gola dopo essere riuscita tramite la sua intelligenza e bellezza a sedurlo. Lo sguardo è quello di una donna bellissima, seducente, passionale ma al tempo stesso fiera e coraggiosa, ha un'espressione sfuggente che pensando al gesto che ha appena compiuto potremmo quasi definire cinica e crudele. Le sue mani sembrano gli artigli di un' aquila che ha appena afferrato la sua preda tenendola saldamente tra i suoi artigli, e la sua preda in questo caso è proprio la testa di Oloferne che tiene per i capelli, come simbolo di vittoria e di riscatto per lei e per il suo popolo.
Danae
Con Danae, iniziata nel 1907, Klimt affronta un soggetto tratto dalla mitologia antica , ma ora e per la prima volta, rinuncia alla consueta struttura verticale a favore di uno sviluppo compositivo ellittico, non estraneo al contenuto simbolico del quadro. Il mito narra di Danae, figlia di Acrisio, re di Argo, che venne rinchiusa in una torre dal padre stesso, per tenere lontani i suoi corteggiatori (secondo una profezia il sovrano sarebbe stato ucciso dal nipote Perseo). Un giorno essa vnne visitata da Giove che penetrò sotto forma di nuvola nella torre, fecondandola con una pioggia d’oro. Dalla loro unione nacque appunto Perseo che, con un atto involontario, uccise il re. I capelli, il velo orientaleggiante e la pioggia d’oro sulla sinistra, rivestono e circondano il corpo completamente abbandonato di Danae. La donna, rannicchiata in primo piano, non ha più un aspetto minaccioso come Giuditta. Il suo ripiegarsi su se stessa, avvolta in una forma circolare e chiusa, rimanda da una parte al significato di maternità, facendone la metafora di una fertilità universale, e dall’altra all’idea di un ritorno allo stato prenatale, dove pace ed abbandono si leggono anche nel volto e nella posizione fetale della bella fanciulla. Nello scroscio della pioggia d’oro, che riecheggia preziosismi bizantini, Klimt aggiunge un simbolo tutto suo: il rettangolo verticale nero sulla sinistra, inteso dal pittore come principio maschile.
Danae non è una giovane donna consapevole e, in un certo senso, partecipe del miracoloso evento, ma una fanciulla persa nel sonno e nella dimensione onirica, totalmente dimentica di sé e in balìa dei propri istinti sessuali. Ogni aspetto narrativo è assente, tutto si concentra sull’unico eterno momento della fecondazione: all’interno del formato quadrato del dipinto, la straordinaria corrente erotica assume un andamento ellittico; nella posizione fetale e nei tratti infantili della ragazza circola una sensualità dolce e appagata, quasi un desiderio prenatale di un erotismo dimentico e inconscio. In nessun altro dipinto di Klimt la donna è così interamente identificata con la propria sessualità, una sessualità da cui l’uomo è escluso.
Bacio
Il dipinto Il Bacio è l’opera di Klimt più famosa e anche maggiormente diffusa attraverso riproduzioni di ogni tipo. Appartiene a una fase della produzione klimtiana chiamato ‘‘periodo d’oro’’, perché l’artista fece allora un uso particolarmente intenso di colori dorati e di oro a foglie. La popolarità dei quadri di questo periodo è dovuta, probabilmente, all’accentuato uso dell’oro, non propriamente definito colore. Questo infatti evoca associazioni di tipo mistico religiose o altre legate più alla sfera materiale, alla preziosità. In una sorta di climax ascendente all'interno di un tema più volte ripetuto, il Bacio può rappresentare il punto di arrivo dell'unione perfetta, simbolica di uomo-donna. Nel Bacio si esprime la visione di abbandono e dedizione della donna nei confronti dell'uomo, uomo rappresentato proteso in avanti,in atteggiamento di forza protettiva e tenerezza nei confronti di chi si abbandona totalmente a lui: l'accento in questo caso si pone, quasi un'eccezione nel panorama della produzione klimtiana, sul connubio ideale, spirituale e fisico, delle due figure. La donna non è più conturbante e solitaria, arbitro unico del mondo maschile in un gioco di rimandi e ammiccamenti erotici, ma c'è una dualità di principi vitali che si fondono, in un reciproco scambio di sensi e amore infinito, fissato nell'attimo di compenetrazione spirituale attuata dall'atto del dare e del ricevere. Klimt, nel Bacio, è così riuscito nel difficile, se non impossibile tentativo, di fermare l'attimo di compenetrazione totale, di 'sympatheia' dell'amore, fissando in una dimensione a-temporale ed a-spaziale quel gesto di respiro cosmico che vive di per sé, incarnato nell'intreccio degli amanti. L’andamento delle linee, curve o spigolose, esprimono rispettivamente la morbidezza femminile e il rigore maschile. La coppia si struttura su uno schema piramidale (ricordo classico da cui l’autore ha preso spunto in una visita a Ravenna ai mosaici bizantini), ambientato su uno sfondo dorato che assume una prevalenza inedita e assoluta, funzionale ad accogliere e racchiudere il momento estatico dell’amore. In contrasto con quest’ultimo il prato fiorito ai piedi dei due amanti, che li lega simbolicamente alla terra. Torna quindi il tema della sintesi tra cielo e terra, realtà e utopia. Quello dell’autore è uno stile bidimensionale dove si fondono elementi naturali, geometrici e astratti. La donna risulta completamente dedita e abbandonata all’uomo, mentre quest’ultimo è proteso in avanti in atteggiamento di forza protettiva e tenerezza nei confronti della persona amata. L’equilibrio della loro unione è allo stesso tempo perfetto e precario, armonico e inquieto, specchio di un’epoca sospesa tra illusioni e certezze, dove l’amore sembra l’unico baluardo in cui rifugiarsi. Gli amanti raffigurati sono lo stesso Klimt e la sua compagna Emilie Flöge. Isolati dal mondo in un abbraccio che è fusione sensuale e spirituale, i due amanti del dipinto celebrano il trionfo del potere dell’eros, capace di sconfiggere i conflitti tra uomo e donna, persona e natura.
La vergine
Per dipingere le sue ultime allegorie piramidali come La Vergine, Klimt si avvale solo di colori puri e di una stesura caleidoscopica con le sue labirintiche tortuosità. Sempre viene raccontata una storia: la ragazza diventa donna, ne vediamo il risveglio dei sensi che la porteranno all’estasi d’amore. I diversi momenti percorrono il medesimo essere che si moltiplica come in un sogno. Le varie pose e sensazioni delle parti separate dei corpi femminili paiono roteare come in un vortice. La piramide delle vesti multicolori, tra cui l’involucro vuoto di un abito da donna, sembra che dia alla luce la ‘‘bambina’’, quasi come se lei scaturisse da una gioiosa cascata.
Fregio di Beethoven
Klimt e i suoi compagni vedono nella figura di Beethoven l’incarnazione del genio e nella sua opera l’esaltazione dell’amore e della rinuncia che possono redimere l’uomo. Klimt crea per la XIV Esposizione (1902) il fregio dedicato al grande musicista. In realtà, l’opera non era stata pensata per durare oltre la manifestazione e Klimt la dipinse direttamente sulla parete con materiali asportabili. Ciononostante essa si è fortunatamente conservata e nel 1986 fu presentata al pubblico. Egli ha concepito questo dipinto come una trascrizione simbolica dell’ultima sinfonia di Beethoven. Le tre pareti dipinte costituiscono una sequenza coerente. Prima parete longitudinale, di fronte all’ingresso: l’anelito alla felicità; i dolori della debole umanità; le sue preghiere ai forti ben armati affinché intraprendano per pietà ed orgoglio, quali forze trainanti, la lotta per la felicità. Parete più stretta: le forze ostili; il gigante Tifeo contro il quale persino gli dei lottarono invano; le sue tre figlie, le tre Gorgoni simbolo di lussuria ed impudicizia, incontinenza e tormento. Seconda parte longitudinale: l’anelito alla felicità si placa con la poesia. Con questa opera l’artista approda, insieme agli altri componenti della Secessione, alla più grande utopia: la possibilità di redimere l’uomo attraverso le straordinarie forze dell’arte e dell’amore. Al fregio viene subito posto un rifiuto. Le figure rappresentate vengono considerate ripugnanti: Klimt ha voluto inserire nel dipinto evidenti riferimenti agli organi sessuali maschili e femminili, a sperma ed ovuli. E’ singolare che l’uomo venga rappresentato da Klimt molto raramente e quando ciò accade è solo per dare rilievo alla figura femminile.
Le Tre età della donna
Questo dipinto evoca non solo la condizione umana, il destino, le fasi della vita e il ruolo centrale della donna ma anche il cosmo infinito nella successione delle generazioni su uno sfondo ricco di ornamentazione ed espliciti riferimenti biologici sessuali. Micro e macro-cosmi si compenetrano così in un mosaico carico di allusione e inondato di colore. In una società in cui la morte e la sessualità sono vissute come elementi del caos e quindi bandite come tabù, Klimt sembra ora essere più attratto dal percorso febbrile, sempre più angoscioso della ricerca esistenziale. L’intera opera è percorsa da dai simboli della ribellione umana alla tirannide della materia e da un anelito di verità.
L’albero della vita
Fa parte dell’ultima composizione murale di Klimt, il Fregio Stoclet (1905-09). Nei nove pannelli del fregio klimtiano motivi astratti così come elementi stilizzati, tra cui L’albero della vita. Esso costituisce il motivo centrale del fregio. Dopo l’Apocalisse, esso porta la salvezza ai pagani, costituisce l’emblema dell’età dell’oro che anche Matisse successivamente riprenderà per la sua famosa Cappella del Rosario di Vence. Per Klimt è un simbolo che riunifica tutti i temi a lui più cari,dai motivi floreali alla figura femminile,dalla morte della vegetazione alla rinascita attraverso il ciclo delle stagioni. L’Albero e la donna si riuniscono qui in un mondo paradisiaco ed incantato in cui si danza, si ama e in cui le donne, trasformate in alberi, invadono la natura intera. L’albero della vita, l’albero della conoscenza per ritrovarsi nel giardino dell’Eden. Sotto uno degli alberi una danzatrice rappresenta L’attesa. L’abbraccio (o L’avveramento) si realizza si relizza nella coppia abbracciata sotto l’altro albero. Naturalmente anche la morte, che per Klimt come per Freud fa parte del ciclo vitale, è presente nella forma dell’uccello rapace posato sul ramo. La coppia, che nel Fregio di Beethoven era ancora in lotta, qui è divenuta un quieto simbolo della felicità domestica, della ritrovata gioia di vivere.

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