Giotto e alcune opere

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Testo

Giotto
Sulla figura di Giotto di Bordone sono nate diverse leggende tra le quali c’è quella che Cimabue sarebbe stato colui che avrebbe scoperto il talento di Giotto, giovane e povero pastore, mentre stava dipingendo una pecora su un sasso del Mugello.
Questo aneddoto sottolinea la facoltà di Giotto che compare nei suoi lavori di essere buon imitatore della natura.
Tutto ciò può essere vero poiché si è tramandato che è stato allievo di Cimabue dal quale aveva ereditato il senso del volume ottenuto per mezzo del chiaroscuro.
Tra le opere più importanti abbiamo gli affreschi del transetto e dell’abside della “Basilica Superiore” che aveva collaborato insieme con Cimabue.
Successivamente nel 1296 affrescò le pareti della Basilica Superiore di San Francesco. Essa è formata da 28 pannelli in cui vengono narrate vicende della vita del Santo tratte dalla “Legenda maior” (scritta tra il 1260 – 1263) e sono incorniciate architettonicamente: in alto da una cornice di forti mensole, in basso con mensole minori.
Sono aggettate e assumono la funzione di dividere le storie.
Pannelli di Assisi:
Il “Dono del mantello” fu uno dei primi eseguito da Giotto; le figure non si appoggiano concretamente sul terreno, come se non ci fosse spazio in profondità, e sembra che San Francesco per disporre i piedi in modo obliquo fosse messo in punta di piedi. Le pieghe dei vestiti sono state ottenute contrapponendo zone più chiare con altre più scure. Lo scenario è formato da due montagne nude e rocciose in cui i pochi alberi che ci sono non hanno un proprio terreno su cui basarsi, ma sembrano che nascessero sulla roccia stessa, dando un carattere di durezza. Si notano anche a sinistra e a destra rispettivamente una città e un convento che simbolicamente rappresentavano la vita civile e quella religiosa. Si vede che tutto converge verso San Francesco per il fatto che le due montagne confluiscono sulla testa del Santo, proseguendo fino al cavallo e il Cavaliere.
Giotto non crea nelle sue opere persone singole, ciascuna con un mondo interiore, i propri sentimenti e le proprie idee, ma li generalizza creando i tipi: ad esempio San Francesco non è l’uomo con i suoi problemi, ma è il “Santo” come categoria universale.
Nell’affresco del “Miracolo della Fonte” si notano subito le montagne che sono scheggiate su cui si erigono dei piccoli alberi che sembrano quasi dei cespuglietti. Ciò avviene non perché sono meno importanti, ma per sottolineare la durezza del posto in cui viene reso più evidente il miracolo dell’acqua per mezzo della preghiera del Santo e per la potenza della fede.
Vediamo a sinistra due grati che assistono ignari all’evento, uniti dallo stesso sentimento e quindi formando un solo gruppo.
San Francesco al centro è il protagonista il cui rapporto con Dio è accentuato dalle linee ascendenti e paralleli a quelle della montagna.
In basso a sinistra troviamo l’assetato che è impegnato a placare la sua sete senza accorgersi di ciò che era accaduto.
Si noti che tutte le figure sono contenuti come altorilievi contro le rocce scoscese, in cui San Francesco è al centro in una posizione dominante.
Nella “Predica agli uccelli” gli alberi sono rigogliosi poiché sono la sede dove vivono gli uccelli, e gli animali non sono più per la stessa ragione inferiori e acquistano una maggiore dimensione.
Inoltre il rapporto degli animali con l’uomo è dato dalla linea discendente che va dal Santo agli uccelli.
C’è un grande equilibrio anche in questo affresco; all’imponenza dell’albero a destra corrisponde dalla parte opposta un albero più sottile poiché rinforzato dalla presenza del compagno di San Francesco.
In tutti i suoi affreschi ritroviamo una grande volumetria ottenuta per mezzo del chiaroscuro e dall’uso della linea che si fa a volte più spessa e a volte più sottile, mai tagliente. Inoltre si nota anche che più è importante una persone o una cosa, più grande viene rappresentata.
Cultura:
Successivamente in occasione del giubileo del 1300 andò a Roma, ma l opere che realizzò in quella occasione andarono perdute. Tuttavia questo soggiorno fu importante poiché gli permise di studiare i monumenti di Arnolfo e gli affreschi del Cavallini in Santa Cecilia, arricchendo i contatti con l’ambiente locale.

Cappella degli Scovegni:
Successivamente arricchito culturalmente Giotto incominciò la decorazione della “Cappella degli Scrovegni” verso il 1303-1305.
Prese come tema principale la storia di Cristo cominciando con la nascita, e finendo con la sua morte con la conseguente resuscita.
Si svolge in tre fasce con inizio in alto a destra. In basso c’è una balza decorata in monocromo con allegorie della Virtù dei Vizi e le loro conseguenze.
La parte interna della facciata è occupata dal “Giudizio Universale”. E’ come un grande poema cristiano che inizia con la venuta di Cristo e alla fine si pone fine a tutto con il Giudizio Universale.
Si osserva una forte volumetria ottenuta anche con passaggi cromatici.
Mentre ad Assisi si utilizzava il chiaroscuro, qui è il colore che crea il risalto che varia di intensità a secondo della luce; ciò nato forse dalla conoscenza delle pitture del Cavallini.
Pannelli della Cappella degli Scrovegni:
Nel “Ritiro di Gioacchino fra i pastori” il dolore del santo è manifestato dalla massa del corpo racchiusa nel suo mantello. Dopo un intervallo i due pastori si guardano meravigliati per ciò che è accaduto.
Sul fondo le montagne, più compatte di quelle di Assisi, sembrano quasi accompagnare le figure come il piano di fondo di un altorilievo: incomincia a salire dopo le teste dei pastori prendendo quasi la forma del tetto dell’ovile.
Ci sono pochi alberelli così da rendere solitudine il posto.
Il colore delle montagne, delle vesti e quello del cane sono graduati così da avere un effetto di volumetria.
Nel “Bacio di Giuda” lo spazio di dietro è occupato da una folla di soldati che agitano nel cielo notturno bastoni, aste, fiaccole… .
In primo piano il sacerdote che ordina l’arresto di Gesù, Giuda che tradisce Gesù nell’atto di abbracciarlo, Pietro che in segno di ribellione tagli l’orecchio del sommo sacerdote mentre un altro lo tira per un lembo del mantello.
Il mantello di Giuda rappresenta il tradimento che avvolge Gesù.
Anche i visi dei due sono studiati per rendere le differenti situazioni psicologiche: Cristo guarda serenamente consapevole del suo destino, e Giuda cosciente dell’atto che sta facendo.
Nel “Compianto sul Cristo morto” viene reso più sicuro il proscenio, cioè il limite anteriore al di là del quale è rappresentabile da due figure di donne voltate rispetto l’osservatore. E’ una grande innovazione che ci fa partecipare come se fossimo all’interno della scena assistendo al fatto in terza persona.
Queste figure con le proprie masse piramidali esprimono la sofferenza del fatto e hanno la funzione di delimitare lo spazio.
Sembra che questa scena avvenga in piano trasversali e paralleli: quello della Madonna, quello del corpo giacente, quello della donna che guarda i piedi di Gesù e infine quello costituito dalle montagne poste posteriormente.
Inoltre in Giotto il dolore è contenuto, ma si manifesta in cielo per mezzo degli angeli e da Giovanni con la sua posizione delle braccia.
La Madonna di Ognissanti
La tavola della “Madonna di Ognissanti” è più legata alla tradizione sia per il colore del fondo dorato, sia per le proporzioni gerarchiche.
I volumi sono resi ancora una volta anche con i colori, ma non li utilizza solo per questo scopo, ma essi i riflettono e si mescolano con quelli vicini come accade nel viso della Madonna in cui troviamo riflesso del colore della sua tunica e quella del bambino.
Qui la Madonna è anche più umana, pur essendo sempre maestrale e possente. Si nota su come è seduta. Siede su quasi tre quarti per sostenere meglio il figlio sottolineando l’affetto di una madre verso il proprio figlio.
I volti sono dolci e realizzati per mezzo di passaggi cromatici.
Si nota ancora l’uso del colore nella tunica usato per far in modo come se il ginocchio trasparisse e per accentuare un lieve seno.
I volti degli angeli sono invece più generici.
Cappelle Bardi e Peruzzi:
In Santa Croce a Firenze eseguì due affreschi nelle Cappelle Bardi e Peruzzi.
Sono molte rovinate in cui si nota che prende piede l’umanità. Non abbiamo dati a sufficienza per datare questa opera.
Tra le ultime opere abbiamo la tavola di Santo Stefano in cui si rivela la conoscenza dell’ambiente senese.
Inoltre la sua forte personalità fu innovativa e presa anche da altri pittori del suo tempo.

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