Ghilberti, Brunelleschi, Donatello: alcune opere

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Testo

Ghilberti, Brunelleschi, Donatello: alcune opere
Lorenzo Ghilberti, Sacrificio d’Isacco (1401)
Firenze, Museo Nazionale del Bargello.
La formella del Ghilberti presenta una suddivisione verticale mediante una roccia: a destra stanno i servi, in un atteggiamento di totale indifferenza; a sinistra stanno, invece, i protagonisti: Abramo, che sta per vibrare il colpo con la mano, e il figlio Isacco che offre al padre la gola nuda, in un atteggiamento molto fiero, perché è consapevole della grandezza del suo sacrificio. In alto, sopra la roccia, vi è l’ariete che guarda verso la scena del sacrificio; in alto a destra vi è invece l’angelo, che accorre a fermare la mano di Abramo. Le due parti sono dunque divise fra loro, perché diversa è la funzione dei vari personaggi. Ciò non significa però che il pannello non sia unitario . Basta a dimostrarlo la roccia, che da sinistra si porta verso destra, accompagnata dal muso dell’animale. La scena non è per nulla drammatica, anzi, è vissuta in un atmosfera di grande armonia, dovuta alla consapevolezza da parte dei protagonisti della grandezza della loro missione. Nulla di drammatico in tutto ciò, ma una tranquilla serenità dovuta alla fede.
Brunelleschi, Sacrificio di Isacco (1401)
Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Completamente diversa è la concezione del Brunelleschi. Egli, al contrario del Ghilberti, non rispetta la forma gotica della cornice, non riesce a contenere tutte le immagini entro i confini imposti, anzi le due in basso trasbordano. La formella del Brunelleschi presenta una suddivisione orizzontale: i servi in basso e i protagonisti in alto. A differenza del Ghilberti, Brunelleschi coglie la drammaticità dell’evento, la velocità e la violenza del gesto. Abramo ha forzatamente costretto il figlio, che si puntella sull’ara, a esporre la gola e sta per vibrare il colpo quando viene fermato da una forza superiore, quella dell’angelo che gli afferra il braccio. Tutta l’azione tende a focalizzarsi al centro, in alto. Brunelleschi, al contrario del Ghilberti, interpreta questo avvenimento religioso in chiave drammatica, poiché si tratta di un evento tragico, di un padre che sta per uccidere il figlio. Brunelleschi interpreta l’evento in maniera umana.
Brunelleschi, La Cupola del Duomo di Firenze (1420)
Brunelleschi risolse un grande problema che affliggeva la città di Firenze: la costruzione della cupola del Duomo. La cupola è la parte terminale del Duomo, al di sotto della quale vi è l’altare. Per costruire la cupola del Duomo era necessaria la centinatura, una struttura provvisoria che servisse a reggere la cupola fino alla sua completa realizzazione, struttura che oggi potremmo definire col termine “impalcatura”. Purtroppo, però, vi era carenza di carpentieri a causa della peste che aveva fatto molte vittime tra i fiorentini. Così venero indetti due concorsi per la erezione della cupola. Nei due concorsi risultarono vincitori sia il Brunelleschi che il Ghilberti, i quali furono invitati ad armonizzare i loro progetti. Tuttavia non sappiamo quale parte sia dell’uno e quale dell’altro. Certo tutta la tradizione ha attribuito la realizzazione della cupola solo al Brunelleschi. Quest’ultimo, per risolvere il problema, elaborò un progetto ritenuto ardito: evitare la centinatura e costruire una cupola autoportante, capace di reggersi da sola e stare in equilibrio man mano che venisse costruita. Per mettere in atto questo progetto, Brunelleschi elaborò una cupola con doppia calotta: quella interna più piccola e quella esterna più grande, una collegata all’altra. I mattoni sono disposti a «spina di pesce», e all’esterno vi sono anche otto costoloni verticali di marmo bianco. La cupola si conclude con la lanterna da cui proviene la luce, è sorretta da archi rampanti (con una parte bassa e una parte alta)che, non essendo dotati di volute, non si possono considerare gotici; questi archi hanno lo scopo di sostenere la lanterna che potrebbe oscillare. Al vertice la lanterna ha una forma piramidale sulla cui sommità è posta una sfera. La cupola è gotica perché è archiacuta (questo aspetto si deve probabilmente al Ghilberti), e impersona l’ideale rinascimentale: come l’uomo è al centro del mondo, così la cupola è al centro della città. Essa domina il panorama dell’intera città ed è visibile da ogni lato. E’ alta 105 m e ha un diametro di 51 m. Furono impiegati 51 anni per la sua realizzazione.
Donatello, Crocifisso ligneo; Brunelleschi, Crocifisso ligneo
Firenze Santa Croce; Firenze, Santa Maria Novella
Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto Donatello, amico del Brunelleschi,, come lui impegnato nel rinnovamento artistico e perciò partecipe delle stesse idee, è tuttavia personalità ben diversa.
Per Brunelleschi il rapporto uomo-mondo è rapporto sereno in virtù della ragione: esiste un dominio sulle cose, perché esse ubbidiscono a quelle stesse leggi matematiche, eterne e universali, mediante le quali funziona la ragione.
Per Donatello, al contrario, il rapporto uomo-mondo è rapporto drammatico. Non esiste una verità certa e immutabile, frutto del calcolo matematico; la verità è ricerca, è conquista giornaliera.
Pertanto possiamo dire che la concezione brunelleschiana è «aristocratica», mentre quella di Donatello è «popolare»; (non dando però a questi termini un significato classista).
A chiarire meglio queste due posizioni ci aiuta il Vasari, il quale riferisce che Donatello aveva scolpito in legno un crocifisso e lo aveva mostrato all’amico per averne un parere; ma, contrariamente a quanto lo scultore si aspettava, il Brunelleschi lo criticò, affermando che quello era un contadino, e non un corpo simile a Gesù Cristo, il quale era delicatissimo e perfetto in tutte le parti del corpo. Alla replica di Donatello, che è facile giudicare, difficile è fare, il Brunelleschi scolpì un suo crocifisso, ugualmente in legno. Terminatolo, invitò Donatello a pranzo; quando questi giunse davanti all’opera, restò talmente meravigliato che lasciò cadere le cibarie che portava, dicendo poi all’amico che, comunque, egli non aveva più voglia di mangiare e che all’amico era concesso di fare i Cristi mentre a lui i contadini.
Molti dubitano della veridicità dell’aneddoto e negano che il Crocifisso attribuito a Donatello sia veramente suo. Comunque questo aneddoto, che sia vero o meno, ci aiuta a capire la differente concezione dei due artisti: l’umanità di Brunelleschi e formata da uomini «perfettissimi», quella di Donatello da «contadini».
Il Crocifisso donatelliano mostra nel corpo le sofferenze patite; tuttavia mostra anche, nella serietà del viso e nella compostezza del corpo, la dignità di chi ha superato quelle sofferenze con la forza delle proprie qualità morali.
Donatello, Il Profeta Geremia e il Profeta Abacuc (1425)
Firenze, Museo dell’opera del Duomo
Tra il 1424 e il 1425 Donatello esegue il Profeta Geremia e il Profeta Abacuc per il campanile di Giotto. Il primo con un mantello buttato sul corpo e la barba incolta, l’altro alto e magrissimo, con quella curiosa testa calva, sembrano gente comune del popolo contemporaneo, tanto che i fiorentini, e lo stesso Donatello chiamarono la statua del profeta Abacuc familiarmente lo «zuccone», quasi riconoscendoci uno di loro.
Comunque è sbagliato credere che Donatello si sia limitato a copiare un uomo qualsiasi per interesse naturalistico . Infatti la scelta donatelliana ha un significato preciso e rivoluzionario: se l’uomo ha ricevuto da Dio il dono della ragione, attraverso la quale costruisce se stesso e domina il mondo, ciò significa che questa facoltà è in ogni uomo, indipendentemente dal suo aspetto fisico; viene così a cadere la tradizionale equivalenza di bello e buono e la conseguente equivalenza di brutto e cattivo. I profeti di Donatello non parlano perché ispirati da Dio ; parlano perché attraverso le sofferenze della vita, hanno conquistato la verità.
Donatello, Il banchetto di Erode
Il rilievo con il Banchetto di Erode risale al 1427. Donatello deve inserire nel breve spazio a disposizione una storia complessa e articolata in diversi momenti cronologici. Raggiunge lo scopo con la prospettiva.
Il pavimento è a scacchi e losanghe e determina quindi l’esatta collocazione di ciascun personaggio in primo piano. Poi è la tavola che assume questa funzione. Al di là dei commensali, c’è una parete aperta da arcate, al di là delle quali vi è un altro ambiente , in cui un suonatore accompagna lo svolgersi del banchetto, e, più oltre, un terzo luogo, dove vediamo passare, portata su un vassoio, la testa di Battista, che poi rivedremo in primo piano a sinistra. Donatello ottiene dunque una straordinaria profondità spaziale, senza bisogno di creare figure fortemente rilevate o addirittura distaccate. Egli comprime le figure sul piano di fondo e man mano che procede verso il primo piano proporziona ad esse le altre giungendo fino all’ del gruppo di destra e al della testa di colui che reca il vassoio. La scena narra un fatto che è tratto dai vangeli di Matteo e di Marco: Erode Antipa conviveva con Erodiade, moglie del proprio fratellastro, suscitando scandalo fra gli ebrei. Rimproverato per questo adulterio da Giovanni Battista, lo fece rinchiudere in carcere su istigazione dell’amante. Più tardi, avendo visto durante un banchetto eseguire la danza dei sette veli da Salomè, la figlia di Erodiade, le promise in premio tutto ciò che avesse chiesto. Salomè venne indotta dalla madre a chiedere la testa di Battista, ed Erode, nonostante contrario perché sentiva la verità nelle parole di Giovanni, ordino che fosse decapitato e che la sua testa fosse consegnata a Salomè. Notiamo in questo rilievo la ripugnanza che la testa recisa di Battista fa ad Erode che protende le mani in avanti come se volesse allontanarsi, così come quelle persone alla sua sinistra. Inoltre Donatello per rendere ancora maggiore l’idea di profondità realizza nel muro al disotto della prima serie di arcate due piccole aperture.

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