Francesco Hayez

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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FRANCESCO HAYEZ
Francesco Hayez, nacque a Venezia nel 1791. Per gran parte della sua vita rimase lontano dalla città natale, trascorrendo i suoi giorni a Roma, prima, a Milano, poi.
Il 1809 è l’anno che lo vede vincitore del concorso per il “pensionato” di Roma, città dove si trattenne per nove anni e dove ebbe modo di conoscere Canova, che lo prese sotto la sua ala protettiva, e molti altri artisti. In particolare, a Roma, ebbe la rivelazione di Raffaello, confrontato con Tiziano, in un equilibrio tra “ideale” e “natura”.
La frequentazione dell’Accademia di Venezia, fu soprattutto a gettare le basi della sua formazione, assicurandogli un invidiata professionalità, messa a frutto da subito. Gli stimoli che gli venivano da Canova e dall’ambiente culturale che lo circondava, oltretutto, gli consentirono di raggiungere in breve quei traguardi legati alla comune strategia di Canova e di Cicognara, amico dello scultore e presidente dell’Accademia veneziana, di imporre il nome di Hayez a livello internazionale, attraverso anche la partecipazione ai più prestigiosi concorsi istituzionali e alle maggiori commissioni pubbliche o private.
Del 1813 è l’opera Rinaldo e Armida.

➢ RINALDO E ARMIDA: stupefacente reinterpretazione di Tiziano attraverso Canova. L’artista inserisce la scena, ispirata alla “Gerusalemme liberata” del Tasso, in un fascinoso scenario naturale, che ricorda un romantico giardino all’inglese. La figura sensuale di Armida appare ispirata a Tiziano, ma anche alla Paolina Borghese di Canova.
Nel medesimo anno partecipa alla decorazione di una galleria di palazzo Torlonia a Roma, offrendogli la grande opportunità di cimentarsi per la prima volta nella tecnica dell’affresco. Nel 1816 dipinse l’Atleta trionfante.
➢ L’ATLETA TRIONFANTE: questo dipinto è ispirato al Perseo di Canova, lo fece affermare in quell’anno al concorso “dell’Anonimo” presso l’Accademia di San Luca, prevalendo addirittura su Ingres, forse grazie all’appoggio datogli dal Canova stesso, il quale, l’anno seguente, gli commissionò una serie di lunette ad affresco nel corridoio Chiaramonti del braccio nuovo dei Musei Vaticani per celebrare la protezione e l’incoraggiamento accordato alle arti del pontefice Pio VII.
Il Ritratto della famiglia Cicognara con il busto di colossale di Canova, risale all’anno successivo ed è la prima opera che si iscrive nel genere della ritrattistica, genere in cui diverrà molto celebre e richiesto.
➢ RITRATTO DELLA FAMIGLIA CICOGNARA…: in primo piano è rappresentato Cicognara, con la moglie e il figlio, mentre mostra una stampa con la “Religione cattolica”. La statua colossale, progettata dal grande scultore per poter essere collocata a San Pietro, come monumento votivo della Restaurazione e del felice ritorno di Pio VII, non fu mai realizzata.
Del 1820 è un’opera legata alla storia di Venezia e che ebbe da subito grande successo: Pietro Rossi.
➢ PIETRO ROSSI: fu acclamata come il manifesto della nuova pittura romantica. Il personaggio, su di uno sfondo medievale, con accanto la figlia piangente, coperto dall’armatura, sta per andare a combattere in difesa della patria. La figura della donna è ispirata all’Italia piangente nel Monumento funebre di Vittorio Alfieri di Canova. A questo dettaglio era così affidato un chiaro messaggio patriottico, ma ancora più importante è che entra in discussione la “ragion di stato”, poiché non è lecito abbandonare i familiari per la patria.
La commissione di Venere che scherza con due colombe, da parte di un conte trentino, risale al 1830 e fece grande scandalo, a causa dello sconvolgente realismo.
➢ VENERE CHE SCHERZA CON DUE COLOMBE: qui la trasposizione dei moduli classici e canoviani nella chiave romantica del confronto sulla verità del modello e di Tiziano, appare pienamente riuscita.
Quale alfiere riconosciuto della scuola romantica, che i conservatori continuavano a condannare per oltraggio alle regole della calocagathia, egli elaborò una sorta di pittura programmatica che utilizzava le tipologie più richieste da un collezionismo disimpegnato.
➢ BAGNO DI NINFE (1831): il fascino e la singolarità del dipinto stanno essenzialmente nella trasposizione del soggetto mitologico in chiave contemporanea, fatto che suscitò un certo scandalo.
Capolavoro della maturità artistica di Hayez, del 1833, che ripropone il tradizionale tema biblico con un piacere sensuale del tutto moderno, è Loth con le figlie. Da quest’opera deriveranno, negli anni ’40, la superba serie delle Bagnanti, Le odalische e degli interni degli harem, delle figure bibliche, discinte, di Rebecca e Tamar, per ribaltare le tradizionali associazioni formali in provocazioni realistiche, sotto una pittura ispirata agli antichi maestri, tra cui l’amato Tiziano.
Riferito alla storia veneziana, del 1834, è il dipinto Il Carmagnola, che porta con sé un’enorme carica espressiva e ricorda la minuziosa descrizione anatomica di Gericault.
➢ IL CARMAGNOLA: l’opera documenta il continuo interesse di Hayez per la tragedia manzoniana. I riconoscimenti in margine alla traduzione visiva del Carmagnola, divenuta allusiva della situazione politica contemporanea all’artista, da parte di Manzoni, come di altri illustri personaggi milanesi, segnarono la consacrazione europea del pittore, come capofila del romanticismo in Italia.
Lo schieramento di Hayez per gli ambienti patriottici è dimostrato da opere “sui generis”, come la tavola con gli Apostoli Giacomo e Filippo del 1827, allusivo all’esilio dei fratelli Ciani. Altra opera di tal genere è la Congiura dei Lampugnani, in cui l’antica cospirazione, ambientata nella Milano sforzesca, testimonia il mito della “gioventù carbonara”. Anche il ritratto del martire dello Spielberg, il Conte Arese in carcere, del 1828, si inscrive in questo filone.
➢ APOSTOLI GIACOMI E FILIPPO: nei due apostoli, in viaggio per la predicazione, il pittore volle raffigurare i fratelli Giacomo e Filippo Ciani, che, durante il loro esilio, sostennero la causa italiana. Per poter rendere ancora più forte l’allusione, l’artista formò con le loro vesti i colori della bandiera nazionale.
➢ IL CONTE ARESE IN CARCERE il personaggio, coinvolto nei moti carbonari del ’20-21, volle essere ritratto quando, arrestato a Milano, era in attesa di processo. Fondendo nel conte un’immagine eroica e al tempo stesso patetica, Hayez sfiorava una sfida aperta all’oppressore austriaco.
Intanto la sua pittura storica, richiesta anche fuori da Milano, si candidava a diventare il linguaggio figurativo della nazione, ancora politicamente divisa, ma da unire culturalmente a Giuseppe Mazzini. Tra i capolavori della sua maturità di pittore storico, si ricordano Pietro l’eremita, del 1829, e I profughi di Parga, del 1831.
➢ PIETRO L’EREMITA: il personaggio è raffigurato, col crocifisso stretto in mano, mentre predica la Crociata, a cavallo di una mula bianca, attraversando le città e le borgate. Da notare è l’effetto teatrale, infatti sono distinguibili i gruppi familiari e il fondale, di cromo rispetto ai colori caldi dei personaggi, sembra un tendone teatrale da sfondo.
➢ I PROFUGHI DI PARGA: l’opera ricorda le lotte per l’indipendenza greca dall’Impero Ottomano, mettendo in scena l’epopea del popolo martire con una tale enfasi da suscitare l’ammirazione di Mazzini. Anche qui è da notare l’effetto teatrale: il coro, infatti, è posto in primo piano con abiti particolari.
Grazie ai numerosi autoritratti, inseriti anche in quasi tutti i quadri storici, Hayez costruiva la sua figura di artista moderno. Nei ritratti, dove si rivelano le sue capacità pittoriche, l’artista concentra tutta la sua attenzione sul soggetto ritratto, tanto da isolarlo su un fondo neutro, raggiungendo un certo equilibrio tra l’interpretazione dei sentimenti e la valorizzazione pittorica degli abiti.
In seguito al viaggio del 1837 a Vienna e Monaco, che segnò una svolta per la sua vicenda artistica, per Hayez si aprì una fase nuova e più matura della sua pittura storica. Del 1833 è la Sete patita dai primi crociati sotto Gerusalemme, opera che allude ad un’Italia che, in attesa di un’unità politica, aspirava a quella culturale. L’Incontro tra Esaù e Giacobbe, del ’44, si scioglie nella struggente atmosfera di una cronaca senza tempo i sofisticati richiami al ‘700 veneto e al purismo tedesco.
Importanti i temi della “malinconia” e della “meditazione”, trattati in modo personale e assunti a simbolo di un malessere esistenziale:
➢ LA MEDITAZIONE (1850-51): ne esiste una duplice versione carica di suggestioni esistenziali e politiche, legate alla crisi del ’48: la versione del ’51, infatti, reca incisa in rosso sulla croce, tenta in mano dalla donna, la data delle 5 giornate di Milano.
➢ MALINCONIA (1840-41): tema tradizionalmente legato alla rappresentazione dell’angoscia amorosa, di cui si hanno due dipinti caratterizzati da piccole differenze, ma con un’interpretazione straordinariamente moderna: la figura femminile diviene emblema della crisi esistenziale della coscienza contemporanea.
Questo filone si esaurisce nell’atmosfera umbratile e sospesa del suo dipinto più popolare: Il bacio, che rappresenta la scena culminante tra due protagonisti di un melodramma.
➢ IL BACIO: prima volta che la passione diventa protagonista di un’opera d’arte. Dietro la semplicità apparente dell’opera si cela anche un significato politico, legato alla circostanza in cui venne presentato, cioè l’esposizione a Brera poco prima dell’ingresso di Vittorio Emanuele e del suo alleato Napoleone III a Milano. Il vestito della donna appare turgido e corposo, da un lato, ma trasparente e morbido dall’altro. L’ombra che sale le scale è il motivo per cui il giovane è pronto a fuggire, il bacio è dunque d’addio. Il dettaglio del pugnale fa del giovane un rivoluzionario. Si possono notare i colori delle vesti dei personaggi, che creano un preciso richiamo alle bandiere degli stati francese e italiano.
Del 1867 è il dipinto Martin Faliero, in cui nella drammatica figura del vecchio doge condotto a morte, si volle rappresentare lo stesso pittore, dando all’opera valore di testamento, valore questo ribadito nell’opera del 1860, inviata in dono all’Accademia di Venezia: La distruzione del tempio di Gerusalemme.
Hayez morì a Milano nel 1882.
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