Edgar Degas: l'uomo

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

L'Uomo
I contemporanei di Degas non sono stati certamente molto indulgenti nei suoi confronti, ritenendolo, quanto meno, un uomo "stravagante" e "bizzarro". In verità Degas non faceva nulla per accattivarsi la simpatia degli estranei e, tanto meno, dei critici d'arte.
Fin da giovane mostrò un carattere difficile: era irascibile, irrequieto e insicuro. Il suo sguardo, lo vediamo anche nei suoi autoritratti giovanili, era triste e malinconico. La morte prematura della madre, quando egli aveva soltanto tredici anni, nonché la severa educazione familiare, avevano contribuito, certamente non in modo positivo, alla formazione della sua personalità.
Del resto, circa il suo carattere, lo stesso Degas ammetteva: "Ero o sembravo duro con tutti, per una specie di impulso alla brutalità che mi veniva dal mio dubitare e dal mio cattivo umore. Mi sentivo così fatto male, così sprovveduto, così fiacco, mentre mi pareva che i miei calcoli d'arte fossero così giusti. Tenevo il broncio a tutti e anche a me stesso."
Degas era un solitario, anche se a volte lui stesso se ne crucciava. Viveva spesso rinchiuso nel suo studio, totalmente preso dal suo lavoro e dai suoi esperimenti con le più disparate tecniche pittoriche. Gli unici svaghi che si concedeva erano il teatro e la frequentazione degli amici più intimi: Manet, Moreau, Paul Valpinçon, Boldini, i Rouart e gli Halevy.
Il rapporto con le donne fu di semplice tolleranza. Strano, ciò, per un uomo che delle donne, per un’intera vita, ne studiò i movimenti, le attitudini, con minuziosa, quasi ossessiva, attenzione. Delle donne diceva agli amici che era bene che esse s’interessassero alla frivolezza della moda, perché altrimenti, in mancanza di tale interesse, avrebbero resa più difficile la vita degli uomini.
La graduale perdita della vista, quando era circa sessantenne, e i gravi problemi economici, dovuti a errate speculazioni finanziarie del fratello Achille, lo resero ancora più cupo e solitario.


L'Artista
Degas è oggi universalmente riconosciuto come il grande Maestro delle figure in movimento, un abilissimo disegnatore e un grande innovatore nell'arte del ritratto. Le sue opere sono oggi celebrate per l’impareggiabile tecnica e originalità della composizione.
Anche se alcuni critici dell'epoca riconobbero ben presto le qualità artistiche di questo "bizzarro" giovane, il vero e proprio successo gli fu tributato negli ultimi anni della sua vita e, definitivamente, dopo la sua morte. Questo tardivo riconoscimento lo si deve principalmente al fatto che Degas, schivo com'era, espose pochissimo le sue Opere. Basti pensare che l'unica mostra personale la realizzò nel 1893, quasi sessantenne, con la presentazione di una trentina di paesaggi a pastelli. Fra il 1865 e il 1870 egli espose uno o due quadri ogni anno al Salon e partecipò a sette delle otto mostre del gruppo impressionista.
La produzione artistica di Degas fu copiosissima, molti suoi lavori rimasero incompiuti e sono innumerevoli i suoi disegni, schizzi e abbozzi che egli tracciava dal vivo, per poi realizzarne in studio la versione definitiva.
Fin da giovane, frequentando il Louvre e i grandi musei, specialmente italiani, Degas fu attratto dalle opere di Poussin, Velazquez, Goya, David, Ingres, del quale ultimo, fu sempre un fervente ammiratore, e dei Quattrocentisti italiani.
Pur essendo storicamente inquadrato fra gli Impressionisti, Degas non può essere considerato un Impressionista, in quanto percorse strade totalmente diverse dal nuovo gruppo. Quello che aveva in comune con il nuovo movimento era l'anelito al rinnovamento dell’espressione artistica protratta verso il modernismo. A differenza degli impressionisti, Degas mai volle discostarsi totalmente dal passato e il suo impegno artistico fu sempre rivolto a mediare il "vecchio"e il "nuovo". Famosa, a tal proposito, la sua frase: "Ah! Giotto! Lasciami vedere Parigi, e tu, Parigi, lasciami vedere Giotto."
Degas amava definirsi un "realista", tanto è che, in occasione dell'ottava mostra degli impressionisti, realizzata nel 1886, egli pretese che la stessa fosse presentata come una "esposizione di un gruppo di artisti indipendenti, realisti e impressionisti".

Ma vediamo di accompagnare il percorso artistico di Degas nel suo evolversi. All'età di diciannove anni è allievo di Barrias e frequenta assiduamente il Louvre e il "Cabinet des Estampes" della "Bibliothèque Nationale", copiando le opere dei grandi maestri del passato. La frequenza dello studio di Barrias è però breve. Fu quindi discepolo di Louis Lamothe, allievo, a sua volta, di Ingres. Ed è proprio attraverso Lamothe che Degas conobbe Ingres, divenendo un suo fervente ammiratore. Per l'influenza, sia pure indiretta, che Ingres esercitò su di lui, Degas fu sempre un convinto assertore che il disegno, con "linee ampie e continue", deve essere alla base di ogni composizione artistica.

Ma il fascino che esercitarono su di lui sia Ingres come gli altri grandi Maestri del passato, non impedirono a Degas di cercare con ostinato impegno un nuovo cammino. Il mondo fluisce, si rinnova e lui è attratto da questa nuova realtà. Sin dai suoi primi ritratti si nota la presenza del rapporto fra "passato" e "presente", che lo accompagnerà sempre in tutta la sua attività futura.
A differenza degli Impressionisti, Degas non amava lavorare "en plen air", preferendo decisamente la luce artificiale degli interni, che gli dava una maggiore libertà e la possibilità di manipolare i soggetti e modificarne a suo piacimento la "posa", nella quale nulla, secondo quanto diceva egli stesso, doveva essere lasciato al caso. Anche i soggetti in esterni, quali le corse dei cavalli, i fantini, le scene di caccia e, persino, i paesaggi, pur studiati "in loco" nei minimi dettagli mediante schizzi e appunti, erano poi rielaborati nel suo studio.

Abbiamo affermato che Degas si considerava un "realista", ma questo suo approccio con la realtà è piuttosto freddo, studiato e meditato. Mentre Manet amava lavorare d'istinto, "fare di getto ciò che si vede", come lui stesso diceva, Degas, al contrario, mettendo sempre in discussione il suo lavoro, sosteneva: "Io non so nulla dell'ispirazione, della spontaneità, del temperamento, quel che faccio è il risultato della riflessione e dello studio dei grandi maestri".
Sembra strano che lui, che nell'intera sua vita non ebbe alcun rapporto, almeno importante, con le donne, abbia scelto proprio la donna come uno dei temi principali della sua opera. Ma la donna di Degas, le sue "ballerine", le sue "donne facendo toletta", le sue "stiratrici", le sue "lavandaie", sono figure femminili totalmente dissacrate, per nulla romantiche, oggetto di scrupoloso, quasi ossessivo, studio dei loro movimenti professionali o della loro più intima attività quotidiana.
Le "ballerine" e "le donne facendo toletta" sembrano lavori fatti in sequenza cinematografica, affascinanti per i tagli molto innovativi, per le impaginazioni decentrate, per le inconsuete angolazioni: evidente, in tal senso, l'influenza dell’"orientalismo", allora di gran moda, e delle stampe giapponesi, di cui Degas era un appassionato collezionatore. Degas si distingue anche per il finissimo tratto del disegno e per la magistrale interpretazione della luce.
Ma Degas non vuole sorprenderci e impressionarci: il suo è un racconto senza trama.
La situazione che ci mostra, sia essa l'evoluzione della ballerina o il gesto della stiratrice che preme sul ferro, è di per se stessa, e semplicemente, il momento estetico fissato sulla tela, la sua armonica rappresentazione. Ma quanto lavoro, quante prove per rappresentare quello che sembra essere un semplice gesto colto in una fortuita visione istantanea! Degas, a tal proposito, annotava: "Bisogna rifare dieci volte, cento volte lo stesso soggetto. Nulla in arte deve sembrare casuale, nemmeno il movimento."
Prima di scorrere, insieme, i più importanti dati cronologici della sua vita e delle sue opere, chiudiamo queste annotazioni su Degas Artista, trascrivendo alcuni giudizi critici dei suoi contemporanei.
" Sinora è la persona che ho visto cogliere meglio, nella traduzione della vita moderna, l'anima di questa vita" (E. de Goncourt, Journal, 13 febbraio 1874)
Nel 1876, Edmond Duranty, in occasione della seconda mostra degli impressionisti, scriveva su Degas: "Così la serie delle nuove idee si è formata soprattutto nella mente di un disegnatore, uno dei nostri, uno di coloro che espongono in queste sale, un uomo dotato del più raro talento e della più rara intelligenza. Parecchia gente ha approfittato delle sue concezioni e del suo disinteresse artistico, ed è tempo che gli sia resa giustizia e si conosca la fonte a cui tanti pittori hanno attinto, pittori che si guarderebbero bene dal rivelarla; purché piacesse ancora a quest’artista esplicare le sue facoltà da prodigio, da filantropo dell'arte, non da uomo d'affari come tanti altri."
G. Rivière, nel 1877, in occasione della terza mostra degli impressionisti, così scriveva circa l'opera di Degas: "Non cerca di far credere a un candore che non possiede; al contrario, la sua sapienza prodigiosa prorompe ovunque; la sua ingegnosità, così attraente e peculiare, dispone i personaggi nel modo più imprevisto e piacevole, restando sempre vera e naturale." E, sempre riferendosi a Degas, continua: "È un osservatore; non cerca mai esagerazioni; l'effetto viene sempre raggiunto attraverso la realtà stessa, senza calcature. Questo fa di lui lo storico più prezioso delle scene che presenta."
E, a proposito dei nudi di Degas, J.K. Haysmans, nel 1889, scriveva: "...Non è più la carne piatta e liscia, sempre nuda delle dee,...ma è proprio carne svestita, reale, viva, carne tocca dalle abluzioni e la sua fredda grana sta per sciogliersi." Fra le annotazioni dello stesso Degas sul suo lavoro, ricordiamone alcune fra le più famose: "Felice me, che non ho trovato il mio stile, cosa che mi farebbe imbestialire!" "La pittura non è molto difficile, quando non si sa...Ma se la si conosce...oh! allora!....È tutta un'altra cosa."
Circa i suoi "nudi femminili", Degas annotava: "....la bestia umana che si occupa di se stessa, una gatta che si lecca. Finora il nudo è stato sempre presentato in pose che presupponevano un pubblico; invece le mie donne sono gente semplice, onesta che no si occupa d'altro che della propria cura fisica."
Infine, circa l'Arte, Degas scriveva: "L'Arte è il vizio: non la si sposa legittimamente, la si violenta!"

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