Edgar Degas

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

EDGAR DEGAS

Nasce da una ricca e nobile famiglia: il padre, banchiere, è un uomo di raffinata cultura, e, il piccolo Degas comincia a frequentare il Museo del Louvre.
La prima formazione pittorica avviene in ambiente accademico, e il suo punto di riferimento è In gres, del quale ammira la purezza del disegno. Tuttavia, dopo soli sei mesi abbandona la scuola, e intraprende numerosi viaggi in Italia, che suscitano in lui la consapevolezza dei propri mezzi e dei propri limiti; Degas infatti, si dimostrerà sempre insoddisfatto della propria arte.
Quando torna a Parigi, continua lo studio dei classici, tra i quali aggiunge anche Delacroix.
Nonostante la propaganda impressionista, egli rimase assertore della pittura in atelier; secondo lui, infatti, anche l’impressione di un istante è così complessa che l’immediatezza della pittura en plein air, non può coglierla interamente: disegnando, invece, ciò che non si vede più, l’immaginazione collabora con la memoria, in modo che riproduca ciò da cui si è colpiti, ossia l’essenziale.
Questa essenzialità la si percepisce dagli schizzi e dai disegni preparatori, come il Nudo femminile, uno studio per la realizzazione di un dipinto storico. La precisione del segno e la morbidezza del chiaroscuro, lo rendono un’opera già perfettamente autonoma.
Nel 1861, conosce Manet, con cui condivide la passione per le stampe giapponesi, e grazie al quale viene introdotto nel gruppo del Café Guerbois. Alla metà degli anni sessanta, la sua pittura si caratterizza in senso realistico. La natura di Degas non è mai quella derivante dalla sensazione visiva, ma il frutto di studi e riflessioni.
Dal 1874, in seguito alla morte del padre, deve far fronte al crollo degli affari, ed è costretto a dipingere per vivere. Inizia così a lavorare sul tema delle ballerine, che trovava un discreto successo tra i collezionisti.

La lezione di ballo
È il primo della serie delle ballerine, ma contiene in sé tutti i temi della maturità artistica di Degas.
Una ballerina sta provando dei passi di danza, mentre le altre la osservano attendendo il proprio turno. Il taglio è di tipo fotografico, alcune figure risultano fuoriuscire dall’inquadratura; questo suggerirebbe una pittura di getto, ma non è così: gli stessi tempi di realizzazione (tre anni), testimoniano come l’opera sia frutto di un meditato lavoro.
I gesti delle ballerine sono indagati con attenzione quasi ossessiva. Quella col fiocco giallo si sta grattando la schiena, quella col fiocco rosso sta facendosi aria con un ventaglio, una si accomoda l’orecchino, una si sistema l’acconciatura, una parla con la compagna, una ride; come in ogni classe sul finire della lezione, con un’atmosfera più rilassata. L’artista si pone come se si guardassero i personaggi dal buco della serratura.
Degas inserisce le fanciulle in una luce morbida, che ingentilisce le movenze. Il disegno prospettico del pavimento, il tono neutro del parquet e delle pareti, su cui meglio si stagliano i costumi delle ballerine, danno all’insieme un senso di quieto realismo.
Dal punto di vista tecnico, Degas non rifiuta né il disegno (evidente nella figura del maestro, il cui volume la rende il fulcro della composizione) né l’uso del bianco e nero. Bianchi sono i tutù, neri i nastri di raso al collo. In entrambi i casi riesce a far coesistere il rigore derivante dall’amore per In gres con la realtà dell’epoca, in cui il quotidiano era sostituito dalla mitologia.

L’assenzio
Degas non ma i paesaggi, né la loro rappresentazione. Le sue ambientazioni fanno riferimento agli interni parigini. Un esempio è quello de L’assenzio, ambientato all’interno del Café Nouvelle-Athenés, uno dei luoghi di ritrovo tra gli impressionisti.
La composizione è volutamente squilibrata verso destra, a dare il senso di una visione improvvisa e casuale; l’immagine però è costruita in modo rigoroso: la prospettiva è obliqua, come se l’artista volesse introdurci nel locale seguendo il loro allineamento. Il punto di vista è alto e decentrato, come di un osservatore invisibile, che quindi può cogliere la spontaneità di ogni gesto.
I due personaggi, recitano il ruolo di una prostituta agghindata in modo vistoso, e un clochard, un barbone parigino dall’aria burbera.
Davanti alla donna sta il bicchiere dell’assenzio, mentre davanti al barbone sta un calice di vino. Entrambi hanno lo sguardo perso nel vuoto. Pur essendo seduti accanto, sono fra loro lontanissimi, il che simboleggia quanto la solitudine possa renderci estranei e incapaci di comunicare.
L’atmosfera del locale è pesante, come lo stato d’animo degli avventori, imprigionati in uno spazio squallido.
Significativa è l’attenzione ai giochi di luce e colore: alle spalle dei due c’è uno specchio appannato, che riflette le sagome in modo confuso, apparendo velato, quasi sordo, in perfetta sintonia con la presenza dei due avventori.

La tinozza
È uno dei pastelli appartenenti alla serie dei Nudi femminili che fanno la toilette. Ogni scena costituisce un fotogramma del film della vita.
Il taglio prospettico è decisamente anticonvenzionale: il punto di vista è molto alto, e, risultando allineato al bordo del mobile, la percezione di questo mobile ci appare artificiosa, come se fosse un piano verticale e non orizzontale.
Il profilo dolce del corpo, ha un andamento che richiama la forma della tinozza, dalla quale si stacca per contrasto di colore. La sovrapposizione dell’incrocio dei tratteggi suggerisce il senso del volume.
“Amava il corpo imano come un’armonia materiale, come una bella architettura con in più il movimento”, scrisse di lui Baudelaire.

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