Domenico Ghirlandaio

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Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

GHIRLANDAIO
Nel 1476 Domenico Ghirlandaio (27) affresca il Cenacolo per il monastero di Passignano con la collaborazione di David, per incarico dell'abate don Isidoro del Sera. - I frati li trattavano malissimo e la cosa irritava in particolar modo David, che si lamentava con l'abate, opponendo che l'arte di suo fratello non meritava quel trattamento da manovali, ottenendo solo sgarbate risposte. Una sera, a cena, venne presentata un asse con minestre e tortacce da manigoldi. David rovescio' la minestra addosso al frate e lo percosse con un pane duro, svegliando l'abate, che dette ordine ai frati di mutare atteggiamento.
1477 opere di Domenico Ghirlandaio (28) e della sua bottega di questo periodo: Tavola con i Santi Sebastiano, Vincenzo Ferrer e Rocco con 4 membri della famiglia Malatesta. Nella lunetta Dio Padre e nella rpedella, 3 storie di santi. - I ritratti dei malatesta sono di mano di Fra' bartolomeo. Oggi nel museo civico di Rimini. - Affreschi per la cappella di S.Fina nella Collegiata di S.Gimignano, con la Visione e i funerali di S.Fina. I santi e i profeti nelle lunette e i 4 evangelisti nella volta sono probabilmente di mano di Bastiano Mainardi.
1480 Opere di Domenico Ghirlandaio (31) e della bottega in questo periodo: il Cenacolo di Ognissanti. Il volto di Cristo e' stato ridipinto da Alessandro Gherardini (1655 - 1723). - S. Girolamo per Ognissanti in concorrenza con Sandro Botticelli. - Un Cenacolo nel refettorio piccolo di S.Marco, molto simile a quello di Ognissanti. - Madonna per i frati gesuiti, oggi agli Uffizi. Parte della predella e' alla National Gallery di Londra, parte nel Museo di Detroit, parte al Metropolitan Museum di New York. - La sua bottega riquadra l'Incoronazione della madonna di Giotto della cappella Baroncelli in S.Croce.
1481 Domenico Ghirlandaio (32) e'a Roma per affrescare la cappella sistina. Esegui' la Vocazione di Pietro e Andrea. Della serie dei papi, spettano alla sua bottega Vittore, Pio I, Anacleto, Clemente, Igino, Felice, Eutichiano e Dalmata. Durante il soggiorno romano dimostrò la sua abitita' disegnando monumenti, medagli ed altre cose, senza prendere misure, a occhio e a mano libera. Successive verifiche hanno dimostrato che le proporzioni fra il Colosseo e le altre figure circostanti sono esatte.
5.10.1482 Domenico Ghirlandaio (33) firma il contratto per affrescare la Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio, dove e' l'orologio di Lorenzo della Volpaia (1446 - 1512) maestro d'orologi e astrologo.
Nella parete S.Zanobi in trono, tra due santi diaconi. Nella lunetta la madonna con bambino e angeli. Nell'arcone di sinistra Bruto, Muzio Scevola e Camillo. Nell'arcone di destra Decio, Scipione e Cicerone.
1483 Domenico Ghirlandaio (34) inizia ad affrescare la Cappella Sassetti in S.Trinita con le Storie di S.Francesco. Reca la scritta A.D.MCCCCLV XV Decembris. - Sopra l'arco della cappella dipinse Ottaviano Augusto, la Sibilla Tiburtina e il David. - Nel primo quadro si vede un fanciullo degli Spini che cade dal palazzo, vicino al ponte a S.Trinita. Morto sul colpo, i frati escono dalla chiesa con la croce per seppellirlo, quando S.Francesco lo resuscita fra l'allegrezza della gente, fra cui Maso degli Albizi, Agnolo Acciaiuoli, Palla Strozzi e altri notabili cittadini. - Nel secondo Francesco rifiuta i beni del padre Pietro di Bernardone e veste il saio. - Nel quadro di centro Francesco è davanti a papa Onorio per presentare la sua regola e gli porge un mazzo di rose, di gennaio. Fra i personaggi Lorenzo Vecchio de' Medici. - Inoltre: S. Francesco riceve le stimmate e la morte di S.Francesco. - Ritrasse in un quadro Francesco Sassetti inginocchiato e nell'altro la moglie Nera e i figli.
Capo di una bottega assai attiva insieme ai due fratelli e al figlio Ridolfo (Firenze 1483-1561) e traspositore in termini locali del realismo fiammingo. Nelle sue opere rielabora la tecnica del Masaccio, lo stile di Filippo Lippi ed il realismo nordico conosciuto attraverso il fiammingo Hugo van der Goes, dando vita a scene altamente estetiche ed armoniose, che - al di là del soggetto nominale - costituiscono preziosi documenti della quotidianità del suo tempo. I suoi primi affreschi importanti sono alla Cappella di Santa Fina a San Gimignano (1475). Li precede di poco una Madonna della Misericordia nella Chiesa fiorentina di Ognissanti. Nel refettorio del convento di Ognissanti dipinge l'Ultima Cena.
L'ultima cena - Refettorio d'Ognissanti
Dopo il 1480 è chiamato a Roma a decorare la Cappella Sistina. Nel 1482 decora la Sala dei Gigli a Palazzo Vecchio. Narratore nato, esempio tipico della sua arte sono gli affreschi della vita di San Francesco in Santa Trinita in cui, col pretesto della storia sacra, raffigura personaggi contemporanei in abiti alla moda del periodo. Dal 1486 al 1490 affresca il Coro di Santa Maria Novella, sua opera più famosa, ove porta all'estremo il suo virtuosimo prospettico.
Santa Trinita - Cappella Sassetti L'adorazione dei pastori "Vecchio con nipote" - Louvre -Parigi
1449 nasce a Firenze Domenico Ghirlandaio
Figlio di Tommaso Bigordi, orefice, detto il "Ghirlandaio", perchè inventò le ghirlande per adornare la fronte delle fanciulle fiorentine. Tommaso fu anche l'autore di molti voti d'argento e delle lampade per la cappella della SS.Annunziata, che furono disfatte in occasione dell'assedio del 1529.
Nella portata del Catasto però Tommaso si definisce "sensale".
La casa era in via dell'Ariento, ma possedevano anche varie case, terre, vigneti fuori città.
Domenico fu fratello di David (1452) e di Benedetto (1458). Si sposò prima del 1480 con Costanza di Bartolomeo Nucci. Fu padre di Ridolfo (4.2.1483). Dalla seconda moglie (Antonia del Puzzola) Tommaso ebbe anche Giovanbattista (1466) e Alessandra (1475).
Il padre lo iniziò all'oreficeria, ma Domenico prediligeva il disegno e passava il tempo a fare il ritratto a tutti quelli che passavano dalla bottega. Il padre decise di metterlo a bottega, non si sa con certezza se dal Verrocchio o da Alessio Baldovinetti. Vasari accenna al Baldovinetti, che gli insegnò anche il mosaico. Significativo è che Domenico raffigurò il Baldovinetti, insieme al proprio autoritratto e ai ritratti del fratello Davide e del cognato Mainardi, nella scena della "Cacciata di Giovacchino" nella cappella Tornabuoni in S.Trinita. Il figlio di Baldovinetti lo rammenta, nelle sue memorie, come allievo del padre.
Alcuni studiosi però pensano che maestro sia stato il Verrocchio, di 13 anni piu' anziano.
Le prime opere di Domenico (S.Andrea a Cercina, S.Andrea a Brozzi, Cappella Vespucci in Ognissanti) sono ad affresco, tecnica conosciuta dal Baldovinetti, ma non del Verrocchio.
Probabilmente, nei primi tempi, Domenico fu influenzato anche dagli altri artisti che circondavano il Baldovinetti nella realizzazione di due opere: la Cappella del Cardinale del Portogallo in S.Miniato e la decorazione a tarsia della Sagrestia del Duomo: i fratelli Pollaiolo e Cosimo Rosselli, Giuliano e Benedetto da Maiano. Baldovinetti lavorava anche in S.Egidio con Domenico Veneziano e Andrea del Castagno.
Domenico prese a modello anche gli affreschi di Giotto (ciclo di S.Francesco in S.Croce) per la Cappella Sassetti in S.Trinita e il Pagamento del Tributo di Masaccio per la Vocazione di Pietro e Andrea nella cappella Sistina. Fu anche il primo a subire gli influssi dei nordici.
Meno sofisticato e letterario di altri artisti fiorentini suoi contemporanei, si fa apprezzare per la bravura con la quale ci tramanda i personaggi, i costumi, gli ambienti della Firenze del '400.
Suo merito indiscutibile è di aver fuso tutte le conquiste artistiche del suo tempo e dell'epoca precedente: in ciò sta l' essenza della sua arte. Non solo la sicurezza con cui compone scene affollate, ma anche l'inclinazione per le figure monumentali lo avvicinano a Giotto e Masaccio: In lui troviamo rielaborata anche la disposizione prospettica di Paolo Uccello e lo studio plastico del corpo umano di Andrea del Castagno, come pure le nozioni paesaggistiche di Alessio Baldovinetti e di Piero della Francesca.
Le rappresentazioni un po' statiche non dimostrano limitatezza di mezzi espressivi, bensì riflettono il gusto dell'epoca e, in particolar modo, dei committenti. In un libro di preghiere del 1454, il "zardino de oration" viene descritta la "meditazione intuitiva, con la quale si riusciva a trasferire mentalmente gli avvenimenti dei testi sacri nella propria citta' natale. Il Ghirlandaio ha realizzato questo precetto facendo rivivere le storie bibliche in un contesto familiare e fra persone viventi all'epoca.
Ebbe una bottega molto operosa, da dove passarono i fratelli David e Benedetto, Bastiano Mainardi (che sposò Alessandra, sorella di Dome nico), Francesco Granacci, Niccolò Cieco, Jacopo del Tedesco, Jacopo dell' Indaco, Baldino Baldinelli, Michelangelo Buonarroti.
Si raccomandava di non rifiutare alcun lavoro, fosse anche la decorazione del cerchio di un paniere , che era disposto ad eseguire personalmente, purchè nessuno uscisse insoddisfatto dalla sua bottega. Si lamentava di non avere tempo sufficiente perchè avrebbe voluto dipingere tutto, perfino le mura di Firenze.
Lasciò al fratello David tutte le incombenze amministrative, volendo occuparsi solo della pittura.
Morì nel 1495, a 45 anni, di febbre pestilenziale.
1471 Domenico Ghirlandaio realizza in S.Croce il tabernacolo con scene della vita di S.Paolino, oggi perduto. Il Codice Magliabechiano lo indica come sua prima opera.
1471 Domenico Ghirlandaio termina l'affresco con i Santi Girolamo, Barbara e Antonio Abate nella pieve di S.Andrea a Cercina. L'affresco fu murato nel 1600 e riscoperto nel 1923. Berti lo attribuì subito a Domenico ed è la sua prima opera giunta fino a noi. A Cercina, fino dal 1200 veniva venerata una immagine miracolosa della Madonna, attorno alla quale si erano costituite varie confraternite laiche. Nel XV secolo fu deciso di ristrutturare il santuario e la decorazione fu affidata a Domenico, che era ancora un oscuro allievo del Baldovinetti, ma ben conosciuto nella zona, dove il nonno possedeva una piccola proprietà.
Le figure dei santi riprendono moltissimo dei disegni degli apostoli Pietro e Paolo delle tarsie della Sagrestia del Duomo, dove lavorava il Baldovinetti con l'assistenza di Domenico, che probabilmente eseguì i disegni degli apostoli ed utilizzò tali disegni a Cercina. Le figure sono allungate, artificio tipico del Baldovinetti.
L' impostazione dell'affresco è mutuata da Andrea del Castagno, mentre la luce e i colori sono derivati da Domenico Veneziano, ambedue colleghi del Baldovinetti in S.Egidio.
Il volto di S.Barbara sembra ripreso dalla Caritas di Antonio del Pollaiolo nel ciclo delle Virtù per la Mercanzia. Si riscontrano anche alcune analogie con l'altare di S.Barbara di Cosimo Rosselli, proveniente dalla SS.Annunziata e ora all'Accademia.
1472 Domenico del Ghirlandaio affresca S.Andrea a Brozzi. I due affreschi staccati si trovano adesso a S. Donnino. Uno riproduce la Madonna in trono con i Santi Sebastiano e Giuliano, sovrastata dal Battesimo di Cristo, che gli esperti escludono possa essere opera di Domenico.
La Madonna in trono: era il tema preferito del periodo, con la definizione "La Sacra Conversazione". Non si sa quale fosse l'originaria collocazione e funzione. Probabilmente fu donata da un ignoto committente. La frontalità della Vergine e del Bambino, la posizione di questo, in piedi sulle ginocchia e il portamento della Madonna presero spunto dal Tabernacolo Carnesecchi di Domenico Veneziano e la Madonna del Trebbio di Andrea del Castagno. La caduta perpendicolare del velo della Madonna era tipica del Baldovinetti. La composizione architettonica del trono si rifà agli elementi architettonici fittizi del S.Zanobi con due Santi Diaconi della tarsia della Sagrestia del Duomo
Per S.Sebastiano fu preso a modello l'altare di S.Miniato di Andrea del Castagno e il suo modo di incedere riprende lo stile di Antonio del Pollaiolo (Cristo nella croce d'argento del Battistero).
Il portamento di S.Giuliano riprende il Farinata degli Uberti di Andrea del Castagno.
Il Battesimo di Cristo riprende quello del Baldovinetti nell'armadio della Sagrestia della SS.Annunziata, cui si ispirò anche il Verrocchio.
1473 Domenico Ghirlandaio affresca la cappella Vespucci in Ognissanti. Nella lunetta Madonna della Misericordia con i membri della famiglia Vespucci inginocchiati.
Nella lunetta sottostante, la Il Compianto sul Cristo morto, da altri definito Deposizione, perchè Domenico mescolò diverse tradizioni iconografiche: si lasciò ispirare dalle "Meditationes Vitae Christi":"Nostra Signora prende in grembo il capo e le spalle e Maddalena i piedi, presso i quali aveva ottenuto una volta la grazia. Gli altri stanno attorno, tutti levano alti lamenti su di lui a compiangerlo amaramente". Il vecchio a destra con i capelli e la barba bianca dovrebbe essere Giuseppe di Arimatea, mentre l'uomo con i capelli scuri che gli sta di fronte dovrebbe essere Nicodemo. La figura con la barba a destra dell'Evangelista Giovanni dovrebbe essere Longino di Cesarea, che si torce le mani profondamente addolorato. Altri interpretano le figure a sinistra come membri della famiglia Vespucci, rappresentati come santi e accompagnati da S.Giovanni Battista.
La Madonna della Misericordia riprende le precedenti impostazioni formali di Piero della Francesca e di Filippo Lippi: la Madonna è al centro, frontalmente, e la sua natura divina è sottolineata dall'iscrizione nello zoccolo: MISERICORDIA + DOMINI + PLENA + EST +TERRA (salmo 32,5).
Quattro figure maschili e quattro femminili sono raccolte sotto il manto, tenuto soollevato dagli angeli. Le figure inginocchiate sono disposte in un circolo aperto davanti, che sembra voglia accogliere anche l' osservatore. Contrariamente all'iconografia tradizionale dell'epoca, che prevedeva una folla anonima di protetti dalla Madonna, il Ghirlandaio raffigura i committenti e S.Antonino. Amerigo, morto il 15.7.1472 a 74 anni, e la moglie Nanna potrebbero essere la coppia ai piedi della Madonnaa, mentre gli altri potrebbero essere i figli Giovanni, con la moglie Chosa o Nastagio con la moglie Lisa Mini.
Già nominati dal Vasari, vennero imbiancati nel 1616 e ritrovati solo nel 1898 sotto una pala d'altare di Matteo Rosselli.
Iscrizione sulla pala tombale della famiglia:
S(ER) AMERIGO VESPUCIO POSTERISQ(UE) SUIS MCCCCCLXXI e sulla lapide a sinistra del tabernacolo: SEP(ULCRUM) S(ER) AMERIGI STAGII DE VESPUCCIS ET DESCENDENTUM
Vi è sepolto il giurista Amerigo Vespucci, cancelliere sotto Cosimo de' Medici fra il 1434 e il 1470.
Ai lati del Compianto due figure: a sinistra L'Arcangelo Raffaele, di cui si vede una parte di ala sulla spalla sinistra e, nello zoccolo, Tobia e l'arcangelo. Le poche tracce rimanenti delle altre figure non consentono l'identificazione.
Solo nel 1966, un completo restauro permise di eliminare le ridipinture effettuate prima dell'imbiancatura e spazzare via la tesi che si trattasse di affreschi prelevati da altre parti. Avvalorando quanto riportato dai manoscritti dell'archivio di Ognissanti, l'intonaco del tabernacolo risultò unitario, circondato da una cornice del 1472, che servì da modello per le altre cornici dei vari tabernacoli di Ognissanti del 1542, 1561/81 e 1627.
All' interno della cornice del tabernacolo, i singoli affreschi erano in origine legati fra di loro da un sistema di cornici fittizie, che univano e al tempo stesso scandivano i vari soggetti. Le linee di queste cornici sono riconoscibili nella sinopia del Compianto, esposta nel convento.
Nella Madonna della Misericordia, pur rifacendosi al Baldovinetti, ad Andrea del Castagno e a Domenico Veneziano, il Ghirlandaio introduce un realismo insolito per l'epoca e subordina le figure e la decorazione alla realtà piuttosto che all'ideale. Andrea del Castagno aveva già realizzato il disegno del Compianto per una vetrata del Duomo.
Sisto IV, fra il 1471 e il 1475, aveva fatto collocare la biblioteca al piano terra dell'ala nord, costruita da Nicola V presso il Cortile del Pappagallo, dove c'erano il granaio e la cantina. Al piano superiore Alessandro Vi Borgia avrebbe fatto decorare gli appartamenti privati dal Pinturicchio. Le stanze del secondo piano sarebbero state decorate da Raffaello.
Platina sistemò la biblioteca greca nella prima stanza, che aveva servito da ingresso, nella seconda sala i testi latini e nella terza sala i testi segreti.
Domenico e Davide del Ghirlandaio dipinsero la biblioteca latina. Nelle lunette finsero spazi aperti con dodici figure a mezzo busto di filosofi antichi e padri della chiesa medievale, ciascuno con il nome e cartigli riportanti loro testi
Sisto IV, fra il 1471 e il 1475, aveva fatto collocare la biblioteca al piano terra dell'ala nord, costruita da Nicola V presso il Cortile del Pappagallo, dove c'erano il granaio e la cantina. Al piano superiore Alessandro Vi Borgia avrebbe fatto decorare gli appartamenti privati dal Pinturicchio. Le stanze del secondo piano sarebbero state decorate da Raffaello.
Platina sistemò la biblioteca greca nella prima stanza, che aveva servito da ingresso, nella seconda sala i testi latini e nella terza sala i testi segreti.
Domenico e Davide del Ghirlandaio dipinsero la biblioteca latina. Nelle lunette finsero spazi aperti con dodici figure a mezzo busto di filosofi antichi e padri della chiesa medievale, ciascuno con il nome e cartigli riportanti loro testi
I Profeti :Domenico li tratteggia in modo non convenzionale, come vecchi pensosi dalla barba fluente, ma attribuisce ad ognuno di essi una diversa valenza psicologica. La debolezza della pittura, in contrasto con la validità dei disegni, fa pensare che questi ultimi furono di mano di Domenico, mentre la pittura fu eseguita dalla bottega.
Profeta Abacuc: Iscrizione sul rotolo OPERUIT CAELOS GLORIA EIUS
Profeta Geremia: Iscrizione sul rotolo MALEDICTUS HOMO QUI CONFIDET IN (HOMINE)
Profeta Isaia: Iscrizione sul rotolo DEDI TE IN LUCEM GENTIUM
Profeta Michea: Iscrizione sul rotolo EGO AUTEM AD DOMINUM MEUM ASPICIA
Profeta Ezechiele: Iscrizione sul rotolo TU SIGNACULUM SIMILTUDINIS PLENUS SA(PIENTIA)
Profeta Daniele: Iscrizione sul rotolo ERAT COR EIUS FIDUCIAM HABENS IN DO(MINO)
I Padri della Chiesa: Ambrogio insegna, Gerolamo traduce e interpreta un testo, Gregorio scrive un testo ispirato da Dio. Agostino medita leggendo
Sono inseriti, a coppie, entro gli archi delle finestre. Anche i loro volti mostrano una intensa diversificazione espressiva. La sinopia di papa Gregorio, scoperta durante l'ultimo restauro è diversa dal lavoro finale e dimostra, quindi, la diretta partecipazione di Domenico anche alla pittura.
Gli Evangelisti:Nella volta della cupola, sopra i Profeti, che nel registro più basso rappresentano l' antico Testamento, nel registro superiore si trovano gli esegeti patristici, mentre gli evangelisti occupano il punto più alto della cappella. Si tratta di figure complete, sedute sulle nuvole come in trono, con l'aureola a fondo oro circondata da cherubini. La rigidità della posizione sudeta è risolta con la torsione del busto.
L'idea era stata di Brunelleschi, che morì prima di realizzarlo. Benedetto da Maiano ebbe difficoltà a fare accettare ai frati l'idea di scavare la colonna per ricavarvi una scala interna. Li convinse solo dopo aver rinforzato la colonna ed averla cerchiata di ferro. Il pulpito risale al periodo in cui la pittura gareggiava con la scultura rappresentando l'evidenza scultorea. Così Benedetto da Maiano, che aveva collaborato a San Gimignano con Domenico Ghirlandaio, volle competere in vastità e dettaglio, con le analoghe storie di S.Francesco che il Ghirlandaio stava dipingendo in S. Trinita.
Negli intervalli delle mensole vi sono le principali Virtù, incassate in nicchie di marmo rosso. Le cinque facciate rappresentano:
Approvazione della Regola
S. Francesco davanti al Sultano
S. Francesco riceve le stimmate
Funerali di S.Francesco
Martirio dei primi missionari francescani.
Prima della loro esecuzione, furono eseguite prove in terracotta, tre delle quali sono a Londra e una era a Berlino.
4.5.1476 ultimo pagamento a Domenico e Davide del Ghirlandaio per gli affreschi della biblioteca di Sisto IV in Vaticano.
Dalle registrazioni del Platina appare come l'autore principale fosse Davide, ma ciò contrasta col fatto che Domenico non era, in quel periodo, particolarmente impegnato in altre opere e che il committente er il papa, che lo avrebbe richiamato a Roma per la decorazione della Cappella Sistina. Non sembrano di mano di Domenico, risultando senza tensione interna e con il volto legnoso, le figure dei filosofi. Anche le proporzioni sembrano disarmoniche, dal che si suppone che i disegni preparatori di Domenico non erano in grandezza reale. Le scritte nei cartigli furono eseguite da Giovanni d'Ancona, indicato dal Platina come "frater Joannia ordinis minorum", miniaturista francescano. Le registrazioni indicano "pro litteria quas pinxit in bibliotheca" e "pro litteris scriptis in bibliotecha ad paretem".
Aristotele STUDIORUM AMAROS CORTICES ESSE FRUCTUS VERO IOCUNDIORES.
Diogene DIVITEM (INDOCTUM) AUREI VELLERIS QVEM ESSE DICEBAT
Cleobolo SINGULIS DIEBUS QUID EGERIS ANTEA ET QUI ACTURUS SIS COGITA
Aristhene ROGATUS QUID EX PHILOSOPHIA LU (CRASSET MECUM AIT COLLOQUI POSSE)
Socrate UT UNICUM BONUM SCIENTIA EST ITA INSCIENTIA MALUM
Platone DORM(IENS HOMO) NULLIUS PRECII EST
S.Agostino NIHIL BEATIUS EST QUAM SEMPER ALIQUID LEGERE AUT SCRIBERE
S.Ambrogio DILIGENTIAM CIRCA SCRIPTURAS INTER OFFICIA SANCTORUM POSUI
S.Girolamo SCIENTIAM SCRIPTURARUM AMA ET VITIA CARNIS NON AMABIS
S.Gregorio DEI SAPIENTIA SARDONYCO ET ZAPHIRO NON CONFERTUR
S.Tommaso d'Aquino SACRAE DOCTRINAE FINIS EST BEATITUDO AETERNA
S.Bonaventura FRUCTUS SCRIPTURAE EST PLENITUDO AETERNAE FELICITATIS
La metà occidentale della sala è occupata dai rappresentanti della filosofia antica, mentre nella parete orientale appaiono i rappresentanti della patristica. A partire dal centro della parete nord, fu aggiunto, in un secondo tempo, l'affresco di Melozzo da Forlì, che si trova oggi nella Pinacoteca Vaticana, e che rappresenta la nomina di Platina a bigliotecario da parte di Sisto IV.
Servirono da modello le figure dei profeti di S.Fina a S.Gimignano, che d'altra parte derivavano dalla cappella del Cardinale del Portogallo in S.Miniato.
Gli affreschi sono stati restaurati nel 1962.
1476 Domenico Ghirlandaio affresca il Cenacolo per il monastero di Passignano con la collaborazione di Davide,, per incarico dell'abate don Isidoro del Sera. - La Badia di Passignano fu fondata nel 1049 da S.Giovanni Gualberto per i Vallombrosani. - Le registrazioni contabili riportano pagamenti a Davide e Domenico fra il 25.6 e il 1.9.1476.
Cenacolo di Passignano
I frati li trattavano malissimo e la cosa irritava in particolar modo David, che si lamentava con l'abate, opponendo che l'arte di suo fratello non meritava quel trattamento da manovali, ottenendo solo sgarbate risposte. Una sera, a cena, venne presentata un asse con minestre e tortacce da manigoldi. David rovesciò la minestra addosso al frate e lo percosse con un pane duro, svegliando l'abate, che dette ordine ai frati di mutare atteggiamento.
Forse per questo sembrano di mano di Domenico solo il gruppo centrale con Cristo, Giuda e Pietro, mentre il resto, compresi i disegni, sembrano di mano di Davide e degli aiuti, come dimostrano il modo schematico e ripetitivo di rendere gli abiti, la posizione dei piedi senza varianti, errori di prospettiva nel movimento delle mani.
Quando iniziarono, i Ghirlandaio non disponevano di una parete libera, poichè le due lunette erano state affrescate nel 1474 da Bernardo di Stefano Rosselli con la Cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso e il Fratricidio di Caino.
Ghirlandaio prese spunto da Andrea del Castagno e disegnò la scena in un interno con funzione di cornice: poichè la superficie disponibile era lunga e stretta, l'artificio servì a rendere la composizione più unitaria.
1477 Domenico del Ghirlandaio (28) affresca la Cappella Tornabuoni in S.Maria sopra Minerva a Roma (l'opera è andata perduta) e una tavola con i Santi Sebastiano, Vincenzo Ferrer e Rocco con 4 membri della famiglia Malatesta. Nella lunetta Dio Padre e nella predella, 3 storie di Santi. I ritratti dei Malatesta sono di mano di Fra' Bartolo meo. Oggi nel museo civico di Rimini.
19.2.1479 Domenico Ghirlandaio viene pagato per due pale d'altare destinate alla chiesa di S.Girolamo ai frati Gesuati di Pisa: la Madonna col bambino in trono fra i santi Caterina, Stefano, Lorenzo e Dorotea, ora nel Museo nazionale di S.Matteo a Pisa.
La Congregazione dei Frati Gesuati fu soppressa nel 1688 e le benedettine del vicino convento di S.Anna ne occuparono il convento di S.Girolamo. La Madonna in trono e santi di Domenico Ghirlandaio fu portata nel convento di S.Anna, prima di passare al museo nazionale di Pisa.
La Madonna in trono e santi di Domenico di Pisa
Probabilmente è la prima opera su tavola di Domenico, che riprende per la seconda volta, dopo l'affresco di Brozzi, il tema della Sacra Conversazione, ma con alcune varianti: l'architettura del trono elevato con il muro che si chiude sul dietro si trova già in Fra Giovanni Angelico e se ne trovano molte varianti, ma Domenico, anzichè disporre le figure a semicerchio, innova la tradizione e per primo dispone quelle più vicine al trono davanti a quelle più lontane, ossia una disposizione a "W".
I modelli stilistici per le due figure di sante si ritrovano in Baldovinetti o in Cosimo Rosselli. I due giovani diaconi Stefano e Lorenzo riprendono il S.Zanobi delle tarsie del Duomo, come pure la pala d'altare del Pollaiolo in S.Miniato.
La posizione del Bambino assomiglia a quella della Madonna del Garofano di Leonardo alla Alte Pinakotek di Monaco.
1479 Domenico Ghirlandaio inizia a concordare con Francesco Sassetti il programma iconografico per la decorazione della cappella in S.Trinita.
Che Domenico iniziasse questo lavoro nel 1479 si deduce da due disegni conservati al gabinetto delle stampe di Roma con L'apparizione di S.Francesco ad Arles, che non furono poi utilizzati, perchè il soggetto fu modificato nel Miracolo del fanciullo risuscitato, riferito ad un evento della famiglia Sassetti. Nel 1479 morì Teodoro, figlio di Francesco Sassetti, al quale nacque nello stesso anno un'altro bambino, al quale fu imposto lo stesso nome Teodoro.
1479 Domenico Ghirlandaio dipinge la
Sacra Conversazione per la Sagrestia di S.Martino a Lucca.
È la terza prova di Domenico sul medesimo soggetto e la seconda su tavola, nella quale dimostra maggiore padronanza compositiva: la composizione è serrata, senza l'insolita disposizione a W. La base del trono ha due gradini e l'elevazione del trono in rapporto al pavimento appare meno repentina e slegata.
La Madonna non è aristocratica come in Botticelli o nel Verrocchio, ma assomiglia più a quella di Cosimo Rosselli di Berlino.
Le figure sono potenti, le fisionomie vivaci, i gesti controllati, calmi, talvolta graziosi, i contorni precisi, le luci, le ombre, la fine intonazione cromatica denotano il raggiungimento di una decisa personalità.
1479 muore Antonio Rossellino.
1480 Nella portata del padre Domenico del Ghirlandaio viene indicato come pittore e "non à luogo fermo" In altro documento è scritto "è dipintore qua e là, non tien bottega". Infatti, le varie commissioni lo costringevano a muoversi anche fuori Firenze. Davide è indicato come aiuto di Domenico, mentre Benedetto è indicato come miniaturista
1480 Domenico Ghirlandaio dipinge il S.Girolamo per Ognissanti.
L'affresco si trovava originariamente su un pilastro del coro, in contrapposizione al S.Agostino del Botticelli.
C'è un rapporto fra il dipinto del Ghirlandaio e quello di Botticelli: in una lettera apocrifa di S.Agostino si narra che, mentre si accingeva a scrivere una lettera a Girolamo per avere il suo parere sulla felicità dei Santi, vide una luce inondare il suo studio mentre la voce di Girolamo gli spiegava che era impossibile descrivere la gioia dei santi senza sperimentarla, come stava facendo lui, dato che stava morendo a Betlemme in quel preciso istante.
Nel 1564 il coro fu demolito e gli affreschi furono spostati. In tale occasione furono aggiunte le scritte:
SIC AUGUSTINUS SACRIS SE TRADIDIT
UT NON MUTATUM SIBI ADHUC
SENSERIT ESSE LOCUM
Ossia S.Agostino era talmente assorto negli studi che non si accorse del trasloco.
Per S.Girolamo fu scritto:
NE TIBI QUID PICTO HIERNYME SANCTE
DEESSET EST NUPER MIRUM MOTUS
AB ARTE DATUS
"Perchè a te, S.Girolamo, che sei qui dipinto, non manchi niente, di recente ti hanno mosso con ingegnosità".
La pittura rappresenta fedelmente l'impostazione iconografica del santo dal '300 in poi e ricalca fedelmente una tavoletta di Jan van Eyck acquistata dai Medici ed adesso nell' Institute of Art di Detroit. Anche la minuta descrizione dei singoli oggetti riporta alla maniera fiamminga, ma Domenico la supera, non limitandosi ad un mero allineamento, ma conferendo una proria funzione agli strumenti di lavoro.
Da un arco si scorge in scorcio una stanza con armadi a muro, alcuni dei quali chiusi da tende. Nella piccola stanza il santo sta meditazione al suo scrittoio, sul quale è riportata la data. Su due foglietti appaiono lettere greche ed ebraiche, che il santo conosceva, tanto da tradurre la Bibbia in latino.
Durante il restauro del 1966, sotto le parole che elogiano il trasporto dell'affresco, fu trovata l'iscrizione originale:
REDDE NOS CLAROS LAMPAS RADIOSA
SINE QUA TERRA TOTA EST UMBROSA
e cioè "illuminaci o luce raggiante, altrimenti tutta la terra sarebbe oscura".
Si presume che il committente fosse Giorgio Antonio Vespucci, letterato, che nel 1480 prese i voti. Il sigillo di piombo, che pende da un testo scritto posato sul tavolo, può indicare il committente, come potrebbe essere una bolla papale.
1480 Domenico Ghirlandaio affresca l' Ultima Cena nel refettorio degli Umiliati in Ognissanti.
Contrariamente a quanto avvenuto a Passignano, questa volta Domenico si trova un'intera parete libera, con una propria architettura e lunette, che sfruttò per creare un illusionistico concetto di spazio, tanto che non si comprende subito se la mensola che si trova al centro del dipinto faccia parte dell'architettura o dell'effetto pittorico, dato che anche le mensole laterali, dipinte, corrispondono al modello reale.
L'apertura fittizia della sala fu probabilmente suggerita dall'Alberti che scrisse nel suo trattato sull'architettura: "..con aperture spaziose, sistemazione della porta in una posizione visibile, o sulle pareti, si ottiene certamente che refettori e stanze appaiano più dignitose e belle".
Domenico suggerisce l'idea che dietro al refettorio si apra un giardino con piante e frutti, simbolo di vita eterna, di vittoria sulla morte, mentre gli uccelli rapaci che cacciano le pernici simbolizzano la vittoria del bene sul male.
Anche la decorazione della tavola contiene un accenno simbolico della redenzione attraverso il sacrificio di Cristo: partendo da destra verso sinistra si vedono albicocche, simbolo del peccato, la lattuga, simbolo della penitenza, le ciliege rievocano il sangue di Cristo, le arance, frutti del Paradiso e simbolo di salvezza.
Le scritte OSSCI (Omnes Sancti) alle estremità degli stalli e sui vasi di maiolica alludono alla chiesa di Ognissanti. Vicino al piede di Giuda si legge la data 1480.
L'affresco fu staccato nel 1966, con il recupero della sinopia, dalla quale si apprende che essa fu opera di Domenico, come opera sua furono le varianti durante la pittura. Gli aiuti parteciparono alla pittura della scenografia e della parte decorativa.
Il volto del Cristo, che, contrariamente alla abituale impostazione di Domenico, guarda in alto, è opera di Carlo Dolci o di Alessandro Gherardini nel XVII secolo. Infatti, dalla sinopia si osserva che il Cristo disegnato da Domenico sembrava in estasi e distaccato da quanto avveniva intorno a lui.
Le differenze col cenacolo di Passignano sono enormi. È la prima volta che in un cenacolo viene fatto il tentativo di fermare le singolepersone, scosse dall'annuncio del tradimento, nelle loro reazioni psichiche e fisiche; è anche a questo tentativo che si devono le differenze fra la sinopia e il dipinto.
La critica è unanime nel riconoscere che il Cenacolo del Ghirlandaio servì come esempio per Leonardo e supera tutti gli altri soggetti analoghi del '400.
23.4.1481 Domenico Ghirlandaio riceve il pagamento per un tabernacolo in S.Salvatore a Camaldoli.
31.5.1481 Domenico e Davide del Ghirlandaio ricevono il pagamento per l'affresco dell'Ultima Cena nel refettorio di S.Donato in Polverosa, andata perduta.
19.7.1481 Domenico Ghirlandaio riceve il pagamento per la pittura e doratura di 4 candelabri in Duomo
27.10.1481 Cosimo Rosselli, Botticelli, Domenico Girlandaio e il Perugino vengono incaricati di decorare la cappella sistina. Piero di Cosimo segue il Rosselli a Roma, con l'obbligo di completarlo per il 15.3.1482, pena il pagamento di una forte multa.
I dieci affreschi dovevano essere eseguiti partendo dall'altare "a capitis altaris inferius". Nel contratto sono indicate le scene e le tende sottostanti, mentre non sono compresi i ritratti dei papi.
Nel testo si dice che i quattro maestri hanno già iniziato l'opera "prout inceptum est", ciò spiega perchè nell'elenco delle opera non viene indicato l'inizio dei lavori del ciclo con le storie di Mosè e Cristo. Manca anche qualsiasi indicazione sull'importo, probabilmente contenuta in un precedente documento.
L'opera doveva comprendere anche i ritratti a figura intera di 28 papi, come statue in finte nicchie. L'illuminazione proveniva dalle finestre, oggi scomparse. I nomi e le descrizioni dei papi furono dettate dal Platina e sono iscritte sotto ciascun papa.
Cosimo Rosselli affresca nella cappella sistina Mosè e le Tavole della Legge, il Discorso della Montagna e l'Ultima Cena con l'aiuto di Pietro di Cosimo. Si trovava a lavorare in concorrenza con Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Abbate di S. Clemente, Luca da Cortona e Pietro perugino. Sisto IV aveva promesso in palio un premio per il miglior lavoro. Sentendosi inferiore nel disegno e nella fantasia, usò bellissimi azzurri ultramarini ed altri vivaci colori. Lumeggiò ogni albero, erba, nuvola o panno con molto oro. Quando le opere furono terminate, Cosimo fu schernito dagli altri per il suo goffo lavoro, ma quando Sisto IV passò in rassegna le opere fu fulminato davanti agli affreschi di Cosimo e non solo gli dette il premio, ma ordinò agli altri di riempire d'oro le loro opere, per tentare di eguagliare quelle del Rosselli.
il Perugino affresca nella cappella sistina la Storia di Cristo che consegna le chiavi a S.Pietro. Bartolomeo della Gatta dipinse i due apostoli subito dietro il Cristo. Perugino dipinse anche la parete dietro l'altare, distrutta per fare posto al Giudizio Universale. Rimangono a destra il Battesimo di Cristo e a sinistra il Viaggio di Mosè.
Domenico Ghirlandaio a Roma eseguì per la cappella Sistina la Vocazione di Pietro e Andrea.
Era previsto che ogni artista dovesse eseguire una coppia di dipinti, posti l'uno di fronte all'altro sulle pareti laterali, ma già col terzo dipinto del ciclo dell'Antico Testamento la simmetria si spezza, dato che Domenico Ghirlandaio, che avrebbe dovuto dipingere il Passaggio del mar Rosso, probabilmente non era più a Roma. La scena fu affrescata da Cosimo Rosselli.
La Vocazione di Pietro e Andrea compare come terzo dipinto sulla parete destra ed è la quarta dell'intero ciclo, che partiva dalla parete dell'altare con la Nascita di Cristo. Ognuna delle scene era accompagnata da una iscrizione, ricomparsa solo dopo gli ultimi restauri.
Il Ghirlandaio rappresenta il mare di Galilea come un lago dai contorni allungati, da farlo apparire come un fiume, nel quale sboccano vari affluenti. Il racconto si svolge partendo da sinistra, in secondo piano, per convergere al centro, dove, in primo piano, si svolge la scena principale.
Il Vangelo di Luca narra di come Cristo chiamò i fratelli Pietro e Andrea, che stavano pescando e disse loro "farò di voi dei pescatori di uomini". Essi si inginocchiarono in segno di accettazione. Alla fine, i due fratelli sono anche testimoni di quando Gesù arruolò i fratelli Giovanni e Giacomo, che accettarono, inginocchiati nella barca del padre Zebedeo.
Nella folla dei personaggi Domenico ritrasse esponenti della colonia fiorentina a Roma e partecipanti alla ambasceria inviata da Firenze presso il papa, per togliere l'interdizione sulla città. I nomi di questi ambasciatori ci sono noti grazie alla testimonianza di Jacopo da Volterra:
L'uomo con la barba bianca è Giovanni Argyropulos, commentatore di Aristotele.
Alla sua destra Giovanni Tornabuoni, rappresentante della banca medicea a Roma e tesoriere di Sisto IV. Accanto a lui il figlio Lorenzo.
Diotisalvi Neroni con un mantello scuro è dietro Cristo.
Certamente fu Sisto IV a volere la rappresentazione di un suo personale successo politico.
Si pensa che Domenico abbia composto l'opera ispirandosi al dipinto di Masolino nella Cappella Brancacci di medesimo soggetto, ora scomparso.
La critica non è concorde nell'individuare i ritratti dei papi di mano del Ghirlandaio o della sua bottega, probabilmente ricordano il suo stile S.Anacleto, Clemente I, S.Igino, Pio I, S.Vittore e S.Dalmata (ossia Papa Caio dalmata).
Per il S.Clemente il Ghirlandaio adoperò lo stesso bozzetto del S.Ambrogio di S.Fina.
Durante il soggiorno romano Domenico dimostrò la sua abilità disegnando monumenti, medaglie
ed altre cose, senza prendere misure, a occhio e a mano libera.
31.8.1482 Viene deciso di affrescare la sala dei Gigli in Palazzo Vecchio e si definisce il programma iconografico con Domenico del Ghirlandaio. La sala era stata divisa in due in occasione delle ristrutturazioni di Michelozzo, iniziate nel 1446. Il ciclo pittorico doveva essere eseguito anche dal Botticelli e dal Perugino, che non iniziarono neppure la loro parte.
12.9.1482 primo pagamento a Domenico Ghirlandaio per la decorazione della sala dell'orologio, detta dei Gigli in palazzo vecchio.
5.10.1482 Domenico Ghirlandaio firma il contratto per affrescare la Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio, dove è l'orologio di Lorenzo della Volpaia (1446 - 1512) maestro d'orologi e astrologo.
Affreschi della Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio
Nella parete S.Zanobi in trono, tra i due santi diaconi Eugenio e Crescenzio. Nella lunetta la Madonna con bambino e angeli. Nell'arcone di sinistra Bruto, Muzio Scevola e Camillo. Nell'arcone di destra Decio, Scipione e Cicerone.
Iscrizioni
Sulla trabeazione di sinistra:
BRUTUS EGO ASSERTOR PATRIAE
REGUMQ(UE) FUGATOR; URO MANUM
SPRET(AM) ... SCEVOLA FLAMMIS; HOSTE
FERO CAESO VISTRICIA SIGNA
CAMILLUS.
Sulla trabeazione di destra:
SUM NATUS EXEMPLUM DECIUS SUM
VICTIMA ROME; SCIPIO SUM VICI
HANNIBALEM POENOSQ(UE) SUBEGI;
SUM CICERO TREMUIT NOSTRAS
CATILINA SECURES.
Domenico affrescò tutta la parete di fronte all'ingresso. Le altre pareti furono decorate con gigli,riprendendo il motivo dipinto dal Ghirlandaio.
Delle tre bifore con nicchie che si trovavano sulla parete, quella centrale fu murata e quelle laterali rimpicciolite. Il portale, oggi al centro della parete, affiancato da colonne e coronato da una cuspide, che interrompe il dipinto, fu aperto solo nella seconda metà del Cinquecento.
La parete èsuddivisa da tre archi fittizi, collegati fra loro da una falsa architettura trionfale con zoccolo, pilastri e una autentica trabeazione che gira sui quattro lati della sala. Domenico imita anche mosaici e sculture: nel fondo dell'arco centrale si vede un rilievo della Madonnaa con bambino e santi. Le figure sono dipinte "a grisaille" e imitano le sculture fiorentine dell'epoca. Lo sfondo del falso rilievo sembra di mosaico dorato.
Le arcate laterali dell'architettura fittizia lasciano scorgere il cielo, mentre quella centrale si apre in uno spazio aperto, in cui troneggia S.Zanobi fra i diaconi Eugenio e Crescenzio. La funzione protettiva di S.Zanobi è simboleggiata dai due leoni, a simiglianza del Marzocco di Donatello, emblema della città, con le bandiere del popolo e del comune. Sullo sfondo si intravede il duomo con la cupola completata e parte della facciata.
Nelle arcate, tre eroi romani per lato. A sinistra Bruto, Muzio Scevola e Camillo; a destra Decio, Scipione e Cicerone. Uomini che si sono sacrificati per il bene comune, simboleggiano le virtù repubblicane.
L'impianto della rappresentazione di S.Zanobi e dei diaconi riprende quello della tarsia del duomo. La parte pittorica, in alcune parti debole, sembra essere stata affidata a Davide, Benedetto e aiuti.
Il disegno fu riportato a spolvero e molti volti, ben delineati ed espressivi, sono sicuramente di mano di Domenico.
Sei medaglioni ritraggono Adriano, Caligola, Vespasiano, Nerone, Faustina e Antonino Pio
20.5.1483 Viene dato incarico a Domenico del Ghirlandaio per una pala d'altare per la cappella in Palazzo Vecchio, mai eseguita.
1483 Domenico Ghirlandaio affresca la cappella Sassetti in S.Trinita
Affreschi della Cappella Sassetti in S. Trinita
Si dà per scontato che il Ghirlandaio non conoscesse le Storie di S.Francesco affrescate da Giotto ad Assisi, ma solo quelle di S.Croce.
L'affresco si svolge su tre pareti e l'altare è circondato da elementi architettonici fittizi.
Alle pareti laterali, sopra lo zoccolo che arriva all'altezza della mensa d'altare, ci sono le tombe di Francesco Sassetti e della moglie Nera Corsi.
Ai lati della pala d'altare la pittura finge un rivestimento in marmo, che riesce a fondere mirabilmente, con una architettura fittizia, le tombe dei committenti e la pala. Pur in contrasto con le linee gotiche della cappella, la sua architettura classica ben si fonde con l'insieme.
All'esterno dell'arco, sulla parete d'ingresso, la Sibilla Tiburtina annuncia la nascita del Redentore. Secondo la Leggenda Aurea, Augusto, in seguito a un'apparizione provocata dalla Sibilla Tiburtina, rinunciò a farsi adorare come una divinità. Le 4 Sibille nelle 4 vele della volta annunciano, con le scritte dei cartigli, la nascita di Cristo. Sui cartigli spiegati è scritto: HEC TESTE VIRGIL MAGNUS, IN ULTIMA AUTEM ETATE; INVISIBILE VERBUM PALPABITUR GERMINABIT. Siedono su nuvole, circondate da un'aureola fiammeggiante, da cui partono sottili raggi dorati sullo sfondo azzurro. Sopra l'ingresso la Sibilla Cumana profetizza l'avvento dell'età dell'oro con la nascita di un bambino (Virgilio IV egloga). Le altre sibille sono l'Eritrea e l'Agrippa. La quarta forse è la Cimmeria, ma la mancanza di cartiglio non rende certa la definizione. Solo i volti delle sibille sembrano essere di mano di Domenico, mentre le proporzioni, la torsione dei corpi e il disegno delle mani non sono convincenti, tanto da far pensare che la bottega abbia realizzato anche i cartoni. Una figlia di Francesco Sassetti si chiamava Sibilla e forse è raffigurata nella lunetta esterna sul portale.
La lunetta esterna, creata artificialmente da Domenico, modificando l'architettura preesistente, serve ad attirare lo sguardo, fin dalla navata, su questa cappella, in posizione un pò defilata. Imbiancata nel 1700, l'affresco fu riscoperto e restaurato nel 1895. L'opera è attribuita a Davide e Benedetto del Ghirlandaio con aiuti, ma la prospettiva è perfetta, studiata per chi guarda dal basso, con un perfetto equilibrio fra le figure in primo piano e il panorama di Roma, innovativo, in quanto non rappresenta solo un agglomerato di edifici importanti, come da consuetudine, ma tutta la città con la campagna circostante.
L'accesso alla cappella è messo in risalto anche dall'immagine del David, statua dipinta su un pilastro fittizio appoggiato su un vero capitello dell'arco di entrata. David si appoggia su uno scudo con lo stemma Sassetti. Realizzato a "grisaille", l'imitazione delle statue antiche, solitamente poggianti su colonne, è completata dalla doratura sui sandali, della corazza e dell'impugnatura della spada. David è sempre stato, a Firenze, simbolo delle libertà cittadine. Anche qui, come cita l'iscrizione, rappresenta il bene della patria e la gloria del cristianesimo (David è il profeta che predisse la nascita del signore):
SALUTI PATRIAE ET CHRISTIANAE GLORIAE E(X) S(ENTENTIA) S(ENATUS) P(OPULIQUE).
Parete sinistra, al di sotto della Rinuncia, il Miracolo delle Stigmate. Fu eseguito in 10 giornate.
Pur seguendo l'impostazione di Giotto in S.Croce, Domenico prende a modello il rilievo marmoreo del pulpito di S.Croce di Benedetto da Maiano. Il miracolo avvenne alla Verna, e anche il dipinto rappresenta la natura, forse come nessuno prima di lui aveva saputo fare. Al centro il monte della Verna e a destra Pisa, di cui si vede chiaramente il duomo e la torre pendente.
La realizzazione pittorica dei volti delle due figure in primo piano, delle mani sottili di S.Francesco e del panneggio non mostrano debolezze. La pennellata è rapida, sicura, esperta, quasi impressionistica. I magici riflessi della luce proveniente dall'apparizione divina sul volto del santo e sul saio, nonchè l'abile prospettiva della cerva vista di scorcio denotano la mano di Domenico e non della bottega.
Parete centrale, sotto la Conferma della Regola e sopra la pala d'altare, Il Fanciullo di Casa Spini Resuscitato. Si tratta di un miracolo postumo di S.Francesco, che resuscitò il figlio di un notaio romano, caduto da una finestra di palazzo Spini (ma non era uno Spini il fanciullo caduto). Domenico non copiò l'impostazione giottesca, ma si rifece piuttosto al Pagamento del Tributo di Masaccio della Cappella Brancacci. È infatti la prima volta che introduce due episodi nello stesso dipinto. Il Ghirlandaio sposta l'episodio davanti a S.Trinita, che conserva ancora la facciata romanica, in modo da coinvolgere nell'episodio la famiglia Sassetti, di cui ritrasse vari componenti.
L'ultimo uomo della prima fila a sinistra è l' autoritratto del Ghirlandaio.
Le cinque figure femminili a sinistra e gli altrettanti uomini dovrebbero ritrarre le figlie di Francesco Sassetti con gli sposi o fidanzati. Singolare la presenza di una serva di colore, dal naso schiacciato e le labbra tumide. Sulla destra i ritratti di Maso degli Albizi, Agnolo Acciaiuoli e Palla Strozzi. L'uomo in primo piano, quasi di spalle, è Neri di Gino Capponi. ricoda le figure di Donatello e i panneggi del Masaccio. Le due ultime figure a destra rappresentano forse Poliziano e Fonzio, che probabilmente influirono sull'impostazione.
L'opera non mostra debolezze, nè nella composizione, nè nell'esecuzione e viene considerata di mano del maestro. Le tre figure dietro la bara potrebbero essere di Sebastiano Mainardi.
Nella parete di destra, sotto la Prova del Fuoco, La Morte di S.Francesco.
Eseguito in 28 giornate, è di mano di Domenico.
La disposizione della scena, all'interno della chiesa, è ripresa da Giotto. Anche Gozzoli, Lippi, Benedetto da Maiano avevano ripreso la composizione, il cordoglio dei confratelli e i dubbi del medico Gerolamo sull'autenticità delle stigmate.
La pittura ricorda Masaccio, mentre la disposizione delle figure è ripresa dal pulpito di Benedetto da Maiano in S.Croce.
Le tre persone a destra sono padre, figlio e nipote non identificabili, forse legati alla famiglia Sassetti. A destra Poliziano e Fonzio.
Nella lunetta di sinistra La Rinuncia dei Beni.
Alcuni hanno criticato il dipinto perchè il padre di Francesco non appare terribilmente irato come nel dipinto di Giotto in S.Croce. In effetti, nel Ghirlandaio, all'ira, rappresentata dalla frusta, è subentrata la rassegnazione e l'uomo che lo tratteneva, ora lo sorregge.
Il gruppo centrale e lo sfondo sono sicuramente di mano di Domenico, mentre le figure di contorno possono essere dei fratelli e di aiuti, fra i quali Sebastiano Mainardi.
Nella lunetta della parete di fondo La Conferma della Regola da parte di Onorio III.
Un disegno del gabinetto delle stampe di Berlino dimostra che Domenico aveva inizialmente pensato la scena in modo tradizionale, riprendendo il Giotto di S.Croce, all' interno di una chiesa romana e senza ritratti. Nell'elaborazione definitiva, invece, Domenico innova trasponendo la scena da Roma a Firenze, in uno spiazzo aperto che lascia vedere piazza della Signoria. Inoltre, sposta l'azione principale in secondo piano, ma guida l'occhio dello spettatore mediante una fila di personaggi. In primo piano una scala consente l'incedere di una serie di persone. Questo tipo di composizione si ritrova nella Melsa di Bolsena di Raffaello.
I personaggi in piedi a destra sono: il Gonfaloniere della Giustizia Antonio Pucci, cognato del Sassetti, Lorenzo il Magnifico, Francesco Sassetti e il figlio Federigo. Lorenzo tende la mano verso Agnolo Poliziano, che sta salendo le scale alla testa dei figli: Giuliano, accando a lui, dietro il biondo Piero (il fatuo) e Giovanni, futuro Leone X. I due che chiudono il corteo potrebbero essere gli altri educatori dei figli di Lorenzo, Luigi Pulci e Matteo Franco. Francesco Sassetti indica gli altri suoi figli, dall'altra parte della scala, Galeazzo, Teodoro e Cosimo.
La composizione è perfetta ed è forse la migliore del Ghirlandaio.
Nella lunetta della parete destra La prova del Fuoco Davanti al Sultano
Lo schema compositivo ricalca quella tradizionale di Giotto in S.Croce: il Sultano al Centro, a destra S.Francesco con i suoi e a sinistra i consiglieri del sultano, sfidati da S.Francesco alla prova del fuoco. L'innovazione del Ghirlandaio consiste nell'uomo di spalle, che, in primo piano, riporta l'attenzione verso il centro della scena. A confronto della Rinuncia, la qualità pittorica è di livello superiore, con pennellate rapide e sicure, specialmente nei volti.
La Sacra Conversazione ha luogo su una terrazza, con un limitato sfondo architettonico, non più un muro che chiude, ma una balaustra che lascia intravedere la cima di alcuni alberi. La disposizione delle figure deriva dall'altare di S.Marco del Beato Angelico e dall'altare di Pistoia del Verrocchio.
Vasari ammirò in particolare la corazza del'arcangelo Michele, dove il Ghirlandaio ha ottenuto lo splendore metallico solo con il colore, inece che con la solita doratura: "fu il primo, che cominciasse a contraffar con i colori alcune guarnizioni ed ornamenti d'oro, che insino allora non si erano usate, e levò via in gran parte quelle fregiature che si facevan d'oro a mordente o a bolo, le quali erano più da drappelloni che da maestri buoni".
27.8.1483 Viene deliberato di assegnare ad Alessio Baldovinetti un vitalizio annuo di fiorini 30 vita natural durante, per il restauro dei mosaici del battistero. Insegna l'arte del mosaico a Domenico Ghirlandaio.
15.8.1483 vengono terminati gli affreschi della Cappella Sistina.
1483 Domenico del Ghirlandaio dipinge una Sacra Conversazione con i Santi Michele, Giusto, Zanobi e Raffaele per S.Giusto alle Mura. Fu spostata nel 1530 nella chiesa di Giovanni Battista alla Calza, poi, nel 1853, definitivamente agli Uffizi. La datazione è incerta, ma sicuramente posteriore al viaggio a Roma, mentre sappiamo, da un documento, che nel 1486 era già collocata nella chiesa.
1484 Domenico e Davide del Ghirlandaio affrescano la cornice del tabernacolo in S.Maria dei Pazzi (Cestello), andata perduta.
1485 Domenico e Davide Ghirlandaio , con Sebastiano Mainardi e bottega, affrescano
l'Ultima Cena nel refettorio della foresteria di S.Marco.
Iscrizione sugli stalli: EGO DISPONO VOBIS SICUT DISPOSUIT MIHI PATER MEUS REGNUM UT EDATIS ET BIBATIS SUPER MENSAM MEAM IN REGNO MEO.
Molto simile a quello di Ognissanti, anche se appare molto più serio e grandioso. Il disegno è di Domenico, che ha riadattato per le dimensioni del nuovo ambiente, mentre l'esecuzione pittorica fu affidata soprattutto a Davide e a Sebastiano Mainardi.
I personaggi appaiono più composti, perchè, mentre in Ognissanti veniva fermato il momento dell'annuncio del tradimento, in S.Marco il fatto è già avvenuto (Giuda ha già nella mano il pezzo di pane offertogli da Cristo) e l'agitazione si è già acquietata.
Le metafore del paradiso, contenuto nella veduta del giardino e nella frutta sulla tavola, corrispondono a quelle di Ognissanti e sottolineano lo stesso concetto.
23.10.1485 Domenico del Ghirlandaio riceve l'incarico di dipingere la pala d'altare con l'Adorazione dei Magi per lo spedale degli Innocenti. Fu terminata nel 1488. In contratto stipulato con Fra Bernardo specifica che l'opera deve essere fatta "in piano", a proprie spese e di mano di Domenico, su proprio disegno, nel tempo massimo di trenta mesi. Ci deve essere, inoltre, un'accordo sulla scelta dei colori e anche la predella deve essere di mano di Domenico.
25.12.1485 Inaugurazione della
Natività di Cristo di Domenico Ghirlandaio per S.Trinita.
Pala cm. 167x167.
Sotto i ritratti dei due committenti appare l'iscrizione: (X)XV DECEMBRIS A(NNO) D(OMINI) MCCCCLXXX(V)
Sulla cornice: IPSUM QUEM GENUIT ADORAVIT MARIA
Sul sarcofago: ENSE CADENS SOLYMO POMPEI FULVI(US) AUGUR NUMEN
AIT QUAE ME INTEG(IT) URNA DABIT
Sull'arco GN POMPEO MAGNO HIRCANUS PONT(IFEX) P(OSUIT)
Si tratta del più alto capolavoro su tavola di Domenico, come gioia narrativa e ricchezza di simboli e di metafore. Rivela influssi di pitture nordiche.
La pala è affiancata da due affreschi con i ritratti dei committenti, Francesco Sassetti e Nera Corsi, in adorazione entro ambienti decorati con marmi fittizi. Si forma così un trittico con tecniche diverse. La posizione dei committenti richiama l'altare Portinari di Hugo van der Goes e la Trinità di Masaccio.
Su un prato fiorito domina in primo piano la figura di Maria in adorazione. Il suo manto si allarga al suolo in un cerchio che comprende Madre e Bambino, fino a coprire la paglia. C'è un legame fra la scena in primo piano e il paesaggio ricco di dettagli e di atmosfera dello sfondo: su un prato in alto si vedono i pastori con le greggi e l'angelo che annuncia loro la nascita del Signore, mentre sotto un antico arco di trionfo avanza il corteo dei Magi, guidati dalla cometa sopra il tetto della stalla.
Si ipotizza l'intervento di Bartolomeo di Giovanni nella pittura del corteo dei Magi.
L'impostazione fisognomica dei pastori ricorda la pala Portinari di Hugo van der Goes, come pure la postura antitetica dei committenti, che richiama anche la Trinità di Masaccio.
Per alludere alla famiglia Sassetti, Domenico ha disposto sul prato fiorito, come una natura morta, tre tipi di sassi: una roccia naturale, una pietra lavorata e un mattone creato dall'uomo, sul quale c'è un cardellino, simbolo della Passione e Resurrezione di Cristo, a cui si affida per la proprioa salvezza Francesco Sassetti.
Gli elementi architettonici antichi simbolizzano la nascita di Cristo come adempimento dell'attesa del Messia preannunciata dai Sacri Testi.
Nell'iscrizione del sarcofago, forse ideato da Bartolomeo Fonzio è riportata la profezia dell'augure Fulvio, ucciso con la spada da Pompeo durante la presa di Gerusalemme: essa annuncia che dal sarcofago che custodisce le sue spoglie sorgerà un dio; si tratta di un riferimento a Cristo vittorioso sul paganesimo. Con la nascita di Cristo all'ombra dei monumenti antichi si realizza l'evento annunciato ad Augusto dalla Sibilla Tiburtina, secondo la IV egloga di Virgilio.
È una innovazione di Domenico anche l'ideazione del tetto di paglia sorretto da colonne, testimoni di una grandezza passata e simboli, come riportato dall'iscrizione sul sarcofago, di tre regni: degli Ebrei, dei Romani e dei Cristiani.
In lontananza, a destra, si scorge una città: l'edificio di destra allude alla cupola della rocca di Gerusalemme. La rocca è stata conquistata, come indica l'albero secco che la nasconde proprio con un ramo spezzato.
A sinistra in primo piano si scorgono monumenti romani, quali il mausoleo di Adriano e la Torre delle milizie, che si credeva un palazzo in rovina dove era custodita la tomba di Augusto.
Secondo la patristica, il bue rappresenta i Giudei e l'asino i pagani. I pastori e i Magi rappresentano i primi omaggi dei Giudei e dei pagani. Il corteo dei Magi passa sotto un arco di trionfo antico, lasciando dietro di sè l'età pagana. L'iscrizione sull'arco indica che fu innalzato in onore di Pompeo, il conquistatore di Gerusalemme. Giuseppe, insolitamente attivo, fa il gesto detto "Aposcopein", di chi scruta.
1.9.1485 Giovanni Tornabuoni fa un contratto con Domenico del Ghirlandaio per affrescare la cappella maggiore di S.Maria Novella. La cappella era già affrescata dall'Orcagna, ma le infiltrazioni d'acqua avevano distrutto i dipinti. I Ricci, proprietari della cappella, non disponevano dei soldi necessari per i restauri e Giovanni Tornabuoni si offrì di provvedere, in cambio della apposizione del suo stemma. Quando l'opera fu terminata, i Ricci si accorsero che il loro stemma era piccolissimo, sopra il SS.Sacramento della tavola dell'altare. Reclamarono, ma fu loro risposto che non potevano lamentarsi per essere stati collocati nel punto più nobile. Questa tradizione contrasta con l'altra, che assegna ai Sassetti il patronato della cappella, alla quale rinunciarono per il divieto dei domenicani di effigiare S.Francesco.
Il contratto è molto minuzioso: stabilisce che i lavori dovranno iniziare entro il maggio 1486 e terminare entro 5 anni. Vengono descritte in dettaglio le sette scene a sinistra tratte dalla vita della Madonna e le sette a destra con storie di Giovanni Battista. Nella parete di fondo il rosone andava murato sopra la trifora, per lasciare spazio alla rappresentazione dell' Incoronazione della Vergine. Anche l'incorniciatura in falso marmo è descritta minuziosamente, con insolita indicazione dei colori. Nel contratto si esige anche la "varietas" delle singole scene. Giovanni Tornabuoni voleva i disegni preliminari, con il diritto di apportare ogni genere di varianti.
L'impostazione prevista dal contratto era tipicamente trecentesca, forse riprendeva l'affersco dell'Orcagna. In fase di realizzazione, il programma iniziale venne modificato, privilegiando, per la vita della Madonna, gli anni giovanili, mentre la disopsizione della parete di fondo appare completamente diversa dal programma. Al ciclo di S.Giovanni venne aggiunta l'Imposizione del nome al Battista.
Domenico, insieme al Mainardi, fornì anche i cartoni per le vetrate, realizzate nel 1490 da Alessandro di Giovanni di Andrea Agolanti. La vetrata al centro mostra altre tre scene della vita di Maria, che completano il ciclo: Assunzione della Vergine, Incoronazione. Dall'alto in basso: Consegna della sacra cintola a S.Tommaso, Presentaizone di Gesù al Tempio, Purificazione di Maria, per ottenere la quale S.Giuseppe porta due colombe in un cesto. In basso il Miracolo della Neve, che è all'origine della costruzione di S.Maria Maggiore a Roma. Le finestre laterali rappresentano ciascuna tre santi sovrapposti in una cupola con lanterna, per cui l'insieme sembra una torre. Nelle nicchie in alto gli apostoli Pietro e Paolo. In quelle mediane Giovanni Battista e S.Lorenzo, patroni di Giovanni Tornabuoni e del figlio Lorenzo. in basso i due santi domenicani Domenico e Tommaso d'Aquino.
1485 Frà Bartolomeo entra nella bottega di Cosimo Rosselli, per intercessione di Benedetto da Maiano.
1485 Filippino Lippi dipinge la Madonna con Bambino e i Santi Girolamo e Domenico per S.Pancrazio, oggi nella National Gallery di Londra e la Storia di Lucrezia per Pietro del Pugliese, ora nella Galleria Palatina.Dipinge anche il S.Girolamo per la Badia, oggi agli Uffizi.
1486 Domenico Ghirlandaio dipinge una Sacra Conversazione per S.Marco, oggi agli Uffizi.
1486 Domenico Ghirlandaio inizia ad affrescare l'abside di S.Maria Novella per conto di Giovanni Tornabuoni. - Nella volta i 4 Evangelisti. - Parete della finestra: storie di S.Domenico e S.Pietro. S.Giovanni quando va nel deserto e l'Annunciazione. In basso il ritratto naturale di Giovanni tornabuoni e di sua moglie Lucrezia. - Facciata destra: Giovacchino cacciato dal tempio dal giudei. Dalla parte verso la finestra 4 ritratti al naturale: Alessio Baldovinetti, maestro del Ghirlandaio, vecchio, canuto e col cappuccio rosso; Domenico stesso, con una mano sul fianco e un mantello rosso sotto una veste azzurra; Bastiano Mainardi, suo cognato e discepolo, con la zazzera nera e le labbra grosse; il fratello David Ghirlandaio che volta le spalle e ha un berrettino in testa. - Nativita' della Madonna: Da osservare la luce che entra da una finestra in rospettiva. Fece anche molte figure in atteggiamenti domestici e scherzosi. La madonna che sale nel tempio con un ben riuscita prospettiva. Da notare anche il nudo sui gradini, uno dei primi che fossero mai dipinti. - Sposalizio della Vergine, con molte persone che rompono le verghe per la rabbia che le loro verghe non fiorirono come quella di Giuseppe. - L'arrivo dei Magi. - La strage degli innocenti. Da notare il soldato che rapisce il bambino e viene trattenuto per i capelli dalla madre, dove Ghirlandaio rappresento' la morte del fanciullo, la rabbia del soldato e l'odio e la disperazione della madre. - In alto l'Assunzione. - Parete sinistra: L'angelo che appare a Zaccaria che sacrifica nel tempio e lo rende muto, con molti notabili, fra i quali l'intera famiglia Tornabuoni, Marsilio Ficino, con veste da canonico, Cristofano Landino, con mantello nero e sciarpa nera al collo, Demetrio Greco che si volta e Agnolo Poliziano che alza una mano. - Visitazione della Madonna e di S. Elisabetta con il bellissimo ritratto di Ginevra de' Benci. - Nascita della Madonna. Zaccaria, ancora muto, appoggiandosi su un ginocchio, scrive: "Giovanni sara' il suo nome". - S.Giovanni che predica alle turbe, con gli scribi che lo guardano con odio. - Battesimo di Cristo. - In alto la danza di Salome' con un bell'edificio in prospettiva.
Sacra Conversazione (Uffizi)
Madonna in trono con i Santi Dionigi Aeropagita, Domenico, Clemente e Tommaso d'Aquino.
Tavola cm. 168x197
Non si sa quale fosse la collocazione esatta; probabilmente era posto su uno degli altari del coro dei monaci, abbattuto nel 1678, con trasferimento dei dipinti nel'Accademia. La tavola pervenne agli Uffizi nel 1919.
Si tratta di una nuova Sacra Conversazione, la migliore di mano di Domenico, che si rifà alla composizione del Beato Angelico per l'altare di S.Marco, con S. Domenico e S.Clemente in primo piano, nei quali l'osservatore può identificarsi.
1486 Domenico Ghirlandaio affresca nella Sacrestia di S.Martino a Lucca, Madonna in trono con Bambino, con i santi Pietro, Paolo, Clemente e Sebastiano. La lunetta con la Pietà e la predella non sono del Ghirlandaio.
5.1486 Domenico Ghirlandaio inizia ad affrescare l'abside di S.Maria Novella per conto di Giovanni Tornabuoni
Affreschi della Cappella Tornabuoni in S. Maria Novella
Come da tradizione, si iniziò dalla volta, con i 4 Evangelisti classicamente con i loro simboli, su nuvole, dalle quali partono raggi sul fondo azzurro. Anche se il bozzetto fu di Domenico, l'esecuzione, più debole rispetto a S.Fina, è attribuibile al Mainardi.
La presenza degli evangelisti nelle volte stava a significare che le storie sottostanti sono in armonia con i Vangeli. Matteo, autore del primo Vangelo canonico e considerato autore anche del Vangelo apocrifo sull'infanzia di Cristo, sovrasta le scene di Maria. Luca, che descrisse dettagliatamente la vita di S.Giovanni Battista, ne sovrasta le storie. Giovanni sta nella parete di fondo, non solo per il suo Vangelo, ma specialmente per il racconto dela transito della Vergine, che gli viene atribuito. Solo Marco è sopra l'ingresso della cappella, senza specifici riferimenti. L'uomo-angelo, attributo di Matteo è simbolo dell'incarnazione e corrisponde al ciclo di dipinti relativi alla nascita di Cristo. Il toro, simbolo di Luca e del sacrificio, è ricolto verso il Martirio di S.Giovanni Battista. Il leone di S.Marco è simbolo di resurrezione, mentre l'aquila di S.Giovanni indica l'ascesa al cielo.
Parete sinistra: Giovacchino cacciato dal tempio dal giudei.
La rappresentazione, ricca e piena di energia, si svolge davanti alla chiesa di S.Maria Nuova, presso l'ospedale di S.Paolo, arricchito di elementi architettonici, studiati da Domenico durante il soggiorno romano.
Le figure a sinistra rappresentano Lorenzo di Giovanni Tornabuoni, Cosimo Bartolini Salimbeni, Alessandro di Francesco Lutozzi e Alesandro Nasi.
Dalla parte verso la finestra 4 ritratti al naturale: Alessio Baldovinetti, maestro del Ghirlandaio, vecchio, canuto e col cappuccio rosso, Domenico stesso, con una mano sul fianco e un mantello rosso sopra una veste azzurra; Bastiano Mainardi, suo cognato e discepolo, con la zazzera nera e le labbra grosse; il fratello David Ghirlandaio che volta le spalle e ha un berrettino in testa.
Natività della Madonna
L'affresco è firmato in oro entro l'architettura fittizia della parete di fondo BIGHORDI e GRILLANDAI. L'iscrizione sul fregio recita: NATIVITAS TVA DEI GENETRIX VIRGO GAVDIVM ANNVNTIAVIT VNIVERSO MVNDO.
L'architettura consente di contenere nella stessa scena due momenti diversi: la nascita della Madonna e l'incontro di Giovacchino con Anna (in alto a sinistra) che, secondo il Protovangelo di Giacomo avvenne sulla porta di casa.
La balia, seduta ai piedi del letto, culla la bambina, che ha un dito in bocca. Dell'ancella che versa l'acqua, molto ammirata dal Vasari, esiste uno studio preparatorio agli Uffizi.
La fanciulla in testa al corteo delle visitatrici è Lodovica Tornabuoni, figlia di Giovanni, futura sposa di Francesco Lutozzi.
Da osservare la luce che entra da una finestra mettendo in risalto, con riflessi luminosi sempre più marcati, il fregio di putti danzanti, imitazione delle maioliche dei Della Robbia.
Le chiavi del cassone gettano l'ombra, mettendo in risalto la trifora in fondo alla cappella.
Presentazione di Maria al Tempio
La Madonna sale al tempio con un ben riuscita prospettiva, che spinge l'occhio verso il punto di fuga.
Fra i molti personaggi, non si notano volti di personaggi conosciuti.
Da notare il nudo sui gradini, uno dei primi che fossero mai dipinti.
Non fu realizato mediante trasposizione del cartone sulla parete, ma direttamente copiato dal disegno, come pure i fanciulli in primo piano, che risultano stranamente sproporzionati.
La mano di Davide si riconosce nelle figure femminili davanti e sotto il portico.
Sposalizio della Vergine
Si svolge all'interno del tempio., con molte persone che rompono le verghe per la rabbia che le loro verghe non fiorirono come quella di Giuseppe e, quindi, furono respinti da Maria. Un fanciullo porta un ramoscello. Un pretendente respinto strappa le foglie spuntate miracolosamente sul ramoscello di Giuseppe.
I quattro pretendenti respinti sulla destra sono di mano di un aiuto, mentre di Sebastiano Mainardi sono le tre donne all'estrema sinistra e le figure del fondo.
L' Annunciazione
Benchè lo spazio disponibile fosse scarso, Domenico, dando l'impressione di una veduta obliqua verso l'interno, riesce a dare l'impressione che l'osservatore veda solo una piccola parte del vasto ambiente in cui si svolge la scena. Il soffitto a cassettoni e la disposizione prospettica dello spazio dipinto sono concepiti in senso opposto, in modo che il punto di fuga si trova su un asse opposto al punto ideale di chi guarda, cioè il centro della cappella. Si tratta di un affresco di Mainardi su disegno di Domenico.
L' adorazione dei Magi.
È la parte più rovinata dall'umidità. Il re più giovane e quello con la barba bianca sono di mano del Mainardi. Lo sfondo fu affidato agli aiuti.
Iscrizione sul fregio dell'arco trionfale: CAES(AR) AVGSTO XXXVII A(NNO) P(RINCIPATUS)
La strage degli innocenti.
Vasari lo giudicava il migliore del ciclo, mentre la furia compositiva non piace ai critici moderni. Si tratta della descrizione di singoli episodi sanguinari e drammatici, coinvolti in un unico movimento.
Da notare il soldato che rapisce il bambino e viene trattenuto per i capelli dalla madre, dove Ghirlandaio rappresentò la morte del fanciullo, la rabbia del soldato e l'odio e la disperazione della madre.
L'arco di trionfo ricorda quello di Costantino. Realizzato da Davide, su disegno di Domenico, che dipinse forse solo i rilievi sull'arco e le figure sulla terrazza.
Transito e assunzione della Vergine nella lunetta.
Reca ancora le tracce della trasposizione del cartone sulla parete. In primo piano gli apostoli piangenti sul corpo della Madonna. A sinistra i Giudei che, secondo la tradizione, cercarono di danneggiare il corpo della morta e furono resi ciechi. L'esecuzione è di David, mentre di Domenico è l'Assunzione. Secondo alcuni critici, gli apostoli potrebbero essere di Francesco Granacci, già influenzato da Michelangelo, che potrebbe essere l'autore della terza e della quarta figura da sinistra, insieme all'angelo che li accompagna e all'angelo ai piedi del sarcofago di Maria. La tesi non è sostenibile, poichè nel 1488 l'affresco era già terminato.
Incoronazione della Vergine nella lunetta della parete di fondo
La composizione si svolge su tre piani orizzontali.
In basso 14 santi e sante inginocchiati, nel mezzo patriarchi e profeti in trono. In alto Cristo incorona la Madonna fra cherubini e angeli che suonano la tuba.
La composizione di questo affresco, che non ha precedenti, influenzerà notevolmente gli artisti del secolo successivo.
3.6.1486 Domenico Ghirlandaio concorda per la valutazione della pala d'altare con l' Incoronazione della Vergine, destinata a S. Girolamo ai frati francescani di narni, oggi al Palazzo Comunale di Narni.
Incoronazione della Vergine, Narni
Tavola cm. 330x230
Iscrizione sul baldacchino: VENI ELECTA MEA ET PO(NAM TE IN THRONUM MEUM) Cantico 4,8.
La composizione, il fondo oro e le figure serrate denotano che fu preso a modello il quadro di Frà Angelico in S.Egidio, forse su precisa indicazione dei committenti.
S.Girolamo volge la testa verso l'osservatore, in quanto, essendo lui l'autore della Leggenda Aurea, fa da tramite. Vi sono anche S.Francesco e molti vescovi e santi francescani. Al centro S.Chiara con la madre Hortulana e S.Bernardino. Poi S.Giovanni Battista con la mano sul petto. A destra S.Stefano, S.Lorenzo, S.Antonio da Padova e S.Girolamo. Le due figure con l'abito domenicano potrebbero essere S.Tommaso d'Aquino e Caterina da Siena.
Il disegno e parte della pittura sono di mano di Domenico, il resto è della bottega.
6.6.1486 Antonio da Sangallo riceve l'incarico di realizzare la cornice per l'Adorazione dei Magi di Domenico Ghirlandaio per S.Maria degli Innocenti. In realtà, il libro dei pagamenti dimostra che l'opera fu realizzata dal fratello Giuliano da Sangallo.
14.12.1486 Domenico Ghirlandaio viene chiamato a stimare i mosaici di Alessio Baldovinetti.
5.1.1487 Domenico Ghirlandaio stima un reliquiario di Andrea di Lionardo, destinato a S.Trinita.
8.3.1487 Domenico Ghirlandaio stima una croce d'argento di Amerigo di Giovanni, destinata a S.Trinita.
1487 Domenico Ghirlandaio affresca la cappella principale del coro di Badia a Settimo. Restano solo frammenti sulla parete d'ingresso del coro: la Madonna e un angelo, a mezza figura, sono inseriti in un medaglione ai lati dell'arco.
21.4.1487 Filippino Lippi si impegna ad affrescare la cappella di Filippo Strozzi in S.Maria Novella.
1487 Domenico del Ghirlandaio restaura il mosaico della facciata interna del Duomo.
4.6.1487 Domenico del Ghirlandaio riceve l'incarico per la decorazione della cappella maggiore e per un affresco nel chiostro dei Melaranci nella Badia a Settimo.
1487 Domenico Ghirlandaio dipinge il Tondo con l' Adorazione dei Magi per Giovanni Tornabuoni, ora agli Uffizi.
Adorazione dei Magi, Uffizi
Tavola, diam. cm. 172.
Sulla pietra in primo piano la data MCCCLXXXVII.
Fu commissionato da Giovanni Tornabuoni per la sua casa.
La struttura compositiva e le rovine dell'edificio antico a più navate assomigliano molto al tondo di Botticelli, oggi alla National Gallery di Londra, ma Domenico mette i personaggi più in primo piano, e la disposizione dei Magi mette più in risalto las cena per presepio.
I volti dei tre re corrispondono alle tre età dell'uomo.
In alto a sinistra la scena dell'angelo che dà l'annuncio ai pastori.
In alto a destra la strage degli innocenti.
I ritratti dei personaggi a destra non sono identificabili, ma si può supporre che appartengano ai Tornabuoni.
Per seguire la forma circolare, le figure laterali sono scaglionate verso l'alto e, partendo dai Magi, tutti i ersonaggi formano un circolo.
Di mano di Domenico è il disegno generale e l'esecuzione del gruppo centrale, mentre tutto il resto sembra essere stato affidato alla bottega.
1487 nasce Baccio Bandinelli.
1487 Andrea della Robbia esegue i tondi con i trovatelli in fasce per l'Ospedale degli Innocenti.
1488 Domenico del Ghirlandaio sposa in seconde nozze Antonia di ser Paolo di Simone Paoli.
1488 Domenico del Ghirlandaio viene pagato per la pala d'altare, perduta, con la Madonna in trono e due Santi per la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Lecceto.
1.4.1488 Michelangelo inizia a lavorare per Domenico Ghirlandaio per 24 fiorini in 3 anni.
30.6.1488 Fra Bernardo stende un nuovo contratto con Bartolomeo di Giovanni per la predella dell' Adorazione dei Magi di Domenico Ghirlandaio agli Innocenti. Il contratto indica le sette scene che dovranno essere dipinta sulla predella e specifica che il pagamento avverrà tramite Domenico del Ghirlandaio, che aveva affidato l'incarico al suo collaboratore.
1488 Domenico Ghirlandaio termina l' Adorazione dei Magi per la Chiesa egli Innocenti, ora nel museo degli Innocenti. La predella è di Bartolomeo di Giovanni.
Adorazione dei magi, Innocenti
Tempera su tavola cm. 285x243
Sulla trabeazione in alto a sinistra la data MCCCLXXXVIII.
A sinistra, vicino al pilastro della stalla, Domenico dipinse l' autoritratto.
Nel 1783 fu tolta la cornice originale, per inserire il dipinto in un'incorniciatura a stucco. La predella fu rimossa e posta in sagrestia. Nel 1917 la pala e la predella furono ricomposte entro una cornice moderna.
L'opera è di mano di Domenico, che ha lasciato alla bottega (Davide, Bartolomeo di Giovanni e Sebastiano Mainardi) solo la pittura dello sfondo con la strage degli innocenti a sinistra, il corteo a cavallo e i due pastori in secondo piano.
Essendo destinato agli Innocenti, la rappresentazione è innovativa rispetto alle precedenti, sia per la presenza del Battista, di S.Giovanni Evangelista e di due bambini innocenti. Da notare anche la strage degli innocenti, di mano di Bartolomeo di Giovanni.
Fra i colori predominano il rosso, l'ocra e l'azzurro. Le figure e la scenografia sono fra loro in rapporto armonico. La disposizione in cerchio dei protagonisti conferisce alla scena un forte senzio dello spazio, che continua nella prospettiva della stalla. Per aumentare la profondità, Domenico introduce, per la prima volta, i due pastori(?) dietro la stalla, che guardano l'osservatore e sviluppa all'infinito il paesaggio annotando con precisione l'incupirsi dell'aria lontano. Viene creata così un'atmosfera particolare che ne fanno uno degli apici di pittura del paesaggio del '400.
Il volto della Madonna è stato particolarmente apprezzato da tutti i critici, da Vasari in poi.
Nel corteo a destra, benchè non identificabili, si trovano i ritratti dei "Buonomini dell'Ospedale".
L'uomo in nero, accanto al Ghirlandaio, è il committente Giovanni di Francesco Tesori.
1490 o dopo, Domenico del Ghirlandaio dipinge il ritratto di un vecchio con nipote.
22.12.1490 Vengono scoperti gli affreschi della cappella maggiore di S.Maria Novella del Ghirlandaio. L'opera e' divisa in 6 quadri per parte, oltre alle lunette. La spesa (1000 fiorni) fu sostenuta da Giovanni Tornabuoni, che e' dipinto al naturale accanto al finestrone a destra, mentre a sinistra vi e' la moglie, Francesca di Luca Pitti. - In Cornu Evangelii la vita della Madonna. - Nel primo quadro la cacciata di S.Giovacchino. Il ritratto del Ghirlandaio e' la figura col cappuccio in capo, il mantello rosso e una mano sul fianco. Accanto a lui il ritratto del padre, poi il suo maestro Alessio Baldovinetti, Mico Ghirlandaio e un garzone del pittore. Gli altri ritratti sono di Piero Tornabuoni, Cosimo de Leonardo Bartolini Salimbeni, Alessandro di Francesco di Lutozzo Nasi e Lorenzo di Gio. Tornabuoni. - Sopra la presentazione di Maria al Tempio. Osservare il nudo che siede sugli scalini. - Dall'altra parte la vita di S.Giovanni Battista. Osservare i quattro della Platonica: Agnolo Poliziano, che alza la mano, Marsilio Ficino, vestito da Canonico, Gentile de' Becchi, che si volta e Cristofano Landini, che ha una fascetta nera al collo. Vi sono inoltre i ritratti del buffone Benedetto Dei, autore di una Cronica dei suoi tempi, di federigo Sassetti, di Andrea Medici, di Gio. Francesco di Ridolfo Ridolfi e poi tutta la famiglia Tornabuoni. - La giovane, seguita da due fantesche, che va a visitare S.Elisabetta, è Ginevra Benci. Gli uomini affacciati ad un terrazzo sono opera di Michelangelo giovanissimo. - Sulla volta i 4 evangelisti su campo azzurro. - Sopra il finestrone Incoronazione di Maria con molti Santi. - Intorno al finestrone storie di S.Domenico, S.Piero Martire. S.Lorenzo, S.Giovanni, l'Annunciazione. - Una iscrizione sul muro, probabilmente del Poliziano dice: Anno MCCCCLXXXX quo pulcherima civitas opibus victoriis artibus aedificiisque nobilis copia salubritate pace perfruebatur.
Presero parte al lavoro Francesco Granacci, David e Benedetto del Ghirlandaio, Bastiano Mainardi, Michelangelo Buonarroti. Reca la scritta: Anno MCCCCLXXXX quo pul / cherrima civitas opibus victo / riis artibus aedificiisque no / bilis copia salubritate pace / perfruebatur. - Nei pilastri laterali due grandi armi in pietra, uno dei Tornaquinci e l'altro dei Tornabuoni. - La tavola per l'altare maggiore e' stata smembrata: la parte centrale con Madonna e Santi piu' due laterali con i Santi Caterina e Lorenzo sono nella Pinacoteca di Monaco. La tavola con la Resurrezione, che stava sul retro, e' negli Staatliche Museen di Berlino, dove erano anche i due laterali, distrutti durante l'ultima guerra. un laterale con S.Stefano e' nella Galleria Nazionale di Budapest. - Domenico Ghirlandaio restitui' al Tornabuoni 200 ducati, che erano risultati in eccesso rispetto all'effettivo costo
Ritratto di " vecchio con nipote" (In apertura di questa cronologia)
Tavola cm. 62x46
Parigi, Louvre.
Nel gabinetto Reale dei disegni di Stoccolma esite il disegno preparatorio, ma gli occhi del vecchio, riconoscibile dal naso deforme, sono chiusi e i tratti del volto sono rigidi. Può darsi che il ritratto sia stato commissionato dai discendenti, dopo la morte. L'opera proviene dalla raccolta del Vasari, che l'aveva fatta incorniciare.
Non si hanno esempi precedenti di ritratti di due persone, nello stesso quadro, di età tanto differenti. Lo sguardo del nonno è pieno di dolcezza e di amore verso il nipotino, che appoggia con naturalezza la mano delicata sul petto del nonno. Domenico ha saputo rendere perfettamente l'intima intesa fra i due.
1490 Domenico Ghirlandaio dipinge il ritratto di Giovanna Tornabuoni.
Ritratto di Giovanna Tornabuoni
Tavola cm. 77x49
Madrid, collez. Thyssen-Bornemisza
Iscrizione sul cartello: ARS UTINAM MORES ANIMUS QUE EFFINGERE POSSES
PULCHRIOR IN TERRIS NULLA TABELLA FORET MCCCLXXXVIII.
Loda sia il modello che il ritrattista.
Giovanna degli Albizi nel 1486 sposò Francesco di Giovanni Tornabuoni e morì nel 1488.
Il ritratto, di profilo, fredda e inespressiva, potrebbe essere stato eseguito dopo la morte, cui la data potrebbe far riferimento.
Domenico aveva già disegnato il profilo di Giovanna e lo stesso disegno servì sia per il ritratto che per l'affresco in S.Maria Novella, nella scena della visitazione, eseguita fra il 1489 e il 1490.
1490 Domenico Ghirlandaio inizia ad affrescare le Storie di S.Giovanni Battista nella cappella Tornabuoni-Tornaquinci in S. Maria Novella.
22.12.1490 Vengono scoperti gli affreschi della cappella maggiore di S.Maria Novella del Ghirlandaio.
Affreschi di S. Maria Novella
L'opera è divisa in 6 quadri per parte, oltre alle lunette.
La spesa (1000 fiorni) fu sostenuta da Giovanni Tornabuoni, che è dipinto al naturale accanto al finestrone a destra, mentre a sinistra vi è la moglie, Francesca di Luca Pitti. Domenico Ghirlandaio restituì al Tornabuoni 200 ducati, che erano risultati in eccesso rispetto all'effettivo costo.
Nei pilastri laterali due grandi armi in pietra, uno dei Tornaquinci e l'altro dei Tornabuoni.
La tavola per l'altare maggiore è stata smembrata: la parte centrale con Madonna e Santi più due laterali con i Santi Caterina e Lorenzo sono nella Pinacoteca di Monaco. La tavola con la Resurrezione, che stava sul retro, è negli Staatliche Museen di Berlino, dove erano anche i due laterali, distrutti durante l'ultima guerra. un laterale con S.Stefano è nella Galleria Nazionale di Budapest.
Annuncio dell' angelo a Zaccaria.
Il Ghirlandaio non è debitore verso nessun predecessore per l'impostazione della pittura, che risulta originale.
Iscrizione sull'arco: AN(NO) MCCCCLXXXX QUO PVLCHERRIMA CIVITAS OPIBUS VICTORIIS ARTIBVS AEDIFICIISQVE NOBILIS COPIA SALVBRITATE PACE PERFRVEBATVR (Anno 1490, in cui la città bellissima, per ricchezze, vittorie, attività ed edifici godeva di salubrità e pace). Se ne deduce che probabilmente questo fu l'ultima parte affrescata. L'accenno all'opulenza della Firenze del tempo giustifica la magnificenza delle architetture.
Il Vangelo narra che quando Zaccaria portò l'offerta al tempio, era presente il popolo. Domenico trasporta l'azione a Firenze e la anima con ritratti di contemporanei: il primo, dietro l'angelo, in veste di donatore, è Giovanni Tornabuoni, seguito da Pietro Popoleschi, Girolamo Giachinotti e Leonardo di Francesco Tornabuoni. Davanti a loro Giuliano Tornabuoni, Giovanni di Francesco Tornaquinci e Gianfrancesco Tornabuoni. Dietro di loro Girolamo Tornabuoni detto Scarabotto e Simone di Piero Tornabuoni.
Le cinque persone a sinistra in alto sono Giovanbattista Tornabuoni, Luigi Tornabuoni, Vieri Tornaquinci, Benedetto Dei, prete di S.Lorenzo e il buffone.
Sempre a sinistra, più in basso: Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Agnolo Poliziano e Gentile dè Becchi.
I tre giovanetti sono Federico Sassetti, Andrea de' Medici e Gianfrancesco Ridolfi.
A destra Gianfrancesco Tornabuoni, col manto scuro che guarda l'osservatore, seguito da Girolamo Tornabuoni, semicoperto dal giovane col manto rosso.
Benchè quasi tutte le figure siano di mano di Domenico, è sbagliato il manto di Giovanni Tornabuoni, che copre l'angelo, che i piedi indicano stare davanti.
Visitazione
L' incontro fra Maria ed Elisabetta avviene su un'altura, fuori città, che sembra essere la collina di S.Miniato, alle porte di Firenze. La persona che sale dalla porta dovrebbe essere l'autoritratto di Domenico. Le tre donne sono Maria Maddalena, Maria Cleofe e Maria Salomè, che però i Vangeli riportano presenti solo alla Crocifissione e alla Resurrezione.
A destra Giovanna degli Albizi, moglie di Lorenzo di Giovanni Tornabuoni. Dietro, forse, Giovanna Tornabuoni, una giovane che le somiglia, ma non identificabile e Dianora Tornabuoni Soderini, sorella di Lucrezia, madre di Lorenzo il Magnifico. Da notare il caratteristico naso a linea dorsale incavata e gli occhi sporgenti dei Tornabuoni, che verranno ereditati da Lorenzo.
La composizione è un capolavoro prospettico, curato fin nei minimi particolari. I numerosi disegni conservati agli Uffizi dimostrano che l'affresco è di mano di Domenico.
Nascita del Battista
Come nella Natività della Vergine la scena statica era ravvivata dalla giovane che versa l'acqua, in questo affresco tale compito è affidato alla portatrice della cesta. Sembra copiata senza varianti dall' identico personaggio nel rilievo per Pollaiolo nella Nascita del Battista per l'altare d'argento del Battistero.
La donna anziana è il ritratto di Lucrezia Tornabuoni, madre di Lorenzo il Magnifico, che presenta le stesse caratteristiche fisiognomiche della sorella, che tramanderaà al figlio.
Imposizione del nome al Battista
Giotto in S.Croce e Filippo Lippi nel Duomo di Prato avevavo unito in una stessa scena la nascita e l'imposizione del nome, secondo l'impostazione trecentesca, mentre Andrea Pisano, nella porta del Battistero già separato le due rappresentazioni. La scena, che non era prevista nel contratto, sembra sia stata aggiunta dopo la nascita (11.10.1487) di Giovanni di Lorenzo, nipote di Giovanni Tornabuoni.
I disegni preparatori dimostrano che la composizione è opera di Domenico, che dipinse anche il gruppo centrale, che sembra sia stato preso a modello da Raffaello per il gruppo dei geometri nella Stanza della Segnatura, mentre tutto il resto sembra sia stato affidato al Mainardi.
Le due donne a destra evidenziano la volontà di raffigurare il medesimo gesto, visto da due angolature diverse, come fece Filippo Lippi nel Banchetto di Erode nel Duomo di Prato. Domenico copiò il gruppo dell'affresco di Lippi su un foglio (Hessisches Landesmuseum di Darmstadt), poi ne ha tratto lo studio per l' affresco in S. Maria Novella (Uffizi).
S. Giovanni nel deserto
Ritenuto opera di Sebastiano Mainardi.
Anche in questo dipinto l'artificio delle prospettive contrapposte costringe l'occhio a muoversi, creando l' effetto di uno spazio maggiore di quello reale. Si pensa che il disegno sia di mano di Domenico.
Predicazione del Battista
Così come aveva fatto Filippo Lippi nel Duomo di Prato, ma in modo migliore, Domenico collega, in una composizione armonica, i tre aspetti della predica: il richiamo al pentimento e alla penitenza, la disputa con gli studiosi e l'accenno a Cristo.
Anche se il disegno è di mano di Domenico, la sua trasposizione e realizzazione fu eseguita dalla bottega, come rivelano numerose manchevolezze e la povertà di tono del panorama sullo sfondo.
Il bambino nudo, appoggiato alla roccia su cui sta S. Giovanni, è copiato dalla statua ellenistica del Ragazzo con l'Oca degli Uffizi.
Battesimo di Cristo
Domenico aveva già dipinto questa scena a Brozzi. In S. Maria Novella appare più composto e meno tributario del Verrocchio di S.Salvi.
Si pensa abbia ripreso i nudi da statue antiche, ma alcune debolezze nella realizzazione fanno pensare che il disegno sia stato trasporto e realizzato dal Mainardi.
Banchetto di Erode
Se l'impostazione richiama l'analogo dipinto di Filippo Lippi nel duomo di Prato, l'abbozze della grandiosa scena è opera originale di Domenico. Per le architetture sembra si sia ispirato alle rovine della Basilica di Massenzio, disegnate durante il suo soggiorno romano, ma grande influenza devono avere esercitato anche i bassorilievi dei pulpiti di Donatello in S.Lorenzo.
Mentre gli abiti dei personaggi sono classicheggianti, quelli dei servi e degli sgherri sono contemporanei. Il servitore di sinistra, alla tavola di destra, sembra il ritratto di Francesco Granacci.
S. Domenico brucia gli scritti eretici
Scena poco rappresentata prima del Ghirlandaio (Fra Angelico nella predella dell' Incoronazione della Vergine al Louvre), sembra di mano della bottega, benchè l'impianto prospettico sia di Domenico.
Morte di S.Pietro Martire
S.Pietro non ha niente a che vedere con i domenicani, ma Giovanni Tornabuoni, il 1.9.1486, era stato eletto fra i capitani della Confraternita di S.Pietro martire. Disegnato da Domenico ed eseguito dalla bottega.
Ritratti dei committenti
Giovanni Tornabuoni e la moglie Francesca di Luca Pitti, rappresentata pallida e rigida, perchè già morta di parto a Roma e sepolta in S.Maria sopra Minerva.
8.1.1491 Sesto e ultimo pagamento per il mosaico dell' Annunciazione di Domenico Ghirlandaio nella lunetta della porta della mandorla del Duomo. I vari pagamenti furono fatti a Davide, ma sempre con l'indicazione che il "magister musayici" era Domenico. Il bozzetto, di mano di Domenico, è conservato agli Uffizi. Ricalca la rappresentazione del medesimo soggetto ideata da Leonardo, sia nel dipinto degli Uffizi che nella predella dell'altare del Verrocchio a Pistoia, certamente eseguito da lui. Per quanto riguarda l'esecuzione, si pensa che sia opera della bottega, forse del solo Davide.
1.3.1491 Viene terminata la costruzione della cappella di S.Maria Maddalena in Cestello, ordinata da Lorenzo di Giovanni Tornabuoni, dopo la morte della moglie, Giovanna degli Albizi. Nella cappella si è conservata una vetrata di Sandro Bidello dello Studio, su cartone del Ghirlandaio con la figura di S.Lorenzo, patrono del proprietario.
16.3.1491 Domenico del Ghirlandaio riceve il pagamento per l'acquisto di materiali destinati agli sportelli dell'organo del Duomo di Pisa.
28.6.1491 Viene consacrato l'altare della cappella di S.Maria Maddalena in Cestello, dei Tornabuoni. Domenico aveva affrescato anche due angeli che tenevano un baldacchino, o aprivano una tenda intorno al tabernacolo, dedicato da Antonio Dei. L'affresco è andato perduto.
21.7.1491 Viene sistemata sull'altare della cappella di S.Maria Maddalena in Cestello la tavola di Domenico Ghirlandaio con la
Visitazione, Louvre
Tavola cm. 172x165
Parigi, Louvre
Iscrizione sul basamento dell'arco trionfale MCCCLXXXXI.
Dopo essere stata spostata nella seconda cappella della navata, fu messa in sacrestia e venduta al Louvre nel 1812.
Le parti principali sono opera di Domenico, come dimostra uno studio per l'abito della Madonna conservato agli Uffizi. Può darsi che il Mainardi abbia dipinto la Maria a sinistra, incinta, madre di Giacomo minore "fratello del Signore" A destra Maria Salomè, madre di Giacomo maggiore e di Giovanni Evangelista.
Sul fregio dell'arco trionfale conchiglie e perle simbolizzano il concepimento virginale di Maria.
La veduta con il Pantheon e l'arco di Costantino sta a significare che Roma è la nuova Gerusalemme, il centro della cristianità.
La posizione delle due figure ricorda molto l'analogo soggetto realizzato in maiolica da Luca della Robbia per S. Giovanni Fuoricivitas a Pistoia.
18.5.1491 Lorenzo il Magnifico commissiona a Domenico e David del Ghirlandaio, a Frà Gherardo e al Botticelli il mosaico per la cappella di S.Zanobi in duomo. L'opera viene affidata a Domenico dopo averlo messo in concorrenza col Botticelli, che era l'artista preferito dalla famiglia Medici.
1492 Domenico Ghirlandaio e bottega dipingono
Gruppi di angeli nell'arco della tribuna del duomo di Pisa e restaura un mosaico.
Un affresco, andato perduto, con la Fucina di Vulcano per la villa di Spedaletto presso Volterra.
Il Cristo in gloria fra angeli e cherubini, fra i santi Benedetto, Romualdo, Attinia e Greciniana e il committente don Giusto Buonvicini, forse per ordine dei Medici. Ora nel museo di Volterra.
Tavola cm. 308x199.
La rappresentazione, terminata dopo la morte di Domenico, che però disegno personalmente il cartone, i volti e lo sfondo. Le figure sono di mano di Davide.
Si tratta di un'opera originale, unica nel suo tempo per l'impostazione.
11.1.1494 Domenico Ghirlandaio muore di febbre pestilenziale dopo pochi giorni di malattia. Appena lo aveva saputo ammalato, Giovanni Tornabuoni gli aveva mandato 100 ducati. Fu sepolto nel vecchio cimitero di S.Maria Novella, di nascosto, dopo la mezzanotte.
1496 viene effettuato l'ultimo pagamento ai del Ghirlandaio per l'altare di S, Maria Novella.
Altare di S, Maria Novella
L' altare, che non era terminato alla morte di Domenico, era stato spostato in avanti dal Vasari nel 1566 e definitivamente sostituito nel 1804, con conseguente smembramento, in quanto non era sormontato da un' unica pala, ma da una struttura in più parti, dipinte da ambedue i lati comprendente:
Madonna con i Santi Domenico, Michele, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista
Tavola cm. 221x198
Alte Pinakotek, Monaco
Iscrizione nel libro di S.Domenico: DISCIPLINAM ET SAPIENTIA(M) DOCVIT EOS BEATVS DOMINICVS.
Rappresenta la "mulier amicta sole" dell'Apocalisse, di cui è primo testimone Giovanni, che guarda verso l'alto con la mano sul petto. La Madonna è rappresentata nell'atto di allattare, essendo, da un lato, la "sposa del sole rapita al mondo terreno" e dall'altro rimane la "donna terrena".
Anche se terminata dopo la morte di Domenico, fu suo il disegno e parte della pittura.
La resurrezione di Cristo
tavola cm. 221x199
Staatlische Museen di Berlino.
Si trovava nella parte posteriore dell'altare.
Fu eseguita da Davide e da Benedetto, Francesco Granacci e Jacopo del Tedesco.
S. Lorenzo
Tavola cm. 211x60
Alte Pinakotek, Monaco
S.Stefano
tavola cm. 191x56
Museo Szepmuveszeti, Budapest
Fu tagliata in alto nel 1812, ma sappiamo che la nicchia conteneva l'iscrizione: TORRENTIS LAPIDES STEPHANO MARTIRI INVICTISSIMO DULCISSIME EXITERUNT.
S. Pietro martire
Tavola cm. 191x56
Collezione Magnani, Reggio Emilia
Prima del 1812 venne tolta l'iscrizione: PROPAGANDA FIDEI DESIDERIO VULNERA ISTA GERO
(ha ricevuto la ferita per desiderio di difendere la fede).
S. Caterina da Siena
Tavola cm. 213x59
Iscrizione sopra la nicchia: INVICTA ANIMI VIRTVS ET VIRGINITATIS DECVS ME IN ETHERA SVBSTVLERVNT
Alte Pinakotek, Monaco
S. Antonino
Tavola cm. 206x55
Distrutta a Berlino nel 1945. Esiste documentazione fotografica
Iscrizione sopra la nicchia: SPLENDOR VITE ET DOCTRINE PRESTANTIA ANTONINO INTER SANCTOS CONTULERE SORTEM
Iscrizione sul libro: PATER PAUPERORUM ET LIBERAVI PAUPEREM VOCI FERANTEM ME (pag. sin.) RENTIUM CONSOLATOR ET PUPILLUM CUI NON ERA ADIUTO (pag. destra).
S. Vincenzo Ferrer
Tavola cm. 206x53
Già a Berlino.
Iscrizione sopra la nicchia: VINCENTIO PRO VITE MERITIS ABSCONDITUM
MANNA DATUM A DOMINO EST.
Iscrizione sopra la nicchia: PRESSVRAM FLAMME NON TIMVI ET IN MEDIO
IGNIS NON SVM ESTVATVS

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