Delacroix,Monet e Millet

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

EUGENE DELACROIX (1798-1863)
Eugene Delaacroix fu l’artista più rappresentativo del Romanticismo francese. Egli era affascinante, cortese e molto controllato, ma in realtà nascondeva una natura impetuosa e passionale. La sua lunga e brillante carriera è contrassegnata dalle grandi tele destinate alle prestigiose mostre annuali del Salon; i soggetti audaci e impegnati, provocarono spesso sorpresa e scandalo anche tra i critici. Nell’ultimo triennio di attività si dedicò prevalentemente ai giganteschi murali che gli venivano commissionati per decorare edifici civili e religiosi. Morì a 65 anni, in solitudine quasi totale da lui voluta. Ribelle alle convenzioni accademiche, precursore di una pittura fondamentalmente basata sul colore, sostenitore di una personale e libera espressione artistica, Delacroix seppe conciliare nelle sue opere la tradizione classica con quella coloristica della cultura veneta e barocca, avviando quel processo di liberazione del colore da ogni funzione puramente naturalistica.
“La libertà che guida il popolo” è l’opera che segna il momento in cui
il Romanticismo cessa di ispirarsi all’antico e comincia a trarre i soggetti della vita contemporanea. Questo dipinto si riferisce a un episodio di storia contemporanea: i moti rivoluzionari del luglio 1830 contro il re di Francia Carlo. L’opera di Delacroix evidenzia con enfasi il valore dell’ideale politico: il popolo che, unito, avanza verso la libertà. La composizione di Delacroix evidenzia una giovane figura allegorica della libertà, che stringe in mano il tricolore e nell’altra il fucile. Questa è una figura irreale che sprona i rivoluzionari senza poter essere vista da loro. Il quadro esalta l’alleanza fra intellettuali e operai idealmente uniti contro la monarchia; sul dramma dei corpi martoriati e morenti in primo piano, raffigurati con crudo realismo, prevale la celebrazione dell’ideale politico della libertà.
Le tre giornate del luglio 1830, che vedono la vittoria della borghesia parigina, esaltano e commuovono scrittori e pittori. Da parte sua Delacroix afferma la sua volontà di partecipazione politica agli

avvenimenti della storia della Francia con la sua opera “La libertà che guida il popolo”. Delacroix non partecipa ai moti del 1830, ma fa parte della guardia nazionale; per questo si raffigura nel personaggio a destra della ‘Libertà’, con il cilindro in capo a il fucile nelle mani.
Questo quadro si configura come la prima composizione politica della pittura moderna. Colpisce anche il valore pittorico: la composizione rigorosa, la definizione e il movimento delle figure principali, l’accostamento dei colori (sui toni grigi e ocra dell’insieme, che prevalgono, risaltano il rosso e il blu della bandiera, l’azzurro del giubbotto e il rosso della fascia dell’uomo ferito che solleva il capo ai piedi della Libertà). Possiamo notare anche che il cielo è illuminato da bagliori di incendio; in primo piano giacciono riversi i morti , buttati a caso come sono caduti. A destra della ‘Libertà’ si vede un giovanetto armato di due pistole, che va ingenuamente all’assalto e simboleggia l’impero e la partecipazione dei ragazzi. Dietro la barricata, forme appena accennate fanno la folla: anche nei primi piani le figure non sono definite da linee disegnative, ma risaltano per l’incontro di macchie di colore immerse nella luce. Il colore è collocato anche a rilievo sulla tela per raggiungere grande effetto.

CLAUDE MONET (1840-1926)
L’artista Claude Monet passò l’infanzia e la prima giovinezza a Le Havre. Egli fu il creatore di quello stile che fu chiamato Impressionismo, una pittura che fu dapprima stroncata ferocemente e poi pian piano accettata dalla critica e dal pubblico. Monet dipinse la serie di quadri dedicata ai pioppi, ai covoni, alle cattedrali, alle ninfee e morì il 5 dicembre 1926. Nel quadro “Il levare del sole. Impressione” vediamo un paesaggio marino con alcune barche e, sullo sfondo, il porto e la città. Il disco del sole appare tra la foschia. Con “Il levare del sole” di Monet ha inizio l’arte moderna, perché per la prima volta, protagonista del quadro non è tanto la rappresentazione di una scena della realtà, quanto lo stile della pittura, il particolare

modo nel quale il paesaggio è stato osservato e dipinto. Monet, insieme ad altri pittori, scelsero come motivo principale della loro ricerca pittorica la luce, che in quegli anni era stata indagata e studiata scientificamente. Cominciarono a dipingere all’aperto, cercando di cogliere le vibrazioni luminose percepite dai nostri occhi e lavoravano rapidamente, perché la luce cambia con il passare delle ore. Escludevano dalla loro tavolozza i toni cupi e il nero, che è assenza di luce, le loro ombre erano colorate e le superfici degli oggetti partecipavano all’atmosfera che li circondava. Nella prima mostra, Monet espose “Il levare del sole” e per aiutare il pubblico a capire una pittura che appariva ‘non finita’ vi aggiunse la parola Impressione. Un critico lesse il titolo ed esclamò: “Ma tutta la mostra è un’impressione”; Il termine ‘Impressionismo’, pronunciato ironicamente, fu scelto dagli espositori come bandiera della loro pittura. La profondità non è resa con i sistemi classici della prospettiva lineare, ma con una libera e moderna interpretazione della prospettiva aerea di Leonardo. Lo spazio si avverte dalle pennellate più scure in primo piano e dalla bruma che rende indefinito tutto ciò che è situato in lontananza. La luce non deriva da una sorgente definita, ma tutto il paesaggio è immerso in una luminosità diffusa. Non vi sono perciò chiaroscuri che mettono in risalto i volumi, ma un effetto di controluce. Le pennellate, spesso brevi, stese in trattini e ‘virgole’, comunicano un senso di dinamismo, perché ci danno la sensazione degli oggetti che, riflessi nell’acqua, sembrano disfarsi e ricostruirsi in un movimento continuo. I colori sono accostati in accordi tenui, delicatissimi. Manca il nero. Il colore rosato interviene dappertutto, mescolandosi con l’azzurro dell’acqua ed è più evidente nella parte superiore del dipinto, dove rosa e azzurro sembrano fondere mare e città. Oggi il quadro di Monet non soltanto ci sembra comprensibile, ma ci affascina e ci commuove. Il pittore ci restituisce il tremolio dell’acqua, il riflesso splendente del sole, la città e le barche i cui contorni cominciano soltanto ad apparire nella luce nascente che tinge il cielo di rosa. Monet ci ha lasciato un quadro felice, libero e di grande poesia.
JEAN FRANCOIS MILLET
(pittore contadino)
Jean-Francois Millet è stato il primo autentico interprete della condizione contadina: contadino lui stesso, lavorò nella fattoria della famiglia, in Normandia. Ha rappresentato tutti gli aspetti della vita e del lavoro rurali, regolati dalle stagioni: aratura, la semina e il raccolto. Il suo impegno umano gli ha impedito di considerare la pittura come un mezzo di evasione dalla realtà: il contadino è il protagonista assoluto della rappresentazione, una sorta di eroe morale che accetta con religiosa rassegnazione il proprio destino di fatica. E’ l’opera “L’Angelus”, che consacra definitivamente la celebrità di Millet: la scena, di estrema semplicità, raffigura una coppia di contadini che in mezzo a un campo di patate interrompe il lavoro al suono delle campane per raccogliersi in preghiera. La tela ha un carattere intenzionalmente funebre. “L’Angelus” è un quadro che Millet ha fatto pensando come, lavorando un tempo nei campi, sua nonna, sentendo suonare la campana, faceva fermare il lavoro per recitare l’Angelus per quei poveri morti. La caratterizzazione delle due figure è l’elemento chiave: la donna che a mani giunte sembra pregare, mentre l’uomo attende col cappello in mano che lei abbia finito. Ciò sta a indicare che la religiosità della vita familiare era legata soprattutto al ruolo della donna, infatti all’uomo compete tradizionalmente il dovere di provvedere col proprio lavoro al sostentamento della famiglia e alla donna quello di raccoglierne e amministrare i frutti.
E’ stato fatto notare che la preferenza data alla figura del contadino come incarnazione del lavoratore contemporaneo faceva parte integrante del mito del Realismo. Nella seconda metà dell’Ottocento, il contadino costituiva la figura chiave del mondo del lavoro, in quanto lo spopolamento delle campagne, che cominciò a verificarsi con la rivoluzione industriale, lo poneva al centro degli sconvolgimenti sociali.
Millet, che aveva vissuto per ventun anni nel microcosmo della fattoria paterna, scandito dalle rituali ricorrenze di lavoro, dopo il 1848 fece dei contadini i protagonisti delle proprie opere. Nel mondo dei contadini, Millet individuava una particolare condizione umana permeata di silenziosa laboriosità e di una religiosa disposizione al sacrificio. Questo in parte spiega anche l’accento sentimentale della pittura realistica di Millet.

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