Dall'Ottocento ai giorni nostri

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Testo

ROMANTICISMO
CONTESTO STORICO-CULTURALE
Le vistose trasformazioni che nell’Ottocento mutano il volto della società europea e mondiale, sono in stretta relazione con quella denominata “ rivoluzione industriale ”, intesa come mutamento economico e sociale legato a diversi fattori.
L’aumento della produttività agricola e l’incremento demografico portano ad un accumulo di capitali ed alla liberazione della manodopera da destinare all’industria.
Le innovazioni tecnologiche ( es. macchina a vapore ) facilitano la meccanizzazione della produzione industriale.
Da qui si verifica uno spostamento del lavoro dalle attività agricole a quelle che producono beni industriali e ciò produce degli effetti sulla società e sulla vita degli individui.
Inizia infatti un lento e progressivo spopolamento delle campagne ed una conseguente urbanizzazione che, nella seconda metà del secolo porterà alla trasformazione delle capitali in metropoli.
Le aziende familiari vengono sostituite dalle grandi fabbriche e ciò spersonalizza il lavoro che diventa meccanico.
Si verifica un indebolimento dei rapporti individuali tra i lavoratori ed un rafforzamento di quelli politici : nasce la coscienza di appartenere ad una stessa classe.
Nascono nuove classi sociali. In particolare si forma un proletariato urbano che fa valere il proprio monopolio del lavoro ( che costituisce l’unica sua forma di sopravvivenza ) rivendicando il diritto alla giustizia sociale.
Dall’altra parte troviamo i capitalisti imprenditori, proprietari di terre e dei mezzi di produzione, che rivendicano il primato del valore e del potere sociale in nome del possesso del capitale ponendosi in tal modo in conflitto con l’antica aristocrazia.
Altrettanto interessante è l’affermarsi della classe media, cioè ceti più o meno collegati ai due poli del dualismo di classe e che costituiscono la base al diffondersi di nuove ideologie politiche liberali e democratiche.
Si tratta delle due ideologie principali della prima metà del secolo che, verso il 1830 si distinguono in :
1. DEMOCRAZIA, intesa come sinonimo di suffragio universale, governo di popolo ;
2. LIBERALISMO, inteso come governo di una élite ( v. dottrina filosofica del liberalismo )
Strettamente connessa a tali ideologie è la formazione, nella prima metà dell’ottocento ( soprattutto negli Stati Uniti e nell’Europa nord-occidentale ), dell’opinione pubblica.
La piena libertà di stampa rappresenta una delle principali richieste dei movimenti liberali, convinti che la libera circolazione delle idee favorisca la crescita culturale e civile della società.
Al contrario, per i governi conservatori ( Congresso di Vienna,1815 )l’opinione pubblica è solo fonte di dissensi e di possibili movimenti insurrezionali.
Lo sviluppo della stampa, l’invenzione del telegrafo e della rotativa, accelerano la diffusione delle notizie, favoriscono l’aumento del pubblico dei lettori che chiede informazioni, conoscenze, istruzione, agli intellettuali che si assumono il compito di incarnare la “coscienza critica” del loro tempo
In contrapposizione alla cultura della Restaurazione si diffonde l’idea di nazione, intesa come comunità di persone unite dalla storia e dalla lingua, al di là della sottomissione a governi stranieri decisa al tavolo dei trattati internazionali.
Sul piano più strettamente culturale nel primo ‘800 si consolida e si diffonde il Romanticismo (da “romantic”,neologismo secentesco, dispregiativo, per indicare la materia degli antichi romanzi cavallereschi e pastorali e, poi, esteso a definire scenari naturali attraenti e pittoreschi come quelli dei romanzi ).
Nel secondo ‘700 la parola venne utilizzata nelle varie lingue europee per indicare correnti di gusto che privilegiavano l’ inquietudine, l’emotività, la malinconia, il senso di infinito.
Quindi il termine risulta piuttosto ambiguo ( più dell’altra formula di “Neoclassicismo” ) per il diverso significato che a volte gli si attribuisce.
Va perciò considerato come termine identificativo di una tendenza artistico-culturale con radici nel tardo ‘700 e affermazione nell’ ‘800, soprattutto dal 2° decennio fin verso la metà del secolo.
Il termine assumeva perciò significato di contrapposizione a quello che di antico, di “classico”, di superato vi era in letteratura puntando alla riscoperta della fantasia e dell’irrazionalità, del sentimento e dell’ ingenuità, in una fusione più intima tra uomo e natura.
Lo sforzo dei romantici di ritrovare nel passato i segni tangibili di una letteratura “barbara” e irrazionale, elementare e potentemente emotiva, sfociò nella progressiva riscoperta di una forte identità nazionale, contrapposta al cosmopolitismo ed all’ universalismo illuministici.
Nel campo dell’arte numerosi artisti ( come J. L. David ) avevano aderito volentieri agli ideali della Rivoluzione francese ed avevano poi tradotto in immagini anche l’epopea napoleonica, dimostrando come l’impegno politico non sia necessariamente un ostacolo alla creazione artistica.
Con il successivo romanticismo, invece, il rapporto tra gli artisti e la politica non fu di così immediata identificazione : la delusione provocata dal fallimento degli ideali rivoluzionari rendeva gli intellettuali più guardinghi di fronte ai governi.
In ogni caso l’individualismo tipico del periodo accentuava il distacco degli artisti dagli avvenimenti meno riconducibili all’ interiorità.
Il soggettivismo si configura come la nota dominante dell’età romantica e, per questo, diventa difficile definire il linguaggio figurativo del Romanticismo.
Secondo la necessità gli artisti si richiamano a forme gotiche o arcaiche ,all’arte di Raffaello ( J. A. D. Ingres, i Nazareni romani, i Preraffaelliti inglesi, i Purist italiani ) ed a quella a lui anteriore oppure al Barocco ( T. Géricault ).
A volte prediligono colori chiari, altre cupi ; definiscono nettamente le immagini ( C. D. Friedrich ) oppure le dissolvono totalmente ( J. M. W. Turner ).
Elemento centrale è comunque l’adesione da parte dell’artista romantico alle forze istintuali, alle potenzialità creatrici, sottolineando la consapevolezza della propria irripetibile condizione individuale.
Nasce la concezione dell’artista come “genio”, che deve seguire la sua ispirazione anche in contrapposizione al mondo, spesso ribelle, tormentato dal desiderio di creare, mosso da una forte impazienza di vivere.
Insoddisfatto del presente, l’artista romantico aspira continuamente ad altro, ad una continua fuga nello spazio ( da qui l’amore per l’ “esotico”,per terre lontane come in E. Delacroix ) e nel tempo ( v. attrazione per il Medioevo e per mondi futuri, utopici ).
I romantici sentirono profondamente il problema del mezzo artistico più idoneo ad esprimere le nuove aspirazioni ed i nuovi ideali.
La predilezione dei romantici più che alle arti visive si rivolgeva alla poesia ed alla musica, perché meglio si prestavano a rendere le suggestioni dell’indeterminato e dell’infinito ( soprattutto la musica, perché libera da elementi descrittivi ).
Tra le arti visive la più romantica era considerata la pittura, perché meno legata della scultura alla materia e, quindi, più in grado di evocare gli stati d’animo più profondi.
Non mancarono tentativi di fusione delle varie arti ( es. con il pittore tedesco P. O. Runge che aspirava ad un’opera totale, espressa dalla poesia, dalla pittura e dalla musica ).
La relatività della nozione di Bello per i romantici ebbe conseguenze rilevanti anche nel campo dell’urbanistica e dell’architettura Nasce il concetto di “eclettismo” ad indicare un uso disinvolto di vari stili storici, magari in uno stesso complesso o monumento.
Fra gli stili più diffusi vi fu il neogotico che, già nella seconda metà del ‘700, soprattutto in Inghilterra, aveva cominciato a diffondersi anche nella realizzazione di parchi e giardini con natura volutamente selvaggia , falsi tempietti, rovine ecc...
Accanto al neogotico continuerà ad essere impiegato, in Europa, lo stile classico, però come riferimento storico e non come manifestazione del Bello Ideale
Si tratterà di un Neoclassicismo sempre più mediato attraverso l’architettura rinascimentale,con risultati di imponente e compassata ufficialità, soprattutto nelle grandi capitali europee, da Parigi a Berlino a Dresda a Vienna.
La preminenza data alla natura spiega il culto romantico del paesaggio.
Nel ‘600 con N. Poussin e C. Lorrain il paesaggio veniva concepito sempre come occasione per scene di sapore letterario, storiche o mitologiche, mentre in ambito romantico è rappresentato di solito senza la figura umana oppure con presenze indeterminate, che accrescono il senso di solitudine.
La pittura di paesaggio si affermò in Inghilterra poco oltre la metà del ‘700 e da qui prese avvio una scuola del paesaggio che comprende J. Constable e W. Turner.
Il primo si pone di fronte alla natura con pacatezza, equilibrio tra scrupolo descrittivo ed emozione lirica, il secondo sente una forte attrazione per il sublime, mostrando attrazione per la natura colta in momenti eccezionali, in pieno sconvolgimento, in progressiva dissoluzione di forme e spazi.
Con il procedere dei decenni il legame con la storia diviene soprattutto partecipazione al presente Géricault per la Zattera della Medusa e Delacroix con la Libertà che guida il popolo ( riferita alla rivoluzione del 1830 ) fino a sfociare nel coinvolgimento dei realisti.
REALISMO
CONTESTO STORICO-CULTURALE
Il quadro strutturale complessivo entro cui si svolgono ricerca e produzione artistica nella seconda metà dell’Ottocento è segnato dagli sviluppi di quell’industrializzazione cui si è fatto cenno più sopra.
Le conseguenze più dirette di tale fenomeno in ambito artistico riguardano architettura e urbanistica, cioè i campi d’applicazione di invenzioni e progetti maggiormente intrecciati all’uso da parte della collettività e alle concrete condizioni di vita degli uomini.
Ad una prima fase, caratterizzata da un nuovo impiego di edifici precedentemente destinati ad altro uso ( es. chiese e conventi che si trasformarono in fabbriche chimiche, fonderie ed altro ancora ) seguì una seconda fase con la definizione di una vera e propria architettura industriale ( non di rado occasione di sperimentazione e di prima applicazione di nuovi materiali costruttivi come il vetro, il ferro ed il cemento ).
Si delineò la necessità di ristrutturare le città, individuando zone specializzate, specificamente destinate alla produzione industriale, all’immagazzinamento delle merci, all’alloggio della manodopera.
Quest’ultimo drammatico problema fu lucidamente descritto nel 1844-45 da Engels, con l’esempio delle grandi città inglesi, Manchester in particolare, in La situazione della classe operaia in Inghilterra.
A seguito di ciò nacque un movimento definito “ igienista “, che si poneva il problema delle condizioni sanitarie in cui vivevano le masse operaie, cercando di limitare i motivi di malessere dei lavoratori salariati.
Gradatamente si sviluppò un’architettura per operai, distinta in due principali tipologie :
1. Il grande casamento d’affitto, la soluzione più economica e diffusa ;
2. Il villino mono o plurifamiliare a riscatto, con il programma dichiarato, da parte degli stessi industriali, di sviluppare il senso della proprietà privata tra i lavoratori.
Il fenomeno della rivoluzione urbana connessa alla rivoluzione industriale, implica che la grande città, espressione di caratteri enfatizzati e drammatizzati nella metropoli del XX sec., costituisca uno dei punti chiave dell’arte - soprattutto pittura e letteratura - del secondo ‘800, sia in positivo sia in negativo.
Si definiscono nuovi tempi e nuovi modi percettivi e di rappresentazione della grande città.
L’ esperienza dello choc correlata alla folla era già stata evocata come carattere percettivo chiave della civiltà urbana contemporanea, da poeti come Baudelaire ed E. A. Poe.
Se la città costituisce un fondamentale polo di attrazione per gli stimoli che offre, essa diventa anche, all’opposto, per i suoi aspetti più duri e alienanti, una realtà da fuggire.
Nel corso dell’Ottocento nasce e si sviluppa un’inedita nozione di libertà dell’artista, in concomitanza con l’affermarsi di un mercato artistico privato e di un sistema di produzione e di circolazione dell’opera d’arte indipendente dai soliti canali (es. le grandi esposizioni ufficiali ed accademiche ).

Con gli innovatori degli anni trenta - i paesaggisti della Scuola di Barbizon, ( le cui figure centrali furono Théodore Rousseau e J. B. C. Corot ) - il distacco dalle convenzioni accademiche coincideva con la ricerca di un nuovo e diretto contatto con la natura, con alle spalle i modelli degli acquarellisti inglesi e, soprattutto della pittura di Constable.
Courbet avrebbe aggiunto la libertà di attingere a modelli artistici disparati, al “ vero “ ed alla storia contemporanea ( Gli spaccapietre, Un funerale ad Ornans, L’atelier del pittore ).
Egli, infatti, affermava che “la pittura è un’arte essenzialmente concreta e può consistere solo nella rappresentazione delle cose reali ed esistenti.....”
Ciò non toglie che molti realisti (si pensi allo stesso Courbet che, nella fisicità del nudo de L’ atelier ricorda Rembrandt oppure al Manet della Colazione sull’erba che ricorda Tiziano ) trovino nell’arte del passato modelli compositivi a cui ispirarsi.
L’adeguamento passivo a quei modelli distingue la coeva produzione artistica periodicamente presentata nelle esposizioni ufficiale, i Salon, dove troviamo forme di realismo basate su una verosimiglianza esteriore d’impostazione scolastica.
Una periodizzazione del Realismo è alquanto problematica, benché si possa orientativamente affermare che i suoi caratteri emergono pienamente e si definiscono intorno al 1850.
Ricordare, tra i realisti più noti, J. F. Millet che al tema del paesismo barbizonnier affiancò un predominante interesse per la figura umana e per la centralità attribuita ai temi della vita e della religiosità contadina e del lavoro agricolo. ( es. Le spigolatrici ) e
H. Daumier, legato a soggetti tratti dalla vita delle masse urbane ( es. Il vagone di terza classe ) ed a vignette per le riviste.

IMPRESSIONISMO
L’ARTE DEI SALON ED IL SALON DES REFUSÉS
Prima che si sviluppasse un sistema di gallerie private ed emergesse la figura del collezionista-critico- mercante come principale tramite tra gli artisti ed il loro pubblico, l’unica occasione importante che pittori e scultori avessero di presentarsi al pubblico era costituita dalle esposizioni accademiche, di patrocinio statale che periodicamente si tenevano nelle più importanti città europee.
In Italia era di particolare rilievo la mostra che aveva luogo a Milano nel Palazzo di Brera, ma il più importante modello internazionale era costituito dal Salon de l’ Académie des Beaux-Arts di Parigi.
Dalla partecipazione al Salon potevano dipendere il successo ed il prestigio sociale o,
almeno, la possibilità di vendere qualche opera.
Un decisivo punto di svolta fu segnato dal Salon del 1863, per il rifiuto della giuria di ammettere una quantità di opere giudicate di qualità inaccettabile tra cui la Colazione sull’erba di E. Manet.
Le polemiche e le proteste suscitate dal numero delle esclusioni furono talmente forti da spingere l’Imperatore a prendere un provvedimento : le opere rifiutate sarebbero state esposte in un’altra parte del Palazzo dell’Industria ( lo stesso dove aveva luogo il Salon ).
Nacque il Salon des refusés dove Courbet, Manet e i loro amici potevano confrontarsi con l’arte ufficiale.

Manet espose tre quadri, tra cui quella Colazione sull’erba che l’Imperatore aveva definito “sconveniente” .
Tale dipinto appariva volgare al gusto corrente sia per il soggetto sia per il “linguaggio” usato.
Infatti, anche se si rifaceva a figure e pose riprese da modelli classici della tradizione rinascimentale italiana ( v. Concerto campestre di Tiziano ), l’indecente realismo che i contemporanei leggevano nel soggetto si intrecciava anche alla mancata idealizzazione del nudo femminile, privo di sfumato, su uno sfondo realizzato con macchie di colore che si giustappongono e si influenzano a vicenda con forti contrasti di tono.
Manet partecipò anche ai Salon del 1864 e del 1865, dove rinnovò lo scandalo della Colazione sull’erba con Olympia, un nudo femminile nuovamente d’impianto tizianesco, ma giocato su larghe campiture di colore prive di chiaroscuro e con netti contrasti di parti luminosissime e parti scure.
Ancora una volta venne accusato di produrre immagini appiattite e prive di modellato.
A suo favore si levò la voce di É. Zola che, in un suo saggio, ne aveva lodato la modernità, definendo la sua pittura “solida e forte” ( a questo proposito ricordare il Ritratto di É. Zola eseguito da Manet nel 1868 dove, sul tavolo, è visibile il saggio in questione ).
Il suo orientamento attirò numerosi giovani artisti tra cui Monet, Renoir, Pissarro, Sisley e Degas, che più tardi avrebbero costituito il nucleo originario del movimento impressionista ( il nome derivò da un’opera di Monet, “Impression. Soleil levant “ del 1872 ).
Benché il gruppo si fosse formato verso la metà degli anni sessanta dell’Ottocento, i suoi rappresentanti apparvero per la prima volta come uno schieramento compatto nel 1874, in occasione della prima Esposizione impressionista avvenuta nello studio del fotografo Nadar, dove espose anche Paul Cézanne.
L’Esposizione fu oggetto di scherno e di derisione, perché molti critici giudicarono i dipinti incompleti e privi di competenza tecnica.
La pennellata libera e spontanea degli impressionisti nasceva dal loro desiderio di immortalare la natura così come la vedevano, senza passare attraverso infinite riflessioni o sottostare all’imposizione di convenzioni estetiche.
Già Courbet, come più sopra detto, aveva anticipato il dibattito intorno all’attività degli impressionisti che, non a caso, negli anni della loro prima affermazione, erano per lo più considerati dei naturalisti.
Dopo Courbet, Manet e gli Impressionisti, l’acquisizione di soggetti di vita contemporanea nel repertorio dei temi artistici è un fatto compiuto.
Nel lavoro di Manet e dei suoi amici il rapporto con la modernità si esplicava sia in un allargamento dei temi ( che escludeva qualsiasi tipo di gerarchia di soggetti ) sia nella ricerca di un linguaggio in grado di restituire la realtà in termini percettivi nuovi, essenzialmente determinati dall’esperienza del lavoro en plein air.
Da un punto di vista strettamente pittorico, le basi del linguaggio degli impressionisti si riconoscono in un modo diverso di restituire sulla tela gli effetti della luce e le ombre.
Essi, dal rapporto diretto con la natura, avevano imparato che le zone in ombra non erano più scure o senza colore ma come quelli delle zone in luce, solo con valori cromatici più bassi.
Al problema delle ombre colorate è da collegare l’interesse di Monet, Sisley e Pissarro, nei primi anni settanta, per i paesaggi innevati : nelle ombre sulla neve non poteva esserci del nero ma solo i colori riflessi dagli oggetti che proiettavano quelle stesse ombre.
Se tra gli impressionisti Monet fu quello che
più di tutti si attenne ad una rigorosa pittura en plein air, eseguendo tutte le sue tele all’aria aperta e trascurando qualsiasi tipo di ritocco ulteriore, Degas, meno ligio all’immersione totale nella natura, mostrò un’attenzione particolare verso tagli compositivi più originali.
Già alla fine degli anni cinquanta Degas
aveva incominciato a pensare a serie di opere nelle quali svolgere temi contemporanei : i caffè di notte, con tutti i differenti valori delle luci artificiali riflesse nei vetri, le ballerine e i musicisti dei teatri e dei music-hall con i loro strumenti, il fumo nelle sue infinite variazioni legate ai tempi moderni, da quello dei camini a quello delle locomotive, dei battelli a vapore, delle sigarette.
All’Esposizione del 1874 fecero seguito, tra polemiche, defezioni e aggiunte di nuovi artisti, altre sette mostre.
In occasione della quarta, nel 1879, Degas riuscì ad ottenere che si sostituisse il termine “impressionista” con “indipendente”, ma il gruppo continuò ad essere chiamato nella prima maniera , con una parola da allora entrata nel linguaggio comune.
La quinta esposizione, nel 1880, segnò l’inizio dello scioglimento del gruppo, all’interno del quale erano evidenti tendenze opposte. Nell’ultima, del 1886, l’inclusione di Seurat segnava l’inizio di una nuova vicenda pittorica con il pointillisme.
Nonostante per un breve periodo frequentasse gli ambienti impressionisti, avvicinandosi soprattutto a Pissarro, Paul Cézanne elaborò uno stile singolare per riprodurre la realtà circostante.
A differenza degli impressionisti, andò alla ricerca della struttura celata negli oggetti che osservava, sviluppando un metodo che può essere considerato una “solidificazione” dell’Impressionismo.
Infatti intese riprodurre la realtà secondo le forme geometriche del cubo, del cilindro e della sfera, applicando sulla tela piccoli tasselli di colore per ottenere l’immagine definitiva.
Il suo approccio alla pittura, più sistematico e coerente, fu alla base del cosiddetto pointillisme ( puntinismo ) e fondamentale per la rivoluzione cubista di Braque e di Picasso.
Il principale esponente del puntinismo fu G.Seurat che, come gli impressionisti, fu influenzato dagli studi scientifici contemporanei condotti sul colore ( Teoria dei colori complementari, 1838, di Chevreul ) e sull’ottica ed eseguì quadri con una marcata vibrazione cromatica quali Una domenica d’estate all’isola della grande-Jatte.
La sua tecnica consisteva nell’ accostamento di piccole macchie di colori puri che, osservate a distanza ricompongono le tonalità desiderate.
La scientifica oggettività del puntinismo è in netto contrasto con le opere cariche di emotività di alcuni artisti che vengono fatti rientrare nell’etichetta del postimpressionismo, tra i quali Gauguin e Van Gogh.
Il primo, iniziò come impressionista ma in seguito trasformò il suo linguaggio in termini più semplici e primitivi, dapprima affascinato dalle atmosfere bretoni ( si era trasferito a Point- Aven ) e in seguito dalle isole dei mari del Sud ( Tahiti ).
La sua semplicità era frutto di una scelta ben precisa, un ritorno consapevole alle origini : di qui il suo interesse per la pittura medievale bretone, per l’arte giapponese e quella egizia.
La sua pittura venne definita sintetismo o cloisonnisme, con tinte piatte, colori puri e squillanti ( come negli smalti medievali ), assenza di prospettiva ).
Un atteggiamento più diretto verso la pittura ebbe Van Gogh, la cui produzione è caratterizzata dall’uso di un colore dall’impasto denso, espressione di una vita tormentata e passionale.
La soggettività dell’opera di Van Gogh trova evidenti paralleli nell’opera dei simbolisti tra cui si ricordano Moreau e Redon ed è legata alla riflessione ed alle opere di poeti come Mallarmé.
N.B. Ricordare, a scelta, almeno un’opera che chiarisca l’atteggiamento degli impressionisti verso il “motivo” e quali sono i loro soggetti più ricorrenti. Es. : Degas e le “ serie” di cui più sopra, Renoir e gli aspetti gioiosi della vita, con particolare interesse per l’uomo ; Monet e le vibrazioni atmosferiche della natura ; Pissarro ed i paesaggi dei centri abitati ; Sisley ed il paesaggio extra-urbano,........
LA SITUAZIONE ITALIANA : ROMANTICISMO, VERISTI ,SCAPIGLIATI e DIVISIONISTI
Non è possibile comprendere l’arte figurativa italiana dell’epoca romantica senza tener conto, in parallelo, degli eventi letterari, per la strettissima connessione nel nostro Ottocento fra arte figurativa e letteraria, al di fuori di ogni soggezione nei confronti dell’arte di altri paesi europei.
Naturalmente le diverse tradizioni regionali e la differenza dei regimi politici esistenti in Italia determinarono anche la varietà degli sviluppi dell’arte romantica nelle diverse zone del Paese ( N.B. Ricordare tra i pittori romantici il veneziano F. Hayez, con i suoi quadri di storia, quale i Vespri siciliani, ed i ritratti, quali quelli di A. Manzoni e di G. Verdi ).
Anche in Italia le tendenze anticlassiciste, miranti ad una restituzione diretta e non idealizzata della realtà contemporanea presero il via dalla pittura di paesaggio ( ricordare l’emiliano A. Fontanesi, amico di Corot, a lungo attivo nella città di Torino dove morì nel 1882, e la Scuola di Posillipo, paesisti napoletani del secondo ventennio dell’Ottocento ), allargandosi alla rappresentazione della vita quotidiana.
Motivi semplici e senza storia, di carattere naturalistico e aneddotico, dal paesaggio alla scena di genere, si contrapposero via via alle più impegnate composizioni accademiche, storiche e scenografiche.
Significativa è la, sia pur breve, esperienza della Scuola di Resina, avviata a Napoli nel 1864 da un sodalizio di artisti tra cui, val la pena ricordare, il toscano A. Cecioni ( Bambino col gallo, La madre ) ed il pugliese G. De Nittis che, trasferitosi in seguito a Parigi, partecipò alla prima mostra degli impressionisti. Nell’ambiente parigino divenne ben presto un pittore alla moda per i soggetti che dipingeva ( vedute urbane e temi della vita moderna, come la bella società alle corse dei cavalli ),caratterizzati dalla combinazione di un moderato impressionismo con il più facile gusto di una pittura d’atelier di consumo.
Il programma della Scuola di Resina coincideva con quello dei macchiaioli toscani : studio dal vero, abbandono alle impressioni suscitate dalla natura, contestazione del ruolo primario del disegno e adozione di un linguaggio basato sui rapporti tonali dei colori.
A partire dal 1855 Firenze era diventata il centro in cui era andato maturando il nuovo stile, con l’apporto di artisti toscani ( T. Signorini, G. Fattori, R. Sernesi ) e no ( V. D’Ancona, S. Lega ), che si riunivano a discutere al caffè Michelangelo.
L’interesse degli artisti è volto alla resa dei rapporti cromatici e tonali, secondo una radicale semplificazione delle strutture essenziali, prescindendo dal disegno e dal chiaroscuro anche sulla base dell’osservazione che in natura i contorni non esistono.
Con analoghe premesse si sviluppò a Milano, coinvolgendo musicisti, poeti e scrittori accanto agli artisti (nel decennio 1860-1870), il movimento della Scapigliatura che, in un certo senso, rievocava la bohème parigina, ma senza condividerne le originarie implicazioni eversive.
Ricordare i pittori T. Cremona, D. Ranzoni e lo scultore Medardo Rosso.
La fine del secolo, in Italia, vede l’affermarsi di pittori che seguivano e cercavano di applicare le teorie del colore di Chevreul su cui, da tempo, si esercitavano più o meno rigorosamente impressionisti e neo-impressionisti.
Si tratta dei divisionisti, quali G. Segantini e G. Pellizza da Volpedo, le cui opere, partite da una sintesi geometrica assimilabile alla pittura di G. Seurat, si caricano di contenuti emotivi e sentimentali.
Tra esse occupa un posto di rilievo Il quarto stato ( la cui gestazione iniziò nel 1890 per concludersi nel 1901 ), dove la tecnica divisionista fa da supporto ad una combinazione di fedeltà al dato naturale, di riflessione sulla storia del proprio tempo e di idealismo e simbolismo.
Lo stesso Pellizza affermerà, nel 1903, che l’opera rappresentava il fatto più saliente della sua epoca, “ l’avanzarsi fatale dei lavoratori”.
ART NOUVEAU
Le opere di Gauguin e dei suoi amici, risalenti agli anni di Pont-Aven, furono alla base dell’esperienza di quegli artisti che si sarebbero definiti con ironia, ma anche con convinzione , Nabis ( in ebraico “profeti” ) e che sostenevano un’idea di pittura come pura trasposizione delle sensazioni in segni e campi di colore.
Il progetto di rinnovamento estetico condiviso dagli artisti del gruppo, che si configurava come una sorta di confraternita ( anticipando un carattere tipico di molte avanguardie del Novecento ), si collocava nel clima della nascente Art Nouveau, con tutte le sue idee di applicazioni della ricerca artistica pura.
M. Denis, considerato il teorico del gruppo, si era impegnato in varie forme di arte applicata, dalle illustrazioni di libri ai disegni per vetrate di chiese, dalla scenografia ai costumi teatrali e alle carte da parati, evidenziando un forte e raffinato senso decorativo.
Il termine Art Nouveau indica nel linguaggio comune dell’arte una breve e vivace moda decorativa apparsa tanto in Europa quanto negli Stati Uniti nell’ultimo decennio dell’Ottocento, una moda che coinvolge pittura, grafica, design e architettura.
La denominazione deriva dal negozio-galleria-laboratorio aperto a Parigi nel 1895 da un mercante tedesco, specializzato nella vendita e produzione di oggetti, arredi, mobili.
Il medesimo movimento in Italia prese il nome di stile floreale o Liberty, il nome di una ditta inglese che proponeva stoffe ed arredi sia orientali sia del movimento delle Arts and Crafts ( fondato nel 1888 da W. Morris sulla scia del preraffaellismo del 1848 ).
Lo stile, fortemente ornamentale, è caratterizzato dalla presenza nelle opere di linee sinuose e continue, che sprigionano un movimento vigoroso e carico di energia.
La moda iniziò all’improvviso all’inizio degli anni novanta, quando Bruxelles, attraverso le opere di Victor Horta e Henri Van de Velde, s’impone come la capitale europea di questo stile ( N. B. Ricordare, di Horta, Casa Solvay, un’abitazione privata in cui ogni dettaglio è accuratamente disegnato nella stessa maniera elegante e movimentata ).
La fioritura dello stile, che tocca pressoché l’Europa intera, dà luogo a varianti nazionali con caratteristiche e particolari diversi.
In Francia è direttamente dipendente dall’evoluzione che lo stile ha in Belgio e, come in tutti i territori di lingua francese, mantiene la stessa denominazione ( Ricordare, per le arti applicate, gli oggetti in vetro ed in ceramica di É. Gallé e i gioielli di R. Lalique ).
La Germania partecipa al fenomeno con lo Jugendstil ( = stile giovane ), segnata da un forte carattere costruttivo e geometrico ( Ricordare P. Behrens e M. Olbrich ).
Del tutto particolare è l’interpretazione del Modernismo spagnolo con l’autonomia di A. Gaudì e la sua architettura fantasiosa, dalle forme di un’inimitabile esuberanza plastica.
Si tratta di un’architettura intesa come scultura totale, nell’integrazione di forme artistiche e naturali , Ricordare Casa Milà ( nota come la Pedrera ), il Parco Guell e la Sagrada Familia ( tempio incompiuto e ancora oggi in costruzione, originale commistione di influenze neogotiche, Art Nouveau e barocche ) a Barcellonal.
In Italia lo stile compare a cavallo fra i due secoli, quindi relativamente tardi rispetto agli altri paesi europei.
Tra i centri principali Torino, Milano, Firenze e Bologna.
Lo stile italiano è la combinazione delle tendenze stilistiche dell’Art Nouveau e di modelli derivati dalla storia dell’arte nazionale.
Così motivi neocinquecentisti o modi presenti nelle architetture delle singole città italiane spesso vengono affiancati ai modi del Liberty più internazionale.
I maggiori rappresentanti di questo stile architettonico furono R. D’Aronco ( Padiglioni dell’Esposizione Universale di Torino del 1902 ), E. Basile ( Hotel Villa Igea a Palermo ), G. Sommaruga ( Palazzo Castiglioni a Milano ).
Risultano più interessanti, perché espressione di una fantasia più libera alcuni villini privati sorti indifferentemente nelle diverse città italiane, come Casa Fenoglio a Torino dell’arch. Fenoglio o il Villino Ruggeri a Pesaro di G. Brega.
Negli anni successivi si verifica un riflusso decadentista e nazionalista che determina il ripudio del Liberty in nome di un ritorno alla tradizione antica con la tendenza a realizzare forme più razionaliste o classiciste.
Il processo segue comunque il generale declino cui l’Art Nouveau va incontro in Europa dal primo decennio del secolo.
GLI ANNI DELLE AVANGUARDIE
I contrasti sempre più profondi tra le principali potenze europee, impegnate nella corsa per il controllo dei mercati mondiali e nella colonizzazione dei continenti extraeuropei, portarono allo scoppio della prima guerra mondiale.
Il conflitto sconvolse l’Europa, decretò la scomparsa degli imperi centrali (Prussia, Austria-Ungheria) e l’ingresso sullo scenario mondiale degli Stati Uniti.
Sul piano culturale e scientifico si affermarono nei primi decenni del secolo nuovi orientamenti, che rivoluzionarono profondamente le tradizionali concezioni dell’uomo e della realtà.
Tra le innovazioni del sapere più rilevanti emerse la psicanalisi, una disciplina fondata da S. Freud che, per la prima volta, indagò con metodo scientifico le forze dell’inconscio che condizionano l’agire dell’uomo.
Ugualmente dirompenti furono le conseguenze scientifiche delle Teoria della relatività elaborate da A. Einstein.
Nel campo dell’arte, nei primi anni del ‘900 molti artisti e intellettuali manifestarono nelle loro opere il proprio disagio e la sfiducia in un progresso che, nonostante le scoperte scientifiche, si rivelava inadeguato per la conquista della felicità del genere umano.
Artisti come Van Gogh, Gauguin e, soprattutto,il norvegese E. Munch, avevano percepito la crisi dei valori della società preindustriale e con le loro opere intensamente espressive avevano anticipato l’Espressio-
nismo.
Le singole personalità artistiche nel corso del ‘900 si sono frequentemente riunite in gruppi che hanno individuato finalità e programmi comuni ; in altri casi si sono organizzate in movimenti, ossia in tendenze ben definite sul piano teorico, alle cui ricerche artistiche hanno contribuito un numero generalmente più elevato di partecipanti rispetto alle attività di un gruppo.
I vari movimenti artistici che si svilupparono nel primo trentennio del ‘900 presero il nome di “avanguardie storiche”.
Il termine esprime la volontà di questi gruppi di artisti di compiere una vera e propria rivoluzione nel campo dell’arte.
Ogni movimento era generalmente costituito da uno o due artisti-guida intorno a cui ruotavano artisti “affiliati” ( che ne seguivano le ricerche fornendone un’interpretazione personale), un critico, un teorico e un mercante, che aveva il compito di commercializzare le opere prodotte dagli artisti.
Generalmente le teorie del movimento venivano divulgate attraverso specifiche riviste e manifesti programmatici in cui erano elencati gli obiettivi e le finalità del gruppo.
Le avanguardie artistiche non agirono isolatamente dal contesto storico in cui si svilupparono, ma, al contrario, furono spesso impegnate nel dibattito politico-sociale e nella costruzione di nuovi modelli di società.
I numerosi movimenti d’avanguardia del primo ‘900 ( di cui solo alcuni sono di seguito citati ) possono essere ricondotti a due filoni fondamentali, uno fondato sull’analisi razionale della realtà ( in cui rientrano ad esempio il Cubismo e l’Astrattismo geometrico ), l’altro imperniato sulle ricerche inerenti l’espressione dell’interiorità dell’artista e a cui fanno capo i movimenti riconducibili all’ambito dell’Espressionismo, l’Astrattismo lirico di Kandinskij ecc.
L’Espressionismo è una tendenza artistica nel cui ambito rientrano numerosi movimenti tra cui quello dei Fauves (“le belve”), guidato da Matisse e quello tedesco Die Brucke ( “il ponte”) che riuniva personalità quali Kirchner e Nolde, entrambi fondati nel 1905.
Il movimento francese proponeva contenuti meno drammatici ed aveva come elemento espressivo il colore steso in campiture piatte, spesso contornate da linee scure.
Il gruppo tedesco interpretava la realtà in modo soggettivo, drammatico, diretto e brutale ed esprimeva, attraverso la deformazione delle figure, un forte senso di angoscia e una protesta violenta nei confronti della società del tempo.
Il Cubismo, nato a Parigi intorno al 1907 per opera di artisti guidati da Georges Braque e Pablo Picasso, prese spunto dalle ricerche di Cézanne portandone alle estreme conseguenze la rappresentazione dello spazio.
È con il Cubismo che si interrompe la rappresentazione dello spazio mediante la prospettiva, in uso ininterrottamente dal Rinascimento.
Lo spazio vuoto tra gli oggetti diventa a sua volta soggetto del dipinto.
Secondo i cubisti ognuno di noi possiede più visioni mentali di un oggetto e compito dell’artista è di rappresentare l’oggetto contemporaneamente da più punti di vista, creando quella che venne chiamata la visione simultanea dell’oggetto.
Venne introdotta quella che venne definita la “quarta dimensione”, cioè il tempo.
Il tempo necessario all’artista per studiare, scomporre e ricomporre l’oggetto ed il tempo inteso come idea dell’infinito, dell’immateriale e dello spirituale.
Il Cubismo si sviluppò in tre diverse fasi : il Cubismo originario ( volumi semplificati ) ; il Cubismo analitico(scomposizione e ricomposizione simultanea dei soggetti dipinti ) ; Il Cubismo sintetico ( con una maggiore bidimensionalità delle superfici e con una semplificazione delle composizioni ).
Il Futurismo fu l’unica avanguardia storica italiana di rilievo internazionale.
Nacque nel 1909 ( con la pubblicazione su Le Figaro parigino del Manifesto futurista ) e fondò la sua poetica sulla ribellione nei confronti della cultura accademica puntando su temi tipici della modernità, quali il progresso tecnologico, la macchina, la velocità.
Oltre al fondatore F.T. Marinetti possiamo citare U. Boccioni ( che svolse pure attività di teorico ), G. Balla, C. Carrà e A. Sant’Elia.
I futuristi sostennero l’intervento italiano nella prima guerra mondiale, durante la quale diversi esponenti persero la vita.
In seguito vi fu un secondo Futurismo ( che si sviluppò nel primo dopoguerra ), che appoggiò pienamente l’ideologia fascista e venne, per questo, aspramente condannato.
I futuristi studiarono originali sistemi per rappresentare il movimento nell’immagine fissa dell’opera d’arte.
Il gruppo si occupò anche di letteratura, poesia, teatro, cinema e moda ed organizzò celebri “serate futuriste”, con spettacoli paradossali e provocatori terminati spesso in accesi scontri polemici con il pubblico.
L’Astrattismo può essere distinto in due correnti fondamentali : l’Astrattismo lirico e l’Astrattismo geometrico, entrambi fondati sull’abbandono della rappresentazione mimetica della realtà.
La prima corrente mediante forme astratte, la seconda mediante forme geometriche pure.
I due movimenti più rappresentativi di queste correnti furono rispettivamente quello tedesco del Cavaliere azzurro ( Der blaue Reiter ), fondato da V. Kandinskij nel 1911 a Monaco di Baviera - e del quale fece parte anche Paul Klee -, e quello olandese del Neoplasticismo, che si formò intorno alla rivista “ De Stijl “ ( Lo stile ), fondata nel 1917 da Piet Mondrian, che ne fu anche il massimo esponente.
Il primo gruppo scelse il nome in riferimento alla profonda spiritualità associata al colore azzurro ed alla figura romantica del cavaliere riprodotta sulla copertina dell’almanacco che raccoglieva gli scritti di questi artisti.
Obiettivo fondamentale era l’espressione spontanea del mondo interiore di ognuno sulla tela.
L’arte per comunicare contenuti spirituali doveva essere libera dal vincolo della rappresentazione realistica della realtà.
Il secondo gruppo, al contrario di quello lirico, tese ad eliminare gli aspetti espressivi legati all’individualità dell’artista e a rappresentare il dominio della mente sui sensi attraverso forme geometriche pure ed essenziali in una sintesi massima della realtà.
Il Dadaismo nacque a Zurigo nel 1915 ( ufficialmente nel 1916, con la fondazione del “ Cabaret Voltaire “, attivo fino al 1919 ) per opera di un gruppo di artisti, poeti, intellettuali (tra questi il rumeno Tristan Tzara, intellettuale e teorico del movimento, lo scultore Hans Arp ed altri ), che si trovarono d’accordo nel rifiuto completo della guerra e della tradizionale cultura borghese e nella sua totale dissacrazione.
Vari gruppi di artisti sparsi in tutto il mondo aderirono al Dadaismo.
I gruppi dadaisti, in contatto diretto tra loro, furono infatti attivi oltre che a Zurigo, soprattutto a New York, con lo statunitense Man Ray e i francesi Marcel Duchamp e Francis Picabia, a Colonia, a Berlino, ad Hannover e a Parigi.
I dadaisti proposero il superamento del concetto tradizionale di “opera d’arte” : rifiutavano, con ironia o con aggressività, la tradizione passata, proponendo una non-arte o, meglio, un’anti-arte, che aveva per contenuto oggetti casuali tratti dalla realtà.
Tra il 1920 e il 1923 i gruppi dada si sciolsero e numerosi artisti entrarono nel gruppo surrealista di A. Breton, divenendo anche, negli anni seguenti, punto di riferimento per le nuove avanguardie del secondo dopoguerra ( Pop Art, Arte povera, arte concettuale..........).
Il Surrealismo, l’ultima delle avanguardie storiche, nacque a Parigi nel 1924 con la pubblicazione del Primo manifesto surrealista, redatto dallo scrittore A. Breton.
In esso fu proclamato l’interesse del gruppo per le nuove coperte nell’ambito della psicanalisi e, quindi, per la totale libertà creativa dell’artista che può far emergere nelle sue opere l’inconscio e il proprio mondo onirico.
Tra i principali esponenti : M. Ernst, H. Arp, J. Mirò, P. Picasso, M. Ray, A. Masson, A. Giacometti, A. Calder, H. Moore, R. Magritte, S. Dalì.

In Italia ed in Europa dopo la prima guerra mondiale si verificò una grave situazione di crisi politica ed economica.
Il clima di incertezza e le tensioni sociali sempre più acute, aggravate dalla crisi economica del ’29, favorirono l’ascesa nel vecchio continente di regimi politici totalitari come il fascismo in Italia e il nazismo in Germania.
Regimi dittatoriali presero il potere anche in altre nazioni europee e portarono talvolta a scontri sanguinosi, come accadde in Spagna dove si verificò una guerra civile che coinvolse volontari e truppe di vari paesi europei.
Nel 1939 l’invasione della Polonia da parte della Germania decretò lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Numerosi artisti impegnati politicamente elaborarono interessanti ricerche sul ruolo dell’arte come documento di denuncia e strumento di riflessione sulla storia.
Alcuni pittori, in particolare, cercarono di fornire attraverso le loro opere una testimonianza dei terribili drammi umani e sociali di quel periodo in maniera talvolta violenta, come nei quadri di Otto Dix ( Trincea nelle Fiandre,1934-36 ), o caricaturale dei difetti, delle brutture e delle colpe di quelle classi, militare e industriale, che avevano portato la nazione alla catastrofe, come nelle opere di Georg Grosz ( Il generale, 1919 ).
Opera indiscutibilmente significativa rimane Guernica di P. Picasso, eseguita dall’artista in un solo mese tanto rimase sconvolto dalle fotografie, apparse sui giornali, della città spagnola distrutta dai bombardamenti nel 1937.
Tra Metafisica e ritorno al realismo
La tendenza generale dell’arte europea nell’immediato dopoguerra era verso un riassetto formale che, controbilanciando la dissacrazione avanguardista, riproponesse valori di equilibrio e di armonia, di leggibilità del discorso espressivo.
In tutta l’Europa il periodo compreso tra le due guerre mondiali fu segnato dal cosiddetto “ritorno all’ordine”, ossia dal bisogno degli artisti di tornare, dopo la rivoluzione compiuta dalle avanguardie, ai valori plastici e formali della tradizione figurativa del passato, in particolare del Rinascimento.
La Metafisica. La tendenza artistica della Metafisica ( che può essere considerata come una delle ultime correnti di avanguardia ) ebbe origine a Ferrara nel 1917 per opera di G. De Chirico e C. Carrà ( precedentemente membro attivo del movimento futurista ), cui si aggiunse, a partire dal 1918, il pittore Giorgio Morandi.
Gli artisti sostenevano l’autonomia assoluta dell’arte che non può e non deve inserirsi nel rapido e mutevole corso della storia, né può essere legata alle vicende contradditorie della società contemporanea.
Quindi l’arte non può spiegare o interpretare la storia : essa è “metafisica”, sta cioè “oltre” la realtà storica, è al di fuori del tempo.
In questa dimensione sospesa, però, essa è dominata da un angoscioso senso di vuoto e di solitudine.
RAZIONALISMO e ARCHITETTURA ORGANICA
Numerose innovazioni si verificarono negli anni tra le due guerre anche nell’ambito dell’architettura e del design industriale.
In architettura si ebbe il Razionalismo, che si sviluppò soprattutto in Germania anche grazie alla scuola del Bauhaus ( il termine significa Casa del costruire ) progettata nel 1924-25 da W. Gropius insieme a colleghi e studenti a Dessau (N.B. Venne chiusa dal regime nazista nel 1933, perché ritenuta pericolosa per gli ideali di democrazia su cui era fondata ).
La scuola del Bauhaus inventò il design industriale, attese al rinnovamento di molti mestieri artigianali, della fotografia e della grafica ed elaborò un tipo di architettura funzionale.
Il corso base, in cui insegnarono grandi artisti come Klee e Kandinskij, si proponeva di sviluppare la creatività degli studenti, in un clima di collaborazione che permise di operare sperimentazioni di alto livello artistico.
L’obiettivo fondamentale del razionalismo era la ricerca della funzionalità ( l’utile ), senza rinunciare alla ricerca estetica ( il bello ).
Il termine indica quindi edifici progettati con forme e spazi perfettamente rispondenti alle esigenze per cui sono stati costruiti.
Grazie alle nuove strutture in cemento armato, inventato nel corso dell’Ottocento e diventato il principale sistema costruttivo in uso nel Novecento, i pilastri di sostegno permisero di eliminare i muri portanti e di costruire i primi edifici sospesi su pilastri, apparentemente staccati dal suolo e a pianta libera, lasciando libero spazio alla creatività degli architetti.
Questi, in contrapposizione alla moda Liberty, eliminarono ogni elemento decorativo dagli edifici ( cornici, colonne, capitelli....) e sostituirono piani e linee curve con piani orizzontali e verticali dalle forme semplici e regolari. Gli edifici assunsero l’aspetto di solidi geometrici dagli angoli retti e dagli spigoli vivi, grazie anche all’eliminazione del tradizionale tetto a falde inclinate, sostituito dal tetto piano.
I razionalisti, nelle loro composizioni architettoniche si liberarono definitivamente dei tradizionali vincoli della simmetria, disponendo liberamente sulle varie facciate porte e finestre ed elaborando edifici risolti da tutti i punti di vista, perciò privi di una facciata principale.
La figura che più ha influenzato il corso dell’architettura del Novecento è Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret, morto nel 1965 dopo 60 anni di attività.
In Villa Savoye, progettata tra il 1929-’31 a Poissy, in Francia sono riassunti i “5” punti fondamentali della produzione dell’architetto ginevrino.
Essi sono :
1. i pilotis ( piloni ), per sollevare la costruzione, isolandola dal terreno ;
2. la pianta libera dai muri portanti e quindi liberamente organizzata su più livelli, a seconda delle esigenze ;
3. la facciata libera, semplice diaframma fra l’esterno e l’interno, indipendente dalla struttura per la presenza del cemento armato e dei pilastri portanti ;
4. la finestra in lunghezza, a nastro, logica conseguenza della facciata libera, che permette all’aria ed alla luce di entrare all’interno ;
5. il tetto-giardino, cioè il tetto-terrazzo con prato e piante che richiama in alto lo spazio naturale occupato dalla casa.
I suoi progetti sono sempre tesi a soddisfare al meglio le esigenze dell’uomo : le sue architetture, vere e proprie “macchine per abitare, hanno infatti proporzioni e dimensioni ricavate dall’applicazione del Modulor, un insieme di rapporti proporzionali di sua elaborazione ricavati dallo studio del corpo umano.
Nel corso degli anni venti Le Corbusier elabora anche una serie di progetti urbanistici le cui caratteristiche di fondo si ritroveranno poi in tutti i principali progetti successivi : riordino delle funzioni, gerarchizzazione del sistema viario, ampliamento delle aree a verde e a destinazione ricreativa.
In questo ambito sperimentale si pongono per esempio le Unità di abitazione di Marsiglia (1946),realizzate nell’immediato dopoguerra per soddisfare la domanda di case e che raggruppavano in un unico blocco tutte le abitazioni di un intero quartiere (per circa 1600 persone) e numerosi servizi quali negozi, un asilo nido, una scuola materna, una piscina, una palestra, un albergo. Il tutto circondato da ampi spazi verdi.
A Le Corbusier è legato anche un esempio particolare di architettura religiosa : la Cappella di Notre-Dame du Haut a Ronchamp, progettata tra il 1950 ed il 1953.
L’edificio è molto originale sia per le sue forme caratterizzate da grandi masse plastiche sia per l’organizzazione degli spazi interni.
Ad essa, ma in forme altrettanto originali, si ispira la Chiesa di S. Giovanni Battista presso Firenze, meglio nota come la “Chiesa dell’autostrada”, di G. Michelucci ( ricordato anche per la Stazione fiorentina di Santa Maria Novella).
Negli anni venti, a Milano, nasce il Gruppo 7 fondato da giovani laureati del Politecnico ( fra i quali ricordare G. Terragni autore nel 1932-’36 della Casa del Fascio a Como, dal nitido volume squadrato e dalle facciate tutte diverse nell’alternarsi di pieni e di vuoti ) che propugnano l’affermazione di un’architettura moderna anche in Italia, sulla scia di quanto sta avvenendo in Francia ed in Germania.
Le tendenze dominanti nell’architettura italiana sono fondamentalmente due : una classicista di impronta retorico-celebrativa, l’altra razionalista.
Le opere più diffuse sono prevalentemente di carattere pubblico : scuole, colonie marine, stazioni, uffici postali, case del fascio.
Vi è in genere un compromesso che si esprime in quello stile di volta in volta definito con i termini “littorio”, ”fascista”, “mussoliniano”.
( N.B. La decorazione pittorica di questi edifici è in genere affidata alla grande pittura parietale, strettamente connessa in Italia alla retorica fascista e che deriva dal muralismo messicano nato negli anni 1910-20,a sua volta espressione della tradizione autoctona precolombiana e della rivoluzione contro la dittatura).
Anche in America si affermano le due tendenze,ma vi è una sensibile differenza tra il Razionalismo europeo e la sua versione americana, meglio nota come “ Architettura organica”.
Infatti, mentre il primo mirava essenzialmente ad assolvere una funzione sociale, la seconda intendeva mettere in rapporto l’architettura con la natura.
Il superamento delle tendenze classiciste, evidente soprattutto nelle opere monumentali (quali la Galleria sul Mall, il grande asse che a Washington collega il Campidoglio con il Monumento a Lincoln ), avviene ad opera di F. L. Wright che si indirizzerà verso un’architettura globale, in cui le varie parti costruite si integrano con l’ambiente, in una fusione fra edificio e contesto, e in una libera articolazione degli spazi che si ispira al principio della crescita della vita naturale.
Sono note, a questo proposito, alcune case unifamiliari, molte delle quali realizzate nei dintorni di Chicago e conosciute come “prairie houses”( v. Robie House ), che si sviluppano seguendo l’andamento del terreno, articolando attorno ad uno spazio centrale i vari ambienti della casa e, spesso, su livelli diversi.
L’integrazione della natura con il paesaggio è il motivo dominante dell’opera di Wright, presente nella Casa sulla cascata, in Pennsylvania. Come nelle prairie houses attorno ad un alto camino si aprono i diversi ambienti dell’edificio, costruito sopra uno spuntone di roccia, esattamente in corrispondenza di una cascata, con terrazze che si protendono verso la natura circostante ed in materiali naturali come la pietra e il legno..
L’interesse per le forme organiche, costante nell’opera dell’architetto, si esprime nell’ultima fase della sua attività, in piante ed elementi dall’andamento circolare, come nel Museo Guggenheim di New York, simile ad una grande conchiglia dalle volute concentriche.

SVILUPPI DELL’ARTE DEL NOVECENTO
Il periodo che va dal 1945 alla conclusione degli anni ’50 fu caratterizzato da una situazione politica internazionale estremamente tesa e difficile.
Le due superpotenze, USA e URSS, ingaggiarono un durissimo scontro meglio noto come “guerra fredda” che, anche se non sfociò in un conflitto aperto, presentò molte caratteristiche di una vera guerra.
Guerra economica, ideologica, di spionaggio, che condizionò anche la politica interna dei singoli stati.
Sul piano più strettamente economico, i paesi coinvolti nel conflitto mondiale furono impegnati, nella seconda metà degli anni ’40, in un gigantesco sforzo di ricostruzione.
In alcuni casi, come l’Italia e la Germania, la crescita fu talmente sostenuta che lo sviluppo di questi paesi fu definito un vero “boom”.
La liberalizzazione degli scambi internazionali non sarebbe in sé sufficiente a spiegare questo “miracolo economico” se non si fosse accompagnato ad un altro fattore decisivo : la crescita demografica.
Liberalizzazione ed estensione del mercato si integrarono, dando vita ad una nuova stagione di innovazioni tecnologiche paragonabile a quella verificatasi nell’Inghilterra settecentesca, alle soglie della rivoluzione industriale.
Il ventennio 1950-70 si legò infatti alla utilizzazione di una nuova fonte di energia, quella atomica, cui si combinarono gli utilizzi civili, legati alla produzione di energia nucleare.
Accanto all’opera di ricostruzione materiale si delineava anche la necessità di attuare quella spirituale.
Dopo Auschwitz alcuni ritenevano non ci fosse più spazio per la cultura ed il pensiero, ma alcuni giovani intellettuali ritenevano che ciò fosse possibile attraverso le risorse dell’individuo e della collettività.
Anche una ridefinizione del ruolo dell’arte nella società contemporanea poteva contribuire alla ricostruzione dell’uomo europeo.
Inizialmente questa rinascita si concentò nella riflessione sulle conquiste delle avanguardie storiche, ma già nel corso degli anni ’50 si verificò una spinta a modificare più in profondità il linguaggio.
In questo contesto, due linguaggi figurativi come il cinema e la fotografia, seguirono un percorso sempre più autonomo e giunsero a porre in maniera prioritaria la questione del come “vedere “ la realtà.
Figure come Rossellini, Visconti, De Sica, indicavano un modo inedito di vedere l’uomo, i sentimenti, la storia.
Su questi presupposti, nuovi materiali e nuove tecniche, fornirono agli artisti utili elementi per raggiungere modalità espressive diverse e valide occasioni per rompere il sistema tradizionale delle arti.
Si verificò una ripresa della proclamazione dei propri obiettivi estetici con un rinnovato uso del manifesto artistico.
Anche il dibattito politico-culturale investì direttamente gli artisti che, insieme agli altri intellettuali seguirono la via di un “impegno” che coinvolgeva il loro lavoro e la loro vita.
Sia le avanguardie storiche sia i successivi sviluppi dell’astrattismo avevano reso possibile il superamento dell’idea di rappresentazione della realtà.
Nel secondo ‘900 alcuni artisti infransero lo specchio della mimesi, in nome di una maggiore coerenza con la dinamica del mondo moderno.

Ad esempio, nella pittura, l’interesse per il superamento del quadro tradizionale indusse alcuni artisti delle nuove generazioni a sconfinare nello spazio fisico ben oltre la superficie della tela, accompagnando spesso il processo dell’attuazione dell’opera con la propria attiva partecipazione e con quella stessa del pubblico.
La scelta dei materiali tese sempre più verso gli elementi naturali o di uso comune ; materiali in seguito definiti “poveri”.
Particolari e anomale furono poi le vicende dell’architettura del dopoguerra.
Se negli Stati Uniti essa proseguì senza traumi il percorso intrapreso prima della guerra, in Europa dovette affrontare il drammatico problema della ricostruzione.
Appunto questo fu il banco di prova delle teorie architettoniche e urbanistiche europee ; i piani di sviluppo economico-produttivi e quelli demografici si affiancarono ai piani regolatori che prevedevano un uso disciplinato del territorio.
Nacquero così gli interessanti esempi delle New Towns inglesi o delle pianificazioni francesi.
In Italia la situazione era particolare, poiché architetti di livello internazionale non avevano la possibilità di produrre di un’architettura qualificata, a causa della mancanza di un’adeguata legislazione ; i migliori esempi furono dunque sporadici, se paragonati all’imponenza dell’opera di ricostruzione che sarebbe stato necessario pianificare { Michelucci ( Chiesa di S.Giovanni a Firenze ), Ridolfi e Quaroni ( case di abitazione a Roma e Terni ), Figini e Pollini ( progetti di complessi per la Olivetti di Ivrea ), Albini ( La Rinascente di Roma ), Giò Ponti [ Grattacielo Pirelli a Milano, con il calcolo del cemento armato affidato a P.L.Nervi ( Palazzetto dello Sport di Roma, Palazzo del Lavoro a Torino, Aviorimessa di Orbetello, Palazzo dell’UNESCO a Parigi )]}.
Alla fine della seconda guerra mondiale, le giovani generazioni di artisti europei si trovarono ad affrontare la necessità di una riformulazione dei mezzi espressivi.
A volte gli artisti si riallacciarono alla tradizione pittorica delle proprie avanguardie ( v. in Francia ), a volte cercarono un rinnovamento all’interno della tradizione figurativa (v. in Gran Bretagna).
La crisi dei valori della modernità coinvolse soprattutto artisti della generazione che aveva già avuto esperienze artistiche nel periodo prebellico e che aveva vissuto drammaticamente gli anni del conflitto mondiale [ es. i britannici Graham Sutherland (pp. 1038-39), che riecheggia il paesaggi e la ritrattistica con una visionarietà derivata dall’opera di W. Blake e Francis Bacon che, partito dall’esperienza del Surrealismo, si orientò in seguito verso una figurazione cruda e tragica, o lo svizzero Alberto Giacometti ( pp.1044-45), le cui sculture dalle forme allungate evocano arcaiche sculture funebri].
Durante gli anni della seconda guerra mondiale, in Italia, molti artisti avevano scelto la via dell’impegno politico, dando testimonianza, attraverso la loro opera, della durezza dei tempi.
Nel 1938 venne fondato a Milano il quindicinale “Corrente” dal pittore Ernesto Treccani, nel cui Manifesto è chiaramente espresso il desiderio di un confronto diretto con la realtà. Si parlò di “realismo” e, nella distinzione tra un realismo “naturalistico” ed uno più “espressivo” si collocherà l’opera degli artisti del gruppo : Renato Guttuso, Aligi Sassu ,Ernesto Treccani, Ennio Morlotti, Giacomo Manzù, Renato Birolli, Bruno Cassinari, Giuseppe Migneco.
Fare dell’arte un fatto personale e “romanticamente” connesso alla vita, significava anche ridiscutere il ruolo dell’artista all’interno della società, entrando inevitabilmente in conflitto con la magniloquenza dell’arte patrocinata dal regime.
Gli effetti di tale conflittualità si fecero sentire ben presto, infatti la rivista fu soppressa nel giugno del 1940.
Alla presa di posizione politica del gruppo si affiancava la conoscenza dell’arte europea : dal realismo francese all’intensa emotività espressionista, sia nelle forme pittoriche dei fauves sia in quelle più sofferte dei tedeschi, senza escludere gli ottocenteschi Ensor e Van Gogh.
Di Guttuso ricordare le opere degli anni 1935-39, con soggetto contadino, come Fuga dall’Etna, dove la pennellata materica definisce i corpi con gran vigore e dove tutto - prospettiva, composizione, figure - pare precario ma, paradossalmente, in equilibrio.
Si tratta soprattutto di equilibrio stilistico, per la combinazione dei molteplici riferimenti : dall’acceso cromia di Van Gogh all’ombroso realismo di Courbet,alle sgraziate deformazioni picassiane alla semplificazione formale in funzione narrativa tipica della pittura popolare (v. i carretti siciliani).
Equilibrio stilistico ugualmente presente in quell’altra opera che è la Crocefissione del 1940-42 (da Raffaello a Caravaggio, a Masaccio, a Courbet).
Altrettanto intensa e cromaticamente accesa (v. i dipinti picassiani dei periodi blu e rosa) è la maniera di dipingere di Aligi Sassu, ravvisabile già ne I tre ciclisti, ma ancora più eloquente ed espressionistica nella Fucilazione nelle Asturie e ne I martiri di Piazzale Loreto.
Giacomo Manzù (pseudonimo di Manzoni), dallo studio della scultura veronese, in particolare delle porte di S. Zeno, derivò un gusto spiccato per i volumi saldi.
Nello stesso tempo la conoscenza dell’opera di Medardo Rosso lo spinse verso un trattamento sempre più “luministico” della materia, evidente nella serie dei bassorilievi bronzei con le Deposizioni e le Crocefissioni, calate nel presente di dolore portato dalla guerra.
Le due maniere scultoree si alternarono in tutta la sua produzione come dimostra la forte sintesi geometrica della serie dei Cardinali, iniziata nel 1938.
L’immediato dopoguerra rappresentò una continuazione delle esperienze precedenti. Quel periodo fu caratterizzato, nel clima di speranza scaturito dalla Liberazione, dalla crescita di un intenso dibattito culturale ed artistico, alimentato dalle riviste che nascevano numerose, dalle gallerie private, dai gruppi che si formavano.
Il dibattito verteva soprattutto sulla questione del realismo, considerato necessario in quel momento storico, perché si pensava che un linguaggio artistico chiaro e facilmente comunicabile, lontano da astratti sperimentalismi, avrebbe potuto fornire un utile contributo all’individuazione dei problemi della società e, forse, alla loro soluzione.
Il “formalismo” delle avanguardie artistiche del XX sec. veniva osteggiato, in particolare quello dell’Astrattismo, per il suo radicale distacco dalla realtà.
La nuova secessione artistica italiana, più nota come “Fronte nuovo delle arti”, venne fondata il 1° ottobre 1946 a Venezia, tra gli altri, da Renato Guttuso, Emilio Vedova, Bruno Cassinari, Lorenzo Viani
Nell’impegno etico e civile venne individuato il presupposto indispensabile per un autentico rinnovamento dell’arte italiana.
La doppia anima del movimento, però, diviso tra neorealismo e astrattismo, ne provocherà nel 1950 la fine.
La crisi del rapporto tra arte e società, già avvertita dalle avanguardie dei primi decenni del Novecento, esplose nuovamente e con più ampie proporzioni dopo la seconda guerra mondiale.
Il malessere sociale e la diffusa crisi esistenziale provocarono disorientamento nel ceto intellettuale europeo consapevole della perdita di centralità dell’uomo nella civiltà delle macchine e ormai privo di fiducia in un progresso che aveva condotto agli orrori della guerra.
Le espressioni figurative di questi anni rispecchiano questo clima di disagio ed esprimono la ricerca di un rapporto nuovo tra l’artista, i materiali con cui lavora, il gesto creativo, l’opera che ne scaturisce e il pubblico cui è rivolta.
In mancanza di un movimento unitario, paragonabile alle avanguardie storiche, si cercò con difficoltà un termine che potesse definire una situazione eterogenea : nel 1951 il pittore francese Geoges Mathieu usò per primo la parola informel e che venne utilizzata per raggruppare esperienze molto varie che, tuttavia , avevano in comune la voglia di superare ogni tipo di tradizione - figurativa e non -, di abbandonare lo studio dei rapporti fra gli elementi e di far nascere l’opera dal diretto contatto tra l’artista e la materia.
Ricordare in Italia Lucio Fontana e Alberto Burri e, in America, Jackson Pollock che si identifica con la cosiddetta Action Painting ovvero pittura d’azione.
Quest’ultimo, con la sua vita sregolata, stroncata da un incidente d’auto, si riallaccia a quella degli artisti bohémien della Belle époque o dei primi anni del Novecento.
Nel 1947 questo artista mette a punto la tecnica del Dripping, che consiste nell’eliminare il pennello sostituendolo con gocciolature più o meno regolari di colore stesi su tele o cartoni distesi al suolo.
L’informale appare come un’esperienza artistica limitata a ristretti ambienti culturali.
È così che negli anni Sessanta, dopo una breve esperienza inglese, matura negli Stati Uniti una nuova forma di arte popolare, non come arte del popolo o per il popolo, ma come arte di massa, cioè prodotta in serie.
La Pop-Art usa lo stesso linguaggio della pubblicità e risulta perciò omogenea alla società dei consumi che l’ha prodotta.
Tracce della pittura gestuale di Pollock si ritrovano nella tendenza verso la manipolazione degli oggetti della vita quotidiana.
Prevale un’attitudine a giocare su un forte senso di illusione, sull’ambiguità che si genera tra l’oggetto reale e la sua rappresentazione artistica.
Questa tendenza influenza la scelta di tecniche meccaniche di riproduzione che tendono a rendere l’immagine il più “oggettiva” possibile.
In America ricordare Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Andy Warhol.
Il 1968 segnò una data epocale nella storia del mondo contemporaneo, con una catena di movimenti di massa che attraversò quasi tutti i continenti.
Esaminando le tendenze artistiche degli ultimi trent’anni risulta difficilissimo, se non impossibile individuare in esse problemi e formule espressive che consentano di tracciare un profilo unitario.
Gli artisti tendono ora a muoversi con ampi margini di sperimentazione, consapevoli delle nuove possibilità visive e del valore della comunicazione estetica.
L’arte degli anni sessanta conosce una flessione ideologica.
Sconfinando dalla nozione di opera legata ai supporti tradizionali, le esperienze dell’arte povera ( M. Pistoletto ), della land art ( Christo e i suoi “impacchettamenti”) e della body art ( Gina Pane ) affermano, fra gli anni sessanta e settanta, una nuova dimensione estetica. Su un diverso versante si afferma una forte attenzione alla struttura interna dei segni che viene espressa da movimenti come l’arte concettuale , la pittura analitica e, in misura diversa, l’iperrealismo( Duane Hanson ).
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