Dall'epoca bizantina al Manierismo

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Categoria:Storia Dell'arte

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STORIA DELL’ARTE

L'epoca bizantina e il romanico
Dopo la deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente (476 d.C.), numerose popolazioni straniere invasero la penisola italiana e vi si stanziarono stabilmente, innestando le proprie tradizioni artistiche su quelle indigene. Sebbene l'estrema eterogeneità politica ed etnica, anche entro ristretti confini geografici, abbia prodotto in quei secoli una grande varietà di stili, è possibile individuare alcuni elementi distintivi dell'arte dell'Alto Medioevo che esercitarono una grande influenza fino al XV secolo.
Uno stile che, interpretato secondo il gusto delle diverse culture locali, rivestì un ruolo determinante nello sviluppo artistico italiano fu quello importato dai bizantini (vedi Impero bizantino; Arte e architettura bizantina). Nella capitale bizantina in Italia, Ravenna, nel VI secolo furono eretti meravigliosi edifici quali, ad esempio, la chiesa di San Vitale (consacrata nel 547 d.C.), caratterizzata da una fantasiosa struttura ottagonale, con uno spazio centrale coperto da una cupola e circondato da una galleria e da un ambulacro in penombra. Luminosi mosaici raffiguranti personaggi, episodi biblici e la corte dell'imperatore Giustiniano coprono le pareti: le figure sono ritratte in atteggiamenti ieratici, statiche e solenni, chiuse in rigidi drappeggi. Questo stile ispirò gli artisti italiani per tutto il Medioevo: basti ricordare la basilica veneziana di San Marco, arricchita di splendidi mosaici tra il XII e il XIV secolo, e la facciata di Santa Maria in Trastevere a Roma.
Per tutta l'epoca paleocristiana e l'Alto Medioevo vennero costruite chiese perlopiù a pianta rettangolare, con interno suddiviso in navate di solito terminanti in un'abside all'estremità orientale. Tale impianto derivava da quello delle antiche basiliche, edifici pubblici romani, dalle quali le chiese cristiane, già numerose prima della caduta dell'impero romano, presero presto il nome. Nel V secolo l'imperatore Costantino ordinò la costruzione di alcune importanti chiese a Roma, tra cui San Pietro (radicalmente trasformata durante il Rinascimento), San Giovanni in Laterano e San Paolo fuori le Mura. Cessata la supremazia romana nel panorama artistico italiano, il modello della basilica non tramontò, ma anzi fu ripreso e affinato in splendidi edifici, quali ad esempio la chiesa ravennate di Sant'Apollinare Nuovo, costruita all'inizio del VI secolo per volontà del re ostrogoto Teodorico.
Alcune forme artistiche islamiche, soprattutto di tipo decorativo, presero piede in Sicilia e nell'Italia meridionale nel IX secolo, a seguito della conquista saracena, e sopravvissero a lungo, anche oltre l'invasione normanna (XI secolo). Infatti in Sicilia i normanni, pur inclini a un'arte dalle linee più sobrie e dai volumi più massicci (secondo un gusto che si codificherà nelle forme dello stile romanico), non solo non poterono annullare la tradizione locale, ma in certa misura vi si adeguarono: così la Cappella Palatina di Palermo, edificata da Ruggero II intorno al 1131, unisce ai mosaici d'impronta bizantina un soffitto di legno decorato ad alveoli e stalattiti, di derivazione araba. Un analogo eclettismo può essere ammirato nel Duomo del vicino centro di Monreale, così come, anche se in misura minore, nelle cattedrali pugliesi. L'influenza islamica si diffuse verso nord giungendo fino in Piemonte, dove uno stile arabo fu adottato per la volta del nartece del Duomo di Casale Monferrato. Anche se di tradizione essenzialmente romanica, non va dimenticato neppure il Duomo di Pisa, nel quale sottili archi a ogiva sorreggono la cupola dal sapore orientaleggiante.
Forme esemplari dello stile romanico comparvero in questo periodo a Firenze (chiesa di San Miniato al Monte). Più a nord gli artisti e gli architetti lombardi, attivi anche oltralpe, introdussero in Italia stilemi e modi delle tradizioni artistiche di diversi paesi dell'Europa settentrionale. Ad esempio, le sculture eseguite a Milano sono d'inconfondibile ispirazione germanica; mentre lo stile lineare ed espressivo del ciborio di Sant'Ambrogio può essere paragonato alla contemporanea produzione dell'arte ottoniana (vedi Arte e architettura tedesca: Il periodo preromanico).
Ancora, se alcune opere milanesi dell'epoca, tra cui rilievi in avorio risalenti alla fine del X secolo e conservati al British Museum di Londra, sono copie evidenti di intagli bizantini, altri capolavori di oreficeria, come il tesoro della cattedrale di Monza e l'altare d'oro di Sant'Ambrogio, sono raffinatissimi prodotti di arte carolingia.
Un'analoga molteplicità di stili caratterizzò anche l'architettura. Molte chiese lombarde, pure per tanti aspetti assimilabili agli edifici sacri romanici dell'Europa settentrionale, mantennero tuttavia la pianta priva di transetto delle chiese paleocristiane: si veda ancora Sant'Ambrogio a Milano (che, inoltre, con l'innovativa volta a costoloni anticipa il gotico). La tendenza a rifarsi a tradizioni architettoniche diverse divenne ancora più marcata nel tardo Medioevo, quando nuovi modelli si imposero, importati da paesi vicini o derivati dall'arte classica. Nell'epoca in cui venne sancita l'autonomia comunale, ogni regione e ogni centro dell'Italia cominciarono ad assumere fisionomia artistica propria, dando vita a stili, formule e moduli espressivi differenti.
Il gotico
In Italia la diffusione dello stile gotico, nato nell'Europa settentrionale, si individua in primo luogo in alcune abbazie cistercensi completate all'inizio del Duecento, tra cui figurano quella di Fossanova, nelle vicinanze di Roma (consacrata nel 1208), e quella di San Galgano, poco distante da Siena (1218 ca.). In Toscana il nuovo stile fu adottato in due famose chiese fiorentine, Santa Maria Novella (ricostruita nel 1246), caratterizzata da volte a costoloni tipicamente gotiche, e Santa Croce (ricostruita nel 1294-95), con tetto a struttura lignea e traforata e archi a ogiva. Le chiese toscane non presentano tuttavia gli archi rampanti degli edifici nordeuropei e rinunciano all'accentuato slancio verticale delle cattedrali francesi, tedesche o inglesi, a favore di un maggiore equilibrio tra gli elementi verticali (pilastri, lesene) e quelli orizzontali (trabeazioni e cornici): le proporzioni armoniose mostrano l'intento di non tradire la tradizione dell'architettura classica. Solo il Duomo di Milano, fondato sul finire del Trecento, si riallaccia più strettamente, nelle dimensioni grandiose, al gotico settentrionale: ma la costruzione, proseguita nei secoli successivi, rispecchiò via via anche altri stili, in particolare quello rinascimentale.
Sebbene lo stile gotico abbia esercitato un certo influsso anche sulla scultura italiana, in questo ambito gli sviluppi maggiormente degni di nota derivano da una reinterpretazione dell'antica statuaria romana. Il maggior esponente di tale orientamento fu Nicola Pisano, autore di numerose opere monumentali tra cui il pulpito del Duomo di Pisa (1260), dove la figura nuda di Ercole che personifica la Fortezza fu senza dubbio ispirata da un sarcofago classico. Anche Arnolfo di Cambio, allievo di Nicola Pisano, optò per un moderno classicismo, evidente nella compenetrazione di scultura e architettura che caratterizzano le sue migliori creazioni, nonché nell'armonia tra pieni e vuoti e nell'equilibrato rapporto tra effetti plastici ed effetti cromatici (tomba del cardinale Annibaldi, 1276; statua di Carlo I d'Angiò, 1277; cibori di San Paolo fuori le Mura a Roma, 1285, e di Santa Cecilia in Trastevere, ancora a Roma, 1293). Lo stile di Nicola Pisano si ritrova in parte nell'opera del figlio Giovanni, a sua volta condizionato dalla scultura francese, più incline del padre alla drammatizzazione delle raffigurazioni. I due artisti collaborarono nella realizzazione del pulpito del Duomo di Siena (1265), nel quale gli aggraziati drappeggi manifestano la loro scelta gotica. Le statue di Giovanni si distinguono soprattutto per le pose espressive e contorte, ad esempio nella figura di Aggeo (Victoria and Albert Museum, Londra), commissionata per la facciata della chiesa.
La naturalezza e il gusto per la narrazione della scultura dei Pisano caratterizzano anche, mutato il mezzo artistico, i dipinti del fiorentino Giotto, una delle personalità più rappresentative della storia dell'arte italiana. Giotto fu allievo di Cimabue, che già aveva cominciato ad allontanarsi nella sua pittura dalla tradizione bizantina allora predominante. La tendenza espressiva e pittorica più vivace e naturalistica ideata dal maestro fu portata a compimento da Giotto, che lavorò nel grande cantiere della chiesa di San Francesco ad Assisi alla fine del XIII secolo e all'inizio del Trecento eseguì gli affreschi della cappella degli Scrovegni di Padova. Giotto seppe conferire alle scene dipinte una convincente profondità spaziale e rappresentò i suoi personaggi in modo molto realistico ed espressivo per quel tempo. A tali tratti innovativi, che anticipavano il Rinascimento, l'artista aggiungeva la straordinaria capacità di raccontare, attraverso gli affreschi, storie di calda umanità.
Contemporaneo di Giotto fu il pittore Duccio di Buoninsegna, iniziatore della cosiddetta scuola senese, il quale rimase, invece, più fedele alla tradizione bizantina. Come Giotto, Duccio possedeva un notevole talento narrativo, che espresse ad esempio nelle scene raffigurate sul rovescio della pala della Maestà (completata nel 1311 e oggi custodita nel museo dell'Opera del Duomo, Siena). Anche i personaggi di Duccio danno un'impressione di solidità e umanità che mancano nelle opere dei predecessori. Verso il medesimo naturalismo si indirizzarono i fratelli Lorenzetti, anch'essi ispirati dalla pittura di Giotto, mentre Simone Martini, allievo di Duccio, accolse della nuova maniera soprattutto gli elementi lineari e cortesi, tipici del gotico francese. Le innovazioni introdotte da Giotto verranno sviluppate solo parzialmente dai suoi seguaci trecenteschi: saranno i maestri del Rinascimento a mettere pienamente a frutto la sua lezione.
Il Rinascimento fiorentino
Pittura e scultura
Benché l'interesse verso la cultura antica non fosse mai scomparso durante il Medioevo, gli artisti, i filosofi e i letterati italiani acquisirono una comprensione profonda dell'epoca classica solo nel Quattrocento. Il nuovo impulso conoscitivo partì da Firenze e determinò quella ripresa della cultura e delle forme classiche che va sotto il nome di Rinascimento. Nell'ambito delle arti figurative si ritiene generalmente che questa "rinascita" abbia raggiunto il punto di massimo sviluppo e fioritura nei primi anni del Cinquecento. I tratti essenziali del Rinascimento artistico andarono tuttavia definendosi nella Firenze del XV secolo, con la realizzazione di progetti fortemente innovativi, quali le porte in bronzo commissionate nel 1401 a Lorenzo Ghiberti per il battistero. Ghiberti aveva vinto un concorso pubblico, cui avevano preso parte altri sei artisti (tra questi Jacopo della Quercia, che con le sue sculture avrebbe poi influenzato Michelangelo e Filippo Brunelleschi), e si era imposto grazie a una formella raffigurante il Sacrificio di Isacco (Museo del Bargello, Firenze). L'opera mostra già alcuni tratti tipicamente rinascimentali, soprattutto nel corpo di Isacco, dove si rivela l'influenza dell'antica statuaria romana.
Malgrado la familiarità con i canoni classici, Ghiberti rimase ancorato nei suoi ritratti alle forme eleganti e lineari tipiche del gotico: tale peculiarità lo distingue dal ben più moderno Donatello, il maggiore scultore del secolo, la cui produzione spazia tra il bronzo idealizzato del David (1430-1435 ca., Museo del Bargello, Firenze) e le rappresentazioni più espressive e sofferte della maturità, come la Maddalena (Museo dell'Opera del Duomo, Firenze). Si consideri in particolare quest'ultima opera: la distanza dai modelli sereni e levigati proposti da artisti più giovani – quali Desiderio da Settignano e Bernardo e Antonio Rossellino – spiega le incomprensioni che Donatello dovette incontrare al termine della sua carriera. Oltre alle statue a tuttotondo, lo scultore fiorentino eseguì anche splendidi rilievi in cui viene efficacemente suggerito l'effetto della profondità attraverso la prospettiva.
Il pittore più famoso del primo Rinascimento fu senza dubbio Masaccio, che all'inizio del Quattrocento reagì all'eleganza artificiosa dello stile gotico internazionale adottato a Firenze da Lorenzo Monaco e Gentile da Fabriano. Gli affreschi che Masaccio dipinse nella cappella Brancacci di Santa Maria del Carmine non solo esibiscono un'efficace resa prospettica dello spazio e dei volumi, ma mostrano figure umane convincenti dal punto di vista anatomico, vigorosamente modellate grazie al chiaroscuro. Scene molto naturalistiche come La cacciata dal Paradiso terrestre sono dotate di grande drammaticità ed emotività, mentre nel Pagamento del tributo si annunciano le composizioni equilibrate e monumentali del tardo Rinascimento. Nonostante l'abile ricerca prospettica messa in pratica da Masaccio, per esempio nella Crocifissione affrescata in Santa Maria Novella a Firenze, gli esperimenti più audaci in questo campo furono condotti da Paolo Uccello, che applicò la prospettiva nella rappresentazione di animate scene di battaglia e, soprattutto, negli affreschi del Diluvio universale nel chiostro di Santa Maria Novella, a Firenze. Un altro artista dello stesso periodo, il domenicano Beato Angelico, assimilò invece solo alcuni caratteri della pittura rinascimentale, pur rimanendo in parte fedele alla tendenza raffinata e artificiosa di Lorenzo Monaco. Le innovazioni introdotte da Masaccio furono comprese molto meglio dall'allievo Filippo Lippi che, come Andrea del Castagno, si ispirò anche a Donatello. Il Beato Angelico, Domenico Veneziano e Filippo Lippi inventarono il genere della "sacra conversazione", pala d'altare in cui la Vergine, il Bambino e le figure di santi che li circondano sono rappresentati in una scena unitaria anziché su pannelli separati come avveniva nell'arte gotica; i personaggi mostrano inoltre una consapevolezza e uno spessore umano sconosciuti alle analoghe raffigurazioni medievali. Per rendere in modo più naturale la luce e gli effetti chiaroscurali, gli artisti di quest'epoca non esitarono inoltre a confrontarsi con le soluzioni adottate dalla contemporanea arte fiamminga.
La successiva generazione di artisti fiorentini accentuò e sviluppò la vivacità e il naturalismo tipicamente rinascimentali. Ne è un esempio la pala d'altare con il Martirio di san Sebastiano (National Gallery, Londra) realizzata dal Pollaiolo, pittore e scultore che esercitò notevole influenza sugli artisti più giovani: si osservi in particolare la resa dell'anatomia umana, vista da diverse angolazioni. Un'altra famosa bottega del tempo fu quella di Andrea del Verrocchio, scultore e pittore che negli anni Settanta del XV secolo contribuì alla formazione di Leonardo da Vinci e di altri artisti di talento. Il capolavoro giovanile di Leonardo, l'Adorazione dei Magi (1481, Uffizi, Firenze), lasciato incompiuto, presenta un innovativo impianto piramidale e spaziale che anticipa il carattere monumentale delle sue opere successive.
Sebbene la produzione leonardesca contenga già i germi degli sviluppi che si ebbero nel tardo Rinascimento, molti pittori contemporanei perseguirono finalità del tutto differenti. Tra i più originali vi fu Sandro Botticelli, allievo di Filippo Lippi e autore di una serie di dipinti enigmatici e allegorici come la Primavera (1478). Nella Nascita di Venere (1482 ca., Uffizi, Firenze), nonostante il soggetto di sapore classico, la grazia e la linearità del disegno ricordano tuttavia le opere degli artisti prerinascimentali. Se lo stile di Botticelli è riconducibile a Filippino Lippi, figlio di Filippo, un orientamento completamente diverso fu adottato da Domenico Ghirlandaio: i suoi affreschi della chiesa di Santa Maria Novella (completati nel 1490) testimoniano un notevole interesse per la narrazione cronachistica, ritraendo con grande realismo personaggi viventi, abbigliati alla moda e colti nelle vie della città, quasi come in una fotografia d'epoca.
Architettura

Gli ambienti architettonici raffigurati nei dipinti e nei bassorilievi d'epoca rinascimentale sono spesso fedele testimonianza degli edifici reali eretti a Firenze in quegli anni. Il maggiore architetto del primo Rinascimento fu Filippo Brunelleschi, che nelle sue costruzioni dalle proporzioni perfette recuperò il linguaggio dell'antichità, in contrasto con lo stile gotico ancora imperante nel resto d'Europa. Brunelleschi progettò l'immensa cupola (1420-1436) del Duomo di Firenze, che fino ad allora nessun architetto era riuscito a erigere a causa delle difficoltà tecniche dell'operazione, e realizzò importanti chiese e cappelle tra cui spicca la Cappella de' Pazzi (vi avrebbe lavorato tra il 1442 e il 1446, ma studi recenti ne mettono in dubbio l'attribuzione), annessa alla chiesa fiorentina di Santa Croce. Il suo più famoso edificio civile è l'Ospedale degli Innocenti (terminato nel 1445), dove la successione di archi a tutto sesto, poggianti su snelle colonne, rivela l'influenza sia dell'architettura romanica toscana sia dell'arte della Roma antica.
Una forma più pura di architettura classica fu ideata da un artista più giovane, Leon Battista Alberti, che si dedicò anche alla stesura del primo scritto sulla prospettiva (compare nel suo Trattato della Pittura, del 1435). Le sue opere più celebri si trovano a Rimini e Mantova; ma Alberti disegnò molti edifici anche per la città di Firenze: suo è Palazzo Rucellai, con la tipica facciata scandita da lesene a ordini classici e sormontata da un ricco cornicione. In questo periodo Firenze si arricchì di molti imponenti palazzi, tra cui merita di essere menzionato Palazzo Pitti, cominciato da Brunelleschi intorno al 1457 e in seguito ampliato da Bartolomeo Ammannati nel 1560; la costruzione divenne la residenza principale dei Medici, potente famiglia di banchieri, signori di Firenze e grandi mecenati del primo Rinascimento.
Il Rinascimento nelle altre regioni d'Italia
Nonostante le straordinarie innovazioni degli artisti rinascimentali fiorentini, tendenze e stili ancora medievali non cessarono di influenzare per qualche tempo l'arte italiana. Molto lentamente la nuova concezione artistica si affermò a Roma, visitata all'inizio del secolo da Donatello e Brunelleschi (che vi studiarono le tracce dell'antichità classica), ma poi perlopiù esclusa dalle sperimentazioni degli artisti più all'avanguardia. I principali incarichi della prima metà del Quattrocento furono affidati a personalità di minor rilievo, quali l'architetto e scultore fiorentino Antonio Filarete, che tra il 1433 ed il 1445 modellò e fuse una porta di bronzo per la basilica di San Pietro.
Solo sul finire del XV secolo artisti fiorentini di chiara fama, tra cui Botticelli e Ghirlandaio, si recarono a Roma, attirati dalle commissioni per la decorazione della Cappella Sistina in Santa Maria Maggiore. Intanto sorgevano nella capitale i primi palazzi rinascimentali, tra i quali merita di essere ricordato il Palazzo della Cancelleria, progettato da un architetto sconosciuto, probabilmente influenzato da Leon Battista Alberti.
Nell'Italia meridionale le idee rinascimentali si imposero ancora più lentamente: importante fu la decisione di Alfonso V, verso la metà del Quattrocento, di costruire uno spettacolare arco classico con magnifiche sculture rinascimentali a Castel Nuovo, presso Napoli.
Il più rappresentativo pittore meridionale del tempo fu il siciliano Antonello da Messina, che raggiunse esiti notevoli con la nuova tecnica della pittura a olio (forse appresa attraverso lo studio dei quadri olandesi a Napoli): suo è il merito di avere introdotto tale tecnica a Venezia, tra il 1475 e il 1476. In alcune sue tavole a soggetto religioso (ad esempio San Girolamo nello studio, 1475 ca., National Gallery, Londra), nei penetranti ritratti e nei paesaggi Antonello mostra la capacità di ottenere straordinari effetti di luce modulando una ricca gamma cromatica.
La pittura a olio fu adottata anche da altri artisti italiani dell'epoca, tra cui si distinse il pittore Piero della Francesca. Tra le sue opere più significative sono gli affreschi armoniosi delle Storie della Croce, realizzati verso la metà del secolo nella chiesa aretina di San Francesco. Oltre che ad Arezzo, Piero fu attivo a Ferrara, Urbino e Rimini, che allora erano sedi di piccole corti umanistiche ben disposte nei confronti dei migliori artisti rinascimentali.
A Rimini, nel 1450, Sigismondo Malatesta commissionò ad Alberti la costruzione di una chiesa, il Tempio Malatestiano, per la quale l'artista propose una facciata che è un adattamento dell'arco trionfale romano. Gli spunti più arditi dell'architetto trovarono tuttavia realizzazione a Mantova, centro che tanta parte ebbe nella diffusione dei criteri rinascimentali nell'Italia settentrionale: dell'Alberti sono le chiese di San Sebastiano e Sant'Andrea. A Mantova si affermò anche la figura di Andrea Mantegna, i cui dipinti si ispirano ai rilievi antichi secondo un gusto antiquario molto diffuso tra i collezionisti dell'epoca. Lo stesso Mantegna possedeva una ricca collezione di reperti romani.
Il maggior pittore settentrionale del tempo fu forse il cognato di Mantegna, il veneziano Giovanni Bellini, figlio di un altro artista di talento, Jacopo, e fratello di Gentile, anch'esso pittore di fama. Malgrado la consonanza con le tele del Mantegna, le opere giovanili di Bellini si caratterizzano per i contorni meno spigolosi e per i colori molto più ricchi e vari. Come Antonello da Messina e Piero della Francesca, anche Giovanni adottò la tecnica della pittura a olio: negli anni Settanta del Quattrocento si esercitò nella rappresentazione prospettica e illusionistica, dipingendo scene sacre collocate in ambienti che sembrano essere proseguimento dello spazio occupato dallo spettatore. L'atmosfera calda e accesa della pala d'altare di San Zaccaria (1505, San Zaccaria, Venezia) preannuncia il luminoso cromatismo dei pittori veneziani della generazione successiva. L'esperienza di Bellini dimostra l'entusiasmo con cui artisti attivi in aree distanti dall'Italia centrale abbracciarono principi innovativi del Rinascimento, sviluppando però ognuno tratti stilistici autonomi: il regionalismo rimase pertanto una caratteristica dominante dell'arte italiana, nonostante la diffusione delle teorie e delle tecniche fiorentine.
Il tardo Rinascimento
Pittura e scultura
Con l'espressione "tardo Rinascimento" si indica di solito un breve periodo all'inizio del Cinquecento, in cui l'arte raggiunse esiti di grande armonia, chiarezza ed espressività, grazie a figure quali Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Accomunò questi artisti l'impegno con cui si dedicarono allo studio dell'anatomia umana (onde poter ritrarre le figure in posizioni e atteggiamenti verosimili) e approfondirono le ricerche prospettiche avviate nel XV secolo. Interpretarono il naturalismo del primo Rinascimento in modo libero, coniugandolo con forme più idealizzate e monumentali: le loro opere essenziali meritarono il plauso dei contemporanei, che le giudicarono superiori persino a quelle dei maestri dell'arte antica.
Tra questi tre grandi artisti il primo fu Leonardo da Vinci, il cui talento pittorico si unì a una sorprendente curiosità intellettuale, che lo spinse a interessarsi delle discipline più svariate, dall'anatomia all'aeronautica. Proprio la sua grande versatilità però lo distolse spesso dai progetti artistici, molti dei quali rimasero incompiuti. Nei suoi splendidi dipinti a olio Leonardo adottò il metodo dello "sfumato", che consiste nel dissolvere i contorni delle figure in graduali passaggi luminosi e cromatici. Gli esperimenti tecnici condotti da Leonardo sui colori per affresco causarono purtroppo il rapido deterioramento delle sue pitture murali: solo recentemente una massiccia opera di restauro ci ha restituito L'ultima cena (1497 ca.), che orna una delle pareti del refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano. Esemplare la composizione dell'affresco e la cura dei particolari: le figure di Cristo e degli apostoli sono disposte all'interno di un impianto illusionistico prospettico di grande efficacia; gli apostoli sono ritratti ognuno in un atteggiamento diverso dagli altri; la tavola è dipinta con estremo realismo, sui bicchieri e sui piatti si possono osservare i riflessi degli abiti degli apostoli e dei cibi disposti sulla tovaglia.
I tratti distintivi dell'arte di Leonardo furono rielaborati nei due decenni successivi da Michelangelo e Raffaello. Di origine urbinate, Raffaello si formò accanto al padre Giovanni Santi e al Perugino prima di trasferirsi a Firenze intorno al 1504. Nella città toscana l'artista ebbe modo di conoscere il lavoro di Leonardo e Michelangelo e di venire a contatto con le opere del domenicano fra Bartolomeo. Presto l'arte di Raffaello fu apprezzata anche a Roma, dove il pittore ricevette l'incarico di decorare gli appartamenti papali delle Stanze Vaticane (1508-1511). Il più famoso tra questi affreschi, La scuola di Atene, è un esempio dello stile solenne e monumentale del tardo Rinascimento, che contrasta con il tono più leggero dei dipinti eseguiti tra il 1510 e il 1519 dagli allievi di Raffaello nella Villa Farnesina di Roma. La principale opera della maturità dell'artista fu la pala d'altare della Trasfigurazione, che con il suo dinamismo anticipa i dipinti romani degli anni successivi alla sua morte.
Raffaello e Leonardo morirono prima del 1525, mentre Michelangelo ebbe modo di vedere l'inizio di un'epoca ben lontana dalla serenità e dall'armonia del Rinascimento. Fiorentino, riscosse sin da giovane grande successo presso mecenati toscani e romani: benché si considerasse in primo luogo uno scultore, il suo capolavoro è la decorazione ad affresco del soffitto della Cappella Sistina (1508-1512) a Roma. Una cornice architettonica dipinta illusionisticamente racchiude scene tratte dall'Antico Testamento e singole figure monumentali, le cui pose complesse testimoniano la padronanza dell'artista nel ritrarre il corpo umano. Il soffitto – riportato a nuova vita dal restauro ultimato nel 1993 – può essere considerato la massima espressione dei canoni del tardo Rinascimento: ogni particolare e ogni soggetto, anche il più spettacolare, sono subordinati all'unità della composizione.
Se il soffitto della Sistina riassume in sé gli ideali del primo Cinquecento, il Giudizio universale dipinto da Michelangelo sull'immensa parete dell'altare, nella stessa cappella, esprime l'atmosfera di cupa incertezza che regnava nella capitale dopo il sacco di Roma del 1527, quando l'esercito di Carlo V saccheggiò case, chiese e palazzi distruggendo parte del patrimonio artistico della città. Il tema della salvezza e della dannazione è reso da Michelangelo mediante una composizione dinamica e poco armonica, affollata da personaggi nudi ritratti spesso in atteggiamenti volutamente innaturali. La stessa svolta stilistica è ravvisabile anche nella scultura michelangiolesca: si confronti ad esempio la posa classica del David (1501-1504, Galleria dell'Accademia, Firenze) con la posizione inquieta del Genio della Vittoria (Palazzo Vecchio, Firenze), eseguito negli anni Venti del Cinquecento. A quest'ultima statua, in origine destinata alla tomba del pontefice Giulio II, si rifecero gli scultori più tardi, come il Giambologna, per le loro composizioni serpentinate. Malgrado la posa contorta, il Genio della Vittoria è una figura molto elegante; fu solo più tardi che Michelangelo imparò a sfruttare appieno gli effetti espressivi della distorsione della forma umana: esemplari sono da questo punto di vista i Prigioni e la Pietà Rondanini (1560 ca., Museo del Castello, Milano).
Architettura
La personalità che meglio incarna i canoni dell'architettura del tardo Rinascimento è Donato Bramante, che realizzò i suoi capolavori a Milano verso la fine del Quattrocento. Nel capoluogo lombardo sviluppò un particolare interesse per la pianta centrale, forse sotto l'influenza dei disegni leonardeschi: applicò le sue idee a Roma nel 1499, nello straordinario Tempietto (tra il 1499 e il 1512) annesso alla chiesa di San Pietro in Montorio. Malgrado le dimensioni modeste, questa struttura circolare, dotata di cupola e circondata da un colonnato dorico, possiede una classica e solenne monumentalità. Dopo aver eseguito una serie di lavori per il Vaticano, Bramante si dedicò al progetto per il rifacimento della basilica di San Pietro, incentrato sulla pianta a croce greca. Sebbene non siano stati tradotti nella pratica, i suoi disegni esercitarono notevole influenza sugli architetti contemporanei, tra cui Antonio da Sangallo il Vecchio e Michelangelo. La semplice austerità delle costruzioni bramantesche lasciò il campo, dopo la morte dell'architetto (1514), all'artificiosità del manierismo.
Il manierismo dell'Italia centrale
Pittura e scultura
Manierismo è il termine con cui si è soliti definire la maggior parte della produzione artistica italiana nel periodo compreso tra gli anni Venti e la fine del Cinquecento. A differenza dei dipinti del tardo Rinascimento, la pittura manierista si caratterizza per composizioni virtuosistiche, complicate e affollate di figure, e per le tinte violente. In ambito sia pittorico sia scultoreo la rappresentazione della figura umana tende verso una marcata stilizzazione e prevede spesso pose contorte e innaturali. Alcuni artisti allungarono le membra delle figure in modo elegante, altri le deformarono con esiti grotteschi. Nonostante ogni artista cercasse di far risaltare i caratteri individuali e riconoscibili del proprio stile, l'artificiosità e la complessità sono tratti che accomunano le opere di quest'epoca rendendole del tutto diverse dall'arte limpida del tardo Rinascimento.
L'imporsi del manierismo viene spesso messo in relazione al disordine determinato dalle guerre d'Italia, culminate nel sacco di Roma. Tratti manieristici sono comunque evidenti nella pittura fiorentina e romana ancor prima di questo tragico episodio. Dopo la morte di Raffaello, nel 1520, la decorazione delle Stanze Vaticane fu completata da Giulio Romano, i cui affreschi affollati anticipano la nuova maniera. Nel 1524 Giulio si trasferì a Mantova, dove realizzò la decorazione pittorica del Palazzo Te: tra i vari affreschi spicca La caduta dei Titani, esempio spettacolare dell'illusionismo teatrale manierista.
Una forma più raffinata e preziosa di manierismo fu quella di Francesco Mazzola detto il Parmigianino. Nato a Parma, subì l'influenza dei brillanti affreschi illusionistici eseguiti da Correggio, più maturo; dal 1523 al 1527 fu a Roma, dove assimilò vari orientamenti stilistici; quindi fece ritorno nella terra natale. Risale al 1535 circa l'elegantissima Madonna dal collo lungo (Uffizi, Firenze), per la quale è noto in tutto il mondo.
Altro esponente del primo manierismo, che visitò la capitale negli anni Venti, fu Rosso Fiorentino, allievo del pittore Andrea del Sarto. I suoi lavori, molto più intensi ed espressivi di quelli del maestro, invitano al paragone con le tele dell'amico Jacopo da Pontormo: di quest'ultimo ricordiamo la celebre Deposizione (1525 ca., Santa Felicita, Firenze), che ritrae in toni violenti e antinaturalistici una folla di figure convulse. L'artificiosità della gamma cromatica fu una prerogativa anche del Bronzino, che si formò sotto la guida del Pontormo e talvolta si ispirò ai modelli statuari di Michelangelo. Il Buonarroti influenzò notevolmente anche l'opera di Giorgio Vasari, pittore, architetto e primo storico dell'arte italiana (fu il primo a parlare di "rinascita" per questo periodo), che eseguì affreschi animati da personaggi in situazioni e atteggiamenti drammatici.
L'influsso di Michelangelo fu determinante per gli scultori contemporanei. Alcuni, tra cui Baccio Bandinelli e Bartolomeo Ammannati, furono semplici epigoni, capaci di riprodurre le proporzioni e la muscolosità delle figure michelangiolesche, ma non la loro grazia ed espressività. Altri furono artisti di grande perizia tecnica, come Benvenuto Cellini (Perseo, Loggia dei Lanzi o della Signoria, Firenze). Per quanto riguarda la scultura, la personalità di maggiore rilievo del tardo Cinquecento fu Giambologna, che giunse in Italia dalle Fiandre intorno al 1550 e fu attivo soprattutto a Firenze. Nelle sue statue il virtuosismo del Genio della Vittoria di Michelangelo fu ulteriormente accentuato ed elaborato.
Architettura

In modo analogo alle pitture e alle sculture del tempo, anche gli edifici manieristi sono spesso volutamente disarmonici, in aperta contrapposizione allo stile equilibrato e razionale del tardo Rinascimento; di frequente ignorano i canoni dell'architettura classica. Tali caratteristiche si riscontrano già nelle costruzioni fiorentine di Michelangelo, come il vestibolo della Biblioteca Laurenziana (1524 ca.) e la Sacrestia Nuova (1519-1524). Ma l'edificio più grandioso prodotto dal manierismo fu senza dubbio Palazzo Te a Mantova, eretto da Giulio Romano a partire dal 1525, in cui il bugnato si trova accostato a dettagli classici disposti in modo intenzionalmente irregolare. Altro tratto evidente che accomunò gli architetti dell'epoca fu la predilezione per scorci prospettici e sorprendenti articolazioni degli spazi, di cui troviamo un esempio nel corridoio lungo e stretto disegnato da Giorgio Vasari per gli Uffizi di Firenze. Non fu insensibile alla nuova tendenza all'artificio anche Andrea Palladio, attivo in Veneto, che tuttavia fece sempre prevalere nelle sue creazioni il rigore e l'eleganza delle forme classiche. Le costruzioni manieriste furono fondamentali per l'evoluzione del linguaggio architettonico barocco. Si consideri ad esempio la chiesa romana di Sant'Anna dei Palafrenieri (cominciata nel 1573) progettata dal Vignola: la sua pianta ovale era destinata a diventare un tema ricorrente nell'opera di Gian Lorenzo Bernini.

Esempio