Cubismo: Picasso e Braque

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Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

Il cubismo
Il cubismo è uno dei movimenti artistici fondamentali del ‘900 perché ha rivoluzionato il modo di concepire la pittura.
Esso nasce in uno degli atéliers del Bateau-Lavoir, piccolo edificio nella zona di Montmartre a Parigi: in questa zona avevano abitato alcuni artisti dell’800, che vi avevano trovato temi nuovi per la loro pittura (ad esempio Renoir e Van Gogh), ed è proprio qui che nei primi anni del secolo va ad abitare Picasso.
Il termine ‘cubismo’ è occasionale. Nel 1908 Matisse giudica negativamente alcune opere di Braque, definendole composte da ‘piccoli cubi’; l’anno successivo Louis Vaucelles (il critico che aveva coniato la parola fauve) parla di ‘bizzarrie cubiste’: d’ora in poi le tele di Picasso e Braque vengono chiamate cubiste ed il cubismo nasce ufficialmente come movimento. In realtà i due artisti non vogliono ‘inventare’ il cubismo, il loro studio non ha un programma preordinato: il loro punto di partenza è la necessità di opporsi alla meccanica riproduzione del reale e alla presunta superficialità di osservazione dell’impressionismo, per rendere invece il proprio modo di interpretare il mondo esterno. Esso non deve essere solo visto, deve essere capito; all’impressionismo imputano dunque di aver usato solo la retina e non il cervello. Come i fauves, anche i cubisti sono in polemica con il naturalismo impressionista, ma c’è una differenza tra di essi: i fauves vogliono esprimere, attraverso la violenza del colore, l’immediatezza transitoria del loro sentimento di fronte al reale ignorando il rilievo degli oggetti; i cubisti vogliono rendere il significato della realtà filtrato attraverso il proprio io (e quindi soggettivo), ma entrato a far parte della coscienza, maturato, compreso e quindi durevole.
La concezione cubista è stata messa talvolta in relazione con lo scientismo dell’epoca, ma in realtà, anche se alcuni cubisti che si aggiunsero successivamente avevano intenti scientifici, Picasso, che è un istintivo, vi si oppone decisamente.
Per comprendere come si giunge alla nascita del cubismo bisogna ricordare che già nell’ambiente impressionista c’era stata l’esperienza di Cézanne, che aveva tentato di superare la fugacità dell’impressione visiva per raggiungere, attraverso la sintesi, la solidità costruttiva della forma e quindi la durata di essa nella coscienza. Il pittore abolisce la resa di spazi e volumi mediante le norme prospettiche (convergenza delle linee nel punto di fuga e diminuzione proporzionale delle grandezze), sostituendovi la scomposizione dei volumi e l’accostamento in superficie delle loro facce, che permette di vedere l’oggetto rappresentato da vari punti di vista. Cézanne è dunque il punto di riferimento dal quale muove il cubismo.
Il cubismo è stato influenzato anche dalla scultura nera. In essa i cubisti vedono una cultura completamente diversa da quella europea, la cosiddetta ‘cultura primitiva’ che, libera dai preconcetti tradizionali, raggiunge una straordinaria sintesi formale con la semplificazione e la squadratura dei volumi che conferiscono agli oggetti immediatezza e forza espressiva.
La novità del cubismo è che esso è riuscito a rendere, nella bidimensionalità della tela, la conoscenza della realtà non limitata all’aspetto di essa che appare all’occhio da un qualsiasi punto di vista, ma abbracciata totalmente: quando noi vediamo un oggetto e lo percepiamo nelle tre dimensioni dell’ottica naturale, deformandone conseguentemente le proporzioni, sappiamo quali siano le misure reali perché la nostra conoscenza è costituita da esperienze precedenti che, elaborate dalla ragione e memorizzate, ci permettono di capirlo. La memoria è quindi la quarta dimensione indispensabile per la conoscenza. I cubisti non vogliono, dunque, riprodurre la realtà come la vediamo, perché non è in quella forma che la conosciamo. Essa deve quindi essere scomposta nelle sue innumerevoli facce e ricomposta accostando le une alle altre sulla superficie della tela: solo nell’apparente bidimensionalità possiamo apprezzarla globalmente (come accade nella nostra coscienza), vedendola contemporaneamente da ogni lato possibile. La quarta dimensione, oltre ad avere un significato volumetrico-spaziale, ha anche quello temporale: la visione totale dell’oggetto ci trasmette la sua durata, ovvero il suo permanere in sintesi nella coscienza. Visto che questa sintesi è intuitiva ed esclusivamente personale non esiste un metodo unico per smembrare la realtà; di conseguenza ogni artista procede secondo il proprio modo di comprenderla, esprimendo se stesso.
Possiamo dire che il cubismo si sia sviluppato attraverso alcune fasi. Dopo un periodo in cui si può scorgere ancora un senso tradizionale di profondità e volumetria mediante piani larghi, semplici e solidi, nel 1909 si passa al ‘cubismo analitico’, durante il quale la sfaccettatura è fitta, minuziosa e tende a mostrare l’oggetto nei suoi molteplici aspetti, analizzandolo. Verso la fine del 1910 ha inizio il ‘cubismo sintetico’, che consiste in una più libera e intuitiva ricostruzione di tale oggetto espresso nella sintesi con cui si presenta alla mente del pittore nell’attimo in cui lo pensa rivivendolo interiormente. Tra il 1911-12 ha inizio l’uso di incollare sulla tela inserti ritagliati dai giornali e stampati (papiers collés) o materiali vari (collages): l’accostamento di frammenti di oggetti comuni, per lo più poveri, determina un interesse compositivo ( le superfici spiccano e polarizzano l’attenzione per la loro estraneità tecnica e per la loro differente reazione alla luce), costituiscono note cromatiche in un contesto privo di colore e riconducono alla realtà, sofferta e ricca di contenuti.
Il cubismo, fra tutti i movimenti artistici del ‘900, è forse quello che ha avuto le conseguenze più durature (ad esempio, l’uso polimaterico avrà sviluppi importanti nel futurismo, nel surrealismo, nel dadaismo, nell’astrattismo e nelle correnti dell’ultimo dopoguerra).
PICASSO
Pablo Picasso (Malaga, 1881 –Mougins, Alpi Marittime, 1973) è uno dei più grandi pittori del ‘900. Figlio di un pittore, inizia a dipingere in età molto precoce, rivelando da subito un talento eccezionale. Egli segue il padre nei suoi spostamenti di insegnante d’arte e a 10 anni si trasferisce da Malaga (nel sud dell’Andalusia, sulla costa del sol che fronteggia l’Africa) al nord (in Galizia, una penisola che si affaccia sull’oceano Atlantico e quattro anni dopo a Barcellona (la città più europea della Spagna) dove studia all’Accademia di Belle Arti legata alle tradizioni scolastiche ed intanto si associa ad un gruppo di giovani intellettuali, politicamente vicini al socialismo e all’anarchia, tesi a conoscere le novità culturali in Europa (essi conoscevano le pitture di Toulouse-Lautrec e di Munch). Non è un caso, dunque, che nel 1900 alcuni disegni di Picasso siano pubblicati su riviste che si oppongono polemicamente alla tradizione.
Nello stesso anno il pittore si reca per la prima volta a Parigi, dove stringe i primi rapporti con mercanti e artisti e studia approfonditamente l’impressionismo ed il postimpressionismo. Le opere di questo momento, pur mostrando l’evidente influenza dell’arte francese, rivelano la personalità di Picasso che si esprime attraverso un linguaggio aspro e stridente. Ad esempio, ne Le Moulin de la Galette, possiamo notare nei contrasti cromatici la forza espressiva caratteristica della pittura picassiana; nella Vecchia, invece, pur essendo evidente l’influsso divisionista, colpisce il viso della donna, il cui ghigno lo rende quasi diabolico.
Nel 1901 inizia il cosiddetto ‘periodo blu’: Picasso rinuncia alla policromia e sceglie di utilizzare esclusivamente il blu per un’esigenza espressiva, in quanto per lui questo colore è malinconico, freddo, statico. Non a caso i soggetti rappresentati sono gli emarginati dalla società (mendicanti, ciechi, girovaghi), dei quali il pittore rappresenta la tristezza sconsolata e senza speranza. Caratteristico delle opere di questo periodo è l’allungarsi delle figure e la netta decisione della linea di contorno che le racchiude e al tempo stesso ne sintetizza le forme, conferendo loro un’asciutta monumentalità. Ne La vita sulla sinistra vi sono un uomo ed una donna nudi (la fonte della vita), mentre sulla destra una donna coperta da una tunica blu sorregge il frutto della vita, ovvero un neonato che dorme. Tuttavia questa non è una scena serena e piena di gioia, in quanto sul fondo vi sono due quadri che rappresentano il dolore e la sofferenza della vita: anche l’uomo e la donna sono consapevoli di ciò e i loro volti esprimono tristezza e sconsolata rassegnazione di fronte a questa verità.
Nel 1904 Picasso si trasferisce a Parigi, dove ha inizio il ‘periodo rosa’. I soggetti rappresentati cambiano e diventano i personaggi del circo (il pittore viene ispirato dal Circo Medrano). Pur essendo meno drammatico (la scelta del rosa è da mettersi in relazione con la situazione personale di Picasso, che è entrato a far parte dell’ambiente culturale parigino ed ha incontrato la donna che per alcuni anni sarà la sua compagna), il colore rosa esprime la malinconia di questi personaggi.
In questo periodo si nota un rinnovato interesse per lo spazio e per il volume: le forme sono costruite con solidità ed i larghi piani compositivi sono semplificati. Nell’Autoritratto i richiami culturali (la scultura negra, quella iberica, Cézanne) sono assorbiti e fusi nell’essenzialità della forma bloccata, ricavata dal piano neutro di fondo per lo stacco di pochi, scabri colori ed individuata da una decisa linea di contorno, che è caratteristica della pittura di Picasso. Nel dipinto l’attenzione è concentrata sulla testa grazie al crescendo di determinazione dal basso (la tavolozza è appena accennata) e allo scollo della camicia che ne prepara la forma. Essa non è tuttavia rappresentata nei dettagli veristici, ma è stata colta nella sua sostanza: sembra quasi sostenuta dalla linea orizzontale delle clavicole sporgenti ed ha una forte potenza espressiva perché è ridotta a pochi piani, sovrastati dalla calotta scura dei capelli e segnati dai grandi occhi scuri fissi e asimmetrici, dalle lunghe arcate sopracciliari , dal forte naso e dalle labbra serrate.
Nel 1907 inizia una ‘nuova epoca’ della pittura di Picasso, il cosiddetto ‘protocubismo’, che si esprime attraverso Les demoiselles d’Avignon.
In un primo momento il quadro doveva rappresentare l’interno di una di quelle case (cinque donne nude, uno studente con un pacchetto sotto il braccio, un uomo seduto al centro con un teschio in mano) e doveva alludere al grande tema della vita e della morte. Successivamente, attraverso una seconda versione e molti schizzi, nella terza versione i simboli scompaiono per ricondurre tutta la composizione ai valori pittorici. Ma anche questa versione ha subito alcuni cambiamenti, per cui oggi ci appare come un trittico unitario ma diviso nelle sue singole parti. La parte sinistra è dominata dai colori caldi sul rosso, quella centrale dal rosa e da bianco e la terza da rossi e azzurri intensi. I tre rettangoli corrispondono ai diversi momenti di esecuzione; le figure laterali, infatti, sono state modificate dopo che Picasso vide le sculture africane esposte al museo etnografico di Parigi. Possiamo notare che le figure centrali sono vicine all’Autoritratto per la forma del viso e il taglio degli occhi; quella di sinistra è sbozzata come una scultura in legno, mentre quelle di destra sono più mosse ed articolate (perché ispirate all’arte negra); i volumi sono scomposti e liberamente ricomposti. Tuttavia questa scomposizione è presente in tutte le figure, ma non vuole dare l’illusione visiva della terza dimensione: il pittore distribuisce bidimensionalmente i piani (ad esempio i nasi posti di profilo) i quali si incastrano, si sospingono, si accavallano sia nelle figure che nei tendaggi, facendo intuire la terza dimensione non visivamente, ma mentalmente. Nel quadro domina la linea spezzata, che genera angoli acuti e ottusi.
Nel 1908 il pittore adotta una tecnica decisamente diversa dalla precedente: abbandona i colori puri e violenti e si limita a toni neutri e generalmente sordi (bruni, verdi, grigi) e ritorna al chiaroscuro per modellare con fermezza i volumi, ridotti all’essenziale. Su questa nuova via Picasso fu raggiunto da Braque e i due si dedicarono, sulle orme di Cézanne, a ritrovare la forma essenziale degli oggetti, eliminando ogni particolare e riducendoli ai principali solidi geometrici.
Nel 1909 il pittore trascorre l’estate in Spagna, a Horta de Ebro dove, di fronte alle forme severe e rudi del villaggio, nascono i primi paesaggi cubisti. Anche in questo caso entrambi i pittori si dedicano a questo tipo di rappresentazione. In Fabbica a Horta de Ebro sono ancora evidenti i volumi e la prospettiva ma non nel senso della convergenza delle linee verso il punto di fuga, ma come visualizzazione della conoscenza mentale della realtà: anche se l’ottica naturale ci presenta le cose diverse da come sono, noi sappiamo come sia in realtà la loro forma. Picasso rende una realtà solida, costruita, ordinata con una forma ben precisa, perché è proprio la forma che distingue il significato di un oggetto dall’altro. Perciò il colore, in questa fase della sua attività, ha un valore secondario, limitandosi a pochi toni bruni
Tra il 1909 ed il ’10 comincia quella fase chiamata ‘cubismo analitico’, nella quale apparenza prospettica e larghezza di piani scompaiono. In questo caso il termine cubismo deve essere inteso come ricostruzione ideale del volume, nella quale il pittore non segue una regola fissa, ma la propria emozione. I due artisti cominciarono a fare attenzione più ai piani che limitano i volumi che non ai volumi stessi. Il volume si scompone dunque in una serie di elementi distinti e autonomi, e vengono moltiplicati gli angoli di visuale di un medesimo oggetto. Questa nuova tecnica permette a Picasso e a Braque di descrivere l’oggetto contemporaneamente di faccia, di profilo o sotto ogni altro punto di vista. Tuttavia, l’analisi delle forme sfocia spesso in un certo ermetismo, perché diventa difficile capire a quale oggetto o volume corrisponde un determinato piano (anche perché il colore non da’ alcuna indicazioni); i due pittori tentano allora di rimediare introducendo fin dal 1911 particolari figurativi schematici per aiutare la comprensione dello spettatore. Di questo periodo è il Ritratto di Ambrosie Vollard (editore e mercante d’arte che organizzò una mostra di Picasso nel 1901), realizzato tramite la sfaccettatura dei piani e la loro disposizione secondo un certo ordine: tutto ciò non restituisce una copia dal vero, ma la realtà esteriore ed interiore della persona rappresentata.
Nel 1912 vi è la fase del collage. Picasso e Braque si accorgono che è molto semplice e realistico incollare sul quadro un pezzo di carta che imiti i diversi materiali. Il pezzo di carta può inoltre rappresentare qualche altra cosa, distaccandosi dal proprio significato originario e acquistando la qualità di un’unità a sé stante. Il papier collé è inoltre un grande aiuto dell’espressione spaziale, perché arricchisce il geometrico gioco dei piani introducendo superfici nitidamente differenziate.
In questo stesso periodo si sviluppa il ‘cubismo sintetico’, nel quale i pittori vogliono ricostituire l’unità dell’oggetto spezzata dal cubismo analitico. Picasso decide di fissare gli attributi essenziali di un oggetto in un’immagine a priori, spogliando l’oggetto di ogni particolare accidentale. Il colore può di conseguenza diventare indipendente dall’oggetto, perché è solo un attributo variabile.
Nel 1917 Picasso cambia ancora stile. Si reca a Roma per preparare le scene e i costumi del balletto Parade e viene a contatto diretto con la cultura classica, quella del Rinascimento e con le maschere della commedia dell’arte. La tendenza comune in Europa in questo periodo è quella di ricomporre le lacerazioni dopo la guerra, ritrovando nell’armonia l’ordine perduto. Anche Picasso, quindi, sente il bisogno di riconquistare la costruttività della tradizione, ma ciò non significa che egli contraddica se stesso ed il proprio modo di creare. In lui la sintesi (ovvero la comprensione della realtà attraverso l’intelletto) resta, insieme al vigore della linea, caratteristica costante della sua opera. Il Ritratto di Olga, ad esempio, non è realistico, ma collocato in una dimensione ideale, perché del soggetto il pittore coglie l’assorta pensosità, non l’aspetto esteriore (il quale è isolato dal contesto reale). È importante dunque capire che in Picasso possono coesistere stili diversi, senza contraddizioni perché relativi ai diverso momenti spirituali dell’artista.
Dopo il 1912 non vi sono nuove ricerche dell’artista, il quale spazia da opere cubiste come Le tre danzatrici (dove è espressa una violenta carica emozionale attraverso le divergenze, le intersecazioni delle linee e le campiture dissonanti del colore) ad opere in cui esprime tenerezza, come in Il figlio Paolo in costume da Arlecchino.
L’opera che testimonia la partecipazione appassionata di Picasso alle sofferenze umane ed il suo furente giudizio morale sulla violenza sanguinaria è sicuramente Guernica. La tela è ispirata ad un terribile evento bellico: la distruzione dell’omonima cittadina basca nel 1937, durante la guerra civile spagnola, ad opera di aerei tedeschi alleati di Franco. Picasso si schiera dalla parte degli oppressi perché sostiene che gli artisti non devono restare indifferenti di fronte a tali barbarie. L’opera, tuttavia, non è una documentazione oggettiva del fatto, non si riferisce specificamente ad esso, niente ci indica che sia un bombardamento: il quadro rappresenta una protesta contro la violenza, contro tutte le guerre in generale. Come in un frontone greco, il fatto assume un significato universale; forse è per questo che in alto a sinistra appare il Minotauro, simbolo di bestialità; ci sono inoltre altri elementi simbolici, come il cavallo, l’uccello, la lampada, la spada spezzata. La forte drammaticità nasce dalle deformazioni dei corpi, dalle linee che si tagliano vicendevolmente, dall’alternarsi di campi bianchi, grigi, neri che accentuano la dinamica delle forme contorte e accavallate. I visi delle persone sono sconvolti, straziati, quasi impazziti a causa del dolore: esse sembrano quasi gridare il loro tormento e la loro paura.
La tela riassume i contenuti e gli strumenti linguistici sviluppati in tanti anni: dalla tematica del dramma umano all’esperienza cubista (visione simultanea degli occhi su un piano solo) che permette di giungere alla comprensione totale della realtà.

BRAQUE
Georges Braque (Argenteuil, Parigi, 1882 – Parigi 1963) è l’altro fondamentale artista, insieme a Picasso, che ‘crea’ il cubismo. I due, tra il 1911 ed il 1914 lavorano a stretto contatto, producendo opere che a prima vista non possono essere distinte (tanto che i due artisti si divertivano a firmare l’uno i quadri dell’altro). In realtà la due personalità sono molto differenti: Picasso è istintivo, appassionato, irruente, mentre Braque è calmo, riflessivo, moderato. Il primo produce affidandosi esclusivamente all’intuito, il secondo pone a fondamento della sua pittura lo studio: la sua ispirazione deve essere disciplinata dalla ragione per trovare il linguaggio adatto ad essere espressa.
Braque passa la prima giovinezza a Le Havre, osservando il lavoro di decoratore del padre, dal quale apprende l’importanza della tecnica.
Dopo un inizio impressionista, scopre la pittura fauve e vi aderisce; tuttavia il suo legame con il fauvismo è breve, in quanto il pittore ha bisogno di trovare qualcosa di più razionalmente organico. Ad esempio, ne I battelli pavesati i colori non gridano, ma si frantumano in macchie e si abbassano di tono interpretando poeticamente il soggetto.
Nel 1907 il pittore conosce le opere di Cézanne grazie alla mostra retrospettiva sull’artista organizzata a Parigi; in questo stesso anno egli vede anche Les demoiselles d’Avignon di Picasso.
Nel 1908 ha inizio l’esperienza parallela a Picasso.
Sempre in questo periodo Braque soggiorna per parecchi mesi a l’Estaque, nella Francia meridionale. Il pittore prende spunto da questo luogo per dipingere Case all’Estaque, nel quale rappresenta i volumi con forme geometriche, come fa lo stesso Picasso in Fabbrica a Horta de Ebro. Lo spazio prospettico non è più quello che risponde alle leggi dell’ottica naturale: il punto di fuga scompare, la linea dell’orizzonte esce dal limite superiore, i volumi si accavallano ciascuno con un proprio impianto prospettico, le loro facce si accostano secondo i rispettivi angoli di congiunzione (individuati dai colori bruni).
Anche Braque arriva al cubismo analitico. In questo senso, l’esempio più eclatante del pittore è certamente Il portoghese. L’opera rappresenta un musicista portoghese incontrato da Braque in un caffè di Marsiglia. Qui i volumi sono soltanto suggeriti ma possiamo comunque individuare l’immagine di un uomo che suona la chitarra.
Anche Braque intraprende la strada del collage e del papier collé per affermare la propria possibilità di esprimesi attraverso qualunque mezzo come richiamo alla realtà e come mezzo cromatico (per Braque il contrasto dei materiali ha la stessa importanza di quello coloristico). In Le Quotidien il pittore, oltre ai collages, inserisce anche brani dipinti a trompe-l’oeil, imitando il legno.
Nel 1914 il sodalizio con Picasso si interrompe e Braque parte per la guerra, dove viene gravemente ferito; solo nel 1917 può riprendere a dipingere. Per il pittore l’esperienza cubista resta fondamentale, come si può vedere in La musicista: in quest’opera Braque parte ancora dal cubismo sintetico, organizzando rigorosamente le forme in verticale, come assi piatte e sovrapposte colorate in modo vivace (a differenza della monocromia del passato), cui si aggiungono il papier collé e il trompe-l’oeil.
D’ora in poi il pittore recupera l’oggetto reale (o il suo frammento) e lo ‘ricrea’. Un esempio può essere Gli uccelli bianchi: pur nella bidimensionalità, essi sembrano muoversi nello spazio; sono uccelli chiaramente riconoscibili, ma al tempo stesso diversi da quelli reali perché creati con fantasia

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