Artisti vari

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Testo

PALLADIO

Architetto manierista (= assume la caratteristiche fondamentali dai tre grandi artisti del ‘500 e le riutilizza → i tre grandi sono Leonardo, Michelangelo e Raffaello).
E’ il primo grande innovatore in campo architettonico; si formò in un cantiere come muratore (quindi ereditò le tecniche di costruzione romane), poi divenne architetto e operò nel Veneto. Nelle sue opere fa coincidere architettura e funzionalità; tra esse vi sono:
- villa Rotonda: pianta originale, su ognuno dei 4 lati c’è un pronao e al centro una cupola
- villa Barbaro a Maser (Treviso)
- Basilica di Vicenza
- Teatro Olimpico (Vicenza): in esso Palladio si avvicina molto al tema dell’effimero servendosi di temi classici (statue in marmo e cavea semicircolare disposte in modo tale da creare una certa profondità)

CARAVAGGIO

• Realista → accetta la dura realtà dei fatti → esclude la ricerca del bello, ma punta sul vero → rinuncia all’invenzione ma sta ai fatti → il suo realismo è opposto al naturalismo (e all’idealismo di Carracci) e la sua ricerca della verità è opposta all’immaginazione → è opposto a Carracci che credeva e fondava le sue opere sull’immaginazione, sulla cultura e sul binomio natura-storia.
• Arte = attività morale ( non intellettiva ) → non si distacca dalla realtà per rappresentarla ma si immerge in essa e la vive → Caravaggio si immedesima nel dramma che raffigura
• Rifiuta il mondo poetico perché la poesia allontana dalla realtà
• Le sue prime opere furono influenzate dalla pittura fiamminga e lombardo-veneta (→ Lotto, Giorgione e Tiziano): “Riposo nella fuga in Egitto”,”Ritratti dei fanciulli”,”Crocefissone di S. Pietro “ e “Vocazione di S. Paolo”.
• La sua poetica è basata sul tema del fatto compiuto e incancellabile e sul tema della morte →con Caravaggio nasce la natura morta → il tempo e la vita che passano sono testimoniate nella natura decadente
• La morte per Caravaggio è la fine concreta di ciò che è materia (invece per Michelangelo era liberazione e sublimazione)
• Per lui Dio è in terra, tra i poveri e i dolenti → egli esalta la vera fede degli umili.
• Per Caravaggio il valore dell’arte è nel fervore del fare, nel modo con cui l’azione del dipingere realizza l’intenzione e l’impegno morale dell’artista → l’artista cerca di esprimere il flusso, il tormento e l’angoscia della sua interiorità.
• Opere sulla morte: ”Cestello di frutta” e “ Morte della Madonna”.

BERNINI

• Fu “Artista universale” (→ architetto, scultore, pittore, scenografo e autore di teatro)
• Per il Bernini ciò che l’immaginazione concepisce deve diventare subito realtà → ciò può avvenire solo attraverso la tecnica (dell’arte)
• Egli confida ciecamente nella tecnica e pensa che essa sia in grado di realizzare tutto ciò che si pensa o desidera, anche la felicità terrena e la salvezza spirituale
• Il Bernini oppone al Borromini la concezione della tecnica e del suo valore etico.
• Per lui la realtà è mistero, morte, nulla → solo nell’immaginazione c’è la vita
→ dietro alla sua immaginazione e alla sua frenesia di riempire tutti gli spazi vuoti c’è l’angoscia del vuoto.
• Elementi della sua formazione furono: virtuosismo del tardo manierismo, l’antico, i grandi maestri del ‘500 e il classicismo evocativo del Carracci
• Bernini imita perfettamente la natura solo per dimostrare che essa non è nulla che l’uomo non possa rifare → non la esalta ma ne distrugge il significato
• A lui interessa il naturalismo ellenistico che rappresenta le cose non come sono ma come appaiono → a Bernini interessa questo valore dell’immagine come apparenza, la sua mancanza di un significato reale e la sua possibilità di caricarsi di significati allegorici
• Per Bernini l’immaginazione annulla totalmente la realtà
Opere:
- “Apollo e Dafne”
- “David”
- San Pietro: - “ Baldacchino “ – “Cattedra ” – “ Colonnato”
- “Palazzo Barberini”
- “Fontana dei Fiumi” (→ egli fonde lo spazio di natura e lo spazio urbano)
- “Estasi si S. Teresa”
- progetto di ampliamento del Louvre

BORROMINI

• Scontro col Bernini sul piano della tecnica, dello stile e dell’immaginazione
• Immaginazione per il Borromini= arbitraria eccitazione fantastica senza fondamento nella storia (→ svaluta il Bernini). Essa è ricerca, tensione, rifiuto del mondo e volontà di trascenderlo
• Borromini è solo architetto
• Bernini si basa sulla tecnica e sull’invenzione; egli è sicuro di sé al contrario di Borromini sempre insicuro e insoddisfatto. Bernini è convinto di avere il dono della rivelazione divina, mentre Borromini prega ma è incerto della salvezza.
• Bernini mira alla massima espansione spaziale, sfrutta la luminosità e la prospettiva. Invece il Borromini mira alla massima contrazione spaziale, evita le masse, diminuisce la luminosità e sfrutta la prospettiva per ridurre lo spazio.
• Fu dipendente di Bernini nei lavori a Piazza S. Pietro e a Palazzo Barberini
• Borromini intaglia nervosamente le superfici, spezza le linee e insiste sull’ornato finissimo e capriccioso
• Egli evita i materiali nobili: usa quelli poveri ( mattone, stucco…) che diventano preziosi con il lavoro dell’artista
• Borromini non si preoccupa dell’aspetto rappresentativo, monumentale della città, ma si pone problemi ambientali e urbanistici.
• Egli evoca forme arcaiche, classiche, anomali o esotiche → con questo vuole porsi fuori dalla storia, vuole porre l’arte al di sopra del tempo, come espressione di una spiritualità che può essere di ogni uomo
• Per Borromini l’edificio non deve essere né una rappresentazione dello spazio, né la forma allegorica di concetti religiosi o politici: esso è invece un oggetto che l’artista costruisce con quel che di meglio ha in sé → è un fatto umano che accade nello spazio; non è la contemplazione dell’universale ma il particolare vissuto con intensità estrema.
→ Borromini concepisce la città come luogo della vita in cui l’esperienza religiosa
s’intreccia con la quotidianità (quindi la città non è l’immagine unitaria dei poteri umani e divini) → per questo fatto le sue idee architettoniche e urbanistiche ebbero più successo → esse interpretano ed esprimono l’aspirazione spirituale dell’individuo e della comunità
• Questo artista morì durante una crisi d’angoscia

GUARINO GUARINI

• Diede a Torino un tono monumentale (rompe l’unità del tracciato)
• Era un monaco teatino e studiò a Roma le opere del Bernini e del Borromini (di quest’ultimo può considerarsi il più sottile e geniale continuatore)
• L’idea di Bernini (l’immaginazione che si realizza) diventa nel Guarini l’idea che si realizza tramite una tecnica (→ in questo è molto simile al Borromini perché la sua tecnica è più ricerca che attuazione)
• Per Guarini è la forma architettonica che determina lo spazio, non viceversa
• Opere: - Chiesa di San Lorenzo
- Cappella della Sindone in Duomo
→ in esse si nota un ritmo serrato di curve (e le piante poligonali con intrecci di archi
sospesi). Guarini utilizza molto le ombre e accosta materiali preziosi a materiali umili come
il mattone (impreziosito dalla luce)
• Con lui nasce la tecnica di costruzione dello spazio
• Guarini è un filosofo, un architetto e un matematico
• La sua architettura è caratterizzata da un’estrema modernità nella composizione. Nelle cupole delle sue chiese i segmenti curvilinei si lanciano nello spazio vuoto, in un instante in cui Dio si manifesta nel pensiero e nell’opera dell’uomo
• →la TECNICA è l’occasione del manifestarsi della logica divina in quella umana. E poiché la legge della logica divina è il miracolo, l’architettura è miracolo logico e tecnico

TIEPOLO (GIOVAN BATTISTA)

• Nato a Venezia nel 1696; morto a Madrid nel 1770. Nelle sue prime opere l'uso di composizioni impostate sulle diagonali e i violenti contrasti chiaroscurali rivelano un'originale adesione all'arte del Piazzetta e a quella di Sebastiano Ricci. Una prima sintesi di queste esperienze appare già nella Madonna del Carmelo dove la grandiosità dell'impianto dimostra ormai in corso la riscoperta del Veronese, secondo una linea di ricerca e di sviluppo che conduce alla Gloria di santa Teresa (1720) a Venezia, di impianto scenografico e alla decorazione di palazzo Sandi a Venezia, di ricca impetuosità cromatica. Punto culminante di questo percorso è la decorazione (1726-1728) del Palazzo Arcivescovile di Udine, ove la drammaticità dell'azione e la grandiosità dell'impianto sono temperate dalla luminosità del colore e dalla grazia lievemente rococò delle forme. Della stessa epoca sono le tele raffiguranti episodi di Storia romana per Ca' Dolfin, con le quali il Tiepolo inaugurò un “genere” destinato a grande successo. La ricerca di spazio atmosferico iniziata a Udine venne ripresa negli affreschi eseguiti a Milano nel 1731 (Allegoria della Magnanimità e Storie di Scipione, in palazzo Dugnani- Casati) con esiti di alta luminosità e immediatezza, e non senza una certa teatralità. Seguì un periodo di crisi e di ripensamento, durante il quale l'artista si riaccostò al Piazzetta, recuperando in parte la tesa drammaticità di molte opere giovanili. Tale periodo appare tuttavia rapidamente superato con una più decisa e approfondita adesione all'opera del Veronese, che indirizzò Tiepolo verso un nuovo classicismo formale e un più maturo equilibrio compositivo (Storie di Ifigenia). In questi anni il Tiepolo realizzò alcune delle sue pale sacre di più alta religiosità e nello stesso tempo diede forma, nelle tele di soggetto profano, al suo ideale di opulenta e calma bellezza femminile. Su tali basi stilistiche riprese inoltre con rinnovata originalità il tema della decorazione di soffitti, giungendo a vertiginosi effetti di illusionismo spaziale. È questo il momento di maggior successo per il pittore, chiamato a decorare palazzi e ville venete. Tali esiti sono il frutto di un'ormai assoluta padronanza degli effetti spaziali e della meditata ripresa di motivi di Paolo Veronese, imitato talvolta anche in modo esplicito. Il fecondo periodo veneziano fu interrotto nel 1750 dal viaggio in Germania ove Tiepolo ebbe da Carlo Filippo l'incarico di decorare il nuovo palazzo. In esso Tiepolo realizzò forse il suo capolavoro, con una composizione allegorico-mitologica vasta e spettacolare, la cui enfasi è perfettamente temperata dalla chiarezza compositiva, dalla luminosità dei colori, dalla scioltezza della pennellata. Tornato a Venezia, venne nuovamente impegnato nella decorazione di ville e palazzi: la nuova freschezza e rapidità di tocco acquisite in Germania gli consentono effetti di una grazia frizzante e fantasiosa, in piena adesione al gusto rococò, come nella decorazione di villa Valmarana a Vicenza, con scene tratte da grandi poemi condotta in collaborazione col figlio Gian Domenico. Nel 1762, per esplicito ordine della Serenissima, l'artista partì, insieme con i figli, per la Spagna, ove Carlo III gli affidò la decorazione del Palazzo Reale di Madrid: gli affreschi della sala del Trono sono una complessa allegoria ricca di episodi e di simboli. Le ultime opere note sono improntate a una raccolta religiosità e condotte su toni argentei e bassi.
• Viene definito “maestro del colore” e insieme al Ricci, al Piazzetta e al Longhi è uno dei più importanti pittori veneziani del ‘700
• È inventivo, ironico, caricaturale, entusiasta per tutto ciò che è bello, luminoso, colorato e libero da ogni pregiudizio e nei suoi dipinti troviamo un segno grottesco

ARCHITETTURA VISIONARIA

• Boullee e Ledoux → teorici dell’architettura neoclassica → secondo loro l’antico non è un modello stilistico ma un esempio morale → l’arte è libera da pregiudizi religiosi e fondata sulla coscienza del diritto naturale e del dovere civile
• Essi sostengono il principio tipologico = ricerca dei contenuti inerenti alla forma dell’edificio come cosa in sé la cui funzione specifica s’inquadra in valori come la natura, la ragione, la società e la legge → la città non è più lo scenario del dramma della vita ma è una forma risultante dal coordinamento di diversi tipi edilizi ciascuno con la propria forma espressiva di un significato-funzione
• Poiché concepiscono l’architettura come definizione di oggetti edilizi, Boullee e Ledoux nn progettano più piante e sezioni ma entità volumetriche (solidi)
• Il tipo non è un modello ma uno schema che ha in sé le possibilità di varianti secondo le necessità contingenti
• Essi progettano edifici sferici: Ledoux → Casa delle guardie campestri; Boullee → Cenotafio di Newton. → tutti questi progetti non vengono realizzati anche per la difficoltà tecnica di realizzarli e la loro elevata maestosità

• Nell’Illuminismo viene rivalutata l’architettura gotica per il suo tecnicismo spiritualistico. L’architettura gotica si fonda sulla cattedrale però ha anche funzioni decorative. Storico e pioniere della riscoperta del Gotico (Neogotico) è Viollet-le-Duc → egli studiò approfondimenti gotici (sistemi costruttivi, concezione spazio e materia e metodi per il restauro). → il Gotico era più un linguaggio che uno stile
• Viollet-le-Duc restaurò dei monumenti → “restauro interpretativo”= basato sulla persuasione che il movimento fosse sempre una costruzione unitaria dalla quale bisognava togliere ciò che era fuori dalla logica dello schema→ risultati negativi. Esso fu anche ingegnere e utilizzò nuovi materiali come ferro e cemento che resero dinamica la --concezione statica ( movimenti come quelli gotici → grandi vuoti e archi tendenti all’alto ). Viollet-le-Duc rivalutò l’arte e i movimenti medievali e diede l’impulso all’architettura “degli ingegneri” tecnicamente più avanzata.

GERICAULT

→ diverge dal classicismo di David. Si ricollega a Michelangelo e Caravaggio, vive intensamente l'esperienza di Goya e apre il filone del realismo (che porterà all'Impressionismo).
I temi da lui preferiti sono: cavalli in corsa e in battaglia, soldati e combattimenti furiosi, teste di ghigliottinati e maschere di pazzi. Motivo dominante della sua poetica è l'energia, la spinta interiore, la furia che non si concreta in un'azione storica e definita. Motivi collaterali sono la follia e la morte che passano a Delacroix.
Opera:
- La zattera della medusa (1818) → fatta due anni dopo il naufragio e l'odissea dei superstiti di una barca francese → è un quadro di storia contemporanea costruita su un fatto di cronaca che aveva scosso l'opinione pubblica → il pittore si fa interprete del sentimento popolare.
A differenza dei quadri napoleonici qui non è più egoismo e gloria ma disperazione e morte, non più trionfo ma disastro.
Nel quadro tutta la realtà si rivela atroce nel lampo che illumina brutalmente un suo frammento. In esso c'è un groviglio di corpi non impegnati in un'azione, ma sofferenti della stessa angoscia (morti, moribondi e languenti).
Ci sono impulsi contrari: la marea, l'ondata e il vento che respingono il relitto; speranza e disperazione → vita e morte
Le figure sono quelle eroiche della classica pittura di storia → quella che viene sconvolta da un fato avverso è un'umanità grandiosa, storica, ideale → perché è più tragica la sua sconfitta.
Realismo, per Gericault, è la disfatta dell'ideale, l'inutilità e la negatività della storia, l'ostilità tra uomo e natura, l'incombere della morte negli atti della vita.
Il primo assunto del realismo è cogliere la vita nella sua contraddittorietà e nella sua precarietà. Il realismo non è imitazione della natura, ma rifiuto morale della concezione classico-cristiana dell'arte come catarsi.

DELACROIX

A causa della sua impetuosa genialità è riconosciuto guida dal Romanticismo artistico. E’ caratterizzato da uno storicismo procelloso, per cui i fatti del passato, anche remoto, è come se gli accadessero sotto gli occhi, e lui stesso vi partecipasse. Delacroix vuole essere, come lo definirà il suo grande amico Baudelaire, il pittore del proprio tempo; ma vivendo il presente rivive il passato, lo rende flagrante. Ha una sua ascendenza, formata dagli artisti più emotivi e drammatici: Michelangelo, Rubens, Goya. Poiché il passato è immobile, morto, se non lo si accende con il calore della passione, bisogna reinventarlo, animarlo, agitarlo. Per lui l’arte è genialità e passione. Egli si getta irruentemente nel mondo, ma come Ingres ha la preoccupazione per la nuova società nella quale l’artista non è più integrato come una componete necessaria e un modello di comportamento.
Per lui la storia non è esempio o guida dell’agire umano, ma è un dramma che è cominciato con l’umanità e dura nel presente. La storia contemporanea è lotta politica per la libertà

COURBET

→ dal 1847 afferma che l'arte deve essere solo realistica. → per lui realismo non significa imitare la natura ma affrontare di petto la realtà, prescindendo da qualsiasi pregiudizio estetico, morale e religioso.
Politicamente, Courbet è socialista e rivoluzionario, ma non pone l'arte al servizio dell'ideologia (come fa invece Daumier e Delacroix).
Per Courbet la realtà è un insieme di immagini afferrate dall'occhio → queste per avere un senso per la vita devono essere rifatte dall'uomo → quindi la realtà non è il modello ammirato dall'artista, ma è la sua materia prima.
Egli si ribella alla nuova tecnica industriale, che abbruttisce i lavoratori e non dà loro alcuna esperienza del reale.
→ per lui il lavoro dell'artista diventa il paradigma del vero lavoro umano → l'artista è un lavoratore che non ubbidisce all'iniziativa e non serve l'interesse di un padrone → è il lavoratore libero che raggiunge la libertà nella prassi del lavoro stesso.
→ il suo assunto ideologico non condiziona la pittura dall'esterno e non si realizza attraverso, ma nella pittura → quindi la pittura di Courbet è la cesura al di là della quale si apre una nuova problematica, che non consisterà più nel domandare che cosa l'artista faccia della realtà, ma che cosa faccia nella realtà (= circostanze storico e sociali più quelle naturali).
• Courbet è persuaso che la forza della pittura sta nella pittura e non nel soggetto → i capisaldi del realismo (1847) sono "Funerale a ornans" e "Lo spaccapietre" in cui più che rappresentare la realtà l'artista si immedesima in essa
• Nel 1857 rappresenta due ragazza di città che si riposano sotto gli alberi sulla riva della Senna ("Ragazze in riva alla Senna") → Courbet non idealizza né drammatizza la scena → le ragazze non sono in posa, sono pigre, pesanti, non belle e il paesaggio è solo un breve tratto di sponda, un prato con qualche albero
→ viene ripudiato tutto ciò che si riteneva a priori poetico (→ il bello, il grazioso, il sentimento della natura) → Corubet vuole vivere la realtà così com'è → per arrivarci elimina tutti gli schemi, i pregiudizi, le inclinazioni di gusto e le convenzioni → elimina la menzogna, l'illusione e la fantasia per arrivare alla verità
→ il suo realismo è principio morale, non estetico → è pura e semplice constatazione del vero
Nel quadro manca volutamente un centro, un asse ordinatore della visione → l'occhio è portato a spostarsi da un punto all'altro, cedendo al richiamo delle note di colore brillante, sparse nel quadro
→ tutto ha la stessa importanza, o non ne ha
→ la descrizione non è particolareggiata: la pittura è larga e di denso impasto e vi sono pochi colori dominanti
→ l'unità del piano di posa e la mancanza di un'architettura compositiva hanno due scopi: bloccare la fuga dello sguardo verso l'orizzonte e fare in modo che tutte le note coloristiche emergano contemporaneamente all'attenzione.
→ questa simultaneità di più note coloristiche, e il sovrapporsi dei loro significati sono le premesse necessarie all'unità della sensazione visiva degli anni successivi (Manet) pur non centrando nulla con essa.
Quindi Courbet fa OPERA DI ROTTURA: smantellando tutte le concezioni a priori della realtà, sostenendo la necessità dell'affronto diretto e impregiudicato del reale con tutte le sue contraddizioni, pone le premesse etiche fondamentali per Manet e gli impressionisti
→ Courbet supera la costruzione formale e unitaria dell'arte classica, la continuità melodica e la subordinazione di tutte le componenti della visione a un sentimento dominante
→ il quadro non dà un episodio o un aneddoto, ma un frammento di realtà → il paesaggio non vuole rappresentare la natura, ma un luogo qualsiasi → le figure sono viste come mere presenze fisiche, senza la pretesa di interpretare i sentimenti
→ il quadro non è la proiezione del reale, ma un pezzo di realtà
Gli impasti di Courbet sono spessi e pesanti, la materia pittorica è come una creta in cui l'artista plasma la cosa reale (questo non deve necessariamente piacere)
Courbet punta al realismo integrale, a un affronto diretto della realtà indipendentemente da ogni poetica precostituita.
→ è il superamento simultaneo del "classico" e del "romantico" in quanto poetiche volte a mediare, condizionare e orientare il rapporto dell'artista con la realtà
→ Courbet non nega l'importanza della storia, dei grandi maestri del passato, ma afferma che da essi non si eredita né una concezione del mondo, né un sistema di valori, né un'idea dell'arte, ma soltanto l'esperienza dell'affrontare la realtà e i suoi problemi con i soli mezzi della pittura
→ il problema che si poneva era quello di affrontare la realtà senza il loro sostegno, di liberare la sensazione visiva da ogni esperienza o nozione acquisita e da ogni atteggiamento preordinato che ne potesse pregiudicare l'immediatezza, e l'operazione pittorica da ogni regola o consuetudine tecnica che ne potesse compromettere la resa mediante i colori
→ così Courbet apre la strada all'Impressionismo.

DAUMIER

Disegnatore, illustratore, caricaturista politico, attaccava il sistema burocratico dello stato borghese, scultore e pittore. E’ stato il primo a fondare l’arte su interesse politico e a valersi della stampa come mezzo di comunicazione per diffondere l’arte (→ x lui la stampa è la tecnica con cui produrre immagini capaci di raggiungere e influenzare il pubblico).
Daumier inventa le sue immagini come immagini litografiche → comunicazione diretta e persuasiva.
Nella litografia si disegna con matite grasse sulla lastra su cui verrà premuta la carta, la pressione del torchio e la qualità della carta influiscono sulla qualità del disegno. Egli crea delle vignette caratterizzate dal fatto che non hanno parole o fumetti; l’immagine non è la rappresentazione o il racconto di un fatto, ma il giudizio che si dà di esso. In “Vogliamo Barabba” (1850) egli usa la pittura ad olio per ottenere un effetto simile alla litografia; è un monocromo. Le figure non hanno un ordine narrativo, ma c’è la rappresentazione simultanea di due situazioni: Pilato eccita la folla contro Cristo e la folla segue il cenno del potere. La deformazione delle figure è più morale che fisica perché vuol dare senso di disgusto per la facile manovrabilità della folla. Il bambino in braccio all’uomo è una “chiave” del quadro: la folla è incosciente e incapace come il bambino che, esortato dal padre, chiederà anch’egli la morte di Gesù. Per lui il popolo è quello che resiste e si ribella, mentre la folla cede al potere (è incosciente).
Daumier non rappresenta il fatto, ma ne esprime visivamente il significato morale: l’incolpevole malvagità della folla ubbidiente alla malvagità dei potenti.
Rapporto con gli impressionisti: per Daumier la volontà morale apre una nuova prospettiva alla conoscenza, per gli impressionisti la chiara conoscenza della realtà apre una nuova prospettiva morale.
Nel periodo neoclassico la critica d’arte era teorica, fondata sulla ragione; nel periodo romantico è letteraria. Il maggior critico d’arte e poeta del secolo è Baudelaire. Per lui il Romanticismo è “l’espressione più recente ed attuale del bello” e l’artista consiste in “una concezione conforme alla morale del secolo”. L’artista romantico ideale, per lui, è Delacroix poiché congiunge contingente ed eterno, caratteristico e bello. Guys è per lui il vero “pittore della vita moderna” per il suo dandysmo che gli faceva scegliere nella vita sociale ciò di più raro e significativo. Sempre per Baudelaire, opposto a Guys c’è Daumier, la cui arte ha come oggetto la società; e riesce a far nascere il bello perfino dai lati peggiori di questa società.

NEOCLASSICISMO

Il Neoclassicismo non è un riallacciarsi alle fonti della storia, al classico: è invece la coscienza dell’impossibilità del recupero del classico come storia ed è la malinconia, il senso del presente come vuoto.
L’antico è scienza (archeologia) oppure è l’ideale (filosofia). L’arte si mette sulla via della filosofia e, come tale, può essere un’estetica (Canova) o un’etica (David). Però l’archeologia, che assume l’arte come documento non può indicare veri modelli artistici.
Il Neoclassicismo dunque è antistoricistico (si diffonde in Europa e per questo mette in crisi tutte le identità nazionali) → però non è l’antistoricismo illuminato che riteneva assurdo prendere esempio dal passato perché meno progredito. → in quello neoclassico allo scetticismo succede l’idealismo storico, fondato sul pensiero del non-progresso storico (ripreso dal Romanticismo), del continuo processo dell’umanità verso la “caduta del presente”, cioè del positivismo, del materialismo e dell’industrialismo in ascesa.
Il passaggio dall’empirismo all’idealismo è anche il passaggio dal campo delle infinite possibilità a quelle della necessità → problema del dovere (imperativo categorico di Kant): come nell’ordine etico-politico l’individuo ha il dovere della libertà, così nell’ordine estetico l’artista ha il dovere dell’arte. Quindi l’artista deve fare solo l’arte e abbandona la tecnica (non lega più l’invenzione formale alla tecnica) → rinuncia all’invenzione e assimila il proprio processo mentale a quello della filosofia, alla pura speculazione.
I due centri maggiori dell’Europa neoclassica sono Roma e Parigi; i due massimi esponenti canova e David.
Con Canova il Neoclassicismo si pone come puro ideale estetico, al di sopra della storia. Col David si pone come assunzione del presente a valore di modello, uguagliato solo dalla storia di Roma repubblicana. → l’arte si pone in entrambi come sublimazione della storia.
Il Neoclassicismo europeo si pone come poetica del sublime contrapposto alla poetica del pittoresco, tipica dell'empirismo settecentesco e del rococò. Nel Neoclassicismo l’edificio diventa da monumento a espressione di funzione sociale → l’insieme delle funzioni coordinate è la città → l’ordinamento della città è il coordinamento delle sue funzioni. I tracciati urbani tendono a razionalizzarsi e a seguire schemi geometrici; le vie sono larghe e diritte, con ampi piazze rotonde o quadrangolari → l’architettura diventa urbanistica
• ‘700 → Neoclassicismo e Illuminismo → la ragione non è un entità astratta quindi deve dare ordine alla vita pratica e alla città come luogo e strumento della vita sociale → aumenta la complessità della città e s’inventano nuovi edifici (più funzionali)
• l’architettura neoclassica è tipologica (= le forme rispondono ad una funzione e ad una spazialità razionalmente calcolata) → in essa il modello classico rimane un punto di riferimento per i progetti (concreti ed attuali) ma non influenza il presente e la storia (→quindi viene rivalutata la classicità anche per i ritrovamenti di Ercolano e Pompei nel 1776).
• Si diffonde l’idea che la città deve avere un assetto e un aspetto razionali poiché non è più patrimonio del clero o dei nobili ma è lo strumento mediante il quale una società realizza ed esprime il proprio ideale di progresso → la tecnica di architetti e ingegneri deve essere al servizio della collettività per realizzare grandi opere pubbliche → i pittori preferiscono il ritratto, i quadri mitologici e quelli storici → i mobilieri e gli artigiani favoriscono il passaggio da artigianato ad industria
• Nel ‘700 in architettura si forma l’urbanistica = nuova scienza della città = scelta consapevole degli spazi → si vuole che la città abbia un’unità stilistica corrispondente all’ordine sociale → gli architetti visionari (o della rivoluzione) come Boullee e Ledoux anticipano tutto ciò
• Gli architetti visionari hanno il compito di trasformare le grandi città dell’impero napoleonico (→ strade larghe, edifici neoclassici adibiti a pubbliche funzioni…) e nei loro progetti gli spazi pubblici avrebbero dovuto prevalere su quelli privati ma con la restaurazione clericale monarchica e borghese si tornò all’importanza della proprietà privata (perlopiù per lo sfruttamento per lo sfruttamento speculativo della città)
• Ogni città europea ebbe una sua fase neoclassica → testimonia una volontà di riforma e di razionale adeguamento alle esigenze di una società in trasformazione.
Il Neoclassicismo è una poetica, non una stilistica → prescrive un certo atteggiamento morale nei confronti dell’arte e consente agli artisti una certa libertà.

PICASSO

• Cubista. Ammira Degas e Toulouse-Lautrec (per la sua critica sociale).
• Picasso esalta la nobiltà morale e la bellezza dei poveri
• Contrasto con Matisse: per Matisse la visione era fondata sul principio dell’armonia universale (principio fondamentale della natura), mentre per Picasso essa è fondata sulla contraddizione (principio fondamentale della storia) → per Matisse l’arte è contemplazione della natura, per Picasso è intervento nella realtà storica.
• Quindi per Picasso il quadro deve essere un’azione che si compie → l’arte è realtà e vita
• Egli s’interessa alla pittura e alla scultura negra (→ “Les demoiselles d’Avignon”) → di essa lo attrae la struttura plastica che esclude la distinzione tra forma e spazio → però non la imita.
• “Les demoiselles d’Avignon” è il gesto di rivolta che apre la rivoluzione del Cubismo.
• Picasso lavora accanto a Braque → per Picasso bisogna recuperare l’integrità formale della scultura negra, per Braque il punto di partenza è Cezanne
• Picasso con linee oblique e curve riporta sul piano ciò che si dà come profondità o risalto
• A Picasso interessa la plastica volumetrica degli oggetti, così conserva il chiaroscuro che plasma i volumi → ribalta più volte la prospettiva tradizionale
• Opere: “Tavola con coppa”, “I saltimbanchi”(1905), “Les demoiselles..”(1907), “Natura morta spagnola”(1912), “Guernica” (1937)
• 1937 → situazione politica spagnola difficile → lotta tra Francia e repubblicani (→ Picasso sostiene quest’ultimi) → “Guernica” → rappresenta un fatto storico → è un fatto storico → è l’intervento della cultura nella politica → Picasso non denuncia un misfatto ma lo rappresenta costringendo il mondo a reagire. Nel quadro non c’è colore (solo nero, bianco e grigio) ma c’è la morte in atto → il pittore è dentro il fatto e tra le vittime

DUCHAMP

Appartiene al dadaismo (→ nell’opera d’arte deve sostituirsi il puro atto estetico).
Duchamp polemizza la staticità cubista e il dinamismo futurista → studia il movimento
Sostiene che l’arte non è il processo con cui si realizza l’attività estetica
Egli rifiuta di vedere nella tecnologia industriale una rivoluzione destinata a mutare il mondo.
Imprime nei suoi quadri elementi simbolici → si muove controcorrente unendo tutte le tecniche umane (alchimia, linguaggio…) e svelando le censure della società moderna.
Assume fin dal principio una posizione critica nei confronti del “Cartesianesimo cubista” accostandosi al dinamismo dei futuristi. Il dualismo di oggetto e spazio non si risolve con un’operazione dialettica, che è ancora l’introduzione di una struttura logica a priori nel contesto della realtà. Si risolve nella realtà fisica del movimento. Spazio ed oggetto non sono due entità definite ed immobili che si mettono in movimento quando si pongono in relazione tra loro: sono due sistemi in movimento relativo, e ciò che vediamo non è una forma già immobile e poi scomposta e poi ricomposta da un ritmo di moto, ma è la forma stessa del moto. Rilevante è la coincidenza cronologica della ricerca figurativa di Duchamp con la ricerca scientifica di Einstein sulla relatività dei moti. La fase cubista di Duchamp è presto superata; accanto alla tendenza a sviluppare l’analitica cubista in senso dinamico, v’è la ricerca opposta, che mira a istituire una nuova legge strutturale, sostanzialmente altrettanto “canonica” che la teoria classica della prospettiva e delle proporzioni.

PAUL CèZANNE

La pittura di Cézanne conclude la parabola dell'Impressionismo e forma il ceppo da cui nascono le grandi correnti della 1^ metà del ‘900.Era di famiglia benestante che gli permise di vivere isolato in Provenza dove si concentrò esclusivamente sul suo lavoro. Non aspirava a creare grandi capolavori, lo compensava il fatto di cogliere le piccole verità e proprio su qst punto concepì la sua pittura: ricerca della verità raggiungibile attraverso il dipingere.
La sua pittura non è basata su grandi maestri, ma si fonda sulle opere dei pittori del passato (italiani e spagnoli) e moderni/Delacroix; Courbet, Daumier).
Presentò i suoi lavori alla 1ì mostra degli impressionisti, ma egli mostrò scarso interesse x il loro programma innovatore, forse x le influenze di Zola e della pittura romantica ancora forti in lui. Quindi si può dire che non accetta la pittura puramente visiva. Nella sua pittura nulla è invenzione, tutto è ricerca. Questi suoi principi fanno capire che il rinnovamento doveva essere ben altro che rivolta contro il gusto accademico: l’IMPRESSIONISMO poteva essere risolto a formare una nuova immagine del mondo che però non doveva essere cercata nella realtà esterna, ma nella coscienzanla pittura era una sorta d’indagine delle strutture della essere, una sorta di filosofia.
L’operazione pittorica non riproduce, produce una sensazione, non come dato, ma come pensiero, coscienza in atto.
SENSAZIONE+PENSIERO=PITTURA
La casa dell'impiccato(1873) è una delle prime opere impressioniste di C. Nel quadro di Cèzanne la composizione è costipata, i colori opachi. Non è x raggiungere una maggiore cura descrittiva: la sensazione rimane sensazione. La pianura si incastra tra la casa e il poggio , persino il cielo non sfonda, si salda sul crinale della collina. La profondità è data dai viottoli, ma la profondità non fa distanza o sfuma tutto si avvicina si addensa. Il colore è arido, aggrumato come un intonaco e la luce impastata in esso si fa materia, non ha trasparenze e splendore.
La profondità dunque non è nel vuoto delle cose, ma dentro la materia del colore. Per esempio, della casa non vediamo che una parete investita dalla luce che fa crosta, ma basta il cuneo d’ombra a far sentire il volume.

Più tardi C. assottiglierà l’impasto, dipingerà a velature trasparenti e arriverà a servirsi dell'acquarello. Scompone le forme in tanti tasselli colorati. Lo spazio non è + una costruzione prospettica a priori, è una risultante, è diversa a seconda del mutare delle apparenze.

Il pittore non rappresenta la realtà com’è, né come la vediamo sotto la spinta dei sentimenti, ma la realtà nella coscienza o l’equilibrio che si è raggiunto tra l’uomo e il mondo.

Giocatori di carte(1890-’92) E’ l’unico quadro dell'autore che tratta dei problemi sociali del tempo; motivo forse che avrebbero potuto trattare Daumier, Courbet, Millet o Van Gogh(1°periodo): con accenti diversi, ma con la stessa attenzione di Cèzanne x mostrare la serietà dei 2 contadini nel giocare a carte, lo stesso impegno come se stessero lavorando. Il pittore ha espresso il rapporto psicologico tra i 2 giocatori: l’uno intento, l’altro in attesa.
Non c’è la ricerca di espressione psicologica. La fissità del giocatore in attesa è data dalla forma cilindrica del cappello e della manica, dalla retta dello schienale della seggiola, dal segno bianco sulla pipa e del colletto, persino la tovaglia rossastra cade a piombo dalla sua parte. L’attenzione dell'altro giocatore è resa dai colori + chiari della giacca, del cappello, del volto, dall’andamento rigido. L’asse del quadro è il riflesso bianco sulla bottiglia, l’asse non cade perfettamente nel centro, così la composizione è asimmetrica: il giocatore con la pipa si vede x intero e dietro si vede il vuoto, l’altro è tagliato dal bordo del quadro. Il colore non è + tinta connessa alle cose, ma la sostanza dello spazio pittorico. Ogni oggetto ha più colori dati con pennellate oblique che sembrano spingersi l’una contro l’altra fino al limite dove una altra forma colorata la blocca.
Montagna Sainte-Victoire(1904-06) Il quadro fornisce una sensazione fresca, immediata, definitiva, gli azzurri e i grigi del cielo invadono la montagna; i verdi del prato le nuvole. La frequenza delle pennellate, come tasselli, scompone l’immagine in una sfaccettatura di prismi. La luce non raggiunge note alte, ma evidenzia il dinamismo, in particolare quello della coscienza che consente di identificarsi nella realtà.

MANET

Fu il precursore dell’impressionismo: egli sviluppò in senso visivo la tendenza realista allontanandosi però dall’integralismo di Courbet e richiamando i pittori moderni all’esperienza di maestri del passato molto lontani dal classicismo accademico come Rubens.
Manet (→ il lui c’è ansia di libertà) rifiuta lo scontro brutale con la realtà, proponendosi invece di liberare la percezione da ogni pregiudizio o convenzionalità per manifestarla nella sua pienezza di atto conoscitivo.
Poi il ritorno a una scelta di valori (esclusi da Courbet) lo allontanò dalle rivoluzioni e lo avvicinò a letterati e poeti (→ Baudelaire e Mallarmè, simbolisti attorno ai quali si formano i Cafè). Infine dal 1870 si accostò sempre più all’Impressionismo eliminando il chiaroscuro e i toni intermedi e risolvendo i rapporti tonali in rapporti cromatici.
Manet non vede le figure dentro, ma con l’ambiente → per lui nella sensazione visiva non c’è distinzione tra le cose e lo spazio come tra contenuto e contenente. La sensazione è un’esperienza autentica e non è un dato, ma uno stato della coscienza → la coscienza poi si realizza nell’esperienza che si fa, quindi nell’esistenza stessa.
→ Manet accosta timbri di colore (anche opposti) senza graduali chiaroscuri → per lui dipingere è il momento primo della visione → questo non deve più essere giustificato dall’intelletto.

BOCCIONI(Futurista)

Boccioni si preoccupa di precisare la posizione del dinamismo plastico e sintetico del Futurismo in rapporto al Cubismo ed ai suoi precedenti storici e mira a legittimare o giustificare storicamente il Futurismo.
Per uscire dal tradizionale provincialismo secondo lui la cultura italiana deve allinearsi all’europea: deve cioè far propria l’esperienza del Romanticismo, dell’Impressionismo, del Cubismo e, nello stesso tempo, superarle criticamente.
Boccioni si rende conto che la soluzione dialettica proposta dal Cubismo è ancora razionalistica e, in ultima analisi, classica. Indipendentemente dai francesi arriva a individuare nel movimento fisico il fattore coesivo che permette la fusione di oggetto e spazio. L’unità del reale non deve darsi nel pensiero ma nella sensazione fortemente emotiva della realtà: l’azione dell’artista deve dunque applicarsi alla realtà, intensificarne il dinamismo, renderla più emozionante. Lo stesso Boccioni, negli ultimi tempi della sua vita si rende conto che l’estremismo futurista si risolveva in un limite. Nelle sue ultime opere, infatti, non più futuriste, cerca di trovare una sintesi di Impressionismo ed Espressionismo, ma chiaramente individuando in Cezanne la sorgente di tutte le ricerche avanzate e così preparando l’arte italiana a quell’unità europea che, sperava, doveva uscire dalla crisi della guerra.
→ per lui l'emotività immediata e traumatica è la condizione prima dell'arte→è impossibile il movimento e il tema della figura umana(muscoli, ossa, sdoppiamento immagini..)→ la forma deve sintetizzare l'anatomia del corpo e dello spazio.
Opera: "Forme uniche nella continuità dello spazio", "Antigrazioso"

DE CHIRICO(Metafisica)

De Chirico fu nel 1925, un forte punto di appoggio del Surrealismo, rimane in Italia estraneo ed avverso al Futurismocome, in Francia, alCubismo. Nemico di ogni idea di progresso e di ogni implicazione ideologica . L’umanesimo italiano non è la rinascita del naturalismo e dello storicismo classico , ma il suo trapasso in una dimensione metafisics aspaziale e atemporale, il suo distacco dalla vita, il suo situarsi per sempre nel dominio della morte. Importante è che De Chirico apre la via al Surrealismo, la corrente che sposta decisamente la collocazione psicologica dell’arte dalla sfera della coscienza a quella dell’inconscio. L’arte, insomma, non vuole aver niente a che fare con il mondo presente, non battersi per nessuna causa, non sposare alcuna ideologia , vuol essere soltanto se stessa, anche se la sua manifesta assenza darà a un mondo fin troppo vivo un senso di morte. De Chirico non si oppone al Futurismo per paura del nuovo, ma per paura di una diversa poetica, che potrebbe chiamarsi della “negatività”. Colloca forma senza sostanza vitale in uno spazio vuoto e inabitabile inun tempo immobile. Molto prima dei dadaisti De Chirico ha sentito e denunciato l’incongruità dell’arte nella civiltà moderna. Per De Chirico l’arte non rappresente né interpreta né muta la reaòtà : si pone come un’altra realtà, metafisica e metastorica.
→"Ettore e Andromaca", "Le muse inquietanti"→lo spazio si confonde con le cose e il principio logico si ribalta in quello dell'assurdo. I colori sono caldi e profondi, la luce intensa ed immobile → ogni cosa esiste in una condizione di irrelatività e impossibilità→ c'è capovolgimento della realtà nella non-realtà →la pitttura è speculazione sulla nullità dell'essere.

MAX ERNST(SURREALISTA)

Porta afondo la critica della forma come rappresentazione, dello stile come criterio unitario di interpretazione della realtà, della tednica come procedimento operatvo dipendente dallo stile.
→continua la critica dela forma come rappresentazione.
Nel campo tecnico utilizza la pittura tradizionale, il collage e il frottage(consiste nello strofinare una matita morbida su una carta sovrapposta ad una superficie ruvida o con lievi risaltisi determina così un processo incentivo dell’immaginazione, che va al di là della pura trascrizione automatico dell’immaginato).→in lui non è il sogno che crea l'immagine ma l'inverso→l'artista sogna dipingendo non sogna il segreto. Ernst mette a nudo la società del suo tempo. La cutlura di Ernst ha un’origine romantica. Spesso la sua opera è un montaggio di deteriti della cultura borghese, il cui “razionalismo”è così effimero e corruttibile da tramutarsi vin facile simbolismo.

DALI'(surrealista)

→porta nella visione onirica e piena d'implicazioni sessuali un suo delirio di grandezza, un ampollosa rettorica spagnolesca e neo-barocca, una mescolanza di lubrido e sacro.

Esempio