i martiri cristiani del xx secolo

Materie:Riassunto
Categoria:Sociologia

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Testo

Martiri cristiani del XX secolo - I
Le persecuzioni del comunismo sovietico e del nazismo.
C'erano una volta i martiri cristiani, uccisi in odio della fede. C'erano una volta e ci sono ancora, anzi non sono mai stati tanto numerosi come negli ultimi decenni; tra le grandi verità taciute dai libri di testo scolastici, dai mass media, dai giornali vi è infatti quella relativa alla persecuzione contro i cristiani nel secolo XX, che va dall'anno 1900 all'anno 2000 appena trascorso. Persecuzione che purtroppo vi è ancora agli inizi di questo millennio. Ma andiamo con ordine. Tutti conoscono le persecuzioni subite dalla Chiesa nei primi tre secoli dopo Cristo, durante le quali diedero la vita per la loro fede in Cristo 7.700 martiri, ma pochi sanno dei 45 milioni e mezzo di martiri cristiani uccisi dai totalitarismi nel solo secolo XX. Alcuni libri o articoli in riviste specializzate, negli ultimi anni, hanno cercato di squarciare il velo di omertà su quest’immane carneficina. La più grande e sanguinaria persecuzione contro la cristianità è causata dal comunismo, le cui radici vanno ricercate sia nei dogmi atei e materialisti dei rivoluzionari francesi (il primo genocidio della storia moderna, quello contro la Vandea cristiana, è opera loro). L'occasione propizia per scatenare apertamente la persecuzione si presentò negli anni 1921-1922 quando una terribile carestia (provocata dallo stesso comunismo, che invece ne incolpò la Chiesa) si abbatté sulla Russia e sull'Ucraina. Lenin procedette allora alla confisca di tutti i beni appartenenti ad ogni confessione religiosa. Le chiese e le cappelle cattoliche, che erano più di 5000, furono ridotte a due. I sacerdoti furono internati in campi di concentramento (antesignani dei Lager tedeschi), che in seguito verranno moltiplicati da Stalin. Questi campi fecero dell'Unione Sovietica il più grande campo di concentramento mai esistito nella storia dell'umanità: al loro interno morirono decine di milioni di uomini, donne e bambini, colpevoli solo di non rinunciare alla loro fede cristiana o di non condividere l'ideologia collettivista e atea del comunismo. L'ideologia anti-religiosa propria della rivoluzione comunista portò non solo alla confisca di beni ecclesiastici e allo sterminio di vescovi e sacerdoti, ma soprattutto alla diffusione dell'ateismo tra il popolo e tra i ragazzi delle scuole. E' difficile stabilire con precisione quanti furono i martiri cristiani sotto Lenin; sappiamo solo che Lenin scrisse a Molotov che egli «voleva essere informato ogni giorno del numero dei preti giustiziati». Dopo Lenin prese il potere Stalin, sotto il quale la propaganda antireligiosa e la strage di vite umane si moltiplicarono d'intensità e di numero. Negli anni 1932 - 1933 il despota georgiano giunse al punto di eliminare la quasi totalità dei contadini russi ed ucraini perché possessori di un pezzo di terra; conseguenza naturale fu la più tremenda crisi alimentare mai attraversata in quello Stato. Russia e Ucraina furono così ridotte ad un immenso Lager d’affamati nel quale morirono dai sei agli undici milioni di persone. La gente giunse a cibarsi di topi e di cortecce d'albero e si ebbero casi di cannibalismo. I crimini dello stalinismo furono svelati all'umanità al ventesimo congresso del Partito Comunista Sovietico, nel 1956: le vittime di Stalin avevano superato i venti milioni. Fu proprio Krusciov a scatenare la più violenta persecuzione contro la religione, che fu colpita da numerose leggi a hoc, in cui si giunse perfino ad ottenere che i figli denunciassero i loro genitori per aver pregato segretamente nella propria casa. Si moltiplicarono le pubblicazioni anti-religiose e le poche chiese rimaste furono trasformate in depositi o addirittura ridotte a strumenti di propaganda atea, come la celebre Basilica della Madonna di Kazan, trasformata in Museo dell'ateismo, che doveva essere obbligatoriamente visitato dagli alunni delle scuole. Vittime di questa lotta antireligiosa furono quei cristiani ortodossi che non vollero collaborare con il Regime, come il santo arcivescovo Ermogen di Kaluga, il cui esempio incoraggiò molti laici ortodossi e cattolici a denunciare pubblicamente la persecuzione e l'asservimento a cui il potere comunista aveva ridotto la Chiesa. La storia ha dimostrato che la grande epurazione razziale voluta da Adolf Hitler fu in realtà una grande persecuzione religiosa. Il dittatore tedesco affermò in più di un'occasione: «E' una questione decisiva, non è possibile essere cristiani e tedeschi insieme: o si è l'uno o si è l'altro!» Tra il 1933 e il 1936 il pontefice Pio XI inviò ben 34 lettere di protesta al governo del Reich finchè, vedendosi inascoltato, pubblicò il 14 marzo 1937 la grande Enciclica contro il nazismo, Mit brennender Sorge, che iniziava con queste parole: «Con cocente preoccupazione e crescente sgomento osserviamo il doloroso cammino della Chiesa... Chi pone la razza o il popolo o lo stato sopra di tutto, anche dei valori religiosi, e li adora idolatricamente, deforma ed inverte l'ordine delle cose create e volute da Dio». Insieme al Papa insorsero contro il nazismo, i vescovi tedeschi. Nelle sue prediche domenicali egli denunciò sistematicamente come antiumano ed anticristiano il programma eugenetico di Hitler, diretto ad eliminare tutti gli infermi inguaribili o i minorati mentali. Intanto in Germania e nei Paesi occupati cominciarono a sorgere i campi di concentramento (Lager), dove in pochi anni troveranno martirio e morte milioni di innocenti, tra cui un innumerevole parte di cristiani. Già negli anni 1940-41, nel solo campo di Dachau, erano concentrati diverse migliaia di sacerdoti cattolici, quasi tutti uccisi nel campo o durante i cosiddetti «trasporti invalidi in altri campi», durante i quali venivano segretamente eliminati. Nella spedizione del 31 ottobre 1941 partirono da Kostantinow più di 2.800 sacerdoti, ma a Dachau ne arrivarono solo 130: tutti gli altri erano stati eliminati durante il viaggio. All'interno dei campi nazisti la peggiore crudeltà era diretta contro le persone religiose, sia cristiane che ebree; a riguardo va rimarcato che il famigerato dottor Schilling aveva organizzato un «centro sperimentale contro la malaria», usando come cavie i sacerdoti, specialmente se polacchi, contro i quali nutriva un odio particolare. Per le guardie dei Lager, «prete e cane» erano sinonimi. I sacerdoti erano sottoposti a lavori pesantissimi ed inutili e spesso, morivano per infarto cardiaco. La Polonia fu il tragico simbolo, ad ondate successive, sia della persecuzione nazista che di quella comunista. Nel 1939, in seguito al Patto Molotov-Ribbentropp, il suolo polacco fu invaso da Ovest dalle truppe naziste e da Est da quelle comuniste; il totalitarismo vi rimase fino al 1989 quando, in seguito alla rivolta popolare del sindacato cattolico Solidarnosc, il regime comunista cominciò a crollare. Secondo calcoli attendibili, 3650 preti e religiosi polacchi finirono nei campi di concentramento nazisti, specialmente in quelli di Dachau e di Auschwitz e di essi più di tre quarti vi morirono per stenti, o vi furono uccisi. Nel campo di Auschwitz i nazisti concentrarono gli ebrei catturati in tutte le nazioni occupate dal Reich e ne fecero una strage immane, eliminandone nelle camere a gas dai quattro ai sei milioni. Fu un vero genocidio. Ad Auschwitz furono uccisi anche più di tre milioni di cattolici polacchi, in gran parte proprio perché cattolici e, fra questi, un quinto di tutti i preti di Polonia. L'olocausto ci fu dunque sia per gli ebrei che per i cristiani.
Circa la persecuzione comunista va detto che già nel 1939 più di mezzo milione di cattolici polacchi erano stati deportati in Siberia e di essi nessuno ha mai più saputo quale fine essi abbiano fatto. Nel 1945, alla fine della guerra, i sovietici invasero nuovamente la Polonia, imponendole il cosiddetto «governo provvisorio» comunista che, oltre a derubarla di quasi tutta la produzione agricola, impose al popolo l'ateismo marxista. Tra gli anni 1945 e 1947 un centinaio di sacerdoti, tra i più attivi in campo religioso e sociale, scomparvero misteriosamente e, molto probabilmente, morirono martiri. Sull'esempio del nazismo, anche il comunismo scatenò una dura repressione legale contro la Chiesa, confiscando le proprietà, le scuole e le opere di carità, trasformandole in Organizzazioni anticristiane. Poi si passò all'arresto dei vescovi che si opponevano al comunismo: nel 1953, in particolare, fu arrestato il cardinale Stefan Wyszynski, insieme a molti vescovi e 900 sacerdoti. Nel 1955 furono incarcerati più di 2000 tra preti e laici che si opponevano all'ateismo di stato. La polizia comunista arrivò all'assurdo trafugando l'icona della Madonna nera di Czestochowa (assurta a simbolo della fede cattolica polacca), per sottrarla alla venerazione dei fedeli!
Quando negli anni '80 il movimento cattolico anticomunista Solidarnosc, forte di 10 milioni di sostenitori, scese nelle piazze in difesa della libertà sociale e religiosa della Polonia, la Madonna Nera era già stata «liberata» dal popolo. E fu proprio in questo clima di fervore e di tensione che l'ateismo comunista «donò» alla Chiesa l'ultimo martire polacco: il sacerdote Jerzy Popieluszko. Nel 1989, grazie proprio alla spinta decisiva di Solidarnosc (supportata da Giovanni Paolo II il Grande), il comunismo sovietico sarebbe crollato come un albero marcio, prima in Polonia e poi negli altri stati del blocco sovietico, anche se le sue radici atee e violente sono rimaste qua e là e affliggono tuttora intere nazioni (Cina, Corea del Nord, Cuba, Vietnam) ove proliferano dittatura, persecuzione, miseria.
Il comunismo sovietico non si limitò a perseguitare i cristiani in patria, ma propagò a tutti gli stati assoggettati all'impero di Mosca il suo livore anti-religioso. A partire dalla Lituania, popolata in gran parte da cattolici, le cui scuole religiose vennero confiscate, l'insegnamento della religione dichiarato «attività anti-sovietica» e perseguito con l'arresto e la deportazione. Le festività religiose furono abolite e i libri religiosi sequestrati e distrutti. La persecuzione colpì duramente e i cattolici lituani scrissero al Papa, nel 1947, la seguente missiva: «Nel solo mese di giugno del 1941 i sovietici hanno arrestato 40.000 lituani: uomini, donne, vecchi e bambini; li hanno caricati su carri bestiame e li hanno deportati in Siberia. Con i nostri occhi abbiamo visto i corpi di chi non riusciva a sopravvivere agli stenti, gettati ai bordi delle strade». Si calcola che, su una popolazione di quasi 4 milioni di abitanti, un milione e mezzo di lituani sia «sparito» nei Gulag comunisti della Siberia. Analogo «trattamento» fu riservato ai cristiani in Romania, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria, Germania Est, Albania, Jugoslavia. In tutti questi Paesi i comunisti, una volta impossessatisi del potere, perseguitarono sistematicamente le Chiese, in particolare quella cattolica: tutte le Chiese, le scuole e gli ospedali cattolici venivano confiscati; gli Ordini religiosi dichiarati fuori legge; moltissimi cristiani, specialmente sacerdoti, arrestati, torturati fino alla morte, senza lasciare traccia di sé.
Particolarmente atroce fu la persecuzione in Romania, nelle cui carceri il regime comunista sperimentava metodi di tortura bestiali, specialmente sui giovani studenti cattolici e sui seminaristi rinchiusi in prigione per la loro fede. Nel carcere di Potesti, 130 km ad Ovest di Bucarest, i ragazzi venivano percossi a sangue, poi costretti a pulire i pavimenti imbrattati di sangue e di sporcizia con uno straccio tenuto tra i denti; il cibo era loro servito nello stesso vaso usato per defecare. Chi vomitava era costretto a ingurgitare il proprio vomito. I giovani erano spesso privati del sonno: chi si addormentava veniva svegliato a colpi di tubo di gomma assestati sulle piante dei piedi e, per punizione, veniva costretto a camminare per ore ed ore nel cortile del carcere senza potersi fermare un istante. Questa tortura giungeva quasi sempre a togliere la conoscenza e in qualche caso portava alla morte. Alto il tributo di sangue pagato anche dalla Cecoslovacchia, di cui si ricordano in particolare i 7000 sacerdoti internati nei campi di lavoro forzato e la splendida figura di Suora Zdenka Schelingova. Sorpresa ad aiutare la fuga dall'ospedale di Bratislava di un sacerdote che doveva essere deportato in Siberia, fu condannata a 16 anni e rinchiusa nel carcere di Praga, dove subì quotidianamente torture disumane: appesa a testa in giù e picchiata per ore ed ore. Ridotta così in fin di vita, morì tre mesi dopo il rilascio. Dal 1968, dopo la cosiddetta «Primavera di Praga» soffocata nel sangue dai carri armati russi, la persecuzione comunista riprese più violenta. Si tentò l'eliminazione totale dei vescovi, mediante uccisione, imprigionamento o deportazione in Siberia. Migliaia di martiri si contano anche in Bulgaria, tra i quali si distingue la nobile figura del vescovo di Russe, il beato mons. Eugenio Bossilkov, giustiziato dopo inumane torture nel 1952. Crollato il comunismo si tracciò il bilancio dell'immane persecuzione: quasi tutti i vescovi albanesi uccisi tra torture dolorosissime; su un totale di 256 preti ne erano rimasti solo 27, mentre decine di migliaia di cristiani risultavano uccisi.

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