storia delle eruzioni

Materie:Appunti
Categoria:Scienze
Download:121
Data:23.05.2006
Numero di pagine:10
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
storia-eruzioni_1.zip (Dimensione: 27.13 Kb)
trucheck.it_storia-delle-eruzioni.doc     59.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Storia delle Eruzioni
Guarda i video delle ultime eruzioni
Antiche Moderne Recenti

Eruzioni antiche
Gli antichi conoscevano già la natura vulcanica dell'Etna, che fu indicata come fucina di Vulcano e dei Ciclopi, o come la colonna del cielo, sotto cui giaceva il gigante Encelado o Tifone, che, torcendosi, faceva tremare il suolo. Pindaro ed Eschilo descrivono in modo meraviglioso l'eruzione del 475 a.C.
Nell'epoca storica sono state segnalate circa 135 eruzioni dell'Etna, delle quali soltanto 21 prima dell'era volgare. Questo scarso numero fa ritenere che siano state ricordate solo quelle che più impressionarono gli antichi scrittori. Solo da alcuni anni vengono infatti registrati giornalmente i fenomeni dell'Etna, mentre prima sfuggivano molte delle manifestazioni intercrateriche che nello studio generale dei fenomeni vulcanici sono molto importanti.
Fra le antiche eruzioni, una delle più importanti fu quella del 396 a.C. che arrivò sino al mare. Più imponente fra tutte le eruzioni del medioevo, fu quella iniziata nella valle del Bove nel 1329 continuata con nuovi crateri (Monte Rosso) che emisero una triplice colata, che arrivò con due rami nel mare di fronte ad Acireale e la terza giunse a minacciare il territorio di Catania, che fu poi invaso dalla colata del 1381, nella quale la lava raggiunse il mare.
Indice Antiche Moderne Recenti

Eruzioni moderne
La più famosa tra le eruzioni moderne fu quella del 1669, esattamente 500 anni dopo quella medievale. Preceduta da terremoti locali, l'11 marzo si aprì uno squarcio, che da Nicolosi (689 mt.) si estendeva fin quasi al cratere centrale (al tempo alto circa 2800 mt.). Nella parte inferiore si aprì una bocca effusiva, con diverse bocche esplosive, i cui materiali costruirono diverse colline, tra cui giganteggiano i monti Rossi. Ai piedi di esse, sgorgò un immenso torrente di lava fluida che raggiunse Catania, distruggendola in parte, e avanzò nel mare per 6-7000 mt.
Nel secolo XVIII si contarono 16 eruzioni e 19 nel secolo XIX, tra le quali: quella del 1811, che formò molte bocche tra le quali quella di M.Simone nella valle del bove; quella del 1843, nota anche perchè la lava, raggiunto un terreno molto umido esplose violentemente e uccise molti curiosi; quella del 1852 che minacciò Zafferana; quella del 1865, il cui primo trabocco lavico molto fluido, investendo i pini ai piedi di M. Frumento, li circondò rivestendoli di un caratteristico astuccio (oggi, abbattuti i pini si osservano le bocche cilindriche, sormontate dagli avanzi degli astucci di lava); quella del 1879, che iniziò contemporaneamente sui versanti S e N; infine quelle del 1883 e 1886, la cui lava giunse sino a Nicolosi, e quella 1892 che formò 4 grandi crateri detti M. Silvestri.
Nell'Aprile 1908 si squarciò il fianco est del cono, alla sommità della valle del Bove, ma i fenomeni effusivi durarono solo 8 ore. Nel marzo del 1910 si formò un grande squarcio lungo più di 2 km da cui fuoriuscì una lava molto fluida che distrusse boschi, frutteti e vigne arrivò a minacciare Belpasso. Nel settembre 1911 una serie di scosse sismiche sconvolse il lato NE del vulcano, formando un'ampia frattura che diede vita a una duplice colata che arrivò a minacciare il fiume Alcàntara.
Nella notte del 24 Giugno 1917 dalla bocca subterminale di NE si sollevò una fontana di lava alta circa 800 m che in pochi minuti riversò circa 3 milioni di metri cubi di lava fluidissima. Nel giugno del 1923 si manifestò una violenta eruzione laterale eccentrica, con una fenditura superficiale.
La più violenta eruzione della prima metà del secolo fu nel Novembre 1928; tale eruzione sgorgata da una lunga fenditura che si prolungò fino alle Ripe della Naca, giunse il 6-7 novembre a Màscali, distruggendola.
Nel Giugno 1942 si verificò dopo un lungo periodo una breve ma violenta eruzione sul versante SO. L'eruzione si chiuse con una violentissima fase esplosiva che modificò il cratere centrale e diede ad esso la forma attuale.
Il 24 Febbraio 1947 si formò una frattura sul versante NE del rilievo e la lavà che ne fuoriuscì giunse a minacciare Passopisciaro.
Il 2 dicembre 1949 si verificò un'altra eruzione con la non comune caratteristica di essere doppia. L'attività delle bocche SO fu breve, mentre sul versante opposto durò più a lungo sino a giorno 5 e la lava scese fino a quota 1460 mt. Il 25 novembre 1950 l'attività riprese, stavolta sul versante NE del rilievo e dopo una prima fase esplosiva, continuò tranquillamente oltre l'ottobre 1951. La lava scese dapprima verso le zone inferiori minacciando Fornazzo. Si arrestò fortunamente sempre intorno agli 850 mt a meno di due strette lingue che giunsero a tagliare la strada tra Milo e Fornazzo e tra Fornazzo e Linguaglossa. Altre correnti laviche si diressero verso la val Calanna e la coprirono per più di un terzo. L'eruzione del 50-51 è la più lunga che si fosse mai manifestata sia nell'800 che nel 900. Dal 50 al 66 poi il cratere fu continuamente attraversato da colatelaviche che si diressero verso la valle del Bove. Come conseguenza a questa notevole attività all'interno del cratere centrale si sono formati 3 coni esplosivi uno dei quali ha superato l'orlo portando l'altezza attuale a 3326.
Dal 5 Aprile al 12 Giugno 1971 vi fu un'altra eruzione che può essere suddivisa in due distinte fasi. Nella prima fase la lava fuoriuscì da quattro fenditure alla base del cratere centrale dal lato di SE. La lava si diresse verso la valle del Bove e verso la Montagnola. Durante questa eruzione venne distrutto il vecchio Osservatorio Astronomico e buona parte della vecchia funivia. Dopo il 7 Maggio iniziò la seconda fase; si aprirono molte fessure all'interno della valle del Bove e persino più in basso. E furono proprio le fenditure più basse che fecero più danni minacciando S.Alfio e Fornazzo causando un'ampia distruzione.
Il 14 Maggio si formò un nuovo cratere, che sarebbe poi diventato il cratere di Sud-Est.
Nel 1974 e nel 1979 altre eruzioni modificarono ulteriormente l'aspetto del vulcano.
Indice Antiche Moderne Recenti


Ultime eruzioni
1998-2000 Già dal 1997 si ebbero delle piccole manifestazioni di ripresa di attività. Al'inizio del 1998 si avvertirono una serie di scosse, che provocarono crolli a Biancavilla e che segnarono l'inizio di una nuova fase attiva del Mongibello.
Il primo cratere interessato fu il Sud-Est con attività stromboliana.
In seguito ad uno sciame sismico di circa 150 scosse la colonna magmatica all'interno del cratere di Sud-Est si abbassò improvvisamente, provocando una frattura alla base di quest'ultimo.
Il magma fuoriuscì da tale frattura creando piccole colate molto dense che andavano ad estinguersi a causa della scarsa alimentazione e della poca pendenza. Le scosse sismiche accompagnate da attività dei crateri sommitali si susseguirono finchè una fortissima esplosione diede inizio alla nuova attività del cratere centrale, il 22 Luglio '98
A seguito di tale esplosione una densa nube di ceneri investì Catania e l'aeroporto di Fontanarossa che fu costretto alla chiusura.
Durante l'Agosto dello stesso anno l'Etna alternò violente esplosioni ed espulsioni di ceneri sempre accompagnate da piccoli terremoti o da violenti boati udibiti dai paesi di Nicolosi e Zafferana.
Da Settembre in poi il cratere di Sud-Est riprese l'attività con spettacolari attività stromboliane e trabocchi di magma accompagnato da un continuo sciame sismico. Le piccole colate si arrestarono comunque dopo qualche centinaia di metri a causa della densità e della loro temperatura.
A Gennaio dell'anno successivo una nuova fase

L'eruzione dell'Etna, ottobre 2002
Eruzione dell'Etna: esplosioni in quota, fontane di lava, colate di basalto fino quasi ai paesi. Ancora la Terra non ha remato in Molise, pur non essendo un programma di attualità Gaia decide di partire per documentare un fenomeno naturale spettacolare e decisamente istruttivo per comprendere la forza del pianeta Terra.
1° giorno (31/X/2002)
L'aeroporto di Catania è chiuso per via della cenere vulcanica che cade copiosa sulle piste e disturba le turbine dei velivoli, a breve sarà chiuso anche quello di Reggio Calabria: in tante volte che siamo scesi in Sicilia sappiamo che quando l'Etna erutta il treno di notte è più affidabile, così Anton Giulio Panizzi (detto Tongi), Giovanna Ciorciolini e Mario Tozzi si incontrano di mattina presto con il produttore esecutivo Antonietta Durante e Andrea Ciarlo (l'assistente
alla regia). Ad Acireale i pennacchi di fumo dell'Etna sono ben visibili: almeno due colonne alte migliaia di metri di densi fumi neri, ceneri e lapilli. Le strade sono coperte di una polvere finissima.
Saliamo subito in quota con i ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che stanno facendo misure di gas emessi dalle fratture del terreno proprio sotto i colpi ancora forti del vulcano in eruzione. Arriviamo alla colata del settore settentrionale: una frattura enorme, di circa 5 km di lunghezza, emette lava basaltica fluida e caldissima (a oltre 1000°C di temperatura). Lo spettacolo è eccezionale: terra che si fa fuoco e si muove lenta e inesorabile, mentre ci muoviamo attorno alla colata.
Lunga chiacchierata con Franco Barberi, ex responsabile della Protezione Civile Nazionale, e profondo conoscitore dell'Etna. Il teatro dell'eruzione è chiaro. La prima scena è a nord, dove abbiamo girato la maggior parte delle mmagini, con fratture aperte per kilometri, fontane di lava e colate che si sono dirette verso Linguaglossa e hanno in parte distrutto una delle pinete più belle di Sicilia. Qui la lava è scesa rapidamente fino quasi a quota 2000 m. La seconda scena a sud, nei pressi della Montagnola, già teatro dell'eruzione dell'estate 2001 (descritta in Gaia dell'anno scorso), dove pure si aprono fratture per centinaia di metri e c'è attività di fontane di lava e colate basaltiche.

Ci scusiamo per aver posticipato la puntata dedicata ad
Atlantide, ma bisognerebbe ricordare che non rimasero che i sandali, di Empedocle --ben appaiati sull'orlo del cratere principale dell'Etna-- più di duemila anni fa, quando scomparve per sempre nel cuore della Terra. Da sempre il vulcano è soprattutto mito. Come nelle lotte fra i Giganti ed Eracle ai Campi Flegrei, come il maremoto per i minoici, come nei riti cantati ancora oggi dagli anziani dello Yucatan. Chi ricorda la storia di Tifone, schiacciato sotto l'Etna per aver strappato i tendini a Zeus ? Non è forse da allora che il vulcano erutta fiamme vomitate dalla bocca del mostro ?
Non è stata forse quella l'ultima volta che dei e uomini hanno banchettato assieme, quando per premiare Cadmo --il liberatore di Zeus-- gli venne concessa in sposa la dea Armonia ?
L'attrazione per il vulcano è anche paura --come è naturale--, ma è una paura per qualche verso familiare, quanto può esserlo la Natura stessa per i popoli indigeni. La paura del vulcano è poi all'origine di una maggiore capacità di dare importanza alle cose trascendenti, base di molti riti degli indiani del nuovo continente, sincretizzati poi --specialmente nell'America centrale-- con altri riti, pagani prima e cattolici poi. Le suggestioni del vulcano sono arcaiche, intrise di storia dei popoli dell'America pre-colombiana come i Lakota, indiani partoriti dalla Terra stessa e quindi capaci di
comprenderla più degli altri.
Verso sera è chiaro che l'attività sta rallentando e che le colate non vengono più alimentate. Quando scendiamo a valle i telefoni portatili si attivano di nuovo e veniamo a sapere del terremoto di San Giuliano di Puglia: ancora non ci sono notizie sicure sulle vittime.
2° giorno (01/XI/2002)
E' ormai chiaro che a San Giuliano si è compiuto un dramma inconcepibile. Per Gaia documentiamo il terremoto di Santa Venerina: in tutti e due i casi, come sempre, non è il terremoto che ti uccide, ma la casa che ti cade in testa. Voglio dire che la natura non è nemica, non ha colpe, che non c'entrano il fato né gli dei: la Terra è fatta così, si muove, è un pianeta attivo; siamo noi a porci colpevolmente in zone pericolose o a costruire in modo non sicuro. Se si costruisce bene le case si lesionano, ma non crollano e nessuno ci può raccontare che non si trattava di zone sismiche quando in Molise sono migliaia le vittime di terremoti dagli inizi della storia e al Gargano (poco lontano) l'XI grado della scala Mercalli non è stato infrequente.
Il modo migliore per onorare quei bambini è cercare di fare in modo che non si dimentichi la vera origine degli eventi naturali che poi diventano catastrofici solo per colpa degli uomini. Si decide di documentare l'Etna, dove non ci sono vittime e la situazione si sta tranquillizzando, e di ricordare almeno per un istante il terremoto di San Giuliano di Puglia come un altro esempio di mancanza di rispetto e di memoria. Riaprono gli aeroporti e si torna a Roma con il senso di
qualcosa di amaro in fondo alla gola.
La prossima eruzione del Vesuvio. Se si tiene presente il quadro vulcanologico italiano si capisce tutto l'interesse che l'area napoletana ha sempre suscitato negli studiosi di Scienze della Terra di tutto il mondo. Quello che si capisce meno è l'assoluta mancanza di rispetto con cui si è guardato e si guarda ad un'area tanto pericolosa: l'attività edilizia (non
solo abusiva !) ha proceduto incontrastata fino quasi all'orlo del Somma o dovunque nell'area flegrea, accrescendo in maniera esponenziale i rischi connessi a future eruzioni. Non va dimenticato che il rischio vulcanico viene valutato attraverso la probabilità che in una certa zona si verifichi un'eruzione in rapporto alle sue possibili capacità distruttive e, quindi, in relazione alla densità di popolazione e al tipo e grado di urbanizzazione, e che esso ha raggiunto, e valicato, i limiti di sicurezza in tutta l'area del Golfo di Napoli. Non è tutto: da tempo i vulcanologi hanno previsto gli scenari possibili per i prossimi vent'anni, aiutandosi in maniera spesso determinante con tutte le descrizioni delle eruzioni che sono state fatte dal 79 d.C. ai giorni nostri e con le più moderne realizzazioni al computer. Terremoti connessi al vulcanismo, sollevamento sensibile del suolo, apertura di fratture e nascita di nuove fumarole precederanno, ora come in passato, la riapertura del condotto vulcanico in comunicazione con la camera sotterranea dove il magma ha ricominciato a salire. Il fenomeno più vistoso sarà, inizialmente, il sollevamento di una grossa colonna di fumo e vapore che trasporterà ceneri, pomici e blocchi incandescenti. La ricaduta che ne seguirà oscurerà il cielo, farà crollare i tetti e seppellirà le strade per kilometri, intasando i polmoni degli abitanti. I torrenti di fango, possibili anche per parecchi giorni dopo l'eruzione e causati dagli accumuli di ceneri, saranno tra i maggiori responsabili della distruzione del tessuto urbanistico (per inciso, il termine "lava" in napoletano non indicava, come oggi, un flusso di magma degassato sulla superficie terrestre, ma proprio quei torrenti misti di acqua e fango che scorrevano sulle pendici del Vesuvio specie dopo le eruzioni di ceneri). Quando la colonna collasserà a causa dell'abbondanza di materiali solidi presenti ciò
avverrà in maniera repentina, formando vere e proprie nubi densissime (chiamate flussi piroclastici) che avanzeranno a 100 km/h a temperature elevate distruggendo qualsiasi cosa. Tutto questo anche in soli due o tre giorni dall'inizio dell'eruzione, momento in cui almeno 700.000 persone dovrebbero essere pronte ad un'evacuazione di proporzioni bibliche.
Scenari come quello ipotizzato permettono di prevedere dove avverranno future eruzioni e di che tipo saranno, quello che non si può sapere è quando: anche se a breve termine è possibile capire il momento in cui i fenomeni premonitori diventano "irreversibili"; niente inquietudine degli animali domestici o segni misteriosi, dunque, ma una sorveglianza scientifica continua e gli studi geologici di base contribuiscono a fronteggiare le situazioni di emergenza: chissà se basterà a ricordare che nemmeno cinque secoli fa qui è nato un nuovo vulcano.

Esempio