Ricerca sulle fonti di energia alternativa

Materie:Altro
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Testo


Quasi l'87% dell'energia che attualmente consumiamo deriva da fonti non rinnovabili, e cioè dal petrolio (37%), dal carbone (24,9%) e dal gas naturale (19%). Fortunatamente le previsioni che assicuravano l'imminente esaurimento delle scorte di idrocarburi sono state in buona parte smentite.

Nel mondo esistono immensi giacimenti di carbone che, ai ritmi attuali di consumo, potrebbero durare anche 3-4 secoli. Ma il carbone è il principale responsabile dell'effetto serra e delle piogge acide, dunque poco conveniente dal punto di vista ambientale. A meno che non si trovi un sistema conveniente per eliminare totalmente i fumi inquinanti che esso produce bruciando. Qualche passo in questa direzione è stato fatto, ma è ancora prematuro parlarne.
Riguardo il petrolio ci sono opinioni discordanti, ma chi andava affermando che sarebbe finito entro il 2010-2015 ha dovuto rimangiarsi le proprie parole: dovrebbe bastare almeno per mezzo secolo. Senza contare che il rendimento dei motori e delle centrali elettriche migliora costantemente (e dunque ogni anno si risparmia qualcosa) e che nei fondali oceanici possono ancora esistere giacimenti sconosciuti. Stesso discorso per il metano, il combustibile meno inquinante tra gli idrocarburi.
Le riserve sono stimate per una ventina d'anni, ma potrebbero esserci liete sorprese dall'esplorazione dei mari. Tuttavia le previsioni sono più rosee di quel che si pensasse una decina di anni fa.
Il petrolio è un idrocarburo ed è tra i più diffusi del mondo. Gli idrocarburi sono composti di C e H e altri elementi tra cui N, O e S, si possono distinguere in:
a) Idrocarburi solidi e semisolidi (asfalto, bitume, ecc.)
b) Idrocarburi liquidi (petrolio grezzo)
c) Idrocarburi gassosi (metano, butano, etano ecc.)

Il petrolio deriva essenzialmente da fonti organiche vegetali e animali. L’azione della temperatura, pressione abbinata all’attività catalitica dell’argilla e all’azione batterica sono i fattori determinanti nella genesi del petrolio.
La maggior parte dell'energia oggi utilizzata è ottenuta da combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone) e dall'uranio, che è un materiale fissile. Queste sono le cosidette fonti di energia non rinnovabili, destinate in periodi più o meno lunghi ad esaurirsi. Si tratta di fonti di energia primaria, che vengono trasformate soprattutto in energia elettrica dopo processi di conversione.
Il petrolio è il principale combustibile fossile liquido. E' costituito da una miscela di idrocarburi (molecole costituite da carbonio e idrogeno) che derivano dalla decomposizione in ambiente marino, al di sotto delle coperture sedimentarie, di organismi animali e vegetali. Poiché i tempi naturali di formazione del petrolio sono di decine di milioni di anni, e lo sfruttamento è invece rapidissimo, questa fonte, al pari degli altri combustibili fossili, è da considerarsi praticamente non rinnovabile.
La maggiore o minore facilità di estrazione dipende dal grado di fluidità del greggio e dalla permeabilità della roccia porosa che lo racchiude. La pressione che permette al greggio di risalire in superficie è data dalla presenza in soluzione di idrocarburi gassosi: una volta effettuata la trivellazione della roccia, la spinta si distribuisce in tutte le direzioni e non solo verso l'alto, determinando la cosidetta perdita di carico, che è inevitabile. Una volta esaurito il giacimento, resta una roccia spugnosa vuota.
Un tempo si recuperava solo il petrolio che usciva dal sottosuolo spontaneamente, invece oggi si procede al recupero secondario mediante i sistemi di gas injection oppure di water injection che consistono nel pompaggio sotto terra di gas o acqua, allo scopo di spingere verso l'alto il greggio rimasto nella roccia spugnosa e ormai privo di pressione.
Il petrolio greggio estratto non è immediatamente utilizzabile: deve essere deacquificato mediante riscaldamento, purificato per centrifugazione, separato nei suoi componenti principali (gas, benzina, gasolio, nafta, oli pesanti) mediante distillazione frazionata (topping) e trattato chimicamente per aumentarne il pregio (processi di cracking, di reforming e di alchilazione). Tutte queste pratiche costituiscono il processo di raffinazione del petrolio.
Sino agli anni Ottanta le raffinerie erano localizzate in prevalenza nei paesi economicamente sviluppati che importano il greggio. Infatti, i paesi esportatori non disponevano della tecnologia necessaria alla raffinazione. Nell'ultimo decennio, invece, si è assistito ad un processo di redistribuzione delle raffinerie su scala mondiale. I paesi ricchi, meno attratti da un settore la cui tecnologia non è più così importante ed interessante, lo abbandonano, anche perché si tratta di un comparto ad elevato rischio ecologico; preferiscono quindi importare prodotti petroliferi già raffinati.
Il gas naturale si trova nel sottosuolo, normalmente negli stessi giacimenti in cui giace il petrolio, o associato ad esso, disciolto o raccolto in sacche o tasche superficiali (gas di copertura), oppure il giacimento è costituito esclusivamente da gas naturale, qualche volta come metano quasi puro (dry gas) o più spesso unito ai vapori di idrocarburi condensabili (wet gas).
Il gas naturale presenta un indubbio vantaggio rispetto alle altre fonti energetiche non rinnovabili: è la risorsa meno dannosa per l'ambiente, poiché la sua combustione non comporta il rilascio di impurità nell'atmosfera. Rispetto al petrolio, inoltre, gode il vantaggio di riserve più consistenti. A sfavore del gas naturale stanno, però, gli elevati costi di trasporto, che impongono la realizzazione di complesse reti di metanodotti.
Il trasporto, la liquefazione quando necessario, lo stoccaggio, la distanza tra luogo di produzione e di utilizzo finale incidono in maniera tale da rendere poco elastico il prezzo finale del metano.
La Csi dispone del 40% circa delle riserve mondiali e ne produce un'analoga percentuale, collocandosi al primo posto anche sul mercato dell'esportazione. Gli Stati Uniti sono il secondo produttore, ma consumano quanto ottengono dal sottosuolo. Dopo la Csi è il Medio Oriente a detenere le riserve maggiori, ma oggi solo l'Arabia le sfrutta in maniera contenuta. Ai fini dell'esportazione, più che la produzione annua, contano le riserve, le sole in grado di giustificare i forti investimenti connessi con la realizzazione di lunghe reti di metanodotti.

Ogni giorno il gas per arrivare fino a noi percorre 5000 km, dalla Siberia alla Lombardia dall’Algeria a Roma e dall’Olanda ad Aosta, coprendo il 23 % del fabbisogno energetico Mondiale contro neanche 1 % di un secolo fa.
Il metano CH4: un atomo di carbonio e 4 di idrogeno, costituisce il 90 % del gas naturale prodotto in milioni di anni dalla decomposizione di materiale organico.
Secondo le statistiche dell’International Energy Outlook, 34.000 dei 56.000 km di nuove condotte che stanno per essere inserite nel sottosuolo del pianeta, saranno destinati al trasporto di metano. In effetti la richiesta di questo combustibile aumenta mediamente del 33 % all’anno pertanto se ne deduce che nel 2025 ne consumeremo 5.000 miliardi di mt cubi, il doppio rispetto ad oggi.
Viene quindi spontaneo chiedersi a quanto ammontano le risorse di gas.
Secondo la Oil e Gas Journal circa 150.000 miliardi di mt cubi, comunque grazie all’individuazione continua di nuovi giacimenti, la maggior parte in Medio Oriente che insieme alla Russia riescono a coprire quasi la metà del fabbisogno mondiale, gli esperti della Snam, la società dell’Eni che controlla oltre il 90 % del mercato Italiano del gas dicono che possiamo stare tranquilli per i prossimi 100 anni.
Il metano ha un grande difetto come viene evidenziato da State of the World, generato da processi di decomposizione, per esempio nelle discariche e liberato nell’aria ( non bruciato ) è un gas serra con un potenziale di riscaldamento 21 volte superiore all’anidride carbonica.
Pertanto la cosa positiva che oltre ad avere un potere calorifero superiore a quello del carbone e di poco inferiore a quello del petrolio, le emissioni inquinanti sono trascurabili, visto che quando brucia produce vapore acqueo ( H20 ) e anidride carbonica C02, dove l’Intergouenmental Panel on Climate Ch’ange, conferma che a parità di energia usata, la Co2 è il 25-30 % meno rispetto al carbone, tutte le sostanze tossiche come il biossido di zolfo e altri componenti sono notevolmente ridotte rispetto ai combustibili tradizionali. Il trasporto del gas nel nostro paese viaggia su circa 11.000 km di condotta ad una pressione che varia tra i 24 e i 75 bar raggiungendo così i 30 km orari, velocità mantenuta costante da altre centrali di spinta distanti tra loro 150-200 km, prima di essere fornito all’utente finale la pressione viene ridotta dalle così dette cabine di riduzione fino a 5 bar a seconda del tipo di utilizzo.
Un’altra cosa molto importante è che il gas non utilizzato in estate ( periodo che se ne fa minor consumo ) viene immagazzinato in giacimenti sotterranei esauriti e ripreso nei periodi di maggior necessità; inoltre il trasporto non avviene esclusivamente tramite le condutture ma anche a bordo di navi, visto che portando il gas a 160° sottozero diventa liquido.
Per mare e per terra, il lungo viaggio del gas naturale
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Il metano può essere ricavato anche dai rifiuti, come già accennato in precedenza estratto ovviamente da appositi impianti: ad esempio nella discarica di Malagrotta a Roma, mezzi della nettezza urbana vengono alimentati con il metano ricavato dal loro stesso carico, pertanto questo ci fa capire quante risorse l’uomo abbia davanti a se.
Al contrario di quello che noi sentiamo “l’odore del gas metano” , in realtà il metano è inodore quello che sentiamo è tetraidotriofene ( Tht ) o mercaptani due sostanze addizionate al gas al fine di renderlo subito riconoscibile quando disperso nell’ambiente, dal punto di vista della resa energetica tali sostanze non influiscono in alcun modo.
Tra l’altro dobbiamo evidenziare il fatto che secondo gli studiosi U.S.A. tra i ghiacci dell’Antartico in strutture cristalline definite Idrati di metano o latrati, in sostanza sono dei blocchi di metano “stretto” tra molecole d’acqua, tant’è che da 1mt cubo di Idrati si ottengono circa 180 mt cubi di gas naturale, questo significherebbe avere riserve per 7.000 anni.
Il carbone è il combustibile fossile più diffuso nel mondo. E' una roccia sedimentaria costituita da materiale organico composto di carbonio, idrogeno, ossigeno, piccole quantità di azoto e zolfo e materiale inorganico.
Si è originato dalla decomposizione, in ambiente anaerobico, di grandi masse vegetali. Il processo di carbonizzazione consiste in un progressivo arricchimento in carbonio della materia organica.
La combustione del carbone è responsabile di un grave inquinamento ambientale (provoca il fenomeno delle piogge acide) che solo negli ultimi anni si è riusciti a contenere entro limiti accettabili, ricorrendo a sofisticate tecnologie, ma non sempre applicate per gli elevati costi. Nel Sud del mondo se ne fa abbondante impiego ancora nei modi tradizionali. A sfavore del carbone giocano anche i forti costi di trasporto. I principali paesi esportatori di carbone sono: Australia, Polonia, Colombia, Canada e Sudafrica.
Il settore siderurgico è stato sempre il maggiore assorbitore di carbone, il cui impiego come materia prima per la produzione dell'acciaio si è dilatato nel tempo, in sintonia con l'espansione dell'industria pesante di base, in atto oggi nei paesi in via di sviluppo.
Sul versante del trasporto sono stati compiuti passi in avanti per contenere i costi. Il ricorso alle navi resta fondamentale e con questo mezzo viaggia la gran parte del commercio mondiale, ma si sono già sperimentati carbonodotti nei quali il minerale fluisce per pompaggio dopo essere stato ridotto in polvere e mescolato all'acqua.
Le tecniche di estrazione dipendono dalla profondità del filone carbonifero. Se esso si trova a non più di 50 metri di profondità si attua la coltivazione a cielo aperto mediante rimozione dello strato di copertura, per maggiori profondità l'estrazione avviene con lo scavo di cunicoli sotterranei
L'energia nucleare è l'energia sprigionata dalla materia quando i nuclei degli atomi che la costituiscono subiscono una trasformazione. Due sono i processi fondamentali per ottenere energia nucleare: la fissione e la fusione nucleare.
Solo la fissione nucleare è utilizzata finora per la produzione di energia. L'elemento fissile usato per eccellenza è l'uranio-235: il combustibile viene introdotto all'interno del reattore in un apposito alloggiamento, chiamato nocciolo, dove avviene la fissione mediante una reazione a catena, con sviluppo di una grande quantità di energia, emessa sotto forma di calore; un sistema di raffreddamento ad acqua pressurizzata asporta il calore prodotto nel reattore e il vapore surriscaldato serve a far muovere la turbina per la produzione di energia elettrica.
In natura, l'uranio utilizzabile direttamente nei reattori nucleari è molto raro, dunque il minerale estratto deve subire il processo di arricchimento, e cioè la separazione dell'U-235 dall'U-238.
Nel biennio 1984-85 la produzione di energia nucleare crebbe al ritmo del 20% l'anno, ma l'incidente di Chernobyl dell'aprile 1986 interruppe la forte tendenza all'aumento. Dopo di allora, quasi ovunque nel mondo, si verificò un ripensamento. Nonostante ciò la produzione di energia elettronucleare è andata ancora aumentando. Nel 1992 si è superata la soglia dei 500 reattori.
Il costo di produzione di un kWh elettrico di origine nucleare è inferiore a quello di ogni altra fonte rinnovabile e non rinnovabile, ma in questo modo il problema è mal posto. Il calcolo non contempla, infatti, le difficoltà e i costi connessi con lo smaltimento delle scorie radioattive, che rimangono tali per migliaia di anni. In secondo luogo, quei calcoli non prendono in considerazione i danni alla salute degli uomini e all'ambiente causati dai tanti incidenti nelle centrali nucleari.
A favore della scelta nucleare depone il fatto che le riserve sinora accertate risultano assai cospicue e altre ne sono state individuate negli ultimi tempi. D'altra parte, non è ipotizzabile una sottovalutazione delle questioni ambientali.
Il 99% dell'energia presente sul nostro pianeta viene dall'esterno e soprattutto dal sole, sotto forma di radiazione, il resto è dato dall'energia derivante dall'attrazione gravitazionale della luna; il modesto 1% di energia prodotta dal nostro pianeta nasce dal suo interno e si manifesta come vulcanismo, geotermia ed energia nucleare.
L'energia derivante dall'irraggiamento del sole al suolo costituisce un serbatoio immenso di enegia pulita, rinnovabile e a costo zero come materia prima, ma non tutta la superficie terrestre risulta omogeneamente irraggiata, per cui questa fonte può essere sfruttata solo entro una fascia ristretta, corrispondente alle regioni comprese tra il 45° di latitudine nord e sud. La disomogeinità dipende dalla nuvolosità (le nuvole assorbono una grande quantità di radiazioni), dall'incidenza dei raggi solari (maggiore è l'inclinazione dei raggi solari, minore è l'energia che giunge al suolo), dalla massa atmosferica che sovrasta la superficie terrestre. Il problema principale incontrato nel suo sfruttamento è dovuto alla sua diluizione, per cui sono necessari spazi relativamente grandi allo scopo di raccogliere questa energia, ed eventualmente concentrarla. Un altro inconveniente è dato dall'irregolarità dell'irraggiamento dovuto all'alternarsi del dì e della notte e dall'alternarsi delle stagioni (quest'ultimo aspetto diviene rilevante nelle zone temperate).
Come fonte di energia diretta il calore del sole non è certo una scoperta recente, ma solo nell'ultimo ventennio, in seguito alla crisi energetica del 1973, si è incominciato a guardare con attenzione al sole come fonte alternativa per la produzione di energia elettrica.
La tecnologia più utilizzata è quella della conversione fotovoltaica. Centrali elettriche che si alimentano grazie all'energia solare sono già in funzione in diverse parti del mondo, ma la quantità di energia che esse erogano continua a rappresentare una quota irrisoria, rispetto alla produzione mondiale complessiva di energia elettrica. Il più grande impianto in esercizio è situato in California, presso Los Angeles, che, con i suoi 118 pannelli di grandi dimensioni, può generare fino a 10mila kW di elettricità. In Europa, la maggior centrale fotovoltaica sorge ai piedi del Gargano in Puglia, su un area di 4000 mq.
Il calore del sole, invece, può essere sfruttato per produrre acqua calda:
o a bassa temperatura, nei mini-impianti familiari;
o ad alta temperatura, per produrre vapore che mette in funzione una turbina per la produzione di energia elettrica, nelle centrali termiche; in queste centrali i raggi vengono riflessi da numerosi specchi parabolici, fissi, o talvolta mobili, su una caldaia contenente acqua, che viene così portata allo stato di vapore.
Gli inconvenienti derivanti dalla nuvolosità, dalla densità dell'atmosfera e dall'incidenza dei raggi solari hanno indotto i tecnici della NASA, l'ente spaziale americano, a progettare per il futuro il modo di captare l'energia solare nello spazio, sopra l'atmosfera, mediante la collocazione in orbita di un satellite geostazionario, capace di catturare l'energia della radiazione solare mediante pannelli fotovoltaici.
A partire dagli anni Settanta gli studi e le applicazioni tecnologiche legati allo sfruttamento dei venti per la produzione di energia hanno avuto un nuovo impulso.
Tre elementi giocano, in particolare a favore di questo tipo di energia: è assolutamente pulita dal punto di vista ecologico (v. impatto ambientale), è rinnovabile e la materia prima è a costo zero.
Per contro non tutti i luoghi del pianeta risultano idonei all'installazione di impianti eolici: per l'irregolarità dei venti in certe regioni, oppure per la loro debolezza, visto che per essere sfruttabili devono soffiare a una velocità non inferiore ai 4 m/s e per almeno un centinaio di giorni all'anno; a causa degli elevati costi di trasporto non sono adatti quei siti lontani dai luoghi di utilizzo; la tecnologia sinora elaborata non consente di creare stazioni eoliche in grado di fornire grandi quantitativi di energia.
Questa forma di energia, comunque, risulta senz'altro competitiva, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista ambientale. Esistono impianti in Canada, Stati Uniti, Belgio, Olanda, Germania, Danimarca.
La Svezia, essendosi impegnata a smantellare le 12 centrali nucleari entro il 2001, ha impostato un nuovo piano che prevede la realizzazione di 300 centrali, ancorate al fondale marino, poco al largo delle coste, per sfruttare sia i movimenti delle masse d'aria di direzione nord-sud, sia le brezze di mare e di terra.
In Italia l'installazione di generatori eolici attraversa una fase ancora sperimentale. Le zone giudicate interessanti per eventuali installazioni sono: il crinale appenninico, le fasce costiere delle regioni meridionali, le isole del basso Tirreno e Pantelleria.
ASPETTI ECONOMICI
L'energia eolica è diventata l'energia rinnovabile meno costosa, abbassando negli ultimi 15 anni il suo costo di circa l'85%. Poiché la potenza sviluppabile da un aerogeneratore varia col cubo della velocità del vento, l'economia eolica dipende molto dalla ventosità del sito in cui viene ubicata. Inoltre vi sono delle economie di scala conseguibili con la costruzione dei parchi eolici che utilizzano molte turbine. Si è stimato che in Europa il costo di un KWh di energia elettrica da fonte eolica, è lo stesso di un KWh ottenuto in un moderno impianto a carbone provvisto di un unità per lo scrubbing dei fumi, vale a dire 0,04 $/KWh. Negli Stati Uniti il costo è quasi uguale a quello europeo, con la differenza che il governo degli USA ha previsto una "Federal Production Tax Credit" pari a 0,017 $/KWh, riducendo così il costo a 0,015-0,03 $/KWh in base alle economie di scala conseguibili. L'U.S. Department Of Energy (DOE) ha previsto di portare il costo a 0,025 $/KWh nei siti con una velocità media annua del vento pari a 7 m/s.Attualmente, in Italia, il costo di installazione, ipotizzando l'impiego di aerogeneratori da almeno 600 kW di potenza nominale, si può ritenere compreso fra un minimo di 900 € ed un massimo di 1.300 €/kW andando da siti pianeggianti a siti caratterizzati da orografia complessa. Il costo della macchina può ritenersi, prudenzialmente, compreso fra 2/3 e 3/4 del costo totale di installazione in funzione delle caratteristiche orografiche del sito. Gli impianti di piccola taglia costano nell'ordine dei 1.500-2.500 € al kW di potenza nominale, questo anche perché, a differenza degli aerogeneratori di grossa taglia, non hanno ancora un mercato sviluppato anche per i ritardi nelle normative che permettano l'allacciamento alla rete elettrica di tali sistemi. Attualmente è permesso l'allacciamento per i sistemi fotovoltaici i quali sono molto meno convenienti, ciò è censurabile visto che non sussistono di fatto differenze particolari nell'allacciamento alla rete elettrica tra i due sistemi, comunque sembra che entro la fine del 2003 sia possibile l'allacciamento alla rete elettrica anche dei sistemi eolici di taglia fino a 20kW di potenza nominale.
Grazie all'acqua si ottiene su tutta la Terra circa il 6,7% del complessivo fabbisogno energetico e oltre il 20% dell'energia consumata.
Il terzo mondo continua a fare affidamento su questa risorsa economicamente conveniente e pulita, ma messa in discussione a causa del grave impatto ambientale. I bacini artificiali, infatti, sconvolgono i precedenti equilibri ecologici, distruggono foreste e risorse faunistiche e generano serie ripercussioni sul clima. Zambia e Zimbabwe, dopo l'inaugurazione della diga di Kariba sullo Zambesi, coprono l'intero loro fabbisogno di energia elettrica con quanto è prodotto dagli impianti che, arrestando il corso del fiume, hanno dato vita a un lago di considerevoli dimensioni.
Nei paesi a più avanzato sviluppo economico, la preferenza per le centrali idriche non è venuta meno, ma si tende a privilegiare gli impianti piccoli, dal minor impatto ambientale. Oggi la tecnologia consente di ottenere energia a prezzi convenienti dando vita così all'installazione di impianti non solo nelle regioni di montagna ma anche in pianura.
Nei paesi sviluppati il potenziale idroelettrico è stato fino a ora adeguatamente utilizzato, soprattutto in quelle situazioni caratterizzate da una forte dipendenza dall'estero in campo energetico. Le possibilità di sfruttamento nei paesi in via di sviluppo, invece, viste le abbondanti risorse idriche, appaiono enormi, ma con tutte le riserve derivanti dalle considerazioni ecologiche indicate.
Nel nostro paese l'energia idroelettrica ha giocato un ruolo particolarmente rilevante dalla metà degli anni venti fino agli anni cinquanta. Negli ultimi venti anni si è registrato in sensibile calo, con un tasso che oggi tocca appena il 10%, poichè la forte crescita dei consumi energetici è stata fronteggiata per lo più con il ricorso alle centrali termoelettriche.
Dal moto ondoso degli oceani e dai flussi di marea, teoricamente, si potrebbero recuperare grandi quantità di energia. Il primo impianto per lo sfruttamento dell'energia delle onde di marea è stato costruito in Francia , ma ha parzialmente deluso, poichè il costo di produzione dell'energia si è rivelato superiore a quello idroelettrico convenzionale.
IMPATTO AMBIENTALE
La produzione di energia idroelettrica non provoca emissioni gassose o liquide che possano inquinare l'aria o l'acqua. Gli impianti mini-idroelettrici in molti casi, con la sistemazione idraulica che viene eseguita per la loro realizzazione, portano invece notevoli benefici al corso d'acqua (in particolare la regolazione e regimentazione delle piene sui corpi idrici a regime torrentizio, specie in aree montane ove esista degrado e dissesto del suolo e, quindi, possono contribuire efficacemente alla difesa e salvaguardia del territorio). I grandi impianti idroelettrici a bacino possono presentare qualche problema in più,dal punto di vista dell' inserimento ambientale, e necessitano quindi di opportune valutazioni di impatto ambientale, tese a garantire l'assenza di interferenze con l'ambiente naturale.
Se si realizza una diga per un impianto a bacino si hanno le seguenti conseguenze: a monte dello sbarramento si forma un invaso, e si trasforma, quindi, un ambiente di acque correnti (acque lotiche) in un ambiente di acque ferme (acque lentiche), con un tempo di ricambio delle acque più lungo e con possibili ricadute sull'ecosistema. A valle dello sbarramento, fino al punto in cui viene rilasciata l'acqua utilizzata dalla centrale, il corso d'acqua potrebbe andare in secca per alcuni periodi se non viene garantito un rilascio continuo affinché il fiume abbia, anche in quel tratto, una portata minima adeguata; la portata minima (da garantire per legge) che garantisce all'ecosistema fluviale il naturale svolgimento di tutti i processi biologici e fisici viene denominata "Deflusso minimo vitale". Tutti questi aspetti devono essere presi in considerazione durante lo studio dell'impianto a bacino. Per questi motivi vengono fatte delle opportune scelte in fase progettuale e vengono prese delle opportune precauzioni per evitare qualsiasi danno all'ecosistema.
La temperatura della Terra aumenta di circa un grado ogni 30 metri di profondità. Nelle zone geologicamente attive, come quelle vulcaniche, il gradiente è ancora maggiore. Oggi in tutto il mondo circa 130 impianti utilizzano il vapore acqueo proveniente dal sottosuolo a fini energetici. L'Islanda è il paese dove si dà maggiore importanza alla geotermia, grazie all'abbondanza di questa risorsa. Come per altre fonti cosiddette alternative, il recupero e l'utilizzazione del calore contenuto nella crosta terrestre ha assunto maggiore importanza in seguito all'esigenza di diversificare le fonti di energia.
Quella geotermica è una fonte energetica a erogazione continua e indipendente da condizionamenti climatici, ma essendo difficilmente trasportabile, è utilizzata per usi prevalentemente locali.
La risorsa geotermica risulta costituita da acque sotterranee che, venendo a contatto con rocce ad alte temperature, si riscaldano e in alcuni casi vaporizzano. A causa dell'esaurimento che dopo un certo numero di anni possono subire i campi geotermici, sono stati avviati esperimenti per tentare operazioni di ricarica.
Un interessante uso delle acque geotermiche a basse temperature è costituito dall'innaffiamento delle colture di serra o all'irrigazione a effetto climatizzante, in grado di garantire le produzioni agricole anche nei paesi freddi.
La legna sotto forma di combustibile è la biomassa di gran lunga più importante. Nel Sud della Terra l'80% della popolazione se ne serve quotidianamente per la produzione di energia.
La biomassa costituisce una risorsa rinnovabile e inesauribile, a patto che essa venga sfruttata non oltrepassando il ritmo di rinnovamento biologico. Altri limiti sono rappresentati dall'estensione delle superfici coltivate e dai vincoli climatici che condizionano la crescita delle diverse specie.
Le biomasse hanno origini differenti:
• da boschi e foreste naturali,
• da piante coltivate appositamente per scopi energetici,
• dai residui altrimenti inutilizzabili di produzioni destinate all'alimentazione umana o animale,
• da rifiuti organici.
In relazione alla loro natura e composizione, le biomasse possono essere convertite in combustibili di vario tipo attraverso tre principali sistemi:
• la gassificazione, che consiste nel sottoporre le biomasse a processi di fermentazione anaerobica, dai quali si ottiene il biogas, una miscela di metano e anidride carbonica;
• la conversione biologica ad alcoli: l'amido viene demolito a glucosio e poi sottoposto all'azione di microrganismi, che operano la fermentazione alcolica; l'alcol è un ottimo carburante, ed è meno inquinante dei derivati del petrolio;
• la combustione diretta: il calore prodotto può essere convertito in energia elettrica.
Attualmente la biomassa rappresenta una fonte energetica importante solo nei paesi in via di sviluppo (v. impatto ambientale); quasi trascurabile è, invece, la funzione che essa svolge nei paesi industrializzati.
Sempre più di frequente ci si sta interrogando su come indirizzare la nostra ricerca per trovare fonti energetiche alternative, per disporre perciò d’energia più pulita e in grande quantità.
L’energia è, infatti, il fulcro della vita economica e sociale, di conseguenza il grado di civiltà di ogni epoca o popolazione viene misurato dalla capacità di utilizzarla.
L’energia ci viene fornita da fonti e sotto forme differenti: energia meccanica, termica, chimica, elettrica. L’attività continua per l’approvvigionamento e l’utilizzo delle fonti energetiche ha portato ad amplificare i problemi sotto tutti i punti di vista: politico, economico, militare, sociale, ecologico, meteorologico e così via.
Senza fare analisi approfondite, si può affermare che l’era della combustione sicuramente sta volgendo al tramonto. Le fonti non rinnovabili, ovvero il petrolio, il gas naturale, il carbone e l’uranio stanno arrecando un disquilibrio nella composizione dell’aria e un inquinamento tale da creare, sempre di più, problemi all’ecosistema. L’energia nucleare da fissione ha subito un brusco arresto nella sua espansione dopo l’ultimo disastro avvenuto a Cernobyl (Ucraina) nel 1986. Non secondario poi è il problema delle scorie radioattive.
I paesi più industrializzati pensano, con sempre maggior insistenza, di utilizzare fonti di energia alternativa, non inquinante e soprattutto rinnovabile. Vediamo perciò quali possono essere queste fonti.
Pensare intanto di potenziare la fonte energetica idrica per creare corrente elettrica non è poi così semplice in quanto non può da sola coprire il fabbisogno energetico e soprattutto seguire il ritmo dell’aumento della richiesta su scala mondiale.
L’energia eolica potrebbe dare un notevole contributo ma è sempre una fonte irregolare che necessita d’impianti notevolissimi e localizzati in zone adeguate del pianeta. Potrebbe in pratica servire per tempi relativamente brevi, sempre che le varie nazioni adottino un sistema di convivenza molto diverso e più avanzato dell’attuale, soprattutto a livello spirituale. Se ciò dovesse succedere, potrebbero essere utilizzate altre fonti energetiche naturali quali quella geotermica, vulcanica e solare. Tra queste, l’energia più importante resta sicuramente quella di natura solare. Già da tempo si stanno studiando e progettando impianti che sfruttano l’energia che il Sole irradia. Del resto tali impianti hanno sinora solamente impieghi ausiliari, pur considerando il Sole una fonte d’energia pulita al massimo grado e soprattutto rinnovabile e gratuita. Quando ci proponiamo di utilizzare sistemi di captazione dell’energia irradiata dal Sole, posti sulla superficie del pianeta, abbiamo però delle limitazioni di varia natura. L’energia solare è una radiazione energetica diffusa, irregolare e varia nel tempo a causa della rotazione della Terra, del succedersi delle stagioni e delle condizioni meteorologiche. Necessita inoltre di notevoli mezzi di captazione e l’irraggiamento solare ha un rendimento di conversione molto basso.
L’idrogeno potrebbe essere il carburante del futuro, pulito e ben distribuito in ogni regione della terra; tuttavia i processi per la lavorazione sono ancora primitivi inquinanti.
Come possiamo ben vedere, molte sono le difficoltà tecnico-organizzative; e come se non bastasse, si dovrebbe discutere anche di multinazionali e di poteri economici e politici che continuano a condizionare il nostro sistema energetico.
Da parte nostra potremmo cominciare a risparmiare corrente, gas e acqua per rallentare questo imminente tramonto dell’era della combustione, sperando che i “potenti”, invece di lottare fra di loro per il dominio di una nuova risorsa energetica, collaborino e salvino la civiltà umana da un disastroso declino.
Indice
http://www.cipabus.it/risorsa.htm

Pag 1 Introduzione
Pag 2 Fonti non rinnovabili
-PETROLIO Pag2
-GAS NATURALE Pag3
-METANO Pag3
-CARBONE Pag4
-URANIO Pag5
Pag 6 Fonti rinnovabili
-SOLARE Pag6
-EOLICA Pag7
-IDRICA Pag8
-GEOTERMICA Pag9
-DELLE BIOMASSE Pag9
Pag 10 Considerazione Finale
Pag 11 Schema Riassuntivo
Le Fonti della ricerca sono:
www.energoclub.it
www.visionlearning.com
www.pangea.it
Enciclopedia omnia 2003
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