Le Biotecnologie

Materie:Tesina
Categoria:Scienze

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Testo

MANUELA FERRARIO CL. 3^ A
Che cosa sono.
Le biotecnologie sono tecnologie che utilizzano processi biologici, cioè usano organismi viventi o parti di essi allo scopo di produrre quantità commerciali di prodotti utili all’uomo, di migliorare piante e animali o sviluppare microrganismi utili per usi specifici; esistono quindi da quando esiste la civiltà umana, da quando l’uomo ha incominciato ad usare in modo razionale ciò che aveva intorno a sé: è biotecnologia la produzione del vino, della birra, del pane, dello yogurt, perché per fare queste cose si utilizzano microrganismi.
Oggi però con questo termine ci si riferisce alle cosiddette biotecnologie innovative, alle tecniche capaci di modificare l’informazione genetica degli organismi viventi; queste tecniche sono
L’ingegneria genetica, ossia la manipolazione dell’informazione genetica delle cellule e degli organismi (che comprende anche le terapie geniche, ossia la capacità di intervenire su alcune patologie agendo direttamente sui geni) e la clonazione, la riproduzione cioè di copie identiche dal punto di vista genetico di animali dallo sviluppo embrionale complesso che normalmente in natura non sono in grado di riprodursi in questo modo.
Grazie alle tecniche di manipolazione è oggi possibile inserire, modificandoli se necessario, geni provenienti da una certa specie nell’informazione genetica di un’altra specie completamente diversa: geni animali in batteri o piante, geni umani negli animali… producendo piante o animali “transgenici. Questi nuovi organismi, non presenti in natura, frutto di un’azione dell’uomo sul loro DNA (acido desossiribonucleico, la molecola che contiene i geni) sono anche detti “organismi geneticamente modificati” o semplicemente Ogm.
La clonazione è considerata una biotecnologia se è usata per la produzione (sarebbe una tecnica biologica o medica se applicata all’uomo) e non altera il patrimonio genetico degli individui prodotti. Un clone infatti è un insieme di individui tutti derivati da una sola cellula e quindi tutti identici dal punto di vista genetico.
Il processi di clonaggio avviene comunemente in natura per moltissimi microrganismi, alcune piante e diversi animali. La tanto propagandata novità del clonaggio di pecore, mucche e topi consiste solo nel fatto che in questo caso i gemelli derivano da cellule di animale adulto. Il metodo utilizzato consiste nel prelievo di un nucleo da una cellula di un animale adulto e nelle sua sostituzione al nucleo di una cellula uovo fecondata è cioè pronta a dare origine a un embrione.
Dato che il nucleo contiene gran parte del Dna (un’altra porzione di Dna sta nei mitocondri, organuli che servono per la respirazione cellulare), l’individuo che si svilupperà dall’ovulo trattato avrà il corredo genetico del donatore del nucleo. Le cellule da cui viene fatto il prelievo devono essere di un tipo particolare, detto “staminale” che sono presenti, sia nell’essere umano in formazione, sia in alcuni tessuti adulti (midollo osseo,sangue,sistema nervoso…) dove presentano ancora forti caratteristiche di “giovanilità”, sono, come si dice, ancora non differenziate. La clonazione è perciò molto difficile, con forti rischi di malformazione dell’individuo prodotto e un’altissima percentuale di fallimenti; inoltre si è visto che gli animali clonati nascono con la stessa età del donatore, cioè già vecchi.
Cenni storici
Se il termine viene interpretato in senso lato, le biotecnologie sono nate circa 10 000 anni fa con il passaggio dalla caccia e dalla pesca all’agricoltura. La produzione di cibo è iniziata con il processo detto di domesticazione, che ha implicato fin dall’inizio la scelta (selezione) di animali, piante, microrganismi, particolarmente adatti alle esigenze di quantità e qualità di alimenti dell’ uomo.
Sono stati così selezionati grani con la spiga non caduca, bovini adatti alla produzione di carne, latte, di lavoro e anche microrganismi capaci di fermentare materie prime derivate anch’esse dall’agricoltura per produrre formaggi, vini e altri prodotti alcolici, pane e derivati…
Parliamo così di biotecnologie tradizionali.
-Pasteur, nella seconda metà dell’800, scoprì i microrganismi responsabili della produzione della birra e del vino, comprese la fermentazione del latte e del burro, creò un vaccino per la rabbia, selezionando dei mutanti del virus della rabbia che hanno perso la virulenza rispetto all’uomo; questa è una tecnica che anticipa quelle dell’ingegneria genetica; per questo Pasteur viene considerato “il padre della biotecnologia”
-Con la scoperta delle cosiddette leggi di Mendel (1860), all’inizio del 900 (il termine genetica è del 1906) il miglioramento genetico degli organismi domesticati subì una forte accelerazione per il contributo delle nuove conoscenze dei meccanismi che regolavano la trasmissione dei caratteri ereditari, che permettevano almeno in parte di prevedere i risultai degli incroci effettuati.
-Nel 1944 viene scoperto il Dna e nel 1953 il suo modo di duplicarsi: queste scoperte segnano una linea di demarcazione netta tra biotecnologie tradizionali e biotecnologie innovative.
-Nel secondo dopoguerra, furono fatti ulteriori, importanti progressi nelle scienze genetiche: ad esempio si incrociarono piante appartenenti a specie diverse ottenendone di nuove come il triticale, ibrido tra grano e segale, prodotto nel 1927, ma diventato utilizzabile per la produzione di foraggio resistente al freddo(questo carattere viene dalla segale) solo negli anni sessanta dopo un lungo lavoro di selezione.
-Nei primi anni ‘70 furono isolati da batteri degli enzimi, cioè proteine capaci di tagliare il Dna in punti precisi e furono anche elaborate tecniche per “riattaccare” i pezzi di Dna da un organismo all’altro, producendo così combinazioni genetiche nuove. Nacquero così le biotecnologie avanzate e in particolare l’ingegneria genetica che è l’insieme di operazioni che portano alla costruzione di Dna ricombinati e quindi modificano il patrimonio genetico degli organismi.
Così si è potuto inserire in una pianta il carattere di un batterio che dà la resistenza a un fungo o a un insetto, per evitare di usare l’insetticida, oppure si è resa una pianta resistente a un diserbante per poterne usare in grandi quantità; questi sono i casi della soia e del mais modificati geneticamente che hanno invaso l’Europa.
Il discorso è più complesso quando riguarda gli animali: l’animale diventa una macchina per produrre carne o latte in quantità sempre maggiori e con caratteristiche diverse a seconda delle esigenze del mercato oppure si vuole che l’animale produca anche farmaci, ad esempio proteine o altri prodotti rari come l’ormone della crescita o l’insulina. Inoltre è previsto un utilizzo come “banca di organi”: inserendo infatti geni umani negli animali si possono avere organi umanizzati per i trapianti; in questo settore alcune industrie farmacologiche stanno investendo moltissimo.
Il primo animale transgenico è stato un maiale creato nel 1992 per sintetizzare nel latte una proteina umana.
Aspetti positivi
# Le biotecnologie agrarie vegetali sono indirizzate verso la costruzione di piante transgeniche, prevalentemente di interesse alimentare, dotate di alcune caratteristiche:
- maggior resistenza agli agenti fitopatogeni, in particolare insetti con un minor consumo di antiparassitari ed erbicidi: ad esempio nel Dna del mais è stato inserito un gene di un batterio in modo da produrre una proteina tossica per gli insetti; nella soia invece è stato inserito un gene per rinforzarla contro l’uso di un erbicida, migliorandone così il rendimento;
- maggior resistenza agli stress ambientali (temperature sfavorevoli, siccità, elevato grado di salinità dei suoli, maggior tolleranza a prodotti agrochimici, come diserbanti);
- ritardata velocità di maturazione: un esempio è un tipo di pomodoro non marcescibile le cui pareti cellulari si decompongono più lentamente.
L’ingegneria genetica permetterebbe così alte rese e raccolti resistenti alle malattie, con un miglioramento delle condizioni di vita dei paesi sottosviluppati.
# Nel campo delle biotecnologie applicate agli animali di allevamento le ricerche sono principalmente mirate a ottenere animali per trapianti di organi, varietà animali più adatte all’alimentazione, animali modello per lo studio delle patologie umane.
# Nel settore farmaceutico, le applicazioni, gli investimenti e la commercializzazione su ampia scala sono più avanzati: con la produzione di insulina da parte di un batterio (Escherichia coli) nel quale era stato inserito un gene per la produzione di insulina, è stato evidente il vantaggio che si poteva ricavare dall’utilizzo di queste tecniche.
# I batteri possono essere utilizzati per altri scopi, come il miglioramento di processi produttivi particolarmente inquinanti o la riduzione di forme di inquinamento dell’ambiente.
# Nel campo medico, molte ricerche sono indirizzate verso lo studio del genoma umano e delle mutazioni e verso la terapia genica con la speranza di ottenere risultati applicabili nella cura di gravi malattie, come il cancro e le malattie genetiche, attraverso la sostituzione e l’inserimento di geni non alterati nelle cellule umane. La terapia genica è una scienza recente: il primo tentativo fu effettuato nel 1990 negli USA; le numerose sperimentazioni in corso nel mondo hanno soprattutto lo scopo di migliorare le conoscenze biologiche di base e le metodiche di lavoro.
Rischi e aspetti negativi
Le preoccupazioni riguardano il fatto che la produzione, commercializzazione e consumo dei prodotti transgenici possano avere effetti negativi sulla salute e sull’ambiente; le ricerche sono ancora scarse e forniscono riposte non sempre soddisfacenti anche perché nelle maggior parte dei casi sono condotte dalle stesse multinazionali che producono e commercializzano semi transgenici (Monsanto, Novartis, Agrevo) o prodotti derivati da essi.
Gli USA , che sono il paese più avanzato in questo campo, mostrano scarso interesse per questi problemi: a testimoniare la scarsa attenzione per i rischi del settore biotecnologico sta il fatto che il tempo medio per l’emissione sul mercato di un prodotto biotecnologico è di 4-8 anni, contro una media di 8-11 richiesti per un prodotto chimico nuovo.
I rischi ambientali più importanti che possono derivare dalla coltivazione e dal consumo di prodotti Ogm sono molteplici:
- i cibi potrebbero recare danni alla salute dell’uomo, perché i nuovi geni potrebbero svolgere un’azione tossica o allergica: la soia Ogm permette di fare trattamenti con erbicidi anche prima della raccolta, con il rischio che questi si ritrovino poi nel seme e quindi nel cibo.
Inoltre l’ingestione di cibi Ogm potrebbe aggravare la crescente resistenza agli antibiotici: nell’intestino degli animali vivono miliardi di microrganismi che potrebbero inseririre nel loro Dna i geni della resistenza agli antibioitici presenti in diverse piante e prodotti Ogm; ciò in particolare per ruminanti e pollame che sono attualmente i principali destinatari dei cibi transgenici: di conseguenza questo potrebbe danneggiare anche l’uomo.
- ci sono pericoli di natura sociale, come quello dell’aumento dei prezzi per la protezione brevettale, quello della riduzione della biodiversità per lo scarso numero di varietà trasformate commercializzate; altri pericoli sono legati a modificazioni della struttura del mercato, ad esempio, è stato isolato un gene di un pesce artico che conferisce resistenza al freddo agli organismi che ne sono dotati. Questo gene è stato inserito nelle fragole che ora possono essere coltivate anche nel Nord Europa, con danni per alcuni Paesi mediterranei. Lo stesso gene, se inserito in patate coltivate nella zona andina di origine di questa specie, potrebbe rendere gli organismi modificati troppo competitivi in zone fredde con le specie selvatiche affini, provocando così un danno irreparabile alla biodiversità.
- si assisterà così a una progressiva riduzione della biodiversità di piante e, in futuro, anche di animali, sia per interessi economici, sia perché le piante Ogm risulteranno più resistenti: potrebbero propagarsi senza controllo e diventare infestanti a discapito delle altre varietà.
- potrebbero verificarsi fenomeni di inquinamento genetico ,attraverso il polline, il materiale Ogm decomposto, l’inquinamento del suolo o dell’acqua, l’ingerimento da parte di animali…
- l’etichettatura dei cibi oggi non garantisce ancora del tutto i consumatori circa la presenza di sostanze Ogm, sia perché ne è ammessa la tolleranza dell’1% , sia perché nei prodotti derivati (ad es. oli) non è necessario dichiararlo e il Dna Ogm non è più rintracciabile.
L’Europa importa notevoli quantità di soia Ogm per i mangimi destinati a polli, suini, bovini e pesci. In Italia l’importazione di soia da Brasile, Stati Uniti e Argentina, accomunati dall’uso massiccio di semi transgenici, è aumentata negli ultimi anni in modo esponenziale, dopo lo scandalo “mucca pazza”.
Biotecnologie sostenibili
Da quanto si è detto risulta evidente che ci sono tre scelte possibili:
1) andare avanti per la strada finora percorsa, magari irrigidendo leggermente i controlli e divulgando un po’ meglio i risultati ottenuti, come ovviamente vorrebbero le imprese biotecnologiche e una maggioranza di tecnici e ricercatori del campo specifico;
2) rifiutare ogni prodotto biotecnologico che abbia a che fare con il cibo e l’ambiente; questo è di facile attuazione a parole ma di difficile controllo e attuazione dati i rapporti con gli altri stati e le legislazioni diverse degli altri stati;
3) puntare su biotecnologie veramente sostenibili e cioè non pericolose per la salute e per l’ambiente, soddisfando i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future.
Occorre modificare le leggi attuali, fissando criteri per le sperimentazioni, i test di controllo, regole severe per ottenere le autorizzazioni…; realizzare controlli da parte di organismi indipendenti da qualsiasi interesse economico o politico; informare correttamente i consumatori, in modo da poter fare scelte consapevoli
Bibliografia e sitografia
_“Atti del seminario sulle biotecnologie” - Roma 24-9-1999
_Rivista “Altroconsumo” – nov. 2002
_Sito: Biotecnologie.cjb.net

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