La genetica

Materie:Riassunto
Categoria:Scienze
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LA GENETICA

La genetica è quell'area della biologia che si interessa della ereditarietà, del processo, cioè, mediante il quale certe caratteristiche degli organismi vengono manipolate e trasmesse dai genitori ai figli. La genetica moderna nacque in pratica nel 1866, quando il frate austriaco Gregor Mendel dimostrò le caratteristiche ereditarie del pisello da giardino, Pisum sativum, e fornì quindi delle nuove basi sulle quali stabilire i concetti di ereditarietà. Le teorie di Mendel erano basate sui fattori ereditari, i geni, la cui esistenza fu dedotta da questo ricercatore senza che fosse possibile osservarli e senza che si avesse alcuna informazione su cosa fossero e dove fossero localizzati.
I risultati e le teorie di Gregor Mendel, però, rimasero pressoché ignorati fino a circa il 1900, allorché Hugo de Vries in Olanda, Carl Correns in Germania ed Erich von Tschermak-Seysenegg in Austria, - i quali riscoprirono simultaneamente i lavori di Gregor Mendel e indipendentemente effettuarono esperimenti simili - giunsero pressoché alle stesse conclusioni alle quali era arrivato Mendel. E' ora accettato e noto che i geni decidono le caratteristiche strutturali e la fisiologia di tutti gli organismi, dai piccolissimi virus alle gigantesche sequoia, ai maestosi elefanti e alle immense balene, i più grandi animali mai vissuti sulla faccia della Terra. Tutte queste caratteristiche o, come si dice con maggior precisione, tutti questi caratteri, vengono trasmessi direttamente dai genitori ai figli. E' altresì noto che l'ampia varietà osservata nei tratti ereditari viene causata dalle variazioni che si possono presentare nei geni stessi.
GLI ESPERIMENTI DI MENDEL
Mendel studiò sette particolari caratteristiche dei piselli da giardino e ottenne dei risultati sperimentali che suggerivano che per tutti questi caratteri valessero dei meccanismi ereditari simili. In un esperimento egli fece incrociare delle piante che differivano fra di loro per l'altezza. Ottenne così una discendenza di piante di piselli che risultavano tutte alte e un'altra discendenza di piante sempre basse; Mendel, poi, provò a incrociare la discendenza di piante alte con quella di piante basse trasferendo il polline da una pianta all'altra. Trovò che la progenie di questi incroci (la prima generazione di figli) era costituita da piante tutte alte. Mendel fece quindi in modo che si avesse una autoimpollinazione fra le piante figlie in modo da avere una seconda progenie: tre quarti delle piante di questa generazione erano alte e un quarto basse.
Leggi di Mendel. Da questi risultati Mendel riuscì a dedurre una spiegazione che era valida per il meccanismo della ereditarietà; per far ciò era necessario assumere la validità e la veridicità di certi princìpi: 1) devono esistere dei fattori ereditari o geni; 2) per ogni carattere esistono due fattori; 3) all'atto della formazione della cellula sessuale i fattori ereditari di ogni coppia si separano in maniera del tutto uguale nei gameti (legge della segregazione); 4) i gameti portano solo un fattore per ogni caratteristica ereditaria; 5) i gameti si uniscono fra loro del tutto a caso, indipendentemente dai fattori che trasportano; 6) fattori ereditari differenti si mescolano in maniera indipendente all'atto della formazione dei gameti (legge dell'assortimento indipendente).
Le caratteristiche che apparvero nelle piante della prima generazione - in questo caso le piante alte - sembravano dominare nei confronti di quella che non era comparsa, cioè la caratteristica: pianta bassa. Mendel chiamò quindi l'alta statura carattere dominante e la bassa statura carattere recessivo; al fenomeno fu dato il nome di legge della dominanza.
Di solito si usa una lettera A maiuscola per rappresentare un gene che determina un carattere dominante, e una a minuscola per indicare un gene che determina un carattere recessivo. Quando una coppia di fattori ereditari, o geni, sono dello stesso tipo (AA) si dice che la condizione è di tipo omozigote per quel particolare carattere. D'altra parte se i due membri della coppia sono diversi (Aa), si parla di condizione di tipo eterozigote.
Le piante della seconda generazione nell'esperimento di Mendel erano composte per un quarto da coppie AA, per un quarto di coppie aa e per due quarti da coppie Aa; dato che la statura alta è il carattere dominante sia le coppie AA che quelle Aa portano a questo carattere, e ciò spiega il fatto che tre quarti degli individui della seconda generazione sono alti, mentre la coppia aa corrisponde al carattere recessivo statura bassa. Le forme alternate di un gene, note col nome di allele, si combinano fra di loro per formare differenti tipi genetici, o genotipi. Mendel dimostrò che il rapporto tre quarti/un quarto si verificava per tutti e sette i caratteri delle piante di pisello che egli aveva studiato; dimostrò anche che le coppie separate di geni si comportavano in maniera indipendente l'una dall'altra durante la formazione del gamete.
CROMOSOMI
Le informazioni che Mendel dedusse sui geni e sul loro comportamento erano di tipo puramente speculativo. Gli studi che in seguito sono stati effettuati sulla struttura della cellula e sulla divisione cellulare hanno fornito una chiara prova fisica che ha confermato in pieno le teorie dell'abate austriaco. Oggi si crede, in generale, che i geni si comportino in questa maniera perché essi sono localizzati sui cromosomi (v. genetico, codice), quelle strutture cioè che si ritrovano nel nucleo di ogni cellula di ogni organismo. I cromosomi non hanno tutti la stessa lunghezza e quando vengono colorati in maniera opportuna mostrano delle bande caratteristiche, degli ispessimenti e delle costrizioni.
Le cellule di ciascuna specie vivente contengono un numero fisso e caratteristico di cromosomi. Taluni organismi, come i funghi e le alghe monocellulari, possiedono solo una singola serie, o numero aploide n, di cromosomi all'interno dei nuclei delle loro cellule. Le cellule somatiche della maggior parte degli esseri superiori, compreso l'uomo, possiedono invece due serie, o numero diploide 2n, di cromosomi. Altri gruppi di organismi, infine, come i muschi, le felci, i licopodi e gli equiseti, presentano un'alternanza fra cellule aploidi e cellule diploidi durante le differenti fasi dei loro cicli vitali. Le cellule umane possiedono due serie di 23 cromosomi diversi (2n = 46); le cellule dei piselli ne contengono due serie di sette (2n = 14); le cellule della muffa Neurospora, di tipo aploide, contengono 7 cromosomi che fanno parte di una serie singola e quindi di n = 7.
Meiosi. Nelle cellule diploidi le coppie di geni sono localizzate su siti specifici, detti loci, su ciascun cromosoma. Queste coppie di geni possono essere composte sia da due geni identici che da due alleli. Una cellula diploide quindi contiene due geni per ciascuna caratteristica ereditaria. I gameti, cioè le cellule sessuali di ciascun organismo, contengono però solo un numero aploide di cromosomi (n); l'unione di due gameti, ciascuno proveniente da ognuno dei due genitori, produce uno zigote diploide (2n) dal quale si svilupperà il nascituro. Il processo di divisione cellulare mediante il quale vengono prodotti gameti di questo tipo viene detto meiosi e si verifica sia nei testicoli che nelle ovaie degli animali, nelle antere e nelle ovarie delle piante superiori e nella fase sporofitica (fase diploide, 2n) degli organismi che alternano fasi diploidi a fasi aploidi come le felci, i muschi, gli equiseti e i licopodi. Durante la meiosi una singola cellula di tipo diploide si divide in due cellule, anch'esse diploidi, ciascuna delle quali a sua volta si divide in due cellule, questa volta di tipo aploide. Durante questo processo le due serie di cromosomi si separano, suddividendo così anche i membri delle coppie dei geni. Ciascuno dei quattro gameti risultanti, quindi, contiene solo un gene per ogni carattere e gameti differenti che provengono dallo stesso genitore possono trasportare geni diversi. I postulati di Mendel possono, perciò, essere rielaborati sulla base di quanto abbiamo detto in precedenza e in termini di tipo più fisico, come segue:
1) i geni sono localizzati sui cromosomi; 2) i geni si presentano in coppie e occupano posizioni specifiche, o loci, su una coppia di cromosomi; 3) la prima divisione meiotica separa la coppia di cromosomi, producendo di conseguenza una uguale divisione dei membri della coppia di geni nelle cellule che si vengono a formare; 4) dato che si verificano due divisioni cellulari e solo una replicazione dei cromosomi, il numero di questi ultimi viene dimezzato; 5) la collisione fra un uovo e una cellula spermatica avviene per caso ed è quindi un processo abbastanza improbabile; 6) coppie di geni differenti su coppie di cromosomi separati si comportano in maniera indipendente l'una dall'altra.
Legame e crossing-over. All'inizio del sec. XX Thomas Hunt Morgan utilizzò il cosiddetto moscerino della frutta, cioè la Drosophila melanogaster, per provare una situazione che Mendel non ebbe occasione di incontrare durante i suoi esperimenti, cioè quella nella quale due coppie di geni sono localizzati sulla stessa coppia di cromosomi. In questo caso le coppie di geni non si comportano in modo indipendente, dato che quelli che sono sullo stesso cromosoma tendono a rimanere insieme dopo la meiosi (questo fenomeno è noto con il termine legame o con il corrispondente termine inglese linkage). Le combinazione "legate" scindono e ricombinano il cromosoma: questo processo è noto con il termine inglese crossing over (ricombinazione meiotica). Esso avviene regolarmente durante la meiosi ed in modo del tutto casuale fra ogni coppia di cromosomi in un fascio di quattro. Un processo di crossing-over può essere rivelato per via genetica solo se coinvolge due coppie di geni eterozigoti (gli alleli hanno infatti fenotipi distinti). Le posizioni nelle quali si verificano effetti di crossing-over possono essere osservate, però, mediante un microscopio: in queste condizioni esse appaiono come una struttura a forma di croce chiamata chiasmata.
Mapping. Il crossing-over può essere usato per preparare una vera e propria mappa del cromosoma, nella quale vengono mostrate le posizioni relative dei loci della coppia di geni nota. Due organismi che hanno coppie di geni omozigoti vengono fatte accoppiare e la prima progenie ha coppie di geni eterozigoti (AaBb). Questo eterozigote viene poi fatto incrociare con un ceppo di controllo del genotipo aabb, un vero standard in questo tipo di esperimento e noto appunto come test-cross. La discendenza di un test-cross viene saggiata dalla comparsa del genotipo Aabb e aaBb che può derivare solo attraverso un processo di crossing-over. La frequenza con cui compaiono questi tipi è una misura standard e viene assunta come proporzionale alla distanza fra i due loci all'interno del loro cromosoma. Usando differenti combinazioni di coppie di geni, si può ricostruire una mappa interna di tipo autosufficiente, nella quale il numero di unità mappali viene definito come percentuale di discendenza di un test-cross che è derivata da processi di crossing over.
Il ruolo dei cromosomi. Oggi si sa che i geni sono delle lunghe molecole a forma di nastro chiamate acido desossiribonucleico (DNA) e formano un filamento continuo che costituisce il cromosoma. Diversi studiosi hanno cercato di dare una spiegazione plausibile a questi lunghi insiemi di geni che formano delle catene chiamate appunto cromosomi. In primo luogo, alcune combinazioni che si verificano fra i geni hanno un valore adattivo ed è necessario che siano ereditate come tali. Uno dei modi perché ciò si possa verificare è proprio il fatto che esse si sono strettamente legate con un solo cromosoma. In secondo luogo, i geni che possiedono funzioni correlate fra di loro hanno bisogno di essere attivati simultaneamente; la vicinanza permette loro di essere attivati da un meccanismo di scambio comune. In terzo luogo, l'impacchettamento dei geni in unità facilita la produzione ordinata di cellule figlie nella divisione cellulare.
Il crossing over e l'assortimento indipendente dai geni hanno come risultato la combinazione di geni con formazione di una discendenza nella quale l'assortimento è differente da quello presente nei genitori. Questo processo, che è chiamato ricombinazione, è ritenuto il più importante meccanismo per la generazione di nuovi genotipi. La ricombinazione si verifica più frequentemente fra geni che sono nettamente separati l'uno dall'altro. Anche i geni legati piuttosto strettamente hanno una qualche possibilità del tutto a caso di subire un certo riarrangiamento.
POLIGENI E VARIAZIONI CONTINUE
Mendel spiegò il fenomeno della variazione ereditaria di tipo discontinuo, il quale è espresso in forme separate e distinte che sono associate con una specie di allele, come si verifica ad esempio con i caratteri alto in contrasto con basso e rugoso in contrasto con liscio. La variazione continua di molti fenotipi, però, come ad esempio la lunghezza ed il peso, viene osservata continuamente in natura e dà luogo a una variazione apparentemente ininterrotta da un estremo all'altro. Questo fenomeno, noto come eredità poligenica, deriva da una complessa interazione fra una serie di geni. Il colore della pelle nell'uomo, con tonalità che vanno dal nero attraverso il bruno e il giallo fino al bianco, è un buon esempio di carattere determinato da poligeni. Tuttavia solo un numero infinito di poligeni potrebbe dare una variazione realmente continua.
INTERAZIONI FRA GENI E INTORNO
Il fenotipo di un organismo non è solo modellato dal suo genotipo ma anche dall'interazione di quel genotipo con l'intorno che lo circonda. Il primo a dimostrare questo fenomeno fu, nel 1903, Wilhelm Johannsen con il suo lavoro sull'ereditarietà del peso nei semi dei fagioli nani. Sebbene l'ereditarietà sia di tipo poligenico, ogni singolo fagiolo è normalmente di tipo omozigotico per tutti i suoi poligeni proprio a causa dell'autofecondazione; di qui deriva la variazione. Spesso - come nel caso dell'intelligenza umana - è difficile determinare i contributi relativi sia della variazione genetica che di quella ambientale nei confronti della variazione di un particolare fenotipo.
DETERMINAZIONE DEL SESSO
Il sesso di un individuo è generalmente un fenotipo ereditario. Nelle forme aploidi, gli alleli di una coppia di geni possono determinare il sesso, mentre negli organismi superiori il sesso spesso è associato con una coppia particolare di cromosomi, chiamati cromosomi sessuali. Ad esempio, le cellule umane contengono 22 coppie di autosomi, o cromosomi non-sessuali, e una coppia di cromosomi sessuali. Le donne possiedono due cromosomi sessuali identici (X e X) mentre gli uomini possiedono due cromosomi sessuali differenti (X e Y). La presenza o l'assenza del cromosoma di tipo Y è il fatto che determina il sesso negli esseri umani; quindi è proprio il cromosoma Y che contiene i geni per la determinazione del sesso. In molte piante superiori le antere e le ovarie sono localizzate su piante diverse (piante dioiche) ed alcune di queste presentano una determinazione sessuale del tipo cromosomi X-Y.
Nell'uomo il cromosoma X porta con sé i geni che influenzano quei caratteri che non hanno niente a che fare con il sesso. Dato però che essi si trovano su un cromosoma sessuale di tipo X, presentano delle caratteristiche ereditarie un po' speciali e del tutto differenti dalle caratteristiche ereditarie dei cromosomi non sessuali di tipo autosomale; sembra che il cromosoma Y non possieda controparti a questi geni. La cecità al colore verde rosso e l'emofilia sono due caratteri genetici determinati dai cromosomi a forma di X. I geni X ed Y sono in grado di separarsi in numero uguale nelle cellule spermatiche del maschio e quindi possono produrre un rapporto di 1:1 fra maschi e femmine nelle cellule sessuali femminili (uova) che riescono a fecondare.
LA NATURA DEL GENE
Il materiale genetico presente nella maggior parte degli organismi, il DNA, è un'elica a doppio avvolgimento costituita da una lunga catena di basi nucleotidiche su di uno scheletro formato da fosfato e zucchero: questa struttura è stata proposta da James D. Watson e Francis H.C. Crick nel 1953. Le cellule eucariote contengono due tipi di DNA con sequenze diverse: un DNA unico, una copia del quale è presente in una serie di geni aploidi, e un DNA ripetitivo, copie identiche del quale (un milione o più) si trovano disperse in tutto il cromosoma. I segmenti del DNA unico, probabilmente, contengono geni regolari. L'esatta funzione dei segmenti del DNA ripetitivo non è al momento del tutto nota, anche se essi potrebbero prender parte sia al processo di accoppiamento dei cromosomi sia alla regolazione dell'attività della sequenza del DNA unico.
Il DNA degli organismi eucarioti è come se fosse ripiegato intorno ai nucleosomi - piccole strutture a forma di granello ciascuno consistente di circa 200 coppie di basi che costituiscono il DNA e di strutture proteiche estremamente complesse chiamate istoni. I nucleosomi hanno come principale funzione quella di coadiuvare l'impacchettamento del DNA all'interno del cromosoma. In media, un cromosoma umano ha una lunghezza di circa 0,005 mm.
Durante il processo di divisione cellulare noto come mitosi, la replicazione dei cromosomi forma due cellule figlie identiche, ciascuna delle quali contiene molecole identiche di DNA, assicurando con ciò la perfetta stabilità del materiale ereditario. Si dice che la replicazione del DNA è semiconservativa, volendo significare con ciò che i nucleotidi liberi formano dei legami a idrogeno con ogni metà della doppia elica di DNA che si è srotolata: il risultato di questo processo è la formazione di due doppie eliche, nuove, ciascuna delle quali è costituita da una elica vecchia, derivante dal DNA originale, e da una elica nuova che si è replicata su quella originale.
Il geni del DNA negli organismi eucarioti (in certi virus questa funzione spetta all'RNA) controllano il fenotipo codificando le proteine, che sono le principali molecole di tipo strutturale e catalitico presenti in ogni organismo: i peli, i muscoli, la pelle, i tendini, gli enzimi sono tutti materiali di natura prevalentemente proteica. La sequenza con la quale si presentano le coppie di nucleotidi lungo la catena di DNA stabilisce il corrispondente ordine con cui gli amminoacidi si devono presentare nella proteina codificata da quel DNA. Oltre all'ordine degli amminoacidi, la sequenza delle basi in un DNA stabilisce anche la forma e le funzioni cui va soggetta una particolare proteina: tutto ciò avviene durante il processo della sintesi delle proteine. L'informazione su come costruire una proteina contenuta nel DNA viene copiata su una molecola costituita da un avvolgimento singolo e chiamata RNA messaggero (mRNA), che a sua volta si muove verso il citoplasma dove avviene la sintesi delle proteine. Si possono considerare i nucleotidi nell'mRNA come vere e proprie lettere dell'alfabeto; queste lettere vengono lette a gruppi di tre e ogni gruppo viene chiamato codone; ogni codone identifica un amminoacido. Gli amminoacidi vengono trasportati verso l'mRNA da delle molecole di RNA di trasporto, o tRNA, e quindi la proteina viene per così dire assemblata sulla superficie del ribosoma.
Nell'uomo il DNA in ciascuna cellula contiene circa 3 miliardi di coppie di basi, distribuite tra 22 coppie di cromosomi autosomici e una coppia di cromosomi sessuali nel nucleo oltre che una coppia di cromosomi in ciascun mitocondrio. Se tutto questo DNA fosse disposto in fila, esso sarebbe lungo 1 metro, ma il DNA è compresso nei cromosomi che, se disposti in fila sarebbero lunghi 0,1 mm. Solo il 2% circa del DNA di un individuo forma i geni veri e propri, il resto costituisce o regioni non codificanti che intervallano i geni o regioni non codificanti entro i geni dette intron. La quantità di DNA per cellula varia molto sia nel regno animale sia in quello vegetale e non è legato al gruppo tassonomico di appartenenza (vedi genetico, codice; genoma).
MUTAZIONI
Una mutazione è il processo mediante il quale i geni possono cambiare da una forma a un'altra. Le mutazioni possono essere causate da vari agenti detti mutageni: fra questi, le radiazioni X, quelle ultraviolette, l'acido nitroso, il solfonato di etilmetano, la nitrosoguanidina e diversi altri prodotti chimici; meno frequentemente una mutazione può anche essere indotta spontaneamente a causa di variazioni del tutto casuali e accidentali nella chimica della cellula. Dato che le mutazioni sono variazioni del tutto casuali ed accidentali, la maggior parte dei mutamenti contiene geni danneggiati e che spesso sono completamente non funzionanti. Di solito i mutanti non vivono a lungo in natura; tuttavia, gli studiosi di genetica e gli allevatori possono mantenere a lungo in vita i ceppi mutanti a scopo di studio o per produrre nuove forme vegetali ed animali che possono trovare impiego in agricoltura e nell'allevamento del bestiame. Una mutazione che si verifica nel DNA in genere consiste in una alterazione della sequenza dei nucleotidi e ciò può essersi verificato o per sostituzione, o per aggiunta ed eliminazione o per inserimento di una base; questa sequenza alterata viene tradotta in una sequenza di amminoacidi che è alterata rispetto all'originale e ciò produce un cambiamento nella normale fisiologia di un organismo. L'effetto sulla fisiologia dovuto a una variazione della sequenza degli amminoacidi può essere anche molto drastico, come ad esempio si verifica nel caso dell'emoglobina falceolata. Effetti simili possono anche derivare da mutazioni a livello dei cromosomi causate, ad esempio, da trasposizioni, translocazioni e inserimenti. Le mutazioni che si possono verificare nelle cellule diverse da quelle utilizzate per la riproduzione sessuale sono considerate come una delle principali cause della formazione di cancro nei vari tessuti ai quali queste cellule appartengono.
Tutti gli esseri umani portano con sé un numero considerevole di geni mutanti deleteri e letali, tali mutanti sono recessivi. Ogni accoppiamento è quindi una specie di lotteria, nella quale il neonato rivela se le mutazioni che avevano i genitori sono o no localizzate su loci identici. Ad esempio, se entrambi i genitori sono eterozigoti (Aa) per una coppia di geni nei quali l'allele recessivo è deleterio, un quarto dei loro figli presenterà la malattia genetica del tipo di quella controllata da quel locus. Un consulto genetico può quindi aiutare le coppie che intendono sposarsi e dare precise informazioni su quali malattie potranno manifestarsi nei loro figli.
SVILUPPO DEI GENI
La maggior parte degli organismi inizia la sua esistenza con una fase monocellulare (zigoti); questi si sviluppano poi come strutture massive, pluricellulari, con cellule che presentano differenze consistenti sia nella forma che nella struttura e nelle funzioni. Questo processo, che comprende la crescita e la differenziazione, è chiamato sviluppo. Anche se le cellule della pelle, quelle del cervello, quelle del fegato, e così via, sono enormemente differenziate, esse derivano tutte dallo zigote iniziale in seguito e come conseguenza della replica esattissima del DNA durante la divisione mitotica. Tutto ciò viene effettuato secondo un processo estremamente complesso e non ancora del tutto chiarito, durante il quale geni differenti manifestano la loro azione in tessuti differenti.
Gli esempi migliori di regolazione dovuta a geni vengono riscontrati nei batteri, nei quali i geni che presentano funzioni correlate si trovano raggruppati insieme con una classe speciale di geni regolatori e ciò forma un operone, un'unità cioè che costituisce una specie di controllo. La teoria dell'operone fu proposta da François Jacob e da Jacques Monod nel 1961. I geni regolatori, che normalmente agiscono in risposta a segnali dell'intorno, hanno la funzione sia di assistere che di impedire il passaggio dell'enzima per la sintesi dell'mRNA (mRNA-polimerasi) attraverso e lungo l'operone: questo riesce a controllare l'attività del gene. Finora non si sono trovati esempi soddisfacenti di operoni negli organismi superiori, ma alcuni di essi hanno particolari sequenze di nucleotidi che controllano i processi di sviluppo. Queste sezioni di DNA sono state chiamate "homeoboxes", cioè scatole di regolazione. Esistono almeno sei di queste scatole nel DNA umano e almeno venti nel DNA della Drosophila. Ciascuna scatola è formata da 180 coppie di nucleotidi e funziona da codice per la produzione di una proteina che può legarsi al DNA, mettendolo così in grado di controllare la trascrizione. E' dimostrato che la proteina codificata da una scatola di regolazione ha il compito di regolare batterie di geni coinvolti nello sviluppo. Oltre all'uomo e alla Drosophila posseggono scatole di regolazione organismi quali lieviti, ricci di mare, vermi terrestri e rospi.
GENI NEGLI ORGANULI CITOPLASMATICI
Anche se quasi tutti i geni vengono riscontrati nei cromosomi del nucleo, esistono due tipi di organuli cellulari presenti nel citoplasma, i mitocondri e i cloroplasti, che contengono determinati geni. I fenotipi che vengono determinati da questi geni, sono ereditati attraverso le cellule della madre.
L'ereditarietà di tipo materno, o comunque dovuta a un solo genitore, è stata studiata in maniera molto estesa nei microrganismi, in particolare nelle alghe monocellulari del genere Chlamydomonas, e in diversi funghi. Nelle Chlamydomonas sono presenti sia una certa varietà di fenotipi resistenti ai farmaci che una certa varietà di fenotipi morfologici. Nei funghi la sensibilità a certi farmaci, come l'eritromicina, la paramomicina e l'oligomicina, può essere ereditata per via citoplasmatica, come riescono a fare alcune specie di fenotipi poco cresciuti (i "petites" nel lievito e i "poky" nella muffa del pane Neurospora).
I mitocondri e i cloroplasti possiedono un proprio DNA che ha una struttura circolare ed è diverso dal DNA nucleare per quanto riguarda la composizione in nucleotidi. Questi organuli possiedono un sistema autonomo per la sintesi delle proteine, molte parti del quale vengono codificate dai geni di DNA degli organuli. Molti altri componenti dei mitocondri e dei cloroplasti naturalmente vengono codificati dai geni del DNA nucleare. Questi organuli, perciò, sono costituiti da una miscela di componenti le cui copie carbone di DNA sono localizzate sia nel nucleo che nell'organulo.
Anche geni di mitocondri fungono da codici per le proteine coinvolte nella produzione di adenosintrifosfato (ATP), la principale molecola energetica delle cellule. Si è scoperto recentemente che i soggetti colpiti dalla neuropatia ottica ereditaria di Leber hanno un difetto nel gene dei mitocondri che funge da codice per una proteina coinvolta nel primo stadio della produzione di ATP. La neuropatia ottica ereditaria è una malattia rara che provoca la degenerazione del nervo ottico negli adulti giovani, producendo cecità. E' stata avanzata inoltre l'ipotesi che esistano altre malattie genetiche ereditate dalla madre provocate da mutazioni nel DNA dei mitocondri.
Il meccanismo per la sintesi proteica, specifico del mitocondrio e associato con la forma e la dimensione di questo organulo, ha suggerito a qualche autore che il mitocondrio sia ciò che rimane di una primitiva associazione simbiotica con i batteri. Nella stessa maniera si pensa che i cloroplasti, per la loro struttura e le loro funzioni, ricordino molto da vicino le alghe verdi primitive. Questo tipo di evoluzione, nella quale la complessità dell'organo deriva dall'aver adottato, all'interno, un insieme di cellule più semplici, viene indicato con il termine di simbiosi ereditaria e può aver rivestito una importanza notevole nello sviluppo di quelle che sono le cellule moderne.
GENI E POPOLAZIONI
La genetica mendeliana può prevedere le caratteristiche ereditarie all'interno delle singole famiglie; non può, però, prevedere tali caratteristiche e tali rapporti all'interno delle popolazioni, che sono miscele complesse di famiglie differenti. Per analizzare le distribuzioni genetiche che si verificano a livello di popolazioni, perciò, si deve usare una metodologia differente, chiamata talvolta genetica delle popolazioni. Ogni locus contiene due alleli (A e a) di un gene. Il corredo genetico di una popolazione viene derivato dal fatto di dover considerare ciascun individuo diploide come un sistema monocellulare che possiede due geni su quel locus. Viene calcolato il numero totale di geni A e di geni a in una popolazione e si ottiene così una frequenza allelica per ciascuno di essi. Normalmente la frequenza di A viene chiamata p e la frequenza di a viene chiamata, in modo p + q = 1 (o il 100%). Le frequenze alleliche sono i principali fattori che determinano la struttura genetica delle popolazioni. Se ad esempio l'accoppiamento è casuale, ci sarà un frequenza p² per AA, 2pq per Aa e q² per aa.
La distribuzione dei genotipi che risulta stabile, se sono costanti tutti gli altri fattori, è detta equilibrio di Hardy-Weinberg, dai nomi degli scienziati che lo scoprirono. Almeno a livello fondamentale, l'evoluzione di per sé è qualcosa di più di una variazione nelle frequenze alleliche relative.
I valori reali di p e q su ciascun locus vengono determinati dalla interazione complessa di molte forze, e fra queste è compresa la mutazione da A ad a, la mutazione da a ad A (inversione, che normalmente è meno frequente della mutazione diretta), fluttuazioni di variazioni dovute a piccole popolazioni (che producono una deriva genetica delle frequenze alleliche) e la selezione naturale in favore o contro determinati genotipi. A sua volta, la selezione può essere direzionale: può, alla fine del processo, determinare l'eliminazione di un allele dalla popolazione, può stabilizzare e favorire genotipi intermedi e può anche tendere a mantenere diversi alleli e diversi fenotipi in una popolazione che si sottopone a vari accoppiamenti incrociati (questo fenomeno è chiamato polimorfismo genetico).
I risultati preliminari di un diverso tipo di ricerca genetica sull'evoluzione umana hanno destato una controversia alla riunione dell'Associazione antropologica americana nel 1987. La ricerca consisteva nell'analisi di DNA di mitocondri in campioni di placenta in donne che avevano origini genetiche nei più disparati paesi del mondo. Tale DNA è ereditato solo dalla madre, e per mezzo di studi sulle mutazioni i ricercatori speravano di trovare le tracce dell'origine dell'uomo in una sola sorgente, la prima generazione di uomini. I risultati ottenuti dai genetisti dell'Università della California indicano un albero genealogico dell'uomo con radici nell'Africa subsahariana tra i 140.000 e i 200.000 anni fa. Un altro gruppo, dell'Università di Emory, propose un antenato comune di età simile, ma situato nell'Asia sud-orientale. Gli antropologi però manifestarono grande scetticismo verso questi risultati, detti ipotesi di Eva. La maggior parte degli antropologi ammette che i primi veri esseri umani apparvero molto tempo prima (vedi paleoantropologia).
GENETICA MODERNA
La genetica è un aspetto assai importante di molte aree della biologia pura e applicata. La genetica virale, la genetica microbica, la genetica vegetale, la genetica animale e la genetica umana sono tutte discipline che focalizzano l'attenzione del ricercatore su tipi particolari e specifici di organismi. La ricerca nella genetica molecolare comporta studi sulla struttura chimica e sulla fisiologia; la citogenetica studia la localizzazione del materiale genetico all'interno delle cellule e durante la divisione cellulare; argomento della genetica dello sviluppo sono le funzioni genetiche nei fenomeni embriologici; la genetica del comportamento si interessa del ruolo del gene nel regolare il comportamento di un individuo; infine, la genetica delle popolazioni studia i processi evolutivi.
A livello applicativo la genetica è di uso immediato nella comprensione delle malattie genetiche e delle mutazioni dell'intorno. Se viene usata nell'allevamento di piante e di animali, la genetica può servire per migliorare la qualità e la quantità del cibo. Questa scienza è anche uno strumento fondamentale per comprendere processi biologici che vengono affrontati nella ricerca di base spesso a livello molecolare.
Gli studi di genetica si sono andati sempre più rivelando uno straordinario supporto alla paleoantropologia e allo studio dell'origine e della diffusione dell'uomo sulla Terra. Ricercatori della Stanford University, guidati dal Peter Underhill, hanno analizzato la discendenza in linea paterna di un campione di individui scelti in aree geografiche diverse studiando il cromosoma Y, presente solo nei maschi, e il DNA mitocondriale, che si trasmette solo attraverso la madre. Il risultato della ricerca è che tale DNA trovò il suo assetto definitivo, quello attuale, circa 150.000 anni fa. Il cromosoma sessuale Y trovò invece il suo assetto attuale solo 59.000 anni fa. Le date coincidono con quelle della ricerca genetica precedente che indicavano la comparsa della donna anatomicamente moderna come avvenuta in Africa tra i 200.000 e i 100.000 anni fa.

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