L'idrosfera

Materie:Riassunto
Categoria:Scienze
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Testo

Le acque sotterranee
Quando l’acqua ritorna sulla terra sottoforma di precipitazioni:
- una parte evapora lentamente
- una parte è catturata dalle piante che la restituiscono poi come vapore (attraverso la traspirazione)
- un’altra parte scorre sulla superficie come acque di ruscellamento o dilavanti, che alimentano i corsi d’acqua
- un’ultima parte si infiltra nel terreno.
Se dopo un periodo di siccità si ha una pioggia abbondante, il terreno superficiale non sarà saturo d’acqua, ma appena umido: questo perché l’acqua è penetrata nel sottosuolo dove forma le acque sotterranee. L’acqua sotterranea non deriva solo dalle precipitazioni: può essere considerata piovana anche quella intrappolata nei sedimenti marini, nota come acqua fossile e contenuta in certe rocce sedimentarie; questa si distingue dall’acqua meteorica per il maggiore contenuto in sali. Un altro tipo di acqua è quella contenuta nel magma, detta acqua juvenile, che si libera nell’atmosfera sottoforma di vapore durante le eruzioni.
Acqua capillare e di acqua di infiltrazione
L’acqua meteorica è la più importante fonte di acqua sotterranea: si infiltra nel terreno ed è trascinata verso il basso dalla forza di gravità: dapprima si limita agli strati superficiali, in parte aderisce alle particelle del terreno intorno a cui forma uno strato sottile, in parte scende in profondità. Si chiama acqua capillare quella che rimane aderente alle particelle del terreno, si chiama acqua di infiltrazione quella non trattenuta dalla capillarità che scende fin quando non trova rocce impermeabili. La quantità di acqua capillare nel suolo dipende dalle dimensioni delle particelle presenti: l’acqua è trattenuta dal contatto con la superficie delle particelle; a parità di volume, molte piccole particelle trattengono una quantità di acqua superiore rispetto a poche particelle di maggiori dimensioni. Per esempio rocce formate da clasti fini come l’argilla trattengono più acqua capillare rispetto a quelle formate da clasti grossolani tipo sabbia. L’acqua rimane sempre aderente alle particelle del suolo; gli unici modi in cui può essere rimossa sono l’assorbimento da parte delle radici delle piante e l’evaporazione nell’aria dagli interstizi del suolo.
Porosità e permeabilità delle rocce
La permeabilità e l’impermeabilità delle rocce sono proprietà legate alla porosità: alla presenza di spazi vuoti tra i granuli che compongono le rocce. La porosità si esprime in % di spazio vuoto rispetto al volume totale della roccia. Una roccia è permeabile se le dimensioni medie dei pori sono abbastanza grandi da far scorrere l’acqua; una roccia è impermeabile se i pori sono così piccoli che l’acqua non filtra. Una sabbia i cui granuli sono distanti tra loro è permeabile e porosa, una sabbia compatta (pori in quantità minore) o un’arenaria (pori riempiti di cemento) sono esempi di rocce impermeabili. Ci sono però casi in cui la roccia, anche se è porosa, è impermeabile: accade se i pori sono troppo piccoli perchè l’acqua aderisce alle loro pareti e non riesce a scorrere; l’esempio è l’argilla, i cui grani sono finissimi e molto ravvicinati, perciò è porosa ma ha pochissima permeabilità. Ci sono anche materiali compatti come rocce magmatiche o dolomie e calcari che sono pochissimo porosi, ma possono essere permeabili se hanno numerose fratture: si parla di permeabilità per fratturazione o secondaria.
Falde freatiche
Quando l’acqua penetra nel terreno, si ferma su uno strato impermeabile dove si accumula e occupa tutto lo spazio presente: questa zona si chiama falda freatica e le acque che la occupano falde idriche. La superficie della falda freatica è la detta superficie freatica: al di sopra di essa le rocce sono attraversate transitoriamente dall’acqua, al di sotto i pori della roccia sono completamente saturi d’acqua. Lo strato che si trova al di sopra della falda freatica, quello attraverso cui scorre l’acqua, si chiama zona aerata o zona vadosa: i pori di questa zona contengono acqua capillare e aria e non sono saturi. La superficie freatica non si trova ad un livello fisso: si alza e si abbassa in relazione all’abbondanza delle precipitazioni; dopo un periodo lungo di abbondanti piogge si avvicina alla superficie del suolo spesso fino a formare zone acquitrinose, nei periodi di siccità si abbassa e si riduce di spessore. Il variare del livello e dello spessore della falda freatica fornisce informazioni importanti per lo sfruttamento della falda: la conoscenza del valore della posizione e della base della superficie permettono di stimare il volume della roccia satura di acqua; nota la porosità si può calcolare il contenuto in acqua della falda. La posizione e l’andamento della superficie freatica nei terreni permeabili è rappresentata nelle carte isofreatiche, linee che uniscono i punti di uguale quota della superficie freatica sul livello del mare.
I movimenti delle acque sotterranee
Le acque sotterranee si muovono verso il mare, la superficie freatica segue l’andamento del territorio: è più alta sotto i rilievi e si abbassa negli avvallamenti; gli strati impermeabili al di sotto della falda possono essere variamente inclinati e situati a profondità diversa. Se la superficie freatica interseca la superficie terrestre, l’acqua di una falda emerge originando una sorgente: questa si trova generalmente sui fianchi di una valle, ma può presentarsi anche in pianura o in mare. A seconda delle cause che determinano la fuoriuscita d’acqua dal terreno vi sono vari tipi di sorgenti; in periodi di siccità le sorgenti possono ridurre la propria portata o inaridirsi completamente. Dall’antichità sono stati scavati dei pozzi che consentono di prelevare le acque sotterranee: sono perforazioni che arrivano al di sotto della superficie freatica e da cui si attinge l’acqua. Le falde idriche sono frequenti nelle pianure alluvionali(fatte da sedimenti permeabili), ma vi sono anche nelle rocce porose di terreni collinari o di montagna.
Falde imprigionate
La giacitura delle formazioni rocciose non è sempre parallela al piano dell’orizzonte: vi sono infatti fenomeni di corrugamento che producono l’inclinazione e la curvatura degli strati. A causa di questo fenomeno può capitare che l’acqua sotterranea rimanga imprigionata tra due strati impermeabili: ha origine così una falda imprigionata. Qui l’acqua è sotto pressione e tende a salire, se lo strato di roccia impermeabile è perforato; la superficie alla quale l’acqua arriverebbe se non esistesse la copertura impermeabile è detta superficie piezometrica: se il livello di questa è superiore a quello del suolo, la falda si chiama artesiana. Se un pozzo è scavato in una falda imprigionata l’acqua sale spontaneamente raggiungendo il livello piezometrico; un pozzo scavato in una falda artesiana si chiama pozzo artesiano. Se la bocca di un pozzo si trova al di sotto del livello piezometrico, l’acqua zampilla e si ha un pozzo artesiano zampillante; se la bocca di un pozzo artesiano si trova al di sopra del livello piezometrico l’acqua risale spontaneamente senza raggiungere la superficie e si ha un pozzo artesiano saliente. Le falde imprigionate sono rappresentate tramite l’andamento della superficie piezometrica, che si trova ad un livello superiore allo strato impermeabile che è il tetto della falda; l’andamento della superficie è rappresentato nelle carte da linee isopieze che uniscono i punti della superficie aventi la stessa quota e sono simili alle carte isofreatiche.
Impoverimento delle riserve acquifere
L’acqua sotterranea è usata per scopi industriali, civili e irrigazione dei campi; quella tolta dalle falde è sostituita nell’ambito del ciclo idrogeologico. Se però l’emungimento supera il riciclo naturale, si ha l’impoverimento della falda con conseguente abbassamento della superficie freatica e del livello piezometrico. Ciò accade soprattutto se non vengono eseguiti studi idrogeologici prima del prelievo in modo da poter conoscere i limiti dello sfruttamento e le potenzialità acquifere. L’emungimento indiscriminato può causare vari problemi: se la roccia permeabile è costituita da materiale sciolto, la falda tende a costiparsi e a diminuire il volume: il terreno sovrastante si abbassa. La subsidenza è irreversibile e si è già verificata in luoghi come Città del Messico, dove ha superato un metro. Gli effetti dell’eccessiva estrazione d’acqua si vedono nelle spaccature delle strade e negli spostamenti dei marciapiedi, nelle crepe dei palazzi, alcuni sono addirittura inclinati. Uno dei casi più seri in Italia si è verificato per scopi industriali del porto di Marghera: l’abbassamento ha interessato vasti settori della laguna veneta e Venezia, il fenomeno sembra essere ora sotto controllo. Un emungimento rapido delle falde nelle regioni costiere può avere conseguenze disastrose: l’acqua marina penetra nel suolo verso l’interno e rimpiazza l’acqua dolce con danni per le colture e la flora. Esempi di questo caso si verificano nelle pinete lungo il litorale ravennate.
L’evaporazione dell’acqua
L’acqua scorre dai continenti ai mari, spontaneamente non avviene mai il contrario; il Po da milioni di anni trasporta acqua verso il mare: il fiume è quindi continuamente rifornito di acqua. Il percorso che riporta l’acqua ai continenti e che consente di mantenere un serbatoio di acque dolci è reso possibile dalla trasformazione dell’acqua in vapore. L’evaporazione avviene sulla superficie di laghi, fiumi e specialmente nel contatto tra le acque marine e l’atmosfera grazie a cui l’acqua giunge nell’atmosfera: qui permane per un tot di tempo, successivamente il vapore acqueo è sottoposto ad un processo di condensazione attraverso cui torna allo stato liquido e forma le nubi; in forma liquida o solida l’acqua torna sulla terra sotto forma di precipitazioni.
Umidità assoluta e relativa
La quantità di vapore acqueo che può essere contenuta in un dato volume d’aria è limitata e raggiunge un valore massimo che dipende dalla temperatura. La quantità di vapore contenuta in un determinato volume d’aria è chiamata umidità assoluta (g/m³): i valori riscontrati sulla terra variano da 20/25 g/m³ nelle regioni equatoriali, e 1/2 g/m³ nelle polari. Una massa d’aria che contiene una quantità di vapore acqueo massimo possibile in relazione alla sua temperatura è detta massa d’aria satura. La temperatura per cui la massa d’aria è satura è detta punto di rugiada. Ai metereologi importa maggiormente conoscere il valore dell’umidità relativa, ossia il rapporto percentuale tra l’umidità assoluta e la massima quantità di vapore acqueo che potrebbe essere contenuta nella massa d’aria alla stessa temperatura; se questa è di 50%, si ottiene che la quantità di vapore acqueo presente nell’aria è la metà di quella massima possibile, se è di 100% l’aria è satura. Nel Sahara il valore medio è 10/15%; nelle regioni costiere boreali in inverno si è arrivati all’80/90%. Per misurare l’umidità relativa si usa l’igrometro, il cui tipo più semplice è quello a capello: questo strumento sfrutta la proprietà che ha il capello umano di variare la lunghezza col variare dell’umidità.
La nebbia e le nuvole
La condensazione del vapore acqueo avviene quando la temperatura della massa d’aria scende al di sotto del punto di rugiada: se ciò succede, il vapore acqueo nella massa d’aria è in eccesso rispetto alla quantità minima che può essere contenuta a quella temperatura. Con la condensazione il vapore diventa acqua liquida: le manifestazioni visibili del fenomeno sono la nebbia e le nuvole. La nebbia si forma per contatto di una massa d’aria calda e umida con una superficie fredda: l’aria calda cede calore al corpo freddo e si raffredda; l’abbassamento della temperatura provoca un eccesso di vapore acqueo che poi condensa sottoforma di gocce sospese nell’aria. La formazione delle nuvole segue un processo analogo per quanto riguarda la condensazione; la principale differenza è che la trasformazione che la massa d’aria subisce è una trasformazione adiabatica. In questo tipo di trasformazione l’abbassamento della temperatura di un gas non è dovuto a uno scambio di calore con l’ambiente circostante ma ad una variazione di pressione. Quando una massa d’aria si espande la sua temperatura diminuisce, viceversa aumenta quando è compressa; in una massa d’aria che si espande le molecole occupano un volume maggiore e compiono un lavoro sull’ambiente: le molecole perdono energia e il gas si raffredda. Se l’aria è compressa il lavoro è compiuto su di essa dall’esterno, la massa d’aria prende energia e si riscalda. Una massa d’aria si espande, si raffredda e il vapore si condensa. Le masse d’aria si comprimono e si espandono dopo movimenti di discesa e di salita(es mongolfiera). Le nuvole si formano nelle masse d’aria che si spostano verso l’alto: mentre la massa d’aria sale si raffredda. La diminuzione di temperatura di una massa d’aria con la quota si chiama gradiente adiabatico secco ed è di 1°C ogni 100m; quando la temperatura arriva al punto di rugiada inizia la condensazione: compaiono goccioline del diametro di 1/100mm che rimangono in sospensione e formano una nuvola. L’altezza a cui si forma la nuvola dipende dalla temperatura iniziale della massa d’aria e del suo contenuto in vapore: l’aria continua a salire, ma la condensazione del vapore in acqua fa si che la temperatura scenda più lentamente. La diminuzione della temperatura con la quota dopo l’inizio della condensazione è definita gradiente adiabatico umido e vale 0,6°C/100m. La condensazione del vapore in nuvole e nebbia è favorita anche dalla presenza di particelle che fungono da nuclei di condensazione: sono microscopici granuli che offrono all’acqua una superficie su cui condensare. Nell’atmosfera questo ruolo è svolto da granuli di polline, microcristalli di sale e granelli di polvere. Nella troposfera le nubi si possono trovare dopo qualche centinaio di metri, con addensamenti tra 1000e3000m. Oltre gli 8000m la quantità di nubi diminuisce e a causa di basse temperature si trovare solo nubi composte da aghetti di ghiaccio.
La forma delle nuvole
Le varie forme di nuvole si possono distinguere in due categorie: grosse nuvole che si sviluppano in altezza e nuvole che formano veli molto estesi. Alla prima categoria appartengono le nuvole del cielo estivo e i nuvoloni scuri dei temporali: sono dette nubi cumuliformi o cumuli. Si formano da bolle d’aria calda e umida che vanno verso l’alto e salgono finchè l’aria rimane più densa; nella salita l’aria continua a condensare. Sono esempio dell’instabilità dell’aria e segnalano la presenza di moti convettivi. L’altra categoria è quella delle nubi stratiformi o strati, che hanno uno sviluppo orizzontale e sono responsabili del colore grigio uniforme del cielo. Sono tipiche nuvole stabili: la salita dell’aria calda e umida si arresta presto perché subito è raggiunta la temperatura dell’aria circostante(come se ci fosse un coperchio che impedisce ulteriore salita). Gli strati si formano dopo l’incontro di due masse d’aria, una calda che sale verso una fredda, le si sovrappone e salendo si raffredda.
Spesso si originano nuvole quando una massa d’aria calda e umida è trasportata verso una montagna: l’aria si innalza per superare l’ostacolo, si espande e si raffredda. Le nuvole che si originano così sono chiamate orografiche, perché devono la loro origine ai monti. Si formano sul versante della montagna sopravento, dove si possono verificare precipitazioni intense; sul versante sottovento scompaiono rapidamente: questo perché l’aria più pensante ridiscende e si riscalda per compressione. Il riscaldamento fa innalzare il punto di rugiada e l’acqua presente nella massa d’aria torna allo stato di vapore: si forma un vento caldo e secco perché gran parte dell’umidità è stata persa sul versante sopravento. Il vento caldo e secco, frequente nelle valli alpine, si chiama föhn.
Le precipitazioni
Le nuvole sono formate da piccole goccioline di acqua o da minuscoli cristalli di ghiaccio se la temperatura è bassa: finchè hanno dimensioni piccole riescono a rimanere in sospensione; se l’acqua condensa e si aggiunge alle goccioline, le dimensioni di queste ultime aumentano e se raggiungono dimensioni troppo grandi per rimanere in sospensione, si ha una precipitazione. Le precipitazioni si hanno sotto forma di neve pioggia o grandine; la pioggia è allo stato liquido mentre neve e grandine sono allo stato solido: la neve è formata da cristalli, mentre la grandine è ghiaccio compatto. L’origine della grandine è collegata alle grosse nuvole cumuliformi temporalesche, al loro interno vi sono moti ascendenti e discendenti di aria: le goccioline trasportate in alto congelano e scendono verso la parte media della nuvola; nuova acqua liquida si aggiunge e congela quando i chicchi sono trasportati nuovamente in alto; un chicco di grandine prima di cadere può spostarsi molte volte all’interno della nuvola e ingrandirsi per aggiunta di strati concentrici(tipo una cipolla). Mentre pioggia neve e grandine sono prodotti di condensazione e brinamento che cadono sulla superficie terrestre, rugiada e brina sono gli stessi fenomeni che però si formano direttamente sul suolo.
Regimi pluviometrici
La distribuzione delle precipitazioni sulla terra è disomogenea, vi sono zone a scarsa probabilità di precipitazioni che quindi si definiscono aride e zone in cui sono più abbondanti che si chiamano umide; nella stessa località la quantità di precipitazioni è spesso variabile di anno in anno. Questa variabilità è legata alla formazione e agli spostamenti delle aree di alta e bassa pressione che dipendono a loro volta da altri fattori. Per avere un quadro delle precipitazioni che si verificano su un territorio si costruiscono carte a isoiete(yètos=pioggia); le isoiete sono linee che congiungono i luoghi che ricevono la stessa quantità media di precipitazioni in un dato periodo di tempo. Generalmente sono necessari 30 anni per ottenere indicazioni significative. La distribuzione geografica è rappresentata sulle carte tramite le isoiete annue o le isoiete mensili, nelle carte i valori delle precipitazioni si riferiscono non solo alle piogge, ma anche a neve e grandine espresse come equivalente in acqua di fusione. La ripartizione stagionale e mensile delle precipitazioni in una regione ne determina il regime pluviometrico: è molto importante per le conseguenze sullo sviluppo della vegetazione, sul deflusso e il regime delle acque continentali, sul modellamento del paesaggio e sulle attività umane; i principali regimi pluviometrici seguono fasce longitudinali. Le regioni piovose hanno precipitazioni durante tutto il corso dell’anno, data la continuità del riscaldamento e l’intensità di evaporazione; durante tutto l’anno si verificano due massimi di precipitazione in concomitanza con gli equinozi(regime equatoriale). Nelle regioni tra i tropici e l’equatore il regime pluviometrico presenta due stagioni umide alternate e due secche(regime subequatoriale). Nelle regioni tropicali si ha un solo periodo piovoso in coincidenza del solstizio estivo e per il resto dell’anno asciutto(regime tropicale). Nelle regioni dove soffiano i monsoni si ha alternanza di una stagione piovosa, che coincide col semestre estivo con venti umidi che spirano dal mare, e di una stagione asciutta invernale con venti secchi di terra(regime monsonico). Le regioni che circondano il bacino del Mediterraneo durante l’estate hanno stagione secca, durante l’inverno stagione piovosa(regime mediterraneo); la stagione piovosa è breve nel Mediterraneo orientale e lunga in quello occidentale. Ciò a causa della maggior persistenza dell’anticiclone nelle regioni orientali, mentre in quelle occidentali si risente maggiormente dell’influenza dei venti occidentali atlantici. Le regioni temperate sottoposte all’influsso dei venti occidentali ricevono buone quantità di precipitazioni tutto l’anno, con massimo invernale(regime marittimo). Le regioni interne dei continenti delle zone temperate possono presentare condizioni subdesertiche o prevalenti precipitazioni estive(regime continentale). Nelle regioni polari le precipitazioni sono scarse: si verificano in estate e autunno e sono nevose(regime polare).
Pressione atmosferica e condizioni metereologiche
Vento nuvole e precipitazioni caratterizzano il tempo meteorologico. L’Italia si trova ad una latitudine in cui le stagioni sono ben distinte e le condizioni del tempo cambiano nel corso dell’anno: d’estate le piogge sono scarse e i venti sono brezze che mitigano la calura estiva; anche durante l’inverno il tempo è stabile e le precipitazioni sono ridotte, le temperature sono basse. Le stagioni con tempo instabile sono primavera e autunno. Le perturbazioni atmosferiche dipendono dalla distribuzione delle aree di alta e bassa pressione. Gli anticicloni determinano tempo stabile privo di precipitazioni: l’aria che scende verso il basso si riscalda per compressione, l’aumento di temperatura fa diminuire l’umidità relativa; nelle aree di alta pressione non si formano nubi. Le perturbazioni sono associate alle aree di bassa pressione, i cicloni. L’aria che sale è calda e umida, l’espansione che si verifica in quota ne determina il raffreddamento; si può raggiungere facilmente il punto di rugiada con formazione di nubi e precipitazioni.I barometri, apparecchi che misurano la pressione atmosferica, possono essere usati per previsioni a breve termine delle condizioni metereologiche.Basse pressioni portano perturbazioni, alte pressioni la loro assenza, intermedie variabilità.
Perturbazioni atmosferiche delle medie latitudini
Le condizioni metereologiche alle medie latitudini sono influenzate dalla circolazione generale nella troposfera e dalla corrente a getto del fronte polare: questa è la causa della formazione delle aree cicloniche e delle aree anticicloniche alle nostre latitudini. A bassa quota l’aria calda proveniente dai tropici si incontra alla latitudine di 60° con l’aria fredda che arriva dalle regioni polari; l’aria tropicale del nostro emisfero si muove verso nord est e l’aria polare verso sud ovest. La superficie di contatto tra due masse d’aria con caratteristiche di umidità e temperatura differenti è detta fronte;quello fra la massa d’aria tropicale e quella polare è detto fronte polare. L’aria fredda più densa va sotto l’aria calda più leggera,l’aria calda è costretta a salire e a spostarsi verso il polo lungo un piano inclinato. La corrente a getto del fronte polare ha un andamento sinuoso e forma profonde ondulazioni: in corrispondenza di queste,a bassa quota si determina una perturbazione del fronte polare.Un cuneo di aria fredda circonda l’aria calda,la massa d’aria calda rimane isolata e forma un ciclone;l’aria fredda si trova isolata dentro l’aria calda e forma un anticiclone. Le perturbazioni atmosferiche prevalenti in Italia sono i cicloni delle medie latitudini: nella sua formazione si individuano il fronte caldo,una zona intermedia,il fronte freddo e il fronte occluso,cui sono associati fenomeni tipici. Il fronte freddo è la parte in cui l’aria fredda avanza orizzontalmente e costringe l’aria calda a farlo verticalmente: si formano nubi cumuliformi e le precipitazioni sono da intense a violente. Il fronte caldo è la parte del ciclone in cui l’aria calda scorre sopra l’aria fredda del fronte polare:si formano nubi stratiformi che creano precipitazioni leggere e diffuse.La zona intermedia tra fronte freddo e caldo è interessata da tempo non perturbato; il fronte diventa occluso quando l’aria fredda ha sollevato del tutto l’aria calda:le precipitazioni sono diffuse e intense. Si formano4/5 cicloni delle medie latitudini in rapida successione e si estinguono in una settimana(famiglie di cicloni);si spostano da ovest a est con venti occidentali alla velocità di40/50km/h:queste perturbazioni convergono verso il fronte polare.Nell’emisfero boreale il fronte polare si sposta verso nord in estate e verso sud in inverno seguendo lo spostamento delle aree cicloniche e anticicloniche permanenti: ne deriva uno spostamento delle traiettorie delle perturbazioni extratropicali.D’estate in Europa l’anticiclone delle Azzorre si sposta a nord e quindi anche le perturbazioni transitano più a settentrione, nella zona centrosettentrionale.In inverno l’anticiclone si sposta a sud e le traiettorie scendono di latitudine nell’area mediterranea:ciò spiega la differenza tra il tempo meteorologico estivo e invernale sul Mediterraneo e in Italia. Cicloni tropicali e tornado
I fenomeni metereologici più violenti sono i cicloni tropicali: aree di bassa pressione e di estensione limitata ma con alto gradiente barico orizzontale che determina venti violenti(fino a 500Km/h)uguagliando la velocità delle correnti a getto. Il moto dell’aria è vorticoso e avviene in senso antiorario nell’emisfero settentrionale e orario nel meridionale. L’aria calda e umida sale vorticosamente nella zona esterna del ciclone causando venti e precipitazioni;perduta l’umidità l’aria è più pesante e scende in una zona centrale del vortice, l’aria in discesa si comprime e si riscalda determinando l’innalzamento del punto di rugiada e la scomparsa di nubi e precipitazioni. L’area centrale del ciclone tropicale detta occhio del ciclone è una zona di convergenza dei venti dove l’aria è calma e non ci sono precipitazioni. I cicloni tropicali sono fenomeni violenti perchè nella fascia intertropicale si determinano le depressioni più spinte per la presenza delle masse d’aria più umide e calde. L’alta velocità lineare di rotazione della terra è molto influente nella formazione dei vortici: il luogo d’origine è l’oceano, dove si ha la massima evaporazione e la formazione di aria calda e umida. Il vortice ciclonico mentre ruota su se stesso, si sposta anche di moto traslatorio da est verso ovest. Nel loro moto i cicloni sono soggetti alla forza di Coriolis che li trasporta verso le latitudini più alte. I forti venti nei cicloni e lo spostamento verso latitudini intermedie tendono a colmare le differenze di pressione ed esaurire il ciclone. I cicloni tropicali si trasformano in normali precipitazioni extratropicali:la traiettoria è verso ovest=>le coste orientali della fascia intertropicale sono zone più colpite. In particolare le zone più soggette sono Pacifico occidentale,zone tropicali dell’Atlantico settentrionale, coste orientali dell’Australia e dell’Oceano Indiano. L’energia liberata dai cicloni è notevole e i venti possono provocare gravi danni. I tornado sono più violenti ma di più limitata estensione: le cause che li determinano sono locali, sono detti anche trombe d’aria quando sono sulla terraferma e trombe d’acqua in mare. Si formano da una nube temporalesca,hanno l’aspetto di un lungo e stretto vortice a imbuto che parte dal suolo e arriva alla nube. L’ampiezza è di 200m e la velocità di 800km. Si spostano lentamente e con direzione opposta a quella dei cicloni da sud ovest verso nord est nel nostro emisfero; il percorso è solitamente di qualche km. Le previsioni del tempo
La tecnologia ha permesso di raggiungere grande conoscenza sui fenomeni metereologici, vi sono servizi nazionali che raccolgono dati;esiste sulla terra una vasta rete di stazioni metereologiche che ha permesso di comprendere il meccanismo evolutivo delle perturbazioni e delle loro direzioni: sono oltre10000 più altre600 che lanciano palloni con radiosonde per il rilevamento delle caratteristiche delle masse d'aria. I dati prelevati consentono di costruire le carte in quota; vi sono anche foto scattate dai satelliti. Questi sono di due tipi:un tipo descrive l'orbita polare mentre la terra è ruotata di un arco per cui invia informazioni sulla situazione relativa a fasce terrestri successive. L'altro tipo descrive un'orbita equatoriale alla stessa velocità di rotazione della terra per cui risulta fisso rispetto alla superficie terrestre. I Centri di Controllo Metereologici raccolgono dati:l'elaborazione elettronica consente di fare previsioni del tempo a breve.I metereologi passano poi alla stesura delle carte sinottiche che contengono informazioni di elementi come fronti,isobare,direzioni dei venti.

Esempio



  


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