Il vulcanesimo

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IL VULCANESIMO
1. Come funzionano i vulcani
Le nubi sprigionate da un'eruzione
I vulcani esistono sin dalle origini della Terra; i gas da loro liberati hanno contribuito a produrre la primitiva atmosfera del nostro pianeta. Le eruzioni di materiali liquidi e solidi hanno permesso la formazione della crosta solida e della maggior parte delle rocce. L'attività vulcanica può spesso causare terremoti e ha un ruolo importante anche nello spostamento delle placche secondo la teoria della tettonica a zolle.
Un vulcano è una spaccatura nella litosfera da cui fuoriesce del magma: i materiali magmatici salgono dal profondo bacino ove si sono accumulati, passano attraverso un condotto verticale - una sorta di camino che li mette in comunicazione con la superficie - e infine sboccano all'aperto dove liberano gas e vapori e si trasformano in lava. Il materiale eruttato si raffredda e lentamente giunge a costituire l'edificio vulcanico. Quest'ultimo si sviluppa in uno o più condotti interni con uno o più crateri (o caldere).
L'eruzione può manifestarsi con caratteristiche diverse. Il vulcano può per esempio emettere lava attraverso fenditure aperte sui fianchi dell'edificio (eruzione hawaiiana). Oppure può emettere anche nubi di vapore acqueo se il magma, nella risalita del condotto, incontra una falda acquifera (eruzione freatica). Può lanciare vere bombe di roccia fusa, con esplosioni dovuti a gas imprigionati da un magma troppo denso (eruzione stromboliana). Se le esplosioni si verificano molto in profondità il condotto funge da cannone che spara materiale con grande violenza. Il fenomeno viene chiamato eruzione pliniana, così detta perché di questo tipo fu l'eruzione del Vesuvio, nel 79 d. C., durante la quale perse appunto la vita Plinio il Vecchio. L'eruzione, altre volte, può emettere una nuvola incandescente di gas, cenere, frammenti rocciosi (nube ardente). Oltre ai suddetti materiali il vulcano può eruttare anche pomici, lapilli, polveri e diversi composti aeriformi.
Tra le attività vulcaniche bisogna infine ricordare i vulcani sottomarini e i geyser, manifestazioni vulcaniche secondarie che producono emissioni di colonne d'acqua calda.
2. Dove si trovano i vulcani
Vulcano nell'isola Adonara
Secondo la teoria della tettonica a zolle la parte rigida e esterna della Terra, la litosfera, è composta da placche (o zolle) che si muovono molto lentamente. Alcune placche trasportano i continenti, altre stanno sotto l'acqua degli oceani. Quando due zolle si scontrano, il margine di una delle due può sprofondare nel mantello, causando movimenti di magma e quindi fenomeni vulcanici e terremoti. Questo accade in zone dette di subduzione. Collisioni di questo tipo si verificano nelle regioni affacciate sull'Oceano Pacifico: le coste orientali delle due Americhe, il Giappone, la Kamchatka sono disseminate da vulcani. Anche l'Indonesia, ricchissima di vulcani, si trova al confine tra due zolle. Attualmente i vulcani attivi sulle terre emerse sono circa 600: di questi, un centinaio si trovano in Indonesia.
Vi sono inoltre le dorsali oceaniche, catene montuose di vulcani sottomarini. Si snodano per 6.500 chilometri sotto gli oceani e rappresentano il margine tra due zolle che si allontanano. L'Islanda è una parte di dorsale oceanica che emerge sopra il mare. Ospita infatti numerosi vulcani e geyser. Tra le zone dove si registra un'intensa attività vulcanica ricordiamo anche le Canarie, l'Africa Orientale, le Hawaii e l'Antartide.
3. I vulcani sottomarini
Le isole Hawaii sono di origine vulcanica
Oltre ai vulcani emersi esistono anche quelli sottomarini. Emettono un magma che a contatto con l'acqua provoca un'esplosione. Se l'eruzione non avviene in profondità, può accadere che sul mare compaiano nubi di cenere e di gas. A volte possono emergere banchi di pomice, una roccia porosa molto leggera e che, per questo, galleggia.
L'emersione di materiale vulcanico può dare origine a isole. Le Hawaii, per esempio, non sono altro che sommità di grandi vulcani formatisi con eruzioni sottomarine.
Le dorsali oceaniche, catene montuose che si snodano per 6.500 chilometri sotto gli oceani, sono sede di intensi fenomeni vulcanici. Il magma ascende verso la superficie e fuoriesce dalle aperture in corrispondenza della dorsale, poi si raffredda dando origine a nuove rocce e nuova crosta.
4. Le cause dei terremoti
Epicentro ed ipocentro
I terremoti sono dovuti al liberarsi di energia all'interno del globo. Ciò viene avvertito in superficie come vibrazioni del terreno. Il punto ove tale energia si libera si trova nelle profondità del pianeta ed è chiamato ipocentro. Sulla verticale dell'ipocentro si trova l'epicentro, il punto della superficie dove le vibrazioni sono più violente.
All'interno della Terra agisce continuamente un meccanismo di alterazione di equilibri tettonici e di reazioni per il ripristino dell'equilibrio. Le spinte tettoniche liberano energia che si propaga in forma di onde sismiche, cioè onde elastiche che si muovono attraverso la crosta, il mantello e il nucleo. Queste onde possono vincere la forza che tiene assieme le rocce degli strati, provocando deformazioni elastiche degli strati rocciosi da cui deriva l'energia delle oscillazioni. Dall'ipocentro si propagano onde sferiche (onde di volume) che raggiungono la superficie e arrivano con la massima energia all'epicentro. Da qui si diffondono come onde superficiali, con scosse ondulatorie (in senso orizzontale) e sussultorie (oscillazioni in senso verticale). Quando le scosse sismiche interessano i fondi marini abbiamo i maremoti. Ma esistono anche movimenti sismici semplicemente dovuti ai movimenti del magma o alle eruzioni vulcaniche. Solitamente hanno entità piuttosto lieve e restano legati a fenomeni tettonici.
Sul nostro pianeta i terremoti sono molto frequenti: fin dalla nascita della Terra, se ne possono contare circa 3.000 al giorno. Fortunatamente l'ipocentro è spesso molto profondo - fino a 700 km. - e solo i sismografi avvertono i quasi impercettibili smottamenti del suolo. I più disastrosi terremoti si verificano invece quando l'ipocentro è molto vicino alla superficie. Le regioni più a rischio sono dette fasce sismiche e si trovano ai margini delle zolle tettoniche, generalmente in corrispondenza di grandi catene montuose e della cintura circumpacifica. Per misurare l'intensità dei sismi si utilizzano la scala Richter e la scala Mercalli. La prima valuta la quantità di energia liberata, la seconda l'entità dei danni in superficie.

5. Misura dell'intensità dei terremoti
Il risultato di un terremoto su alcune abitazioni
Esistono diverse scale convenzionali per valutare l'intensità dei terremoti. Le più utilizzate sono la scala Mercalli - oggi modificata in MCS, Mercalli-Cancani-Sieberg - e la scala Richter.
La scala Mercalli misura l'intensità in modo empirico, valutando gli effetti provocati dal sisma. Non tiene conto dell'epicentro e si basa soltanto sull'osservazione dei danni. Fu ideata nel 1897 dall'italiano Giuseppe Mercalli. Nella versione originale prevedeva 10 gradi. Successivamente venne integrata con la scala Cancani - che tiene conto della velocità a cui si muovono le particelle del suolo - e modificata da Sieberg, che la portò a 12 gradi. Al primo grado il sisma non è percepito dalle persone. Al dodicesimo gli oggetti vengono lanciati in aria e la distruzione è totale.
La scala Richter, che risale al 1935, introduce una valutazione più oggettiva che empirica. Si basa sulla quantità di energia che si libera durante il terremoto. Misura l'intensità in magnitudo. La magnitudo è uguale al logaritmo della massima ampiezza dell'onda sismica registrata da un sismografo campione, posizionato ad una certa distanza dall'epicentro. La scala Richter non ha un limite come la Mercalli ma la massima magnitudo finora riscontrata è di 8,9 - in occasione di alcuni tra i terremoti più disastrosi del secolo - e, probabilmente, sulla Terra questo valore non può essere superato.
Più recentemente è stata ideata la scala Kanamori, utilizzata per valutare l'intensità di terremoti che interessano regioni molto vaste.
6. I terremoti più disastrosi
Uno scorcio di Lisbona, rasa al suolo da un sisma nel 1755
Si ritiene che il terremoto più intenso di cui abbiamo riscontri scientifici sia stato quello verificatosi il 22 maggio 1960 in Cile, nella regione a sud di Concepción. Finora è l'unico ad aver misurato i 9,5 gradi della scala Kanamori, il sistema di valutazione di onde sismiche più attendibile per terremoti estesi e molto intensi. Raggiunse la magnitudo di 8,3 della scala Richter. Le vittime furono circa 4.000.
E' difficile dire, in epoca prescientifica, quali siano stati i disastri più violenti, le testimonianze sono infatti poco attendibili e imprecise. In Europa, per esempio, uno dei più celebri terremoti della storia fu quello che rase al suolo la città di Lisbona il primo novembre 1755, che provocò ben 30.000 morti. Una delle catastrofi più gravi di cui si abbia notizia sembra però quella che colpì la regione cinese dello Shansi nell'inverno del 1556 e che causò la morte di circa 830.000 persone. Anche recentemente la Cina è stata teatro di terremoti catastrofici come quello di Tientsin e Tangshan, nel luglio 1976, che raggiunse una magnitudo di 8,2 della scala Richter. In quel caso le agenzie di stampa locali non diffusero dati ufficiali sul numero delle vittime ma si parlò di quasi 750.000 morti.
Recentemente in Iran un fortissimo terremoto ha distrutto la città di Bam e provocato almeno 30.000 morti.
7. Propagazione delle onde sismiche
La propagazione delle onde S e P
Quando si verifica un terremoto si sviluppano onde sismiche di tipo P e di tipo S, che si propagano in ogni direzione. Le onde sismiche di tipo P, che si sviluppano nella prima fase del terremoto, passano attraverso solidi e liquidi. Le onde di tipo S, o di seconda fase, attraversano solo materiali solidi.
Alcune onde raggiungono la superficie terrestre anche dalla parte opposta rispetto a quella dove si è verificato il sisma. Ma qui risultano molto deboli, e non vengono quindi percepite dall'uomo ma solo dai sismografi. La composizione chimica e la temperatura delle rocce attraversate incidono sulla velocità delle onde. Inoltre, passando da uno strato di rocce a un altro con caratteristiche fisiche diverse, le onde possono essere deviate o riflesse. Studiando queste proprietà e confrontando i sismogrammi registrati in diverse zone della superficie, gli scienziati sono riusciti ad ottenere importanti informazioni sulla struttura interna della Terra. Nel 1909 il sismologo Andrija Mohorovich, studiando i sismogrammi relativi a un terremoto avvenuto in Croazia in quell'anno, scoprì che, a circa 60 km di profondità, la velocità delle onde sismiche aumentava improvvisamente. Ciò indicava un brusco cambiamento delle proprietà fisiche delle rocce. Così fu scoperta la discontinuità di Mohorovich (o più brevemente Moho), corrispondente al passaggio dalla crosta al mantello.
Pochi anni dopo fu rilevato che le onde S non riuscivano ad attraversare la parte più interna della Terra. Poiché le onde S possono attraversare solo i solidi, si giunse alla conclusione che la Terra possedesse un nucleo costituito da materiali fluidi. Le incertezze maggiori riguardano la parte interna del nucleo, detta nucleo interno, che si suppone sia solido a causa degli altissimi valori che la pressione raggiunge a quella profondità.
8. Il bradisismo
Il bradisismo, dal greco bradiùs (lento) e seismòs (movimento), è un lento movimento del suolo in senso verticale. Generalmente è di carattere locale e si rende più evidente in prossimità del mare. Il bradisismo è positivo quando è diretto verso il basso, negativo nel caso opposto. Un esempio di bradisismo positivo in vicinanza del mare è testimoniato dal ritrovamento nel secolo scorso del "Macellum", tempio di Serapide, a Pozzuoli. Le tre colonne che fanno parte del tempio presentano a circa m. 3.60 dalla base, e per una fascia di m. 2.70, una grossa quantità di fori praticati da molluschi marini (litodomi), a testimonianza di un lungo periodo di sommersione delle stesse e che si pensa sia durato dal II sec. a.C. al 1000 d.C.. Successivamente il movimento si sarebbe invertito fino al 1538 con la nascita del Monte Nuovo.
L'area di Pozzuoli è stata caratterizzata fino al 1968 da un fenomeno di bradisismo positivo, quindi sono seguiti due periodi di inversione : il primo dal 1970 al 1972 con un innalzamento di 170 cm. ed il successivo dal 1982 al 1984 con un innalzamento di 182 cm.. Nella primavera del 1983 il sollevamento è stato accompagnato da una crisi sismica: i terremoti avvenivano principalmente nella fascia costiera nei pressi di Pozzuoli. Molti edifici furono danneggiati dal sisma, buona parte della popolazione fu costretta ad evacuare e fu fondato un nuovo quartiere di Pozzuoli a Monteruscello. Dal 1984 è ripreso l'abbassamento che è tuttora in atto.
Tempio di Serapide
9. I maremoti
Lo schema di un maremoto
Se l'ipocentro di un terremoto si trova all'altezza del fondo marino o appena sotto si verifica un maremoto. Talvolta questi fenomeni possono avere origine anche da esplosioni vulcaniche sottomarine.
L'onda sismica colpisce l'acqua causandone un movimento oscillatorio di lunga durata, che si può propagare anche per 16.000 chilometri. Si formano così altissime onde, in grado di raggiungere i 40 metri, che viaggiano ad elevatissima velocità, fino a 100 metri al secondo. Le gigantesche onde dei maremoti sono chiamate con l'espressione giapponese tsunami, poiché proprio in Giappone - una zona ad alta attività sismica e vulcanica - i maremoti sono assai frequenti. Il termine si ormai è diffuso in tutto il mondo.

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