Il Rene

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Testo

Il rene

Il rene è l’organo escretore dell'urina. Nell'uomo il rene è costituito da una ghiandola pari e simmetrica, situata nella loggia renale, dietro il peritoneo parietale, nella parte supero-posteriore dell'addome, e si estende dai corpi delle ultime due vertebre toraciche sino alla prima lombare: esistono differenze tra il rene destro, un poco più basso, e il rene sinistro, il cui polo superiore arriva sopra all'XI costa. Il r. ha forma ovoidale, con l'asse maggiore verticale e la concavità volta verso il rachide; presenta superficie esterna liscia color rosso scuro, è rivestito da uno strato connettivale (capsula del r.) e avvolto esternamente da un ammasso di tessuto adiposo, ed è mantenuto nella sua posizione, oltre che da tale tessuto adiposo, dai vasi, dall'uretere e dalla fascia renale. Al centro dell'organo e sino all'ilo, si nota uno spazio, detto seno renale, nel quale si trovano i grossi vasi arteriosi e venosi e i primi tratti dei canali escretori. Sezionando l'organo si possono distinguere due parti: una periferica (sostanza corticale) di colore rosso-giallastro e aspetto granuloso e una centrale (sostanza midollare) di colore rosso scuro e aspetto striato. Quest'ultima risulta costituita da 8-20 formazioni coniche (piramidi renali del Malpighi) disposte radialmente, con base volta verso la periferia e apice verso il seno renale; gli apici si uniscono fra loro in gruppi di 2-4, formando delle sporgenze dette papille renali. La parte corticale è costituita da sostanza parenchimale che si insinua tra le piramidi formando piccole strisce (colonne renali del Bertin); dalla base di ciascuna piramide si irradiano verso la periferia dei prolungamenti di sostanza midollare (raggi midollari o piramidi di Ferrin) che penetrano nella porzione corticale. L'intima struttura renale risulta costituita da un gran numero di tubuli, nei quali è possibile distinguere una parte deputata all'elaborazione dell'urina (nefrone) e un'altra parte collettrice dell'urina stessa (tubuli collettori). Ogni tubulo renale trae origine da un ammasso di vasellini sanguigni, intrecciati e addensati, detto glomerulo del Malpighi, il quale è circondato da una coppa detta capsula di Bowman; capsula e glomerulo formano i corpuscoli renali, detti del Malpighi. La parte attiva del tubulo urinifero è il nefrone, in cui si possono distinguere un tratto iniziale ristretto (detto colletto), una parte flessuosa (tubulo contorto di 1º ordine), cui fanno seguito due tratti di tubulo diritti e stretti, su di loro ripiegati a formare un'ansa (detta di Henle), e infine una porzione di tubulo tortuosa (tubulo contorto di 2º ordine) che sbocca in un canale collettore di maggior volume, detto iniziale, il quale si unifica poi con altri canali analoghi, costituendo tubuli sempre più grandi che, penetrati nelle piramidi del Malpighi, decorrono confluendo fra loro fino a ridursi a 10-30 tubuli capillari per ciascuna piramide, verso le papille renali sul cui apice sboccano. Il liquido secreto, goccia per goccia, finisce nei calici renali, condotti più ampi risultanti dal raggruppamento di più papille, i quali fanno capo, infine, al bacinetto o pelvi renale, che si trova in parte entro il r. e in parte fuori dell'organo sporgendo dall'ilo con una porzione che restringendosi dà origine all'uretere. Ciascun r. riceve dall'aorta addominale un'arteria renale che, oltre a inviare rami destinati alla nutrizione del viscere, porta sangue ai glomeruli, i quali provvedono a setacciarlo e depurarlo. All'interno del parenchima renale, l'arteria manda rami alle piramidi del Malpighi e arteriole che rappresentano i vasi sanguiferi afferenti di ogni glomerulo, dove i capillari, avvoltolandosi fittamente su se stessi, formano un gomitolo o rete mirabile (in cui il sangue non si trasforma però in venoso) dal quale prende origine un'altra arteriola efferente. Il sangue refluo dal r. finisce nella vena renale e quindi nella cava inferiore.
FISIOLOGIA
Il r. ha la funzione di regolare i caratteri dei liquidi extracellulari e rappresenta quindi uno dei più importanti sistemi di protezione del "mezzo interno". Le sue funzioni sono essenzialmente tre: la formazione e l'escrezione dell'urina, che permette all'organismo di eliminare i cataboliti tossici e le sostanze estranee e, al tempo stesso, di mantenere costante il contenuto dell'acqua e degli elettroliti circolanti; la regolazione della pressione arteriosa, funzione in parte connessa con la precedente, perché si esercita soprattutto attraverso la regolazione del metabolismo dell'acqua e degli elettroliti; l'elaborazione di eritropoietina, ormone che stimola il midollo osseo a produrre cellule del sangue. La funzione dei glomeruli renali è essenzialmente quella di filtrare il plasma, permettendo il passaggio nella cavità della capsula di Bowman e quindi nel tubulo sia dell'acqua sia della maggior parte dei soluti, a eccezione delle proteine plasmatiche che restano nei capillari.
FISIOLOGIA: LA FILTRAZIONE GLOMERULARE
La filtrazione glomerulare è regolata dalla pressione idrostatica del sangue nelle anse capillari. In condizioni normali tale pressione è piuttosto elevata (70 mm di Hg) data la brevità dell'arteria renale che deriva direttamente dall'aorta. Alla pressione idrostatica si oppongono quella esistente nella capsula di Bowman (15 mm di Hg) e la pressione osmotica delle proteine plasmatiche che tende a trattenere acqua nei capillari (30 mm di Hg). Quindi in condizioni normali la pressione di filtrazione è uguale a 70-(15+30) mm di Hg, cioè 25 mm di Hg. Oltre alla pressione idrostatica, altri fattori che regolano la filtrazione glomerulare sono: la superficie di filtrazione, cioè il numero dei glomeruli funzionanti, la concentrazione delle proteine plasmatiche che determina il valore della pressione osmotica e la pressione esistente nel tubulo che dipende dalla quantità di liquido ivi contenuto. Le variazioni di pressione nell'arteria renale si riflettono sulla velocità di filtrazione glomerulare meno di quanto sarebbe prevedibile, per l'esistenza nel nefrone di un meccanismo di autoregolazione. La filtrazione avviene attraverso tre strati di membrane; il primo è costituito dalla parete endoteliale dei capillari, il secondo dalla membrana basale di questi, il terzo dalle cellule epiteliali del foglietto interno della capsula di Bowman, dette podociti per la presenza di caratteristici prolungamenti citoplasmatici. Il sistema si comporta come un filtro provvisto di pori con diametro massimo pari a 50 Å. Le sostanze presenti nel sangue, una volta filtrate dal glomerulo, possono passare definitivamente nell'urina oppure venire del tutto o parzialmente riassorbite da parte del tubulo. Inoltre alcuni composti, giunti nel tubulo, possono qui aumentare ancora di concentrazione perché le cellule tubulari aggiungono alla quantità filtrata dal glomerulo un'altra quota da loro escreta direttamente. Altre sostanze, infine, vengono parzialmente riassorbite dal tubulo prossimale e secrete in misura diversa dalle cellule tubulari nella parte distale o nei tubuli collettori.
FISIOLOGIA: LA CLEARANCE
La misura della capacità filtrante del glomerulo può essere effettuata attraverso lo studio delle clearances. La clearance è espressa dal rapporto C=U/P, dove C è la clearance, U la quantità di sostanza eliminata attraverso le urine nell'unità di tempo e P è la concentrazione della stessa sostanza nel plasma a quel tempo. Per le sostanze che vengono filtrate dal glomerulo e non vengono né riassorbite né escrete dal tubulo, la clearance è uguale al volume del filtrato glomerulare; tale è il caso dell'inulina, del mannitolo, della vitamina B12, della glucosammina. Per le sostanze che una volta filtrate dal glomerulo vengono, entro certi limiti, totalmente riassorbite dal tubulo (p. es. glucosio) la clearance è uguale a zero. Per altri composti ancora, p. es. l'acqua, l'urea, l'acido urico, i cloruri, i solfati e i fosfati, la clearance è minore del filtrato glomerulare, poiché tali composti, filtrati dal glomerulo, vengono solo in parte riassorbiti dai tubuli. Infine, quando il meccanismo di secrezione tubulare si somma a quello di filtrazione glomerulare, la clearance è superiore al volume del filtrato glomerulare. Tale è il caso dell'acido p-amminoippurico (o PAI) e della creatinina.
FISIOLOGIA: I PROCESSI DI RIASSORBIMENTO
I processi di riassorbimento e di secrezione che si svolgono a livello dei tubuli renali non solo concorrono alla depurazione dei liquidi circolanti ma anche alla regolazione della pressione osmotica e dell'equilibrio acido-base. Il riassorbimento tubulare può essere attivo o passivo; vengono riassorbiti passivamente l'acqua, i cloruri, l'urea. Il riassorbimento di altre sostanze organiche e inorganiche avviene invece con meccanismo attivo e richiede un dispendio di energia da parte delle cellule tubulari. A sua volta il riassorbimento attivo può essere "massimale" o "a gradiente". Nel primo caso tutta la sostanza presente nel tubulo viene riassorbita, al di sotto di una determinata concentrazione o soglia (Tm) che è caratteristica della sostanza. Nel secondo caso il riassorbimento si ha solo quando esiste un gradiente di concentrazione per quella sostanza tra l'ambiente intratubulare e l'interno delle cellule tubulari. Quando il gradiente viene a mancare, il riassorbimento si interrompe. Sono sostanze a riassorbimento massimale il glucosio, gli amminoacidi, le proteine, l'acido ascorbico, l'acido urico, i fosfati, i solfati, l'acido lattico, l'acido acetacetico. Vengono riassorbiti a gradiente gli ioni idrogeno, sodio, potassio e il bicarbonato. Il riassorbimento dell'acqua è di grande portata; di media l'uomo elimina giornalmente un litro circa di urina mentre i suoi r. filtrano, nello stesso tempo, ben 180 litri di plasma. A livello del tubulo prossimale avviene il cosiddetto riassorbimento obbligatorio dell'acqua, fenomeno di natura puramente osmotica che comporta ca. l'85% del riassorbimento idrico totale. In questo tratto del tubulo l'acqua segue passivamente gli ioni assorbiti, e in particolare il sodio. Nel tubulo distale e nei collettori avviene invece il riassorbimento facoltativo dell'acqua, che riguarda il 15% ca. del totale e che condiziona il volume dell'urina definitiva, cioè l'entità della diuresi. Il riassorbimento facoltativo non è associato necessariamente con quello degli ioni ed è regolato dal livello dell'ormone antidiuretico ipofisario. L'assorbimento elettivo di acqua nei tubuli distali fa aumentare la concentrazione degli ioni nel liquido intratubulare; aumenta anche la pressione osmotica e si realizza così il potere di concentrazione del rene. I fenomeni di riassorbimento attivo di tipo massimale avvengono soprattutto nella porzione prossimale dei tubuli. Il glucosio è una sostanza che va incontro a questo tipo di riassorbimento. La quantità di glucosio che viene filtrata dai glomeruli dipende dalla glicemia, tuttavia solo tracce dello zucchero passano definitivamente nelle urine se il valore della glicemia è al di sotto di certi limiti. Il tubulo prossimale, infatti, riassorbe tutto il glucosio che passa nel filtrato fino a un determinato valore glicemico, o soglia. Anche la creatina e gli amminoacidi vengono riassorbiti con meccanismo massimale simile a quello del glucosio.
FISIOLOGIA: I PROCESSI DI SECREZIONE
Al pari del riassorbimento, anche i processi di secrezione tubulare possono risultare attivi o passivi. Tra i primi si distinguono i processi di trasporto limitato con congegno "a soglia" e quelli di trasporto limitato "a gradiente". Con meccanismo a soglia vengono eliminate numerose sostanze contenenti funzioni basiche, come l'istamina, la colina, l'esametonio, il tetra-etilammonio, oppure acidi, come la creatinina, l'acido p-amminoippurico, i sulfamidici, il probenecide. La secrezione con meccanismo a soglia richiede energia, fornita dalla fosforilazione ossidativa e quindi dall'ATP. Con meccanismo a gradiente sono eliminati soprattutto gli ioni idrogeno e potassio, processo che si svolge soprattutto nei tubuli collettori. Qui avviene anche la secrezione degli ioni ammonio, che si svolge però con meccanismo passivo di diffusione. Quanto si è detto a proposito del riassorbimento dell'acqua e dei sali fornisce un'idea dell'importanza del tubulo renale nel mantenimento della pressione osmotica del sangue. Un meccanismo di regolazione dei vari processi di riassorbimento fa sì che l'eliminazione dei sali e dell'acqua sia perfettamente bilanciata dall'assunzione alimentare. Poiché nei tubuli prossimali il riassorbimento dell'acqua segue in modo passivo quello dei sali, la pressione osmotica dei liquidi ivi contenuti resta uguale a quella del sangue. Nell'ansa di Henle, nel tubulo distale e nel collettore avvengono vari fenomeni che fanno aumentare la pressione osmotica del liquido, come il riassorbimento dell'acqua, controllato dall'attività dell'ormone antidiuretico ipofisario, e la secrezione di ioni idrogeno, potassio e ammonio. Il lavoro di secrezione da parte del tubulo distale e del collettore comporta consumo di energia, che sarebbe molto elevato se non esistesse un meccanismo di risparmio, detto "a contro-corrente", grazie al quale il liquido intratubulare si mantiene molto concentrato nella zona midollare del r. e poco concentrato in quella corticale. Il principio della controcorrente si manifesta nella concentrazione del filtrato e dipende dalla permeabilità all'acqua e all'urea delle pareti del tubulo. Infatti la libera diffusibilità dell'acqua nel tubulo prossimale fa sì che essa possa poi passare dall'interno dei tubuli nell'interstizio del r., e da qui ai tubuli adiacenti. La quantità di liquido che passa nell'interstizio diminuisce progressivamente via via che si procede dalla porzione prossimale del tubulo verso l'ansa, nella parte midollare del r.; ciò è dovuto essenzialmente alla diminuzione progressiva della pressione idrostatica, che è maggiore all'inizio del tubulo per la stretta vicinanza al glomerulo e alle arteriole ivi contenute. In altri termini, data la differente entità degli scambi di acqua tra tubuli e interstizio nei diversi livelli della piramide renale, la pressione osmotica aumenta man mano che si scende dalla regione corticale del r. a quella midollare; si stabilisce così un gradiente di pressione osmotica nella direzione corteccia-midollare, che comporta a sua volta un gradiente di concentrazione dei soluti nella stessa direzione. In tal modo il liquido intratubulare, cioè l'urina, si concentra progressivamente passando dalla zona corticale alla midollare, fino alla papilla renale e ai bacinetti.
PATOLOGIA
Comprende tutte le malattie del nefrone (nefropatie), a loro volta distinte in nefropatie glomerulari e interstiziali, le malformazioni congenite, i disturbi circolatori, la calcolosi, le infiammazioni della pelvi (pielonefriti), i traumi e infine le cisti e i tumori, benigni e maligni. La maggior parte di queste condizioni morbose conduce, se non trattata convenientemente, all'insufficienza renale, caratterizzata da riduzione della capacità di filtrazione ed escrezione, per cui il rene perde la sua funzione depuratrice dell'organismo. Nell'insufficienza renale acuta, il danno si instaura rapidamente e può anche essere reversibile, mentre in quella cronica il danno è la conseguenza di prolungate lesioni parenchimali ed è quasi sempre irreversibile, portando all'uremia e alla necessità di ricorrere a una depurazione (dialisi) mediante l'uso del rene artificiale. Le nefropatie sono di vario tipo, spesso primitive, possono manifestarsi a qualunque età, anche nel bambino; alcune rimangono stazionarie nel tempo o vanno incontro a remissioni temporanee, altre evolvono sfavorevolmente, nonostante la terapia. La loro distinzione è possibile attraverso l'esame istologico di un frammento di tessuto renale prelevato mediante biopsia, che serve da guida per l'orientamento della cura. Le malformazioni congenite vanno dalla mancanza (agenesia) di un rene, a una dislocazione di sede (ectopia), ai difetti morfologici (rene a ferro di cavallo), alla presenza di una o più cisti fino al rene policistico, a un insufficiente sviluppo dell'organo (ipoplasia renale). Quasi sempre questi difetti congeniti comportano conseguenze funzionali, come l'idronefrosi, l'ipertensione arteriosa fino all'insufficienza renale. I disturbi circolatori si riassumono fondamentalmente nella stenosi dell'arteria renale, responsabile di un'ipertensione arteriosa compensatoria, e negli aneurismi dell'arteria renale. La calcolosi è la formazione di concrezioni calcaree che dalle cavità renali migrano successivamente nelle vie urinarie provocando la sintomatologia dolorosa tipica della colica renale. Tra i tumori, il carcinoma renale (un tempo definito ipernefroma) rappresenta l'80% di tutte le neoplasie renali. L'età di massima incidenza è compresa fra i 55 e i 60 anni. Fattori di rischio sono rappresentati dal fumo di sigaretta, dall'esposizione ambientale al cadmio e da alcune malattie geneticamente trasmesse (come la rara malattia di Hippel-Lindau, caratterizzata dalla presenza di angiomi multipli nella retina e nell'encefalo). Il sintomo più importante è l'ematuria, cioè la perdita di sangue con le urine, cui si possono associare dolori lombari, astenia, anemia di vario grado e occasionalmente febbre. Il tumore si diffonde caratteristicamente invadendo i vasi renali e la vena cava. Le metastasi a distanza colpiscono prevalentemente il fegato. La terapia di scelta è costituita dall'intervento chirurgico di nefrectomia. Una menzione a parte merita la ptosi renale o r. mobile, per cui il r. occupa una posizione più bassa nella cavità addominale. Abbastanza frequente, nei soggetti longilinei o in coloro che hanno subito un brusco dimagramento, questa anomalia di posizione determina stiramento del peduncolo vascolare, deviazioni e inginocchiamento dell'uretere, con conseguente stasi urinaria e rischio di serie complicazioni infettive.
MEDICINA: RENE ARTIFICIALE
Biomacchina che sostituisce il r. nei malati che abbiano la funzionalità renale compromessa. Il r. artificiale viene utilizzato soprattutto nell'insufficienza renale cronica in quanto consente l'emodialisi periodica in circuito extracorporeo: con questa metodica si depura il sangue del malato uremico, due o tre volte alla settimana, sostituendo così la funzione renale. Si tratta di dializzatori che mettono a contatto, tramite una membrana semipermeabile artificiale, il sangue del malato con una soluzione di composizione simile a quella del sangue umano normale. I due liquidi, sangue e soluzione depurante, tendono a uguagliare la loro composizione con scambi per diffusione attraverso la membrana porosa che li separa: le sostanze tossiche passano dal sangue alla soluzione, mentre la maggior parte delle molecole utili non vengono sottratte in quanto o sono contenute in proporzione uguale nella soluzione dializzante o sono di dimensioni troppo grandi per attraversare la membrana. In una sola applicazione della durata media di 5 ore, tutto il sangue dell'ammalato passa più volte attraverso il r. artificiale consentendo l'allontanamento dall'organismo della maggior parte delle sostanze tossiche che vi si accumulano nei 2-3 giorni durante i quali il r. non funziona. Sebbene concettualmente semplice, questa tecnica dialitica si realizza attraverso difficoltà operative non trascurabili, derivanti dal fatto che il r. artificiale non è una protesi inserita definitivamente nell'ammalato ma è un apparato extracorporeo con tutti i problemi connessi con la realizzazione del sistema di prelievo del sangue dall'apparato circolatorio dell'ammalato e di restituzione dello stesso.

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