I virus

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Testo

Introduzione

Per comprendere quanto lo studio dei virus sia intricato e complesso, basti pensare che questi microrganismi non hanno ancor oggi una loro definizione specifica.
Dovremmo infatti considerarli organismi viventi o agenti infettivi di altro tipo?
Per rispondere a questo quesito ricorreremo alla definizione di Salvador Lurìa il quale affermò che: “I virus altro non sono che frammenti di eredità in cerca di un cromosoma”.

La struttura dei virus

I virus sono costituiti fondamentalmente da una molecola di acido nucleico inclusa in un involucro proteico denominato “capside”. Tale elemento potrà presentarsi come la successione di una singola molecola proteica o di diversi tipi di proteine ed è proprio questa differenza che determina la specificità del virus.
I virus hanno la possibilità di infettare una cellula solo nel caso in cui essa possegga recettori hai quali le proteine del virus possano legarsi.
Ecco perché, per esempio, il virus del raffreddore attacca esclusivamente le cellule dell’apparato respiratorio umano.
Il virus, essendo privo di citoplasma, può riprodursi solo all’interno della cellula viva, perciò, una volta legata la propria membrana a quella della suddetta cellula, esso potrà iniettare l’acido nucleico abbandonando il proprio rivestimento o entrare in modo completo nella cellula, ove tuttavia la guaina sarà comunque distrutta dagli enzimi presenti che causeranno così la liberazione dell’acido nucleico. Spetta a quest’ultimo dirigere le operazioni di moltiplicazione attraverso i materiali di base della cellula, quali nucleotidi e amminoacidi, nonché tramite fonti energetiche quali molecole di ATP e di tRNA. Come possiamo capire l’acido nucleico, il nocciolo del virus, rappresenta praticamente il cromosoma virale; esso può variare in aspetto e caratteristiche potendo essere composto da un singolo filamento di RNA o da un doppio filamento di DNA. Quando il virus a DNA infetta la cellula, dapprima si riproduce in molte molecole di DNA e successivamente viene trascritto in mRNA iniziando così a svolgere la sintesi delle proteine virali. Similmente, se il virus è a RNA esso si duplica realizzando molti RNA virali, ma viene utilizzato anche direttamente come mRNA.
Il cromosoma virale codifica sempre per le proteine del rivestimento e per uno o più enzimi coinvolti nella duplicazione del cromosoma virale stesso. In alcuni casi esso codifica per i repressori e per le molecole di regolazione ma, nella maggior parte dei virus, i cromosomi codificano anche per gli enzimi che, una volta assemblate le nuove particelle virali, li rendono capaci di “lissare” (demolire) la cellula ospite e di fuoriuscire. Alcuni virus, invece, si introducono nella membrana della cellula ospite e da questa vengono espulsi con un’ processo simile a quello dell’esocitosi. Il ciclo infettivo si completa quando le molecole di acido nucleico virale appena sintetizzate vengono avvolte n nuovi involucri proteici e le particelle virali fuoriescono dalla cellula ospite.

Virus come vettori

La composizione genetica delle cellule batteriche può variare con l’introduzione di molecole di DNA appartenenti ad altre cellule batteriche tramite i plasmidi. I virus possono compiere l’identica azione fungendo da vettori, o carrier, spostando molecole di DNA da una cellula all’altra. Anni di studi approfonditi sui batteriofagi servirono a dimostrare come un’infezione virale potesse causare la nascita di un’intera colonia di cellule batteriche. Questo fenomeno, come si scoprì successivamente, era dovuto alla capacità di alcuni virus di rimanere latenti all’interno della cellula ospite per un lasso di tempo davvero consistente, consentendo così numerosissime divisioni cellulari prima di iniziare un ciclo litico in cui la cellula ospite venisse distrutta. Questi virus furono chiamati batteriofagi o fagi temperati. Il DNA di questi ultimi, come quello del plasmidi F, può integrarsi nei siti specifici del cromosoma ospite e duplicarsi insieme al cromosoma stesso. Tali batteriofagi integrati sono noti come profani e i batteri che li preservano sono chiamati batteri lisogeni. I profani fuoriescono spontaneamente dal cromosoma ospite innescando così un ciclo litico una volta ogni 10000 divisioni cellulari. Gli studiosi, al fine di innescare tale processo, si servono di agenti che erodono gli acidi nucleici come i raggi X o quelli ultravioletti.
I fagi temperati, come i plasmidi, sono molecole di DNA che si duplicano autonomamente e capaci di integrarsi al cromosoma della cellula batterica. Essi tuttavia sono in grado inoltre di “costruirsi” un involucro proteico e quindi di vivere (ma non di duplicarsi) anche all’esterno della cellula ospite.

La trasduzione

La trasduzione è il processo attraverso il quale parti di DNA vengono trasferite da una cellula all’altra; esso è quindi il processo che rende il virus attivo come vettore. Durante un ciclo litico il DNA della cellula ospite di frammenta e spesso, anche se modesto, un quantitativo di tale DNA viene incorporato durante l’assemblaggio delle nuove particelle virali dagli involucri proteici. Poiché il quantitativo di DNA è molto limitato, al virus mancano comunque alcune, o addirittura tutte, le proprie informazioni genetiche. Esso potrà infettare una nuova cellula ma non completare un nuovo ciclo litico. Il cromosoma della nuova cellula ospite potrebbe incorporare i geni portati via dagli ospiti precedenti. Si attuerebbe così quel processo che prende il nome di trasduzione generale poiché tutti i tipi di geni possono esserne i protagonisti. Quando i profagi fuoriescono dal cromosoma ospite per dare inizio ad un ciclo litico, sono in grado di portarsi appresso un frammento del cromosoma ospite; in questo caso, tuttavia, il DNA della cellula ospita non è scelto a caso, ma è limitato, in modo molto specifico, alla porzione del cromosoma ospite contigua al sito d’inserzione del profago. Tale processo è noto con il nome di trasduzione specializzata. Le parti del cromosoma batterico portate da un virus vengono duplicate a mano a mano che il cromosoma virale effettua cicli litici successivi. Se il DNA di uno di questi virus non potesse più staccarsi dal cromosoma del nuovo ospite, i geni appartenenti all’ospite precedente potrebbero restare nel nuovo cromosoma dell’ospite e divenire parte del suo corredo genetico. Per esempio, il batteriofagi temperato chiamato lambda può portare con sé i geni batterici che codificano per gli enzimi specifici per la demolizione del galattosio, cioè i geni dell’operone galattosio. Quando un fago lambda che trasporta l’operone galattosio si trasforma in profago all’interno di una cellula batterica mutante che normalmente non è in grado di sintetizzare uno o più di questi enzimi, la cellula infettata acquista la capacità di utilizzare il galattosio come sostanza nutritiva. La trasduzione assomiglia alla coniugazione in quanto è un processo che riguarda il trasferimento di geni batterici da una cellula batterica ad un’altra; differisce però dalla coniugazione in quanto nella trasduzione i geni vengono trasportati da virus invece che da plasmidi.

Provirus e retrovirus

Anche alcuni virus degli eucarioti, così come i batteriofagi temperati, possono venire integrati all’interno del DNA cromosomico della cellula ospite. Una volta integrati questi virus si chiamano provirus. Tali virus sono di due tipi: virus a DNA e retrovirus a RNA. È noto che un certo numero di virus a DNA possono, a seconda del tipo di cellula che infettano, o iniziare un ciclo litico o inserirsi nel DNA cromosomico della cellula ospite. Un esempio è il virus 40, o SV40, un virus delle scimmie che fu scoperto, per la prima volta, su colture di tessuti usate nella preparazione dei vaccini antipolio. Si scoprì in seguito che SV40 causa il cancro nei criceti appena nati, ma non nelle scimmie che sono i suoi ospiti normali. Il cancro è causato da specifiche proteine, che favoriscono la crescita, prodotte nelle cellule da geni virali. In breve SV40 può introdurre nuovi geni funzionali nel DNA della cellula ospite, come possono farlo anche altri virus a DNA. Al secondo gruppo di virus eucarioti che possono integrarsi nel cromosoma della cellula ospite appartengono e retrovirus a RNA. Il virus HIV dell’immunodeficienza umana, il mortale virus che provoca l’AIDS, è un esempio di retrovirus a RNA. L’integrazione di un virus a RNA in un cromosoma a DNA pone alcuni particolari problemi che vengono risolti da un importante enzima chiamato trascrittasi inversa. Le molecole di trascrittasi inversa si trovano all’interno del capside di un retrovirus a RNA insieme al suo RNA. Una volta entrato nella cellula ospite, l’RNA virale viene copiato dalla trascrittasi inversa per ottenere, dopo una serie complessa di operazioni, una molecola di DNA a doppio filamento. Una volta integrato nel cromosoma ospite, il DNA che deriva dall’RNA virale utilizza le RNA-polimerasi e le altre risorse della cellula ospite per sintetizzare nuove molecole di RNA virale e di proteine, che vengono poi impacchettate in nuove particelle virali. A seconda del sito d’inserzione sul cromosoma ospite, il DNA che proviene dal retrovirus può causare delle mutazioni, in quanto potrebbe interferire con l’espressione dei geni della cellula ospite, o inibendoli o liberandoli dal controllo del repressore. Di solito, tuttavia, la maggior parte di inserimenti di retrovirus non danneggia né distrugge le cellule ospiti, ma diventa un’aggiunta stabile al loro DNA. Se delle cellule destinate a diventare cellule uovo o spermatozoi vengono infettate da questi retrovirus, la loro informazione genetica sarà trasmessa alle generazioni successive.

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