Albert Einstein

Materie:Riassunto
Categoria:Scienze

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Testo

Einstein, Albert

Il fisico Albert Einstein, nato in Germania, poi cittadino svizzero e quindi statunitense (Ulm 1879 - Princeton, New Jersey 1955), contribuì più di qualsiasi altro scienziato alla moderna visione della realtà fisica del sec. XX. Sulla scia degli eventi della prima guerra mondiale, le teorie di Einstein, specialmente la sua teoria della relatività, sembrarono a molte persone la via per giungere a una qualità di pensiero libera e incontaminata, che la guerra e le sue conseguenze avevano praticamente eliminato. Raramente uno scienziato ha suscitato tanto interesse nell'opinione pubblica per la sua dedizione all'accrescimento della conoscenza.
PRIMI ANNI DI VITA
Quando Einstein era bambino, i suoi genitori, ebrei non osservanti, si trasferirono da Ulm a Monaco di Baviera. La sua famiglia si occupava della fabbricazione di apparecchi elettrici, ma nel 1894 la ditta fallì e quindi gli Einstein andarono a vivere a Milano. Fu in questo periodo che Albert Einstein decise ufficialmente di rifiutare la sua cittadinanza tedesca. L'anno seguente, senza aver ancora terminato la scuola secondaria, Einstein non riuscì a superare l'esame di ammissione a un corso di ingegneria elettrica presso l'Istituto federale svizzero per la tecnologia (il Politecnico di Zurigo). Passò quindi l'anno successivo nei pressi di Aarau, frequentando la scuola secondaria cantonale, dove trovò insegnanti eccellenti e ottime opportunità per lo studio della fisica. Einstein tornò quindi nel 1896 al Politecnico di Zurigo, dove nel 1900 conseguì il diploma per l'insegnamento della matematica e della fisica nelle scuole secondarie.
Dopo circa due anni ottenne un posto all'ufficio brevetti svizzero di Berna. Il lavoro lo occupava molto, ma proprio durante questo periodo, dal 1902 al 1909, Einstein pubblicò una sorprendente serie di articoli di fisica teorica, scrivendo la maggior parte di questi lavori nei ritagli di tempo e senza avere la possibilità di contatti con la letteratura scientifica e con altri fisici teorici. Einstein presentò uno di questi scritti all'Università di Zurigo per il conseguimento del dottorato, che ottenne nel 1905. Tre anni più tardi spedì un secondo lavoro all'Università di Berna, diventando libero docente, o lettore, di quella Università. Infine, l'anno successivo, Einstein ricevette un incarico di professore associato di fisica all'Università di Zurigo.
Nel 1909 Einstein fu riconosciuto studioso e pensatore scientifico di primo piano in tutta l'Europa di lingua tedesca. In rapida successione, tenne insegnamenti di fisica all'Università tedesca di Praga e al Politecnico di Zurigo. Nel 1914 arrivò a ricoprire l'incarico più prestigioso e meglio retribuito che un fisico teorico potesse ottenere in Europa: professore alla Kaiser Wilhelm Gesellschaft di Berlino. Sebbene Einstein avesse un doppio incarico di insegnamento all'Università di Berlino, da questo periodo in poi non tenne più alcun corso universitario regolare. Rimase però all'interno dell'Università fino al 1933 e da quell'anno fino al 1955, anno della sua morte, ricoprì un equivalente incarico di ricerca presso l'Institute for Advanced Study di Princeton, New Jersey.
LA SUA OPERA SCIENTIFICA
Gli scritti del 1905. Nel primo dei tre lavori pubblicati nel 1905, Einstein esaminò il fenomeno scoperto da Max Planck, per il quale l'energia elettromagnetica sembra essere emessa dagli oggetti radianti in quantità discrete. L'energia di queste entità, i cosiddetti quanti di luce, era direttamente proporzionale alla frequenza della radiazione. Questa circostanza dava abbastanza da pensare perché la teoria elettromagnetica classica, basata sulle equazioni di Maxwell e sulle leggi della termodinamica, aveva stabilito che l'energia elettromagnetica consisteva in onde propagantisi in un mezzo che pervade tutto lo spazio, l'"etere luminifero", e che le onde avrebbero potuto contenere quantità qualsiasi di energia, anche quantità comunque piccole. Einstein utilizzò l'ipotesi quantistica di Planck per descrivere la radiazione elettromagnetica visibile, cioè la luce. Secondo il pensiero euristico di Einstein, la luce può essere immaginata come formata da particelle discrete di radiazione. Einstein si servì poi di questa interpretazione per spiegare l'effetto fotoelettrico, per il quale certi metalli emettono elettroni quando vengono colpiti da radiazioni luminose di determinate frequenze. Questa teoria e la sua seguente elaborazione, sviluppata dallo scienziato stesso, ha costituito la base di gran parte della meccanica quantistica.
l secondo dei lavori che Einstein pubblicò nel 1905 proponeva la teoria oggi nota come teoria della relatività speciale. Einstein in quel periodo era a conoscenza della teoria dell'elettrone sviluppata da Hendrick Antoon Lorentz, secondo la quale la massa di un elettrone aumenta se la sua velocità si avvicina a quella della luce. Inoltre Einstein sapeva che la teoria dell'elettrone, basata sulle equazioni di Maxwell, presupponeva l'esistenza dell'etere, ma che i tentativi fatti per determinarne le proprietà fisiche non avevano avuto successo. Einstein perciò formulò l'ipotesi che le equazioni che descrivono il moto di un elettrone possano in effetti descrivere il moto non accelerato di qualsiasi particella e di qualsiasi corpo opportunamente definito come rigido. Basò la sua nuova cinematica sulla reinterpretazione del principio di relatività classico, cioè che le leggi della fisica devono avere la stessa forma in qualsiasi sistema di riferimento. Come seconda ipotesi fondamentale Einstein suppose che la velocità della luce rimanesse costante in tutti i sistemi di riferimento, come era previsto dalla teoria maxwelliana classica, e abbandonò l'ipotesi dell'etere cosmico, dato che non aveva alcun ruolo nella sua cinematica e nella sua reinterpretazione della teoria dell'elettrone di Lorentz. Una conseguenza della teoria di Einstein è il fenomeno della dilatazione del tempo, per cui il tempo, analogamente a ciò che avviene per la lunghezza e la massa, è funzione della velocità del sistema di riferimento (v. Fitzgerald-Lorentz, contrazione di).
Alcuni mesi più tardi, ma sempre nel 1905, Einstein elaborò la teoria secondo la quale, in un certo senso, massa ed energia sono equivalenti. Einstein non fu il primo a proporre tutti gli elementi che facevano parte della teoria della relatività speciale, ma fu il primo a unificare importanti enunciazioni della meccanica classica e dell'elettrodinamica maxwelliana.
Il terzo lavoro di Einstein, pubblicato nel 1905, riguardava la meccanica statistica, un campo di studio elaborato tra gli altri da Ludwig Boltzmann e Josiah Willard Gibbs. Senza conoscere le ricerche di Gibbs, Einstein sviluppò il lavoro di Boltzmann e calcolò la traiettoria media di una particella microscopica urtata in collisioni casuali dalle molecole di un fluido o di un gas. Einstein osservò che i suoi calcoli potevano spiegare il fenomeno del moto browniano, cioè il movimento disordinato del polline immerso in un liquido, osservato per la prima volta dal botanico inglese Robert Brown. Il lavoro di Einstein dimostrò l'esistenza di molecole di dimensioni atomiche, esistenza che aveva già dato origine a numerose discussioni teoriche. I suoi risultati furono ottenuti indipendentemente anche dal fisico polacco Marian von Smoluchowski e più tardi vennero rielaborati dal fisico francese Jean Perrin.
La teoria della relatività generale. Dopo il 1905, Einstein continuò a lavorare in tutti e tre questi campi. Contribuì largamente agli sviluppi della teoria quantistica, ma cercò soprattutto di ampliare la teoria della relatività speciale, estendendola ai fenomeni concernenti l'accelerazione. La chiave per questa elaborazione vide la luce nel 1907 con l'enunciazione del principio di equivalenza, secondo il quale l'accelerazione gravitazionale non si può distinguere a priori dall'accelerazione causata da forze meccaniche: la massa gravitazionale è perciò identica alla massa inerziale. Einstein elevò questo principio, che è implicito nelle teorie di Isaac Newton, a principio guida del suo tentativo di spiegare sia l'accelerazione elettromagnetica che quella gravitazionale come facenti parte di un unico insieme di leggi fisiche. Così nel 1907 propose che, se la massa è equivalente all'energia, il principio di equivalenza richiede che la massa gravitazionale interagisca con la massa apparente della radiazione elettromagnetica, compresa quella della radiazione luminosa. Nel 1911 Einstein fu in grado di prevedere che un raggio di luce proveniente da una stella lontana, passando vicino al Sole, viene attratto, e leggermente deviato, in direzione della massa solare. Allo stesso modo, la luce che si irradia dal Sole interagisce con la massa solare e il risultato di questa interazione è una leggera variazione dello spettro ottico solare verso la sua estremità infrarossa. A questo punto Einstein sapeva anche che ogni nuova teoria della gravitazione avrebbe dovuto tenere conto di una piccola ma persistente anomalia del moto del pianeta Mercurio intorno al Sole.
Verso il 1912 Einstein iniziò una nuova fase delle sue ricerche sulla gravitazione con l'aiuto del matematico Marcel Grossman, suo amico, per riformulare le sue teorie utilizzando il calcolo tensoriale, elaborato da Tullio Levi-Civita e Gregorio Ricci-Cubastro. Il calcolo tensoriale facilitava enormemente i calcoli nello spazio-tempo a quattro dimensioni (v. cosmologia;spazio tempo). Einstein ricavò questa nozione, da un'elaborazione matematica della sua teoria della relatività speciale fatta da Hermann Minkowski. Einstein chiamò il suo nuovo lavoro col nome di teoria della relatività generale e, dopo alcuni tentativi, alla fine del 1915 ne pubblicò la forma definitiva. In essa il campo gravitazionale era espresso da equazioni covarianti, perché così, come per le equazioni di Maxwell, le equazioni del campo assumono la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento equivalenti. Dimostrando la propria validità fin dall'inizio, le equazioni covarianti del campo fornirono il moto osservato di Mercurio intorno al Sole. La teoria della relatività generale di Einstein nella sua forma originale è stata verificata in numerose occasioni, e in particolar modo nelle spedizioni per le eclissi solari, le quali permisero di verificare la previsione di Einstein per la deflessione della luce dovuta al campo gravitazionale.
GLI ULTIMI ANNI DI VITA
Quando le spedizioni inglesi, in occasione dell'eclissi solare del 1919, confermarono le previsioni di Einstein, lo scienziato venne lungamente celebrato dalla stampa popolare. Anche la sua etica personale aveva acceso l'immaginazione della gente. Einstein, che dopo il suo ritorno in Germania nel 1914 non richiese la cittadinanza tedesca rifiutata anni prima, entrò a far parte del piccolo gruppo di professori tedeschi pacifisti che non appoggiava la politica degli armamenti della Germania. Dopo la fine della guerra, quando gli alleati vittoriosi tendevano a escludere gli scienziati tedeschi dagli incontri internazionali, Einstein, un ebreo che viaggiava con passaporto svizzero, fu considerato accettabile come rappresentante tedesco. La sua visione politica di pacifista e sionista, lo fece entrare in conflitto con i conservatori tedeschi che lo bollarono di tradimento e disfattismo. I riconoscimenti pubblici tributati alla sua teoria della relatività gli valsero anche, negli anni Venti, furiosi attacchi da parte dei fisici antisemiti Johannes Stark e Philipp Lenard, uomini che, dopo il 1932 cercarono di fondare in Germania la cosiddetta fisica ariana. Le circostanze in cui Einstein ricevette il premio Nobel nel 1921 dimostrano come la teoria della relatività rimanesse discutibile e controversa per i fisici più rigidi e chiusi; infatti il premio fu assegnato ad Einstein, non per la relatività, ma per il suo lavoro del 1905 sull'effetto fotoelettrico.
Con l'avvento del nazismo in Germania, Einstein si trasferì negli Stati Uniti e abbandonando il suo pacifismo, convenne, sia pure con riluttanza, che il nuovo stato di cose poteva essere cambiato soltanto con la forza delle armi. In questo contesto Einstein inviò una lettera al presidente Roosevelt, con la quale lo spingeva a istituire un programma di ricerca per la realizzazione della bomba atomica, prima che lo facesse la Germania. La lettera, scritta dall'amico di Einstein, Leo Szilard, fu uno dei molti scambi di opinioni avuti tra Einstein e la Casa Bianca e contribuì alla decisione di Roosevelt di fondare il progetto Manhattan.
Sebbene fosse considerato dall'opinione pubblica un eroe delle cause impopolari, come la sua opposizione negli anni Cinquanta alla Commissione sulle attività antiamericane del senatore McCarthy, le sue iniziative a favore del disarmo nucleare, le maggiori energie di Einstein erano comunque rivolte ancora ai problemi della fisica. All'età di 59 anni, quando altri fisici teorici avevano ormai abbandonato da tempo le ricerche scientifiche originali, Einstein insieme ai suoi collaboratori Leopold Infeld e Banesh Hoffmann giunse a nuovi e importanti risultati nella teoria della relatività.
Fino al termine della sua vita Einstein cercò di elaborare una teoria unificata dei campi (v. interazioni fondamentali), con la quale i fenomeni della gravitazione e dell'elettromagnetismo potessero essere derivati da un unico gruppo di equazioni. Pochi fisici seguirono la strada di Einstein negli anni dopo il 1920, dato che la loro attenzione fu attirata più della fisica quantistica che dalla relatività. Da parte sua, Einstein non riuscì mai ad accettare la nuova meccanica quantistica con il suo principio di indeterminazione formulato da Werner Heisenberg ed elaborata in un nuovo modello epistemologico da Niels Bohr. Sebbene le ultime idee di Einstein siano state abbandonate per diversi anni, adesso i fisici si stanno dedicando seriamente e con grande impegno alla realizzazione del sogno di Einstein: una grande unificazione delle teorie fisiche.

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