Affascinate scienza delle leggi del cielo...

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Sommario
Astronomia
-Origini
3
Astronomia Babilonese
Astronomia Greca
4
Astronomia Moderna
5
Astronomia nei raggi gamma
Astronomia a raggi gamma
Astronomia nell’infrarosso
6
Astronomia nell’ultravioletto
7
La teoria Copernicana
La teoria di Newton
8
La Galassia
9
Il Cosmo
10
Coordinate astronomiche
Orbita
11
Leggi del moto
Elementi orbitali
Perturbazioni
12
Eclittica
13
Il Sistema Solare
14
I pianeti:
• Mercurio
• Venere
15
-Esplorazione, atmosfera, caratteristiche del pianeta Venere
16
• Terra
17-18-19
• Marte
19
-Aspetto, osservazione dalle sonde, atmosfera del pianeta Marte
20
-Superficie interna
21
-Ricerca della vita
22
• Giove
22
-Composizione, satelliti e anelli del pianeta Giove
23
• Saturno
-Esplorazione del sistema
24
-L’interno, l’atmosfera, la magnetosfera, il sistema e i satelliti del pianeta Saturno
25
• Urano
26
• Nettuno
27
• Plutone
28
Costellazioni
29/33
Asteroidi
34
Stelle Vicine
35-36
Satelliti e Asteroidi
36-37
Astronomia
Scienza che si occupa di tutti i corpi celesti dell'universo, inclusi i pianeti, i satelliti, le comete, gli asteroidi, le stelle, la materia interstellare, le galassie e gli ammassi di galassie. La moderna astronomia si divide in branche distinte: l'astrometria, cioè lo studio e l'osservazione delle posizioni e dei moti degli astri; la meccanica celeste, cioè lo studio matematico dei loro moti come descritto dalla teoria della gravitazione; l'astrofisica, cioè lo studio della loro composizione chimica e del loro stato fisico, condotto sulla base dell'analisi spettrale e delle leggi della fisica; e, infine, la cosmologia, cioè lo studio dell'universo nel suo insieme.
Origini
Già in tempi remoti, l'alternarsi del giorno e della notte e le osservazioni delle posizioni del Sole, della Luna e delle stelle suscitarono l'interesse dei popoli antichi che ben presto cominciarono a utilizzare il moto regolare degli astri per misurare il tempo e per orientarsi sulla superficie terrestre. L'astronomia si sviluppò a partire da problemi quotidiani quali, ad esempio, la necessità di individuare la propria posizione durante i lunghi viaggi, oppure di stabilire i periodi adatti per la semina e la mietitura delle messi, o per le celebrazioni religiose. I popoli antichi notarono che l'aspetto del cielo mutava con regolarità. Il Sole, che divide il giorno dalla notte, sorge ogni mattina in una certa direzione, l'oriente, si muove nel cielo nel corso della giornata e tramonta nella direzione opposta, l'occidente. Di notte sono visibili migliaia di stelle che seguono un percorso simile, spostandosi in gruppi numerosi attorno a un punto fisso, noto come polo celeste.Anche la diversa durata del dì e della notte venne notata già nell'antichità. Nel corso delle giornate più lunghe il Sole, visto dall'emisfero boreale, sorge spostato verso nord rispetto all'est e raggiunge la sua massima altezza in cielo a mezzogiorno; nel periodo delle giornate corte, invece, sorge spostato verso sud e rimane più basso sull'orizzonte. L'osservazione delle stelle che appaiono a occidente dopo il tramonto, o a oriente prima dell'alba, mostra che la posizione del Sole rispetto alle stelle cambia gradualmente. Furono forse gli egizi i primi a scoprire che esso si muove attraversando tutta la sfera delle stelle fisse in circa 365 giorni. Studi ulteriori mostrarono che il Sole, la Luna e cinque pianeti brillanti si muovono tra le stelle restando all'interno di una stretta fascia detta zodiaco. La Luna percorre lo zodiaco velocemente, superando il Sole ogni 29,5 giorni circa, e a questo intervallo di tempo venne dato il nome di mese sinodico. Osservando le stelle, gli antichi tentarono di organizzare una ripartizione del tempo in giorni, mesi e anni, stabilendo un calendario.Il Sole e la Luna attraversano lo zodiaco da occidente verso oriente, mentre i cinque pianeti brillanti (Mercurio, Marte, Venere, Giove e Saturno) mostrano un moto generale verso occidente, eccetto in alcuni periodi in cui si osserva un moto retrogrado. In queste fasi i pianeti sembrano muoversi in modo casuale verso oriente, compiendo dei cammini chiusi nel corso del loro spostamento. Fin dai tempi antichi, la gente ha immaginato che gli eventi del cielo, in modo particolare il moto dei pianeti, fossero connessi con le vicende terrene e questa credenza, che oggi rappresenta la base dell'astrologia, ha incoraggiato lo sviluppo di modelli matematici per la previsione dei moti planetari favorendo, in passato, il progresso dell'astronomia.
Astronomia babilonese
Interessanti mappe delle costellazioni e utili calendari vennero sviluppati da vari popoli antichi, in particolare dagli egizi, dai Maya e dai cinesi; furono però i babilonesi a raggiungere i risultati più interessanti. Per perfezionare il loro calendario, essi studiarono i moti del Sole e della Luna; facevano corrispondere l'inizio di ogni mese con il primo giorno dopo la Luna nuova, quando la prima falce di Luna crescente appariva dopo il tramonto. Intorno al 400 a.C. essi notarono che il moto apparente del Sole e della Luna, da ovest verso est, non avveniva a velocità costante, ma che i due corpi celesti sembravano muoversi con velocità crescente per mezza rivoluzione fino a raggiungere una velocità massima fissa, per poi decelerare fino alla velocità iniziale. Per spiegare questa evidenza essi formularono i primi modelli matematici sul moto degli astri, mediante i quali poterono prevedere il verificarsi della Luna nuova e quindi l'inizio esatto di ogni mese. In modo simile calcolarono le posizioni e le velocità dei pianeti, sia nel moto generale verso est, sia nelle fasi di moto retrogrado. Gli archeologi hanno ritrovato centinaia di tavolette scritte con caratteri cuneiformi che mostrano tali calcoli.
Astronomia greca
Gli antichi greci portarono importanti contributi teorici all'astronomia. L'Odissea di Omero contiene riferimenti ad alcune costellazioni (come il Grande Carro e Orione) e alle Pleiadi, e descrive come le stelle servissero per la navigazione. Nelle opere di Esiodo si trovano invece informazioni di carattere astronomico, utilizzabili per individuare il miglior momento per l'aratura, la semina e la mietitura. Contributi scientifici significativi sono associati ai nomi dei filosofi Talete di Mileto e Pitagora di Samo, ma di essi non rimangono documenti scritti. La leggenda secondo la quale Talete predisse correttamente l'eclisse totale di Sole del 28 maggio 585 a.C. è probabilmente apocrifa. Intorno al 450 a.C. i greci iniziarono a studiare con successo il moto dei pianeti. Filolao (vissuto nel V secolo a.C.), sostenitore della teoria pitagorica, propose che la Terra, il Sole, la Luna e i pianeti si muovessero attorno a un fuoco centrale nascosto alla vista da una "contro-Terra" interposta. Secondo la sua teoria, la rivoluzione della Terra attorno al fuoco ogni 24 ore spiegava il moto giornaliero del Sole e delle stelle. Intorno al 370 a.C. l'astronomo Eudosso di Cnido spiegò i moti osservati supponendo che le stelle si trovassero sulla superficie interna di un'enorme sfera che ruotava attorno alla Terra in 24 ore. Inoltre, per spiegare il moto del Sole, della Luna e dei pianeti, egli suppose che, all'interno della sfera delle stelle, vi fossero molte altre sfere trasparenti che ruotavano con direzioni e velocità diverse. Il più acuto osservatore del cielo dell'antichità fu probabilmente l'astronomo greco Aristarco di Samo. Questi era convinto che i moti degli astri nel cielo fossero spiegabili con l'ipotesi che la Terra ruotasse attorno a un proprio asse una volta al giorno, orbitando come gli altri pianeti attorno al Sole. Questa spiegazione venne rifiutata dalla maggior parte dei filosofi greci i quali, sulla base di una teoria geocentrica rimasta praticamente inalterata per circa 2000 anni, ritenevano che la Terra fosse una sfera immobile attorno alla quale orbitavano i corpi celesti, leggeri e incorporei. I greci avvalorarono le loro teorie con osservazioni dei corpi celesti accurate e organizzate. Tavole celesti in cui era riportata la posizione di oltre 1000 stelle brillanti vennero compilate da Ipparco di Nicea (II secolo a.C.) e da Tolomeo (II secolo d.C.). Abbandonando le sfere di Esiodo per un più pratico sistema di cerchi, i due astronomi rappresentarono il moto generale degli astri sulla fascia dello zodiaco per mezzo di una serie di cerchi con la Terra vicino al centro comune. Le periodiche variazioni di velocità del Sole e della Luna e il moto retrogrado dei pianeti potevano essere spiegati con una scelta appropriata dei diametri e delle velocità dei cerchi ascritti a ciascun corpo. La tradizione dell'astronomia greca fu mantenuta viva anche da Ipatia, una seguace di Platone vissuta ad Alessandria d'Egitto nei primi secoli dell'era cristiana. Ella scrisse dei commentari su argomenti di matematica e di astronomia e viene oggi considerata la prima importante scienziata e filosofa dell'Occidente. L'astronomia greca venne trasmessa in Oriente, ai siriani, agli indiani e agli arabi. Nel IX e nel X secolo gli astronomi arabi compilarono nuovi cataloghi stellari e svilupparono precise tavole dei moti planetari, ma benché fossero eccellenti osservatori, portarono pochi contributi importanti alle teorie astronomiche. Le traduzioni dall'arabo dell'Almagesto di Tolomeo stimolarono l'interesse per l'astronomia anche in Europa, dove vennero compilate tavole del moto dei pianeti e si divulgarono le teorie del sistema tolemaico. Successivamente il filosofo e matematico tedesco Niccolò Cusano e Leonardo da Vinci misero in dubbio l'assunzione fondamentale della centralità e immobilità della Terra.
Astronomia moderna
Dopo l'epoca di Newton, l'astronomia si ramificò in varie discipline. Con la legge di gravitazione, il vecchio problema dei moti planetari venne studiato alla luce della recente meccanica celeste; il miglioramento dei telescopi permise l'osservazione dettagliata delle superfici dei pianeti, la scoperta di molte stelle deboli e la misura delle distanze stellari. Nel XIX secolo un nuovo strumento, lo spettroscopio, fornì informazioni circa la composizione chimica dei corpi celesti e permise di ottenere nuovi dettagli sui loro moti. Spettroscopia. Nel corso del XX secolo sono stati costruiti telescopi riflettori sempre più potenti, che hanno permesso di osservare la struttura degli enormi e distanti agglomerati di stelle, chiamati galassie, e degli ammassi di galassie. Nella seconda metà del secolo gli sviluppi della fisica hanno condotto alla realizzazione di nuove classi di strumenti astronomici adatti per misure di tipo spettroscopico, alcuni dei quali sono stati installati a bordo di satelliti orbitanti. Oggi gli astronomi non studiano solo i pianeti, le stelle e le galassie, ma anche il plasma (gas caldo ionizzato) che circonda le stelle doppie, le regioni interstellari dove si formano nuove stelle e la polvere fredda invisibile nei telescopi ottici. Argomenti di ricerca sono pure i nuclei energetici delle galassie che possono contenere buchi neri e la radiazione cosmica di fondo originatasi dal Big Bang, che fornisce informazioni sulla storia dell'universo primordiale.
Astronomia nei raggi gamma
Branca dell'astronomia che si occupa dello studio dei raggi gamma provenienti dallo spazio interstellare. I raggi gamma sono radiazioni elettromagnetiche molto energetiche, simili ai raggi X ma con lunghezza d'onda minore, generate da modificazioni nei nuclei atomici e prodotte nelle collisioni tra raggi cosmici e materia interstellare. L'analisi dei raggi gamma fornisce quindi preziose informazioni sui processi ad alta energia che avvengono nello spazio, come i fenomeni associati alle stelle di neutroni, ai quasar e ai buchi neri. Poiché i positroni (elettroni di antimateria carichi positivamente) si annichilano producendo raggi gamma, questa branca dell'astronomia permette anche di rilevare la presenza di antimateria. La maggior parte dei raggi gamma, benché essi siano altamente energetici, viene assorbita dall'atmosfera; di conseguenza l'astronomia dei raggi gamma si sviluppò solo dopo che fu possibile installare strumenti a bordo di satelliti. Nel 1991 la NASA lanciò in orbita il Compton Gamma Ray Observatory, un osservatorio spaziale dotato di quattro telescopi che, in soli pochi mesi di operatività, rivelò oltre 100 gamma "bursters" (eventi in cui viene emessa una quantità di energia molte volte superiore a quella di un'esplosione di supernova, ma caratterizzati da brevissima durata, da una frazione di secondo a 100 secondi). Il satellite aggiunse alla lista delle sorgenti di raggi gamma note, come la pulsar nella nebulosa Granchio e la stella binaria Cygnus X-3, anche un quasar, 3C279, che si dimostrò essere una sorgente gamma estremamente potente.
Astronomia a raggi gamma
La mappa qui raffigurata, realizzata con i dati raccolti dal satellite Compton Gamma-Ray Observatory della NASA, rappresenta la distribuzione cosmica delle sorgenti di raggi gamma, ossia di radiazione elettromagnetica ad alta energia. Dal colore bianco delle aree più ricche di sorgenti, che qui coincidono con la Via Lattea, si passa gradualmente al blu, che evidenzia quelle più povere.
Astronomia nell'infrarosso
Branca dell'astronomia che ha per oggetto la rilevazione e lo studio della radiazione infrarossa emessa dagli oggetti celesti. La radiazione infrarossa ha lunghezza d'onda compresa tra quella della luce visibile e quella delle onde radio; in particolare, è detta vicino infrarosso la regione dello spettro infrarosso più vicina al visibile, e lontano infrarosso quella più vicina alle radioonde. L'analisi della radiazione infrarossa presente nello spazio ha fornito molte informazioni sulla composizione delle atmosfere dei pianeti del sistema solare e ha permesso di raccogliere dati sulla temperatura delle stelle e sulla distribuzione dell'energia termica nelle nubi di polvere galattiche e intergalattiche. Osservazioni recenti hanno inoltre rivelato alcuni aspetti nascosti della struttura della nostra galassia, la Via Lattea.Per molti anni la presenza dell'atmosfera terrestre, che assorbe la radiazione proveniente dallo spazio, impedì agli astronomi di esplorare direttamente il cielo "in infrarosso", eccetto in alcune finestre limitate dello spettro. La situazione cambiò nel 1983 con le osservazioni del satellite IRAS (Infrared Astronomical Satellite); i dati raccolti nell'arco di un anno sul lontano infrarosso furono utilizzati per creare una mappa infrarossa di quasi tutto il cielo; da quel momento, lo sviluppo di grandi serie di rivelatori sensibili al vicino infrarosso ha permesso di ottenere immagini delle galassie più deboli e distanti mai scoperte e ha condotto a nuove teorie sull'evoluzione dell'universo.
Astronomia nell'ultravioletto
Rilevazione e studio della radiazione ultravioletta (UV) emessa dagli oggetti celesti. Le ricerche dell'astronomia ultravioletta, che coprono praticamente tutti i campi dell'astrofisica, hanno consentito di ampliare in modo considerevole le nostre conoscenze riguardo alle proprietà della materia interstellare e intergalattica, agli strati esterni delle stelle, ai processi evolutivi che avvengono nelle stelle doppie, nonché di comprendere i processi fisici che si manifestano nei quasar e nelle altre galassie attive. Ad esempio, dall'analisi degli spettri ottenuti nel 1978 con il satellite IUE (International Ultraviolet Explorer), gli astronomi hanno dedotto che la Via Lattea è avvolta in un alone di gas caldo. Inoltre, lo studio dello spettro ultravioletto della supernova apparsa nella Grande Nube di Magellano nel 1987 ha permesso di identificare per la prima volta la stella progenitrice di una supernova. L'atmosfera impedisce alla maggior parte della radiazione ultravioletta proveniente dallo spazio di raggiungere la superficie terrestre; solo le componenti di lunghezza d'onda compresa tra 410 nm e 300 nm (1 nm, o nanometro, è un milionesimo di millimetro), appartenenti alla cosiddetta regione del vicino ultravioletto, riescono ad attraversare lo spesso strato di gas che costituisce l'atmosfera. Di conseguenza la radiazione UV con lunghezza d'onda compresa tra 300 nm e 10 nm può essere rilevata solo per mezzo di strumenti situati ad alta quota, come telescopi orbitanti e satelliti. Un telescopio orbitante a una quota di 40 km, quindi al di sopra dello strato di ozono dell'atmosfera, può osservare raggi ultravioletti di lughezza d'onda superiore a 200 nm. Per analizzare le radiazioni a lunghezza d'onda minore, gli apparati sperimentali devono essere posti nella regione soprastante l'atmosfera. Palloni e piccoli razzi sono utili allo scopo, ma possono compiere osservazioni limitate nel tempo rispettivamente a qualche minuto e a qualche ora. Dal 1968 la maggior parte delle osservazioni nel lontano e medio UV è stata condotta utilizzando telescopi in orbita (la regione dell'UV compresa tra 300 e 200 nm è detta ultravioletto medio; il lontano ultravioletto si estende invece tra 200 e 91 nm ca.). Risultati importanti sono stati ottenuti anche dai satelliti OAO (Orbiting Astronomical Observatory, 1968), Copernicus (1972), TD-1 (1972), ANS (Astronomical Netherlands Satellite, 1974), IUE (International Ultraviolet Explorer) e per mezzo del telescopio spaziale Hubble (1990). Il satellite EUE (Extreme Ultraviolet Explorer, 1992) può effettuare misure delle componenti della radiazione con lunghezze d'onda comprese tra 91 e circa 10 nm, cioè nella cosiddetta regione dell'ultravioletto estremo, che risulta particolarmente difficile da studiare a causa dell'assorbimento dei fotoni determinato dalla ionizzazione dell'idrogeno e dell'elio interstellare. Con sorpresa degli astronomi, questo satellite ha permesso lo studio delle galassie, dimostrando che esiste una relativa scarsità di atomi di idrogeno neutro interstellare in alcune direzioni della Via Lattea. A partire dalla metà degli anni Sessanta, sono stati lanciati molti telescopi solari equipaggiati con rilevatori adatti all'osservazione del Sole. Uno di questi, chiamato Yohkoh, venne lanciato nel 1991 dal Giappone.
La teoria copernicana
La storia dell'astronomia ebbe una svolta decisiva nel XVI secolo, con il lavoro dell'astronomo polacco Nicolò Copernico. Nella sua grande opera Sulla rivoluzione dei corpi celesti (1543) egli analizzò criticamente la teoria tolemaica, mostrando che i moti planetari potevano essere spiegati assumendo che il Sole, anziché la Terra, occupasse una posizione centrale. Il sistema copernicano, o eliocentrico, ricevette scarsa attenzione nell'ambiente scientifico e filosofico del tempo fino a quando non venne confermato dalle osservazioni compiute dall'astronomo italiano Galileo. Audace sostenitore della teoria copernicana, Galileo costruì un piccolo telescopio rifrattore per mezzo del quale scoprì quattro lune di Giove e osservò le fasi di Venere, mostrando che quest'ultimo pianeta orbitava attorno al Sole. Convinto che almeno alcuni corpi celesti non orbitassero attorno alla Terra, egli iniziò una lunga opera di diffusione della teoria copernicana, entrando in acceso contrasto con le autorità ecclesiastiche e con l'ambiente filosofico.
La teoria di Newton
Dal punto di vista scientifico, il sistema copernicano era perlopiù una rielaborazione del sistema di orbite planetarie concepite da Tolomeo. Un passo decisivo fu compiuto intorno al 1610, quando l'astronomo Giovanni Keplero, rielaborando i dati raccolti dall'astronomo danese Tycho Brahe, pubblicò le tre leggi sperimentali sul moto dei pianeti, stabilendo che questi si muovono attorno al Sole percorrendo orbite ellittiche a velocità variabile. L'interpretazione fisica delle leggi di Keplero venne fornita solo in un secondo tempo con la legge di gravitazione universale elaborata dal fisico britannico Isaac Newton.
La Galassia
Verso la fine del XVIII secolo l'astronomo William Herschel costruì il più grande telescopio riflettore dell'epoca, dando inizio a una serie di precise e sistematiche esplorazioni del cielo. Scoprì il pianeta Urano, molti satelliti, numerose stelle doppie e osservò vari ammassi e nebulose. Dai conteggi di stelle che effettuò in differenti regioni del cielo dedusse che esse erano distribuite in una struttura dalla forma schiacciata a disco, nella quale il Sole occupava una posizione eccentrica. Guardando nella direzione del disco è possibile vedere in cielo una fascia di stelle di debole luminosità, la Via Lattea, che attraversa la volta celeste. Nelle altre direzioni le stelle sono meno addensate. Le osservazioni moderne confermano l'ipotesi di Herschel e collocano il Sole a circa due terzi del raggio galattico. Il nome Via Lattea indica l'intero sistema di stelle legate da forze gravitazionali e orbitanti attorno al centro della nostra galassia. Per conoscere la struttura della Via Lattea è fondamentale poter misurare le distanze delle stelle. Il metodo della parallasse è applicabile solo in pochi casi e quindi sono state messe a punto tecniche alternative. In particolare, esiste una classe di stelle, note come variabili Cefeidi, la cui luminosità varia regolarmente con un periodo che dipende dalla luminosità intrinseca; confrontando la brillantezza di tali stelle con quella intrinseca è allora possibile risalire alla loro distanza. La scoperta della relazione tra periodo e luminosità delle Cefeidi, a opera di Henrietta Swan Leavitt, permise a Harlow Shapley di determinare le dimensioni approssimative della Via Lattea: l'intero sistema ha diametro di circa 100.000 anni luce. Nella Via Lattea si trovano circa 100 miliardi di stelle, che orbitano attorno a un centro comune. Il sistema solare, che si trova in un braccio esterno, a circa 30.000 anni luce dal centro, viaggia a una velocità di circa 210 km/s e completa un'intera rivoluzione in circa 250 milioni di anni. Il sistema contiene anche una grande quantità di materia interstellare, costituita da polveri e gas, che assorbe la luce emessa dalle stelle distanti; come conseguenza di ciò un osservatore posto sulla Terra non può vedere in dettaglio le regioni più lontane della galassia. Tra il 1931 e il 1932 l'ingegnere elettronico statunitense Karl G. Jansky scoprì che la Via Lattea emette onde radio, dando inizio a un nuovo campo di studi astronomici. Le successive ricerche hanno attribuito questa emissione in parte al mezzo interstellare e in parte a sorgenti discrete, dette in origine radio stelle. Le onde radio emesse dalle regioni più remote della Via Lattea possono attraversare il mezzo interstellare, che è opaco alla luce visibile, e quindi rendono possibile l'osservazione di zone nascoste agli strumenti ottici. Tali osservazioni hanno rivelato che la Via Lattea è una galassia a spirale con un nucleo centrale di stelle vecchie, un disco esterno composto sia da stelle calde e giovani sia da stelle vecchie che formano i bracci, e da un grande alone esterno di stelle deboli. Il nucleo della Via Lattea è stato per lungo tempo un mistero, nascosto com'è dalle nubi oscure della polvere interstellare. Gli astronomi hanno cominciato a raccogliere le prime immagini dettagliate della regione nel 1983, quando venne lanciato il satellite IRAS (Infrared Astronomy Satellite, cioè Satellite per astronomia infrarossa). I rivelatori a bordo del satellite hanno registrato con una definizione fino ad allora mai raggiunta la posizione e la forma della miriade di sorgenti infrarosse che occupano il cuore della galassia. Tra queste vi è un oggetto molto massiccio, diverso da una stella e troppo compatto per essere un ammasso, che potrebbe forse essere un buco nero.

Il cosmo
Benché sia molto grande, la Via Lattea è solo una delle tante galassie, che popolano l'universo conosciuto. Le osservazioni compiute intorno agli anni Venti dall'astronomo statunitense Edwin Hubble hanno permesso di dimostrare che le nebulose a spirale sono in realtà galassie simili alla Via Lattea, collocate a grande distanza dalla Terra. Alcune galassie hanno forma a spirale, come la nostra, altre sono sferiche, senza bracci; altre ancora hanno forma irregolare, a volte mostrando traccia di bracci a spirale.
L'analisi spettroscopica della luce proveniente dalle galassie mostra che le stelle che le compongono sono costituite degli stessi elementi chimici presenti sulla Terra. Il fenomeno dello spostamento verso il rosso delle linee spettrali di tutte le galassie indica inoltre che esse si allontanano lentamente dalla Via Lattea con velocità proporzionale alla loro distanza. Ciò dimostra che l'universo è in espansione e avvalora l'ipotesi secondo cui esso si sarebbe originato da uno stato estremamente caldo e denso in una violenta esplosione detta Big Bang. Le possibili condizioni che hanno portato al Big Bang sono trattate in una teoria cosmologica, proposta all'inizio degli anni Ottanta, nota come teoria inflazionaria. La prova più importante a sostegno di questa formulazione fu la scoperta della radiazione cosmica di fondo, avvenuta nel 1965 per merito dei fisici statunitensi Arno Penzias e Robert Wilson. I quasar, scoperti negli anni Sessanta, sono probabilmente nuclei energetici di galassie molto distanti. Per ragioni non ancora note, essi sono talmente luminosi da nascondere la luce delle galassie circostanti e le loro linee spettrali mostrano uno spostamento verso il rosso molto accentuato, che sembra indicare che questi oggetti si allontanano da noi a velocità fino a circa l'80% di quella della luce. Questa elevata velocità di recessione indica inoltre che essi sono probabilmente gli oggetti più distanti dell'universo.
Coordinate astronomiche
Sistema utilizzato per individuare in modo univoco la posizione dei corpi celesti. Per localizzare un punto sulla superficie terrestre, è sufficiente assegnare i valori di latitudine e longitudine; analogamente, in astronomia, la posizione di un astro viene specificata facendo riferimento alla sfera celeste, una superficie ideale sulla quale s’ immagina che giacciano tutte le stelle e, in generale, gli altri oggetti del cielo, indipendentemente dalla loro distanza dalla Terra. In tutti i sistemi di coordinate astronomiche, si definisce un piano di riferimento che passa per il centro della Terra e si estende sulla sfera celeste. Nel sistema più utilizzato, detto sistema equatoriale, questo piano di riferimento coincide con il piano dell'equatore terrestre e interseca la sfera celeste nel cosiddetto equatore celeste. I paralleli celesti sono i cerchi della sfera celeste paralleli all'equatore e i meridiani celesti, chiamati anche cerchi orari, sono le curve passanti per i poli celesti e contenenti l'asse. Il cerchio orario di riferimento, in modo simile alla longitudine 0° sulla superficie terrestre, passa per il punto dove l'equatore celeste interseca l'eclittica in marzo (punto gamma o equinozio di primavera). L'angolo compreso tra questo meridiano di riferimento e quello dell'oggetto è detto ascensione retta, e viene misurato, da ovest verso est, in ore; l'angolo tra l'equatore e l'oggetto è invece detto declinazione ed è misurato in gradi.Talvolta vengono adottati sistemi diversi di coordinate; nel sistema orizzontale o altazimutale, ad esempio, il piano di riferimento è l'orizzonte dell'osservatore e le coordinate sono altezza e azimut.
Orbita:
Traiettoria descritta nello spazio da un corpo sottoposto a una o più forze attrattive o repulsive. Nel sistema solare la forza di gravità mantiene la Luna in orbita attorno alla Terra e i pianeti in orbita attorno al Sole; in modo simile, in un atomo le forze elettriche inducono gli elettroni a orbitare attorno ai nuclei.
Dal punto di vista geometrico, un'orbita ha la forma di una conica (cioè una curva ottenuta dall'intersezione di un bicono circolare retto con un piano non passante per il centro), con il corpo centrale che occupa uno dei fuochi. Quando un satellite orbita attorno al centro della Terra, il punto della traiettoria posto alla massima distanza dal nostro pianeta è detto apogeo, mentre quello di minima distanza prende il nome di perigeo. Di norma si considera come altezza all'apogeo e al perigeo la distanza del satellite dalla superficie terrestre piuttosto che dal suo centro. La desinenza -geo si riferisce a orbite attorno alla Terra; la desinenza -elio si riferisce a orbite attorno al Sole; la desinenza -astro è usata per orbite attorno a una stella generica. La retta che unisce l'apogeo e il perigeo è detta linea degli absidi.
-Leggi del moto
All'inizio del XVII secolo, l'astronomo e filosofo tedesco Giovanni Keplero enunciò le tre leggi che descrivono il moto planetario. Esse affermano che: i pianeti percorrono orbite ellittiche di cui il Sole occupa uno dei fuochi; la retta che unisce il pianeta al Sole descrive aree uguali in tempi uguali (di conseguenza il pianeta si muove più velocemente quando è vicino al Sole e più lentamente quando è lontano); il quadrato del periodo di rivoluzione è proporzionale al cubo della distanza media dal Sole.Le tre leggi di Keplero furono formulate su base empirica, elaborando i dati raccolti nelle osservazioni dell'astronomo Tycho Brahe. Esse trovarono una soddisfacente spiegazione teorica con le leggi del moto e con la legge di gravitazione universale di Isaac Newton. La seconda legge di Keplero, ad esempio, esprime infatti la conservazione del momento angolare in un campo di forze centrali. La terza, in forma generalizzata, può essere utilizzata per calcolare le masse dei pianeti.
-Elementi orbitali
Per descrivere un'orbita sono necessarie sei grandezze. Le prime due sono l'asse maggiore, cioè la distanza tra perigeo e apogeo, e l'eccentricità (e). Per l'ellisse in figura l'eccentricità è data dal rapporto CS/CP, dove S è un fuoco e C il centro dell'ellisse. Per le orbite ellittiche, e è compreso tra zero e uno; per orbite circolari, e è zero; infine, per orbite paraboliche, e è esattamente uguale a uno. Un corpo in un'orbita iperbolica compie un solo passaggio vicino al corpo centrale e sfugge lungo una traiettoria cosiddetta aperta, senza più ritornare. I successivi tre elementi orbitali sono necessari per specificare l'orientazione dell'orbita nello spazio. Per comprendere ciò è necessario definire alcuni parametri: il piano di riferimento per gli oggetti che orbitano attorno al Sole è il piano dell'orbita terrestre, che prende il nome di piano dell'eclittica; l'equinozio vernale, o punto d'Ariete (punto ) è il punto di intersezione tra l'eclittica e l'equatore celeste, che il Sole attraversa nella direzione sud-nord, all'inizio della primavera; il nodo ascendente (N) è l'intersezione settentrionale dell'orbita in questione con il piano di riferimento. I tre elementi orbitali che descrivono l'orientazione di un'orbita sono l'inclinazione (i), la longitudine del nodo ascendente () e l'argomento del perigeo (). L'inclinazione è l'angolo tra il piano di riferimento e il piano dell'orbita; la longitudine del nodo ascendente è l'angolo tra l'equinozio e il nodo ascendente misurato nel piano di riferimento; l'argomento del perigeo, infine, è la distanza angolare nel piano dell'orbita tra il nodo ascendente e la linea che passa per il centro dell'orbita (C) e per il perigeo (P). Infine, il sesto elemento orbitale è l'istante in cui il corpo celeste transita per il perigeo.
-Perturbazioni
Si dice che un'orbita è perturbata quando le forze in gioco sono più complesse di quelle che si manifestano tra due corpi sferici (le leggi di Keplero sono esatte solo per orbite non perturbate). Le attrazioni tra i pianeti producono cambiamenti nelle loro orbite con il trascorrere del tempo. Il Sole, ad esempio, perturba l'orbita della Luna di alcune migliaia di chilometri. L'attrito dell'atmosfera produce un restringimento dell'orbita dei satelliti e la forma allungata della Terra causa il cambiamento di direzione dei nodi e del perigeo. La teoria della relatività generale sviluppata da Albert Einstein spiega la perturbazione osservata nell'orbita di Mercurio.
Eclittica
In astronomia, il cammino circolare apparentemente descritto dal Sole sulla sfera celeste, nel suo moto relativo intorno alla Terra. Il piano dell'eclittica interseca l'equatore celeste, cioè la proiezione dell'equatore terrestre sulla sfera celeste, formando con il piano equatoriale un angolo pari circa a 23° 27' 8''. Questa inclinazione, nota come obliquità dell'eclittica, si mantiene approssimativamente costante per periodi di milioni di anni, benché al momento attuale stia diminuendo al tasso di 48 secondi d'arco per secolo, e continuerà a diminuire per molti millenni ancora, fino a diventare di 22° 54'; quindi riprenderà ad aumentare. I due punti in cui l'eclittica interseca l'equatore celeste sono detti nodi o equinozi. Ogni anno, il Sole passa nel punto dell'equinozio vernale (di primavera), cioè nel nodo ascendente, intorno al 21 di marzo, e nel punto dell'equinozio d'autunno, ossia nel nodo discendente, intorno al 23 settembre. I punti dell'eclittica più lontani dall'equatore celeste sono invece detti solstizi, d'estate e d'inverno, e si trovano circa a metà tra i due nodi. Il Sole giunge ai solstizi, rispettivamente, intorno al 21 giugno e al 22 dicembre. I nomi di questi quattro punti corrispondono a quelli delle stagioni che iniziano nell'emisfero Nord nelle date relative. Poiché il piano dell'equatore celeste ruota rispetto all'eclittica con un periodo di circa 25.868 anni, gli equinozi non sono fissi ma compiono un moto noto come precessione degli equinozi. Come conseguenza di ciò le carte celesti devono essere periodicamente corrette in modo che sia possibile determinare la vera posizione di una stella in un dato momento. L'eclittica rappresenta il cerchio fondamentale in un sistema di coordinate celesti detto sistema eclittico. La latitudine celeste viene misurata verso nord e verso sud rispetto al piano dell'eclittica, mentre la longitudine celeste è misurata verso est e verso ovest rispetto all'equinozio di primavera. In astrologia, l'eclittica è divisa in 12 parti di 30° ciascuna, cui corrispondono i segni dello zodiaco; questi segni prendono nome dalle costellazioni attraversate dall'eclittica.

Il sistema solare
La legge di gravitazione universale spiegava dal punto di vista teorico le leggi di Keplero postulando che, tra una qualsiasi coppia di corpi dotati di massa, e quindi in particolare tra il Sole e i pianeti, si sviluppasse una forza attrattiva d’intensità proporzionale al prodotto delle masse dei corpi coinvolti e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Come conseguenza di questa legge, forze di intensità minore si sviluppano anche tra un pianeta e l'altro, e tra il Sole e altri corpi celesti come le comete, determinando una deformazione delle loro orbite rispetto alla forma perfettamente ellittica. La maggior parte di queste irregolarità, previste sulla base della teoria di Newton, possono essere osservate con i telescopi. Lo sviluppo di strumenti estremamente potenti e di sofisticate tecniche fotografiche ha permesso di determinare la posizione occupata dai pianeti con notevole precisione. Inoltre, complessi calcoli matematici consentono oggi di prevedere tali posizioni con anni di anticipo. Con l'uso dei telescopi la nostra conoscenza del cielo è cambiata radicalmente. Furono individuati nuovi membri del sistema solare, tra cui i pianeti Urano, Nettuno e Plutone e, con l'invio di sonde nello spazio, aumentò notevolmente il numero dei satelliti naturali noti. Il numero aggiornato delle lune è il seguente: Terra, 1; Marte, 2; Giove, 16; Saturno, più di 20; Urano, 15; Nettuno, 8; Plutone, 1. Migliaia di asteroidi sono stati seguiti nel loro moto attorno al Sole, la maggior parte tra le orbite di Marte e Giove. Sono state catalogate centinaia di comete e osservati un numero elevatissimo di piccoli meteoroidi, rocciosi o metallici. L'analisi chimica e fisica di corpi celesti inaccessibili divenne possibile dopo l'invenzione dello spettroscopio, avvenuta nel 1814 per opera del fisico tedesco Joseph von Fraunhofer, e la conseguente scoperta che ogni elemento chimico possiede un insieme unico e caratteristico di linee spettrali. L'analisi degli spettri dei pianeti e delle stelle ha dimostrato che questi corpi celesti sono composti dagli stessi elementi chimici presenti sulla Terra e ha fornito informazioni anche sulla loro temperatura, sulla gravità superficiale e sulle condizioni di moto. Per mezzo di sonde spaziali con strumenti a bordo sono stati scoperti sottili anelli scuri attorno a Giove, Urano e Nettuno, e sono state raccolte informazioni che escludono la presenza di vita sugli altri pianeti del sistema solare; questi infatti sembrano essere, a seconda dei casi, troppo caldi, troppo freddi o troppo secchi, oppure possiedono atmosfere incompatibili con la vita che conosciamo.
I pianeti:
1. Mercurio
Il pianeta più vicino al Sole. Ha diametro di 4880 km, pari a circa un terzo di quello terrestre e densità media pressoché uguale a quella della Terra. Mercurio ruota intorno al Sole a una distanza media di circa 58 milioni di km, descrivendo un'orbita ellittica, con periodo di rivoluzione di circa 88 giorni e periodo di rotazione di 59 giorni. Poiché la sua superficie è composta da rocce irregolari, porose e scure, esso riflette poco la luce solare. Studi spettroscopici indicano la presenza di una sottile atmosfera, contenente prevalentemente sodio e potassio emessi dalla crosta del pianeta. Le collisioni con altri corpi formati all'inizio della storia del sistema solare, potrebbero aver "strappato" i materiali più leggeri, e ciò spiegherebbe la densità relativamente alta di Mercurio. La forza di gravità sulla superficie del pianeta è circa un terzo di quella sulla superficie terrestre. La sonda spaziale Mariner 10, che sorvolò Mercurio due volte nel 1974 e una volta nel 1975, trasmise immagini di una superficie costellata di crateri, con qualche somiglianza con quella lunare, e registrò una temperatura di circa 350 °C sul lato esposto al Sole e di circa -150 °C sul lato in ombra. Il Mariner 10 misurò anche un campo magnetico d'intensità pari all'1% di quello terrestre. La superficie di Mercurio, a differenza di quella della Luna, è solcata da lunghe scarpate, che risalgono forse al periodo di contrazione che il pianeta attraversò durante il processo di raffreddamento, all'inizio della sua storia. Nel 1991 potenti radiotelescopi a terra rivelarono segni di vasti strati di ghiaccio nelle regioni polari del pianeta, aree che non erano state rilevate dal Mariner 10. Il perielio di Mercurio (il punto della sua orbita più vicino al Sole) presenta un lento moto di precessione; la spiegazione scientifica di questo moto fu uno dei primi successi della teoria della relatività.
2. Venere:
Secondo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Dopo la Luna, Venere è l'oggetto più brillante del cielo notturno. Nell'antichità era detto Vespero, o stella della sera, quando appariva al tramonto, e stella del mattino oppure Phosphoros o Lucifero, quando era visibile poco prima dell'alba. A causa delle rispettive posizioni di Venere, Terra e Sole, il pianeta infatti non è mai visibile più di tre ore prima dell'alba e per oltre tre ore dopo il tramonto. Osservato al telescopio, Venere mostra un ciclo di fasi simili a quelle della Luna, che si ripetono con un periodo sinodico di 1,6 anni. Raggiunge la sua massima brillantezza (con magnitudine -4,4) durante la fase crescente. I transiti sul disco solare sono rari, e avvengono a coppie, a intervalli di poco più di un secolo. I prossimi due sono previsti per il 2004 e il 2012.
-Esplorazione
Venere è completamente coperto di nubi; ciò naturalmente rappresenta un ostacolo per le osservazioni dirette dalla Terra e la maggior parte delle informazioni di cui disponiamo sono state fornite dalle sonde spaziali, in particolare da quelle che si sono posate sulla superficie del pianeta attraversando la densa atmosfera che lo circonda. Il primo sorvolo di Venere venne effettuato dalla sonda Mariner 2, lanciata dagli Stati Uniti nel 1962, seguita dal Mariner 5 nel 1967 e dal Mariner 10 nel 1974. A partire dagli anni Sessanta furono inviate verso il pianeta anche le numerose sonde sovietiche del tipo Venera; le sonde Vega 1 e 2, dirette verso la cometa di Halley nel 1984, sorvolarono Venere sganciando delle capsule sulla sua superficie. Informazioni dettagliate vennero fornite dalle due navicelle statunitensi Pioneer Venus dotate di speciali radar e sofisticati strumenti di misura. La sonda Magellano, lanciata nel 1989, iniziò l'anno successivo a trasmettere immagini radar del pianeta. Esse sono state elaborate al computer per fornire una spettacolare rappresentazione tridimensionale della superficie.
-Atmosfera
In superficie, la temperatura della densa atmosfera di Venere supera i 460 °C e la pressione è circa 90 volte maggiore di quella terrestre. L'atmosfera è composta per il 97% da anidride carbonica (CO2) e contiene piccole quantità di vapori di acido solforico e di azoto, e tracce di vapor d'acqua. A circa 50 km di altitudine si trova la base delle nubi, composte quasi interamente da acido solforico concentrato. Il pianeta non ha un campo magnetico rilevabile. L'elevata concentrazione di anidride carbonica è probabilmente la conseguenza di un intenso effetto serra che avrebbe causato l'evaporazione degli oceani e in generale dell'acqua allo stato liquido presente in superficie, liberando di conseguenza enormi quantità di CO2 nell'atmosfera. Alla sommità delle nubi è possibile individuare alcune caratteristiche meteorologiche che forniscono informazioni sui venti che spirano nell'atmosfera. Ai livelli più alti essi interessano tutto il pianeta, dall'equatore ai poli, e raggiungono velocità dell'ordine dei 360 km/h. Malgrado questi forti venti d'alta quota, l'atmosfera nei pressi della superficie è generalmente calma e fino a una quota di circa 10 km la velocità del vento è compresa tra 3 e 18 km/h.
-Caratteristiche della superficie
Venere ruota molto lentamente attorno al proprio asse in direzione contraria a quella degli altri pianeti, rivolgendo alla Terra sempre lo stesso lato. L'osservazione diretta mediante radiotelescopi di questo lato ha permesso di raccogliere informazioni dettagliate. I dati ottenuti dalle sonde statunitensi e sovietiche, analizzati parallelamente alle osservazioni effettuate dalla Terra, hanno mostrato che la superficie del pianeta è sostanzialmente piatta, con due grandi altipiani denominati terre di Ishtar e di Afrodite. Quest'ultimo, meno elevato del primo, si estende lungo quasi metà della regione equatoriale e si trova sulla "faccia" nascosta di Venere. Il radar a bordo della sonda Magellano ha rivelato immensi vulcani attivi, ampie colate di lava e molti crateri meteoritici. Il più grande cratere osservato ha diametro di circa 160 km, mentre quello più piccolo non supera i 5 km di diametro. Il radar della sonda sarebbe stato in grado di risolvere, se vi fossero stati, anche crateri ancora più piccoli ma sembra che la densa atmosfera protegga Venere dalla caduta di asteroidi di dimensioni ridotte. Nel complesso le sonde hanno rivelato tracce di un'attività tettonica notevole, almeno nel passato. Tali tracce includono solchi, canyon, una depressione che si estende per 1400 km, e un immenso cono vulcanico la cui base ha diametro di oltre 700 km. Le sonde sovietiche hanno inviato a terra fotografie delle zone nelle quali si sono posate e hanno rilevato una radioattività naturale delle rocce simile a quella del granito. Le rocce aguzze visibili nelle foto sovietiche fanno ritenere che esista un'attività geologica che contrasta l'erosione.

3. Pianeta Terra
Terzo pianeta in ordine di distanza dal Sole, la Terra, formatasi 4,5 miliardi di anni fà insieme a tutti gli altri corpi che popolano il sistema solare, ha una forma quasi sferica a causa delle differenti misure dei raggi polare ed equatoriale, che provocando uno schiacciamento dei poli Nord e Sud le conferiscono l'aspetto di un globo dalle estremità appiattite (geoide).
Essa ha una superficie totale di oltre 500 milioni di kmq (30% massa continentale - 70% massa liquida), e si può suddividere in due emisferi separati dall'equatore:
• settentrionale o boreale, detto anche continentale perchè composto in gran parte dalla terraferma;
• meridionale od australe, chiamato anche oceanico perchè composto per la maggior parte da oceani.
Ognuno di essi è a sua volta diviso in porzioni da cerchi di riferimento, i meridiani o linee di longitudine (circoli massimi passanti per i poli) ed i paralleli o linee di latitudine (cerchi paralleli all'equatore e perpendicolari all'asse terrestre), grazie ai quali è possibile rintracciare con precisione assoluta un qualsiasi punto sulla superficie terrestre avendo solo due valori:
• Longitudine - si misura da 0 a 180° a partire dal meridiano fondamentale di Greenwich, località nei pressi di Londra, positivamente verso Est e negativamente verso Ovest.
• Latitudine - compresa fra 0 e 90°, si conta a partire dall'equatore, positivamente verso il Nord e negativamente verso il Sud.
Ai fini astronomici e climatici quattro paralleli, i 2 tropici ed i 2 circoli polari, sono molto importanti perchè dividono la Terra in determinate zone dette:
• torrida - che si trova fra il tropico del cancro ed il tropico del capricorno, ambedue distanti 23,5° dall'equatore, uno in direzione nord e l'altro in direzione sud;
• temperata - compresa fra i tropici ed i circoli polari;
• glaciale - compresa fra i poli ed i rispettivi circoli polari che distano dall'equatore 66,5°.
La Terra come sappiamo è l'unico pianeta del sistema solare ad essere caratterizzato dal fenomeno della vita, per cui possiamo in essa distinguere una "biosfera", a sua volta così suddivisa:
• litosfera - la parte solida e quindi i 5 continenti Eurasia (Europa ed Asia), America (America settentrionale, centrale e meridionale), Africa, Oceania (Australia e le isole dell'Oceano Pacifico) ed Antartide;
• idrosfera - la massa liquida composta da mari (mediterranei o interni e costieri) ed oceani (Atlantico, Pacifico ed Indiano);
• atmosfera - l'involucro gassoso, che trattenendo il calore della radiazione solare ha permesso la nascita e l'evoluzione di un clima favorevole allo sviluppo delle diverse forme di vita.
Oltre a queste, esiste nel nostro pianeta, anche un'altra zona ancora più esterna e di natura ben diversa, la magnetosfera, che definita anche "fasce di Van Allen", dal nome dello scopritore, ha la capacità di bloccare tutte le radiazioni cosmiche che giornalmente investono la Terra. Inoltre, specialmente nei periodi di maggior attività del Sole, essa interagisce con le particelle del vento solare, disponendo queste lungo le linee del campo magnetico terrestre e creando quei particolari fenomeni luminosi noti come aurore polari.
Morfologicamente la Terra è un pianeta in continua evoluzione, soggetto com'è all'erosione da parte dei fenomeni tettonici, vulcanici ed atmosferici, che continuamente ne rimodellano l'aspetto. Essa è inoltre formata da strati di diversi materiali e densità, che sono stati studiati con trivellazioni del sottosuolo, ma soprattutto osservando l'attività sismica e vulcanica. Rilevamenti dunque che hanno portato alla luce la struttura interna, che a partire dall'esterno verso la parte centrale è così composta:
• crosta - ricca di minerali, rocce eruttive, silicati, spessa un centinaio di km, forma uno strato che si estende anche al di sotto degli oceani;
• mantello - la parte intermedia, sede della materia che fluisce verso l'esterno sotto forma di lava, in cui si trovano strati di ossidi, silicati e solfuri metallici;
• nucleo - ricco di nichel e ferro, e caratterizzato da un diametro di 6000 km circa e da una temperatura di oltre 1000°C, è lo strato più interno e denso a cui sembra possano ricondursi le proprietà magnetiche del nostro pianeta.
In origine tutti i continenti della Terra erano fusi in uno solo, la pangea, la quale si è poi frantumata in pezzi minori, che allontanatisi gli uni dagli altri con la deriva dei continenti hanno assunto l'aspetto attuale. Infatti, secondo la teoria della tettonica a zolle, le masse continentali si muovono e spesso si scontrano, dando vita a fenomeni sismici e vulcanici, che generano lungo il fronte di collisione delle catene montuose o delle fratture nella crosta nelle quali si insinua il materiale lavico che così fuoriesce all'esterno.
Nella mitologia greca la Terra era identificata con Gea, madre dei Giganti e dei Titani, che in seguito venne battezzata dai romani come Tellus. Per gli egizi era invece la dea Geb.
4. Marte
Quarto pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Presenta varie analogie con la Terra, ad esempio la durata del giorno e l'alternarsi di un ciclo di stagioni, e per questo motivo è stato oggetto di numerose missioni volte a rivelare la presenza di forme di vita sulla sua superficie. Marte ha due piccole lune, fortemente craterizzate, Phobos e Deimos, aventi diametro rispettivamente di 21 km e 12 km; si tratta forse di asteroidi catturati dal pianeta all'inizio della sua evoluzione.
-Aspetto dalla Terra
Osservato senza l'ausilio di un telescopio, Marte si presenta come un oggetto rossastro di luminosità variabile. Nel momento di massima vicinanza alla Terra (55 milioni di km), è dopo la Luna e Venere l'oggetto più luminoso del cielo notturno. Le condizioni migliori per l'osservazione diretta si verificano quando il pianeta si trova in opposizione, al momento di massima vicinanza; queste favorevoli circostanze si ripetono ogni 15 anni circa. Per mezzo di un telescopio, sono visibili sulla superficie di Marte ampie regioni di un arancione brillante, alcune aree più scure e altre rossastre, i cui confini variano seguendo il ciclo delle stagioni marziane. A causa dell'inclinazione dell'asse di rotazione e dell'eccentricità dell'orbita, il pianeta è caratterizzato da estati meridionali corte e relativamente calde e da inverni lunghi e freddi. Il colore rossastro è dovuto alla superficie fortemente ossidata, mentre le aree scure sono probabilmente composte da rocce simili ai basalti terrestri, con una superficie ossidata e alterata dagli agenti atmosferici. Le aree luminose sembrano di composizione simile e sono ricoperte da polveri fini. La scapolite, un minerale abbastanza raro sulla Terra, è diffusa ovunque sulla superficie marziana e potrebbe forse liberare nell'atmosfera notevoli quantità di anidride carbonica (CO2). Ai poli del pianeta vi sono ampie calotte brillanti, apparentemente composte da ghiaccio, i cui confini si allargano e si ritirano secondo le stagioni. Questo ciclo stagionale è seguito da almeno due secoli: ogni autunno marziano si formano in prossimità dei poli delle nubi brillanti al di sotto delle quali si deposita un sottile strato di anidride carbonica. Durante la primavera, alla fine della lunga notte polare, queste nubi polari si dissipano e i confini delle calotte glaciali si ritirano gradualmente verso i poli, evaporando a causa della luce solare. A metà estate la contrazione delle calotte si arresta e fino all'autunno successivo sopravvive un brillante deposito di brina e ghiaccio. Oltre alle nubi polari, composte prevalentemente da anidride carbonica, vi sono foschie d'alta quota e nubi di ghiaccio. Queste ultime derivano dal raffreddamento di masse d'aria che si innalzano sopra le alture. Ampie nubi giallastre, che trasportano la polvere sollevata dai venti, sono particolarmente evidenti durante le estati nell'emisfero meridionale.
-Osservazioni dalle sonde
La prima visione complessiva di Marte e le prime immagini dettagliate dei suoi satelliti sono state fornite dalle sei missioni effettuate tra il 1964 e il 1976 dalle sonde statunitensi Mariner. Nel 1976, le sonde Viking 1 e Viking 2 si posarono sul suolo marziano e svolsero le prime indagini dell'atmosfera e della superficie del pianeta. Nel 1988 l'Unione Sovietica lanciò due sonde che dovevano posarsi sul satellite Phobos; entrambe le missioni fallirono, benché una delle due inviò a Terra alcuni dati e fotografie prima che si perdesse il contatto radio.
-Atmosfera
L'atmosfera di Marte è composta quasi interamente da anidride carbonica (95%), ma sono presenti piccole quantità di azoto (2,7%), argo (1,6%), ossigeno (0,2%) e tracce di vapor d'acqua, monossido di carbonio e gas nobili. In superficie la pressione media è circa lo 0,6% di quella terrestre ed è uguale a quella che si misura nell'atmosfera del nostro pianeta a 35 km di quota. La temperatura superficiale varia molto a seconda dell'ora, della stagione e della latitudine; in estate può superare i 15 °C, ma mediamente è circa di -33 °C. Poiché l'atmosfera è molto tenue, vi sono spesso escursioni di temperatura di oltre 100 °C. La quantità di vapor d'acqua presente nell'atmosfera è estremamente bassa e variabile; maggiori concentrazioni di questa sostanza si trovano nei pressi delle calotte glaciali, soprattutto in primavera. Marte è come un deserto d'alta quota estremamente freddo: sulla maggior parte della superficie, la pressione e la temperatura sono troppo basse per permettere all'acqua di esistere allo stato liquido. Vi sono periodi in cui alcune aree di Marte sono soggette a venti abbastanza forti da spostare la sabbia e sospenderla nell'atmosfera. Tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate, nell'emisfero sud, si formano tempeste di polvere, alcune di dimensioni enormi, che oscurano la superficie per settimane o addirittura per mesi.
-Superficie e interno
Con un cerchio inclinato di circa 30° rispetto all'equatore, si divide idealmente la superficie di Marte in due grandi regioni. Quella meridionale si presenta come un grande terreno antico e craterizzato, che risale alla storia primordiale del pianeta, quando Marte e gli altri pianeti furono soggetti a un bombardamento meteoritico molto intenso. Da allora la maggior parte dei crateri è stata cancellata da una forte attività di erosione. L'emisfero settentrionale di Marte, invece, presenta una superficie meno craterizzata, e quindi più giovane, probabilmente formata da colate vulcaniche. Sono state identificate due delle maggiori sedi di un'attività vulcanica passata: l'altopiano di Elysium e la regione di Tharsis. In quest'ultima zona si trovano alcuni dei maggiori vulcani del sistema solare. Il monte Olimpo, una struttura che mostra tutte le caratteristiche tipiche di un vulcano basaltico, raggiunge un'altezza di oltre 25 km e ha una base di più di 600 km di diametro. Non vi sono prove di attività vulcanica ancora in atto. Faglie e altre caratteristiche della superficie suggeriscono che vi siano fratture crostali provocate da locali rigonfiamenti ed espansioni del suolo. Non vi è evidenza, comunque, di una tettonica a placche. Vi sono molte indicazioni della presenza di ghiaccio sotto la superficie, soprattutto sotto forma di materiali eiettati che disegnano figure simili a petali attorno ad alcuni crateri, vasti terrapieni depressi in maniera caotica e superfici caratteristiche alle alte latitudini settentrionali. Le scoperte geologiche più spettacolari sono senz'altro i canali che ricordano i letti di fiumi estinti. Se ne conoscono di due tipi: i primi sono grandi canali formati probabilmente dal rilascio improvviso e catastrofico di grandi quantità di acqua liquida dalle aree dei terrapieni depressi. La maggior parte di questi canali vanno dall'emisfero meridionale a quello settentrionale. La causa della fusione localizzata del ghiaccio in queste aree è ancora incerta, ma questi fenomeni risalgono probabilmente alla prima parte della storia del pianeta, oltre tre miliardi di anni fa. Vi sono anche canali più piccoli, per i quali l'evidenza dell'erosione da parte dell'acqua liquida è meno imponente. Poiché questa, oggi, non può più esistere sulla superficie del pianeta, i canali costituiscono una prova di condizioni di pressione e temperatura passate, diverse da quelle attuali. Vi sono inoltre grandi dune di sabbia e altre figure prodotte dall'erosione, che attestano la grande efficienza, nell'ambiente marziano attuale, dei processi di deposito e di erosione dovuti al vento. Dell'interno di Marte si conosce poco. Il valore relativamente basso della densità indica che il pianeta non può avere un nucleo metallico molto grande. Marte non ha un campo magnetico misurabile. La crosta del pianeta, a giudicare dalla presenza di grandi strutture come la regione di Tharsis, potrebbe essere spessa anche 200 km, cioè cinque o sei volte di più di quella terrestre. Un sismometro collocato a bordo del modulo di atterraggio del Viking 2 non ha rivelato la presenza di fenomeni sismici.
-Ricerca della vita
L'idea che su Marte potessero esistere forme di vita risale a molto tempo fa. Nel 1877 l'astronomo italiano Giovanni Schiaparelli annunciò di aver osservato sulla superficie del pianeta un complesso sistema di canali. L'astronomo statunitense Percival Lowell rese pubblica la scoperta parlando di canali artificiali e ipotizzando che queste strutture rappresentassero il tentativo effettuato da esseri intelligenti di irrigare un pianeta arido. Le osservazioni dalle sonde hanno però mostrato che sul pianeta non vi sono canali artificiali, e altre presunte prove di vita su Marte si sono rivelate inesistenti. Non vi è traccia di materiale organico e i cambiamenti stagionali delle aree superficiali non sono dovuti a un ciclo vegetale ma ai venti periodici che spirano trasportando sabbia e polvere. L'acqua si trova sotto forma di ghiaccio, solo ai poli o sotto la superficie e, come vapore o come cristalli di ghiaccio, in piccole tracce nell'atmosfera. Inoltre l'atmosfera è molto sottile, e la superficie del pianeta è esposta non solo a una dose letale di radiazione ultravioletta, ma anche agli effetti chimici di sostanze altamente ossidanti come il perossido di idrogeno.
Una questione più complessa è quella che riguarda la possibilità che la vita sia esistita in passato, dato che vi sono prove di grandi cambiamenti climatici e di un'atmosfera che una volta deve essere stata più calda e più densa di adesso. Grande clamore ha sollevato la notizia divulgata dalla NASA nel 1996 secondo la quale, in un meteorite marziano trovato in Antartide, vi sono tracce di organismi simili a batteri. Ricerche sono in atto per confermare questa clamorosa scoperta. Una risposta definitiva si potrà avere solo quando si potranno prelevare campioni del suolo marziano da analizzare accuratamente in laboratorio. Sono in corso numerosi studi per realizzare, nel corso del XXI secolo, una missione verso Marte con equipaggio a bordo.

5. Giove:
Quinto pianeta in ordine di distanza dal Sole e primo come dimensioni tra quelli del sistema solare. Ha volume 1400 volte maggiore di quello della Terra, ma la sua densità media è circa un quarto di quella terrestre: ciò indica che esso è formato da gas piuttosto che da metalli e rocce come i pianeti interni. Orbita attorno al Sole a una distanza media di circa 780 milioni di chilometri (5,2 volte maggiore di quella della Terra), compiendo una rivoluzione completa in 11,9 anni; il suo periodo di rotazione è di 9,9 ore e non è uniforme. La rapida rotazione produce uno schiacciamento ai poli del pianeta, visibile anche al telescopio. Giove mostra delle bande, rese più appariscenti dai colori pastello delle nubi, dovute alla presenza di forti correnti atmosferiche; una delle strutture più notevoli è la famosa regione ovoidale color ocra nota come Grande Macchia Rossa. I colori sono dovuti a tracce di composti che si formano a seguito di reazioni chimiche indotte dalla luce ultravioletta, da scariche elettriche e dal calore; alcuni di questi composti sembrano simili alle molecole organiche che si formarono sulla Terra primordiale e che gettarono le basi della vita.
-Composizione, struttura e campo magnetico
La conoscenza scientifica del sistema di Giove aumentò enormemente nel 1979, con le straordinarie missioni delle sonde Voyager 1 e 2, lanciate dalla NASA. Le osservazioni spettroscopiche dalla Terra avevano già mostrato che la maggior parte dell'atmosfera di Giove è composta di idrogeno molecolare; gli studi nell'infrarosso delle sonde Voyager indicarono che l'87% circa è H2, e che la restante parte è costituita da elio e da quantità estremamente ridotte di vapor d'acqua, metano, neon e acido solforico. La bassa densità osservata suggerisce che l'interno del pianeta abbia sostanzialmente la stessa composizione dell'atmosfera. Giove è composto perlopiù dai due elementi più leggeri e più abbondanti dell'universo, e presenta quindi una composizione molto simile a quella del Sole e delle altre stelle. L'enorme pianeta rappresenterebbe perciò una condensazione diretta di una parte della nebulosa solare primordiale, la grande nube di gas e polveri interstellari dalla quale si formò l'intero sistema solare, circa 4,6 miliardi di anni fa. Giove irradia nello spazio circa il doppio dell'energia che riceve dal Sole e la fonte di questa energia sembra essere un lento collasso gravitazionale dell'intero pianeta. La turbolenta atmosfera di Giove è fredda. Inoltre periodiche fluttuazioni di temperatura negli strati superiori rivelano un sistema di venti variabile, simile a quello delle regioni equatoriali della stratosfera terrestre. Le fotografie che documentano i cambiamenti nelle nubi di Giove mostrano la nascita e l'evoluzione di enormi sistemi ciclonici. L'analisi dei dati raccolti nel 1995 dalla sonda Galileo permetterà comunque di approfondire le nostre conoscenze. Alle basse temperature dell'alta atmosfera gioviana (circa -125 °C), l'ammoniaca ghiaccia formando i bianchi cirri visibili in molte fotografie trasmesse dalle sonde Voyager. Nelle regioni più profonde può condensare anche l'idrosolfuro di ammonio, che si raccoglie nelle nubi che formano lo strato scuro diffuso del pianeta. La temperatura alla sommità di queste nubi è circa -50 °C, e la pressione atmosferica è pressoché doppia rispetto a quella terrestre, misurata al livello del mare. Benché sia direttamente visibile solo lo strato più esterno del pianeta, i calcoli mostrano che la temperatura e la pressione continuano ad aumentare verso l'interno, determinando condizioni fisiche alle quali l'idrogeno liquefa per poi transire allo stato metallico altamente conduttore. Nel centro potrebbe esistere un nucleo di materiale solido. In prossimità della superficie, il campo magnetico di Giove è 14 volte più intenso di quello terrestre e produce enormi fasce di radiazione nelle quali vengono intrappolate particelle cariche che circondano il pianeta fino a una distanza di 10 milioni di km.
-Satelliti e anelli
Sono stati scoperti finora sedici satelliti di Giove. I quattro maggiori (Io, Europa, Ganimede e Callisto) vennero individuati da Galileo, nel 1610. Le moderne osservazioni mostrano che la densità media dei satelliti principali varia con la distanza dal pianeta, in modo simile a quanto accade per i pianeti del sistema solare. Io ed Europa, vicini a Giove, sono densi e rocciosi come i pianeti interni (Mercurio, Venere): Ganimede e Callisto, più lontani, sono composti perlopiù da ghiaccio d'acqua e hanno densità relativamente bassa. Probabilmente durante il processo di formazione, sia dei pianeti sia di questi satelliti, la vicinanza al corpo centrale (rispettivamente il Sole o Giove) impedì la condensazione delle sostanze più leggere. La crosta ghiacciata di Callisto e Ganimede è segnata da numerosi crateri, segni di un antico bombardamento probabilmente da parte di nuclei di comete, simile al bombardamento di asteroidi che subì la Luna. Al contrario, la superficie di Europa è estremamente liscia: il satellite è ricoperto da uno strato di ghiaccio, percorso da una fitta e intricata rete di fratture, sotto il quale potrebbe esserci acqua liquida. La superficie del satellite più interessante, Io, ha un aspetto singolare: vi sono zone giallastre, marroni e bianche punteggiate di nero. Io è sconvolto dal vulcanismo: circa dieci vulcani erano in eruzione nel 1979, al momento del passaggio del Voyager, e vi sono prove di eruzioni successive. Dalle bocche vulcaniche viene emesso biossido di zolfo che si condensa sulla superficie, formando un'atmosfera locale temporanea. Gli altri satelliti di Giove sono molto più piccoli e meno studiati di quelli galileiani. Gli otto più esterni formano due gruppi distinti e sono probabilmente dei corpi catturati dall'intenso campo gravitazionale del pianeta. Vicino al pianeta, le sonde Voyager scoprirono un debole sistema di anelli. Il materiale di cui sono formati potrebbe essere prodotto dalla disintegrazione di piccolissimi satelliti che si muovono all'interno degli anelli stessi, oppure dal satellite Metis che si trova appena all'esterno di essi.
6. Saturno:
Sesto pianeta in ordine di distanza dal Sole e secondo come dimensioni tra quelli del sistema solare. La caratteristica principale di Saturno è il sistema di anelli, osservato per la prima volta da Galileo nel 1610 e descritto correttamente dall'astronomo olandese Christiaan Huygens. Nel 1655, avendo necessità di ulteriore tempo per verificare la propria osservazione senza perderne la paternità, questi scrisse un anagramma le cui lettere, opportunamente riarrangiate, formavano una frase latina che, tradotta, dice: "Saturno è circondato da un disco piatto e sottile, che non tocca il pianeta in alcun punto, inclinato rispetto all'eclittica". Gli anelli sono stati nominati nell'ordine in cui sono stati scoperti e, dall'interno verso l'esterno, sono noti come D, C, B, A, F, G, ed E. Oggi si sa che essi, in realtà, sono composti da oltre 100.000 anelli sottilissimi.
-L'esplorazione del sistema
Osservato dalla Terra, Saturno appare come un oggetto giallastro molto luminoso. Attraverso un telescopio sono facilmente visibili gli anelli A e B, mentre gli anelli D ed E si vedono solo in condizioni di visibilità ottimale. Gli strumenti a terra hanno mostrato nove satelliti e, nella parte superiore dell'atmosfera, deboli bande chiare e scure parallele all'equatore. La conoscenza del pianeta è migliorata notevolmente dopo la spedizione delle tre sonde statunitensi Pioneer 11 (settembre 1979), Voyager 1 (novembre 1980) e Voyager 2 (agosto 1981). Esse trasportavano fotocamere e strumenti per l'analisi dell'intensità e della polarizzazione della luce nelle regioni visibile, ultravioletta e infrarossa dello spettro elettromagnetico. Erano inoltre equipaggiate con strumenti per lo studio del campo magnetico del pianeta, e per la rivelazione di particelle cariche e di grani di polvere nel mezzo interplanetario.
-L'interno
Saturno è costituito essenzialmente da idrogeno e la sua densità media è circa un ottavo di quella terrestre. L'enorme peso dell'atmosfera fa sì che la pressione aumenti rapidamente verso l'interno del pianeta, tanto da rendere l'idrogeno da gassoso a liquido. Vicino al centro, l'elemento, ancora più compresso, è ridotto allo stato metallico e, divenendo conduttore elettrico, permette l'instaurarsi di intense correnti responsabili del campo magnetico mostrato dal pianeta. Al centro di Saturno gli elementi pesanti sono probabilmente concentrati in un piccolo nucleo solido, che ha temperatura prossima ai 15.000 °C.
-L'atmosfera di Saturno
L'atmosfera di Saturno è costituita prevalentemente da idrogeno (88%) ed elio (11%), ma sono presenti anche piccole quantità di metano e di ammoniaca, e tracce di altri gas come etano, etilene e fosfina. Le immagini dei Voyager hanno mostrato vortici e mulinelli di nubi situati negli strati profondi dell'atmosfera. La temperatura alla sommità di queste nubi è intorno ai -176 °C. I movimenti delle nubi mostrano che il periodo di rotazione dell'atmosfera vicino all'equatore del pianeta è di circa 10 ore e 11 minuti, mentre le emissioni radio indicano che il corpo di Saturno e la sua magnetosfera ruotano con un periodo di 10 ore, 39 minuti e 25 secondi. La differenza, di circa 28 minuti e mezzo, tra questi due periodi, suggerisce che i venti equatoriali di Saturno abbiano velocità prossime ai 1700 km/h.
-La magnetosfera
La magnetosfera di Saturno consiste di una serie di fasce di radiazione a forma di ciambella nelle quali sono intrappolati elettroni e nuclei atomici. Le fasce si estendono per oltre due milioni di chilometri dal centro del pianeta e raggiungono distanze maggiori nella direzione opposta a quella del Sole. La magnetosfera interagisce con la ionosfera, lo strato superiore dell'atmosfera, provocando aurore polari con emissione di radiazione ultravioletta. Un'enorme nube di atomi di idrogeno circonda l'orbita di Titano, il satellite più grande di Saturno, e si estende fino all'orbita di Rhea. Inoltre, un disco di plasma, composto da idrogeno e forse da ioni di ossigeno, si estende all'esterno dell'orbita di Tethys fino quasi all'orbita di Titano. Il plasma ruota in sincronia quasi perfetta con il campo magnetico di Saturno.
-Il sistema di anelli
Gli anelli si allungano fino a una distanza di 136.200 km dal centro di Saturno, ma in alcuni punti sono spessi solo 5 m. Sono probabilmente composti da aggregati di rocce, gas ghiacciati e ghiaccio d'acqua di piccole dimensioni. Nell'apparente separazione tra gli anelli A e B, osservata dall'astronomo Giovanni Cassini, si trovano cinque deboli anelli, ripresi dalle telecamere dei Voyager. Gli ampi anelli B e C si sono forse formati da centinaia di anelli sottili, alcuni leggermente ellittici, che mostrano piccole variazioni di densità, provocate dall'interazione gravitazionale tra gli anelli e i satelliti. Le immagini dei Voyager hanno inoltre rivelato anche figure radiali scure, in rotazione nell'anello B.
-I satelliti
Saturno possiede più di 20 satelliti, con dimensioni comprese tra i 5000 e i 20 km di diametro, costituiti perlopiù da sostanze leggere e ghiacciate. I cinque satelliti maggiori (Mimas, Encelado, Tethys, Dione e Rhea) hanno forma approssimativamente sferica e sono composti in gran parte di ghiaccio d'acqua. Il materiale roccioso costituisce forse il 40% della massa di Dione. Le superfici di questi satelliti sono fortemente craterizzate per l'impatto di meteoriti. Sono stati poi scoperti parecchi piccoli satelliti all'esterno dell'anello A e vicino agli anelli F e G. È da confermare la scoperta di quattro satelliti Troiani di Tethys e di uno di Dione. Anche i satelliti esterni Iperione e Giapeto sono composti principalmente da ghiaccio d'acqua. Su Giapeto vi è una regione molto scura che contrasta con il resto della brillante superficie e che, insieme alla rotazione del satellite, sono la causa della variazione di luminosità notata nel 1671 da Cassini. Phoebe, il satellite più lontano, percorre con moto retrogrado un'orbita molto inclinata rispetto all'equatore del pianeta; è probabilmente un corpo di origine cometaria catturato dal campo gravitazionale di Saturno. Tra i satelliti interni e quelli esterni orbita Titano, la più grande delle lune di Saturno. Ha diametro di 5150 km, benché questo valore non sia noto con grande precisione a causa di una densa foschia arancione che nasconde la superficie del satellite. L'atmosfera di Titano è costituita da azoto, con tracce di metano, etano, acetilene, etilene, cianuro, monossido e biossido di carbonio. Sulla superficie la temperatura è di circa -182 °C e il metano e l'etano possono essere presenti sotto forma di pioggia, neve, ghiaccio e vapore. L'interno è composto probabilmente di un'uguale quantità di rocce e di ghiaccio. Non è stato rilevato alcun campo magnetico. L'emisfero meridionale è leggermente più luminoso, e l'unico dettaglio visibile è un anello scuro nella regione polare nord.

7. Urano
Settimo pianeta in ordine di distanza dal Sole, situato tra le orbite di Saturno e di Nettuno. Dalla Terra appare di sesta magnitudine, appena visibile a occhio nudo. Fu scoperto nel 1781 dall'astronomo William Herschel, che gli diede il nome di Georgium Sidus (Stella di Giorgio) in onore di re Giorgio III d'Inghilterra; il nome Urano, che venne proposto dall'astronomo tedesco Johann Elert Bode, entrò in uso alla fine del XIX secolo. Urano ha diametro di 52.200 km, distanza media dal Sole di 2,87 miliardi di km e periodo di rivoluzione di 84 anni; compie una rotazione attorno a un asse inclinato di 98° rispetto al piano dell'orbita, con periodo di 17 ore e 15 minuti. La sua atmosfera è composta principalmente di idrogeno ed elio, con tracce di metano. Al telescopio il pianeta appare come un piccolo disco verde-bluastro con un debole bordo verde. Urano ha rispettivamente massa e volume 14,5 e 67 volte maggiori di quelli della Terra, mentre la gravità superficiale è 1,17 volte quella del nostro pianeta. Il campo magnetico, invece, è solo un decimo di quello della Terra, con asse inclinato di 55° rispetto all'asse di rotazione. La densità relativa è circa 1,2. Nel 1977, sfruttando l'occultazione di una stella da parte del disco del pianeta, l'astronomo americano James L. Elliot notò la presenza di cinque anelli che giacciono sul suo piano equatoriale. Chiamati Alfa, Beta, Gamma, Delta ed Epsilon (a partire dall'anello più interno), essi formano una cintura che si estende fino a 51.300 km dal centro del pianeta; altri quattro anelli vennero scoperti nel gennaio del 1986 dalla sonda spaziale Voyager 2. Urano ha 15 satelliti (5 scoperti con telescopi da Terra, 10 scoperti dal Voyager 2), che orbitano sul piano equatoriale e si muovono nello stesso verso di rivoluzione del pianeta. I due più grandi, Oberon e Titania, vennero scoperti da Herschel nel 1787; Umbriel e Ariel vennero osservati nel 1851 dall'astronomo William Lassell; Miranda, il più interno dei satelliti noti prima del Voyager, fu scoperto nel 1948 dall'astronomo statunitense Gerard Peter Kuiper.
8. Nettuno
Ottavo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Ha diametro di circa 49.400 km; il volume e la massa sono rispettivamente 72 volte e 17 volte più grandi rispetto a quelli della Terra e la densità media è circa un terzo di quella terrestre. L'albedo è alta: l'84% della luce incidente sulla superficie del pianeta viene riflessa. Nettuno orbita intorno al Sole a una distanza media di circa 4,5 miliardi di km, compiendo una rivoluzione completa in 164,79 anni; il periodo di rotazione è di circa 16 ore. Non è visibile a occhio nudo, ma se osservato con un piccolo telescopio appare come un piccolo disco blu-verde senza caratteristiche definite. La temperatura superficiale, pari a circa -218 °C, è molto simile a quello di Urano, benché quest'ultimo sia molto più vicino al Sole. Ciò lascia supporre che Nettuno abbia una sorgente interna di energia. L'atmosfera è composta principalmente di idrogeno ed elio, ma è presente una piccola percentuale di metano, responsabile del caratteristico colore blu del pianeta. Sono noti otto satelliti di Nettuno, il più grande e brillante dei quali è Tritone, scoperto nel 1846 (lo stesso anno della scoperta di Nettuno). Con un diametro di 2705 km, Tritone è poco più piccolo della Luna; percorre un'orbita retrograda, diversamente dalla maggior parte dei satelliti principali del sistema solare. Nonostante sia estremamente freddo, è circondato da un'atmosfera di azoto con tracce di metano e mostra la presenza di foschie; sulla sua superficie sono stati osservati dei geyser che emettono materiale di composizione non nota. Nereide, il secondo satellite (scoperto nel 1949), ha diametro di soli 320 km. Altri sei satelliti vennero scoperti dalla sonda Voyager 2 nel 1989. Nettuno ha anche un sistema di cinque anelli. Il suo campo magnetico è inclinato di oltre 50° rispetto all'asse di rotazione. L'esistenza di Nettuno venne ipotizzata nel 1846 dall'astronomo francese Urbain Le Verrier per spiegare le perturbazioni osservate nell'orbita di Urano. Il pianeta venne scoperto nello stesso anno dall'astronomo tedesco Johann Gottfried Galle, a meno di 1° dalla posizione prevista da Le Verrier.

9. Plutone
Nono e ultimo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. L'esistenza di Plutone venne ipotizzata dall'astronomo statunitense Percival Lowell per spiegare le piccole perturbazioni osservate nel moto di Urano. Lo staff dell'osservatorio Lowell proseguì la lunga serie di osservazioni iniziate dallo scienziato e nel 1930 il pianeta venne effettivamente scoperto dall'astronomo statunitense Clyde William Tombaugh nei pressi della posizione prevista da Lowell. La massa del nuovo pianeta, tuttavia, apparve insufficiente per spiegare le perturbazioni dell'orbita di Nettuno, e le osservazioni continuarono nel tentativo di identificare un decimo pianeta, che comunque non venne scoperto.Plutone orbita attorno al Sole a una distanza media di 5,9 miliardi di km, compiendo una rivoluzione completa in 247,7 anni. Percorre una traiettoria molto eccentrica e in alcuni periodi è più vicino al Sole di Nettuno. Non esiste tuttavia rischio di collisione, dal momento che la sua orbita è inclinata di oltre 17,2° rispetto al piano dell'eclittica e non interseca mai il cammino di Nettuno.Visibile solo per mezzo di grandi telescopi, Plutone appare di colore giallastro. Per molti anni si è saputo relativamente poco di questo pianeta, ma nel 1978 gli astronomi hanno scoperto che esso possiede un satellite relativamente grande, Caronte, situato a una distanza di solo circa 19.000 km. Le orbite di Plutone e Caronte sono tali che essi sono passati più volte l'uno di fronte all'altro tra il 1985 e il 1990, rendendo possibile una misura precisa delle loro dimensioni. Plutone ha diametro di circa 2284 km e Caronte di 1192 km; si tratta in effetti di un pianeta doppio, più di quanto sia il sistema Terra-Luna. Plutone è circondato da una sottile atmosfera, probabilmente di metano, circa 100.000 volte meno densa rispetto all'atmosfera terrestre. Essa sembra condensarsi e formare delle calotte polari durante i lunghi inverni del pianeta.Plutone ha densità pressoché doppia rispetto a quella dell'acqua, e ciò fa pensare che esso sia molto più roccioso degli altri pianeti del sistema solare esterno. Potrebbe trattarsi del risultato delle reazioni chimiche avvenute durante la sua formazione e determinate da condizioni di temperatura e pressione particolari. Alcuni astronomi hanno suggerito che Plutone potrebbe essere un satellite di Nettuno, spinto su un'orbita diversa, all'inizio della storia del sistema solare, a causa di una collisione. Caronte sarebbe allora il risultato dell'accumulazione dei frammenti generati da tale collisione.
Costellazioni:
88 costellazioni
-Toro
Costellazione dello zodiaco, cioè situata sull'eclittica. Comprende due famosi gruppi di stelle: le Iadi, in cui si trova la brillante stella Aldebaran, e le Pleiadi. Contiene anche la nebulosa del Granchio (Crab Nebula), associata alla spettacolare supernova del 1054.
-Vergine
Costellazione zodiacale, cioè situata sull'eclittica, raffigurata usualmente come una vergine che tiene in mano una spiga di grano. La Vergine era nota in antichità come simbolo della fertilità o della mietitura. Essa comprende la stella di prima magnitudine Spica o Alpha Virginis e molte stelle variabili.
-Serpente
Costellazione situata nella regione equatoriale del cielo, ben visibile nelle sere estive. Viene rappresentata simbolicamente con un lungo serpente che si avvolge attorno alla costellazione di Ofiuco e viene divisa in due parti, la prima delle quali rappresenta la testa (Serpens Caput) del serpente e l'altra la coda (Serpens Cauda). È l'unica costellazione divisa in questo modo. La sua stella più brillante è Alpha Serpentis, nota anche come Unukalhai (in arabo "il collo del serpente"), di magnitudine 2,7. Serpens Caput, la parte più grande, contiene l'ammasso globulare M5, di sesta magnitudine. Serpens Cauda, invece, comprende la nebulosa dell'Aquila (Eagle Nebula), una nube brillante di gas di cui fa parte l'ammasso aperto M16.
-Scorpione
Costellazione meridionale, indicata anche con il nome latino Scorpius, situata in parte sulla Via Lattea, in prossimità della Bilancia. Lo Scorpione è una costellazione zodiacale, cioè collocata lungo l'eclittica: il cammino annuale apparente del Sole tra le costellazioni. La stella più brillante è Antares, una stella rossa di prima magnitudine.
-Pesci
Costellazione dello zodiaco, cioè situata lungo l'eclittica, il cammino apparente del Sole nel cielo. Non comprende stelle particolarmente brillanti, ma in essa si trova il punto dell'eclittica che indica l'equinozio di primavera
-Perseo
Costellazione boreale, situata tra quella del Toro e Cassiopea. La stella più brillante è Alpha Persei, o Mirfak. La costellazione contiene una coppia di ammassi di stelle, detta Doppio ammasso di Perseo, e la stella Algol, che è la variabile a eclisse più famosa.
-Lira
Costellazione dell'emisfero boreale, situata tra Cigno ed Ercole. Comprende Vega, una stella bianca di prima magnitudine, e molte stelle multiple, visibili con l'aiuto di un telescopio; tra queste ultime sono particolarmente note la doppia Beta e il sistema quadruplo di Epsilon Lyrae.
-Orione
Costellazione situata sull'equatore celeste a est del Toro. Ha forma rettangolare, con tre stelle allineate vicino al centro. Sulle carte celesti è rappresentata con la figura di Orione, il cacciatore della mitologia greca, in piedi e con una clava sollevata; le tre stelle brillanti al centro rappresentano quindi la cintura di Orione e tre stelle più deboli, disposte in fila a sud della cintura, rappresentano la spada. Nel vertice superiore sinistro del rettangolo, nella posizione della spalla di Orione, è situata Alpha Orionis, o Betelgeuse; nel vertice opposto si trova invece Beta Orionis, o Rigel. La debole luminosità che circonda le stelle della spada si rivela, nelle fotografie a lunga posa realizzate con potenti telescopi, come una spettacolare macchia di gas e polveri, ampia centinaia di anni luce, all'interno della quale si stanno lentamente formando nuove stelle. Essa è nota come nebulosa di Orione o M42.
-Pegaso
Costellazione dell'emisfero settentrionale, situata a sud-est di Andromeda. Le tre stelle più brillanti, Alpha Pegasi, o Markab, Beta Pegasi, o Scheat, e Gamma Pegasi, o Algenib, formano insieme ad Alpha Andromedae una figura nota come "quadrato di Pegaso". La costellazione prende il nome dal cavallo alato della mitologia greca, Pegaso.
-Leone
Costellazione del cielo boreale, che comprende la stella di prima magnitudine Regolo. Appartiene allo zodiaco, cioè si trova sull'eclittica, il cammino annuale descritto dal Sole nel suo moto apparente intorno alla Terra.
-Nave
Antica costellazione situata nell'emisfero meridionale, che si estende dal Cane Maggiore alla Croce del Sud e che si staglia in parte sulla Via Lattea. Rappresenta Argo, la nave degli Argonauti, ed è attualmente divisa in tre costellazioni separate: la Carena, la Poppa e le Vele. La sua stella più brillante è Canopo, che in ordine di brillantezza è la seconda del cielo.
-Cigno
Importante costellazione boreale, che giace per la maggior parte sulla Via Lattea; è ben visibile durante il periodo estivo, quando raggiunge il suo punto più alto nel cielo notturno.Il Cigno contiene la brillante stella Deneb, di prima magnitudine; un gruppo di sei stelle che formano la Croce del Nord; alcuni oggetti di estremo interesse per gli astronomi come, ad esempio, 61 Cygni, la prima stella (oltre al Sole) della quale sia stata misurata la distanza dalla Terra; Cygnus A, una delle sorgenti radio più potenti del cielo; e infine un'intensa sorgente di raggi X, Cyg X-1, che si ritiene essere un buco nero.
-Corvo
Piccola costellazione situata poco a sud della Vergine. La stella più brillante, Gienah o Gamma Corvi, è di magnitudine 2,8. Insieme a tre stelle di terza magnitudine, Beta, Delta e Epsilon Corvi, disegna i vertici di un quadrilatero che ricorda la vela di un'imbarcazione.
-Balena
Costellazione equatoriale, situata a sud dell'Ariete. Le due stelle più brillanti sono, generalmente, Beta Ceti, una stella di seconda magnitudine detta anche Deneb Kaitos (in arabo, "coda della balena"), e Alpha Ceti, una stella di terza magnitudine chiamata anche Menkar (in arabo, "naso"). La stella più interessante è invece una variabile scoperta nel 1596, detta Omicron Ceti, o Mira (latino mirus, "meraviglioso"), che normalmente varia tra la terza e la nona magnitudine in un periodo di circa undici mesi, raggiungendo occasionalmente la seconda magnitudine. Mira, una delle stelle più grandi che si conoscano, ha un diametro di circa 354 milioni di km, poco maggiore dell'orbita terrestre. La costellazione prende nome dal mostro marino della mitologia greca inviato dal dio Nettuno a uccidere Andromeda e sconfitto da Perseo.
-Bilancia
Costellazione dell'emisfero meridionale, posta tra Vergine e Scorpione, rappresentata simbolicamente con i piatti di una bilancia. È situata lungo l'eclittica, il cammino descritto dal Sole nel suo moto apparente intorno alla Terra, ed è pertanto una costellazione dello zodiaco. La stella più brillante è una doppia chiamata Zubenegenubi o Kiffa Australis.
-Drago o Dragone
Costellazione circumpolare boreale situata tra l'Orsa Maggiore e l'Orsa Minore, nei pressi del Polo Nord celeste. La stella più brillante della costellazione, Etamin, Gamma Draconis, è di seconda magnitudine; essa fu l'oggetto principale delle osservazioni che portarono l'astronomo britannico James Bradley alla scoperta del fenomeno noto come aberrazione astronomica.
-Ercole
Grande costellazione dell'emisfero settentrionale, situata tra la Lira e la Corona Boreale, ben visibile soprattutto in estate: è rappresentata con la figura dell'eroe greco Ercole nell'atto di inginocchiarsi. Le stelle più brillanti della costellazione sono di terza magnitudine. Ercole contiene un ammasso globulare, noto come Messier 13, costituito da oltre 50.000 stelle e situato a circa 34.000 anni luce dalla Terra, ai limiti della visibilità a occhio nudo.
-Cassiopea
Costellazione settentrionale, situata vicino al polo nord celeste. È caratterizzata da un gruppo di cinque stelle, di magnitudine compresa tra la seconda e la quarta, che formano una lettera W. Una supernova storica brillante apparve in questa costellazione nel 1572 e fu osservata dall'astronomo danese Tycho Brahe: più brillante del pianeta Venere, fu visibile a occhio nudo per circa 16 mesi, perfino al mattino. La costellazione prende nome da Cassiopea, regina etiope, madre di Andromeda.
Asteroidi:
Piccoli corpi rocciosi (detti anche pianetini) che si muovono su percorsi ellittici perlopiù tra le orbite di Marte e Giove.

-Vesta
Asteroide che ruota attorno al Sole a una distanza media di 2,36 UA (353 milioni di km), tra le orbite di Marte e Giove. Ha un diametro di circa 385 km ed è il terzo, come dimensioni, tra gli asteroidi del sistema solare. Fu invece il quarto a essere scoperto; lo vide per la prima volta, nel 1807, l'astronomo tedesco Heinrich Olbers.
-Giunone
Asteroide osservato per la prima volta nel 1804 dall'astronomo tedesco Karl Harding. Orbita attorno al Sole con un periodo di 1592 giorni.
-Eros
Asteroide scoperto in immagini fotografiche riprese dall'osservatorio Urania di Berlino nel 1898. È di eccezionale interesse per gli astronomi perché si avvicina alla Terra più di qualunque altro corpo di dimensioni paragonabili, a eccezione della Luna, raggiungendo occasionalmente una distanza minima di circa 24.000.000 km. Una tale vicinanza al nostro pianeta consente di ottenere misure estremamente precise della sua posizione e di osservare le perturbazioni prodotte nella sua orbita dall'interazione con il campo gravitazionale terrestre. Ciò rende possibile, inoltre, il calcolo delle distanze relative tra Eros, la Terra e il Sole, importante per la determinazione accurata delle dimensioni assolute del sistema solare e per il calcolo della parallasse delle stelle. Nel corso di un incontro particolarmente ravvicinato, nel 1931, i membri della comunità astronomica internazionale concentrarono le proprie risorse per determinare queste distanze: vennero effettuate osservazioni in 36 luoghi diversi sparsi in tutti i continenti. Il calcolo della distanza media della Terra dal Sole fu svolto dal britannico Harold Jones, che nel 1941 annunciò il nuovo valore di 1,496×108 km. Eros ha diametro di circa 27,4 km e la sua luminosità varia periodicamente. Accurati studi fotometrici hanno rivelato che questo asteroide è molto più brillante su un lato che sull'altro e che le variazioni periodiche osservate sono dovute al suo moto di rotazione attorno a un asse.
Stelle vicine
Alla base dello studio delle stelle vi è la misura delle loro distanze; nel caso in cui l'astro sia relativamente vicino, la distanza si determina osservando la posizione che esso occupa rispetto alle stelle dello sfondo a intervalli di sei mesi, ogni volta che la Terra si trova agli estremi opposti della propria orbita. Durante la rivoluzione del nostro pianeta, la stella sembra spostarsi e lo spostamento annuale, detto parallasse, diminuisce all'aumentare della sua distanza. Tutte le stelle, pur avendo caratteristiche differenti, sono corpi caldi e gassosi, costituiti prevalentemente da idrogeno. I parametri fisici più importanti che le caratterizzano sono la luminosità intrinseca, le dimensioni, la massa e la composizione chimica. Benché tutte le stelle del cielo appaiano molto più deboli del Sole, a causa della loro enorme distanza, alcune di esse sono intrinsecamente più brillanti. La massa può essere determinata solo per il Sole e per le stelle doppie, come le binarie a eclisse, che orbitano una attorno all'altra. Solo cinque delle cinquanta stelle più vicine, per le quali i dati sono abbastanza completi, hanno massa, luminosità e dimensioni maggiori di quelle del Sole. Il Sole irradia energia al tasso di 3,86 × 1026 W e sulla base di studi di carattere geologico, si può dedurre che questa situazione si sia mantenuta ai livelli attuali per centinaia di milioni di anni. Il meccanismo di emissione dell'energia solare è rimasto ignoto per moltissimo tempo e solo nel 1938 il fisico statunitense Hans Bethe avanzò l'ipotesi secondo cui il Sole produce energia attraverso la fusione di nuclei di idrogeno, con produzione di elio. Le osservazioni del cielo, e le teorie a esse correlate, hanno permesso di ricostruire le fasi principali della vita di una stella. Essa nasce dalla condensazione di una nube di gas interstellare freddo; in questa fase si contrae e si riscalda, dando inizio alle reazioni di fusione nucleare dell'idrogeno, quindi diventa una cosiddetta stella di sequenza principale. Nel caso di stelle di massa simile a quella del Sole, la fase di sequenza principale dura circa 10 miliardi di anni. Esaurito l'idrogeno, la stella si espande, trasformandosi in una gigante rossa, si contrae nuovamente e infine collassa, raffreddandosi fino allo stadio di nana bianca. Le stelle aventi massa maggiore di 1,4 masse solari evolvono molto rapidamente e spesso, dopo pochi milioni di anni di sequenza principale, esplodono come supernovae. Negli anni Sessanta il radioastronomo britannico Jocelyn Bell rilevò segnali radio rapidamente variabili provenienti da oggetti di aspetto stellare. Gli studi condotti nel periodo successivo da Antony Hewish mostrarono che si trattava di sorgenti pulsanti, oggi chiamate pulsar, costituite da materia molto più densa di quella delle nane bianche. Le pulsar sono stelle di neutroni in rapida rotazione e, a eccezione dei buchi neri, sono gli oggetti più densi dell'universo. Nel 1974 l'esistenza di un buco nero nella costellazione del Cigno fu suggerita dalla rivelazione di raggi X generati da gas accelerato quasi alla velocità della luce dall'enorme campo gravitazionale che si suppone associato al buco nero stesso. A seguito di quella osservazione sono state proposte diverse teorie, tra le quali l'esistenza di enormi buchi neri situati al centro di galassie molto brillanti. Malgrado i numerosi indizi, tuttavia, nessuno di questi oggetti è stato finora osservato con certezza.
-Polluce
Stella detta anche Beta Geminorum, che appartiene, insieme a Castore, alla costellazione zodiacale dei Gemelli; è di prima magnitudine e dista 33 anni luce dalla Terra.
-Procione
La stella più brillante della costellazione del Cane Minore. Il suo nome, in greco, significa "che precede il cane" e allude al fatto che essa sorge prima di Sirio, l'occhio di uno dei cani di Orione. Procione è una stella bianca di magnitudine 0,38, situata a 11,4 anni luce dalla Terra. Dallo studio del suo moto, l'astronomo tedesco F.W. Bessel dedusse che essa doveva avere una compagna invisibile che venne osservata molto tempo dopo; si tratta di una debole nana bianca che orbita attorno alla stella principale con un periodo di circa 41 anni.
-Pleiadi
Ammasso aperto contenente 400-500 stelle, situato a circa 415 anni luce dal sistema solare, in direzione della costellazione del Toro. Le stelle sono distanziate in media di circa 1 anno luce l'una dall'altra, e le fotografie mostrano che sono circondate da una nebulosità che brilla per effetto della luce riflessa. A occhio nudo sono visibili una decina di stelle dell'ammasso.
-Castore
Stella di magnitudine 1,6, situata nella costellazione zodiacale dei Gemelli, a circa 45 anni luce dalla Terra. Castore, detta anche Alpha Geminorum, e Polluce, o Beta Geminorum, sono i due corpi celesti più brillanti della costellazione. Nel 1719 si scoprì che Castore è una stella doppia, con due componenti di magnitudine 2,8 e 2,0, separate da 6 secondi d'arco e orbitanti l'una attorno all'altra con un periodo di 350 anni. Entrambe le componenti sono a loro volta binarie spettroscopiche. Inoltre, vi è un'ulteriore componente debole, separata dalle due principali da 72 secondi d'arco. Quest'ultima è anch'essa una binaria spettroscopica, e le relative componenti hanno periodo orbitale di circa un giorno; l'intero sistema di Castore contiene quindi almeno sei stelle.
Satelliti e Asteroidi:
-Calypso
Piccolo satellite del pianeta Saturno. Calypso si trova alla stessa distanza media da Saturno degli altri due satelliti Tethys e Telesto (circa 295.000 km), ma per convenzione viene considerato l'undicesima luna del pianeta. Percorre un'orbita circolare sul piano dell'equatore di Saturno, completando una rivoluzione in circa due giorni terrestri. Calypso ha un forma irregolare, e misura 34 km al massimo della larghezza e circa 22 km al minimo: potrebbe quindi essere contenuto in un cratere di medie dimensioni della Luna terrestre. Non sono disponibili dati riguardanti la sua massa, la densità, la struttura interna e la composizione. La caratteristica più notevole di Calypso è la sua relazione orbitale con la grande luna Tethys: i due satelliti percorrono esattamente la stessa orbita, alla distanza di un sesto della circonferenza completa l'uno dall'altro. A tale distanza, le forze gravitazionali si bilanciano in modo da permettere che Calypso utilizzi la stessa orbita di Tethys senza collidere con esso. Alcuni astronomi ipotizzano che Tethys, Calypso e Telesto (l'altra luna che condivide l'orbita di Tethys) possano essersi suddivisi in tre frammenti a partire da un unico grande satellite, ma nessuno sa spiegare come la loro ipotetica separazione possa essere avvenuta. La scoperta di Calypso di deve a un gruppo di astronomi americani, comprendente William Baum, Douglas Currie, Dan Pascu, P. Kenneth Seidelman e Brad Smith, che nel 1981 analizzarono le fotografie scattate dal prototipo di un particolare dispositivo per la ripresa di oggetti spaziali deboli, oggi montato a bordo del Telescopio Spaziale Hubble. Il nome Calypso è mutuato da quello della ninfa che nell'Odissea di Omero trattiene per lunghi anni Ulisse nella sua isola.
-Dimensioni e orbite
Gli asteroidi più grossi sono Cerere, con un diametro di circa 950 km, Pallade e Vesta, di circa 550 km di diametro, ma ne esistono migliaia più piccoli. I pianetini più grandi sono quasi sferici, però forme allungate e irregolari sono comuni tra quelli di diametro inferiore a 150 km. La maggior parte degli asteroidi, indipendentemente dalle dimensioni, ruota attorno ad assi, con periodi compresi tra le 5 e le 20 ore; vi sono anche pianetini doppi, cioè dotati di compagni. Alcuni scienziati ritengono che gli asteroidi siano i resti di un pianeta esploso, ma è più probabile che essi si siano formati singolarmente giacché la distruttiva influenza gravitazionale di Giove dovrebbe aver impedito l'aggregazione di un pianeta in quella regione celeste; forse i primi pianetini, dapprima di dimensioni maggiori, si frammentarono a causa delle mutue collisioni, fino a produrre la popolazione attuale. Un interessante sistema di asteroidi è rappresentato dai pianetini troiani che giacciono in due gruppi sull'orbita di Giove; uno precede il pianeta di 60° e l'altro lo segue, con la stessa angolazione. Nel 1977, in un'orbita compresa tra quelle di Saturno e Urano, venne scoperto Chirone; le ricerche proseguirono e, all'inizio degli anni Novanta, erano noti circa 75 asteroidi, che costituiscono la famiglia Amor, intersecanti l'orbita di Marte; circa 50, gli Apollo, che intersecano l'orbita della Terra; e meno di 10, gli Atene, con orbite più piccole di quella terrestre. Uno dei più grandi pianetini interni è Eros, con una lunghezza di circa 37 km. Fetonte, un asteroide caratteristico della famiglia Apollo, associato con l'annuale sciame di meteore delle Geminidi, si avvicina al Sole più di qualunque altro asteroide conosciuto, fino a raggiungere una distanza di soli 20,9 milioni di km. Gli asteroidi che si avvicinano alla Terra sono obiettivi relativamente facili per le missioni spaziali; nel 1991, la sonda spaziale Galileo, in viaggio verso Giove, riprese le prime immagini ravvicinate dell'asteroide 951 Gaspra: esso apparve piccolo, irregolare e costellato di crateri, con la superficie ricoperta di un manto di materiale smosso e frammentato, noto come regolite.
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