Attività finanziaria pubblica

Materie:Riassunto
Categoria:Scienza Delle Finanze

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Testo

1
L’ATTIVITA’ FINANZIARIA PUBBLICA.
L’attività finanziaria pubblica è l’attività svolta dallo Stato e dagli enti pubblici per acquisire, gestire e impiegare i mezzi occorrenti a soddisfare fini di pubblico interesse.
La finanza pubblica è lo strumento con cui lo Stato esercita concretamente le sue funzioni e assicura il regolare andamento della vita associata.
L’attività dello Stato e degli altri enti pubblici si concretizza nelle gestione di un complesso di mezzi finanziari che affluiscono alla pubblica amministrazione (entrate pubbliche) e vengono da essa erogati per il conseguimento delle finalità (spese pubbliche).
La finanza pubblica consiste in una serie di scelte collegate tra loro: prima di tutto vanno individuati gli obiettivi di interesse pubblico, poi si determina il fabbisogno finanziario; in seguito si stabilisce in quale modo si debba acquisire la quantità di moneta necessaria per raggiungere gli obiettivi e conseguentemente si decidono i criteri con cui suddividere fra i cittadini l’onere della spesa pubblica.
Queste scelte presentano il carattere della coattività perché sono vincolanti per tutti coloro che risiedono nel territorio; i pubblici poteri decidano come le risorse destinate a soddisfare gli interessi collettivi, debbano essere acquisita, gestite e impiegate.
Tutto ciò consiste nell’ espressione che assume l’aspetto di impositività , cioè il potere di acquisire ricchezza prelevandola coattivamente ai privati, mediante l’imposizione dei tributi. La potestà finanziaria, in un sistema democratico, si deve basare sul consenso della maggioranza e nel rapporto di fiducia tra i cittadini e lo Stato.
I SOGGETTI DELL’ATTVITA’ FINANZIARIA
La gestione delle risorse pubbliche non spetta solo allo Stato, ma i svolge a diversi livelli.
Lo Stato esercita la sua sovranità su tutto il territorio ai fini che riguardano l’intera nazione, mentre gli enti pubblici (regioni, province e comuni), grazie all’autonomia garantita dalla Costituzione, realizzano l’autogoverno delle collettività locali che hanno interessi e bisogni differenziati. Entro i limiti delle proprie attribuzioni i governi regionali e locali svolgono funzioni politiche, normative a amministrative che richiedono l’impiego di considerevoli mezzi finanziari.
Inoltre lo Stato e gli enti pubblici, per gestire tutta l’attività amministrativa, si avvalgono di entri istituzionali di carattere ausiliario, i quali sono regolati da leggi speciali che indicano le fonti di finanziamento e i relativi poteri di gestione per l’erogazione dei rispettivi servizi.
Nelle rilevazioni contabili della finanza pubblica e in quelle riguardanti l’economia nazionale i soggetti pubblici che svolgono attività politico-amministrativa sono aggregati in modo da poter essere considerati come un insieme coordinato e unitario.
Nella finanzia pubblica, per la determinazione del fabbisogno si fa riferimento all’aggregato Settore Pubblico che comprende il Settore Statale.
Il Settore Pubblico comprende tutti gli enti che nella gestione di risorse finanziarie devono osservare i principi e le norme della contabilità pubblica. Ne fanno parte:
- gli enti territoriali (regioni, province e comuni) e le aziende di servizi che da essi dipendono;
- le Asl e le aziende ospedaliere;
- gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, regionale o locale (inps, Inail, Istat, ecc…);
- le ex aziende autonome ora traformate in società per azioni.
Il Settore Statale è invece costituito dalle gestioni finanziarie degli organi amministrativi dello Stato: Presidenza del consiglio, ministeri, amministrazioni autonome che da essi dipendono, gestioni di tesoreria dello Stato.
Nei conti del sistema economico nazionale si fa riferimento all’aggregato Amministrazione pubblica, costituita da tutti i soggetti che producono per la collettività servizi non destinabili alla vendita e che si finanziano principalmente mediante versamenti obbligatori a carico dei privati, il sistema si articola in tre sottosettori:
- amministrazioni centrali;
- amministrazioni locali;
- enti di previdenza.
LA POLITICA FINANZIARIA E I SUOI OBIETTIVI
La concreta determinazione degli obiettivi della politica finanziaria dipende dall’indirizzo politico dello Stato. Se prevale la tendenza a limitare l’area dell’intervento pubblico, la politica fiscale si incentra sul finanziamento delle funzioni pubbliche essenziali e sullo sviluppo economico nel lungo periodo. Quando si vuole attribuire alla finanza pubblica un ruolo funzionale più incisivo, l’intervento pubblico si estende a soddisfare una più ampia gamma di bisogni, a stabilizzare la domanda nel breve periodo e a modificare la distribuzione del reddito nazionale.
SODDISFACIMENTO DEI BISOGNI PUBBLICI
I bisogni pubblici sono gli interessi collettivi che vengono soddisfatti dallo Stato o dagli altri enti pubblici e devono essere esigenze che riguardano la collettività nel suo insieme. Queste esigenze tendono a moltiplicarsi, quindi si tratta di scegliere fino a che punto il compito di soddisfarle debba essere assunto dalla Pubblica amministrazione , oppure, in tutto o in parte, se ne debba lasciare la realizzazione a gruppi e organizzazioni private.
I bisogni pubblici possono essere soddisfatti direttamente, mediante la produzione di bene e servizi pubblici da parte della Pubblica amministrazione, ma anche indirettamente, indirizzando l’attività dei privati mediante opportuni incentivi o disincentivi.
LO SVILUPPO ECONOMICO
Nei paesi arretrati il termine SVILUPPO si riferisce all’esigenza primaria di favorire l’accumulazione del capitale e il decollo delle iniziative produttive.
Nelle economie mature invece si tratta di assicurare il necessario dinamismo alle attività produttive n modo che il reddito nazionale continui a crescere con ritmo costante, in proporzione all’incremento demografico e al progresso tecnico.
L’esigenza fondamentale dello sviluppo economico è che il sistema possa disporre di risorse adeguate, ciò implica una politica di lungo periodo volta ad aumentare l’offerta di fattori produttivi e a incrementare la produttività di quelli già disponibili. Alla politica della spesa si aggiungono varie forme di incentivi fiscali per creare condizioni favorevoli alle iniziative private.
LA STABILIZZAZIONE DELLA DOMANDA
Nelle fasi di espansione dello sviluppo economico i consumi e gli investimenti tendono ad aumentare molto rapidamente con il rischio che la domanda complessiva superi le capacità produttive del sistema generando una spinta inflazionistica. Nelle fasi di recessione, la domanda complessiva è scarsa perché le famiglie consumano poco e le imprese effettuano pochi investimenti, sicché le attività produttive tendono a contrarsi con conseguente disoccupazione.
La politica di stabilizzazione si base su manovre economico-finanziarie a breve o medio termine, che agiscono sulla domanda.
Nelle fasi di recessione l’intervento pubblico ha lo scopo di incrementare la domanda globale quando nel mercato la propensione a consumare e a investire è insufficiente a garantire il totale impiego delle risorse.
Nelle fasi di espansione,quando il consumo non può più essere fronteggiato dalle produzione e quando la propensione agli investimenti supera la disponibilità di risparmi o si tende a frenare la domanda tramite la diminuzione della spesa pubblica o mediante l’aumento del prelievo fiscale.
LA REDISTIBUZIONE DEL REDDITO
Un effetto redistributivo è sempre connesso con l’attività finanziaria; lo Stato assorbe risorse con l’imposizione dei tributi e le eroga mediante la spesa pubblica: ciò provoca uno spostamento di ricchezza poiché le persone che più sopportano l’onere dei tributi non sono mai le stesse che si avvantaggiano maggiormente dei beni e servizi.
La politica di redistribuzione consiste nel contrarre il reddito di alcune categorie e nell’incrementare il reddito di altre. La redistribuzione dei redditi può essere attuata in diverse direzioni:
- a livello individuale, per estendere migliori condizioni di vita , per evitare grosse concentrazioni di ricchezza e situazioni diffuse di povertà;
- a livello territoriale, per ridurre la disparità tra zone sviluppate e zone depresse;
- a livello settoriale, per evitare che l’investimento e il lavoro di un settore produttivo risultino privilegiati rispetto un altro;
- a livello funzionale, per attenuare la diversità fra le remunerazioni dei diversi fattori produttivi.
COMPATIBILITA’ FRA I DIVERSI OBIETTIVI
Non sempre i diversi obiettivi della politica finanziaria sono compatibili fra loro. Per soddisfare un’ampia gamma di bisogni determina un aumento della spesa pubblica che può risultare incompatibile con l’obiettivo di frenare la domanda per combattere l’inflazione; quando si attua una politica di redistribuzione accentuata si può avere un livellamento dei redditi che scoraggia le iniziative dei privati e può rallentare lo sviluppo economico.
È necessario quindi che si stabiliscano degli obiettivi di carattere prioritario e quelli secondari;in questo modo si possono scegliere gli investimenti più compatibili fra loro. Quindi, è necessaria una politica di “programmazione economico-finanziaria” che permette di individuare le giuste strategie da compiere nel breve e nel lungo termine.
PROFILI ECONOMICI DELL’ATTIVITA’ FINANZIARIA
L’attività finanziaria è un’attività di natura economica; lo stato deve fare in modo che dall’uso dei mezzi finanziari di cui dispone derivi il massimo vantaggio per la collettività.
Nel mercato le scelte economiche sono concordati dagli interessi sulla base della libera contrattazione e secondo criteri di reciproca convenienza.
Nell’attività economica pubblica i concetti di utilità e di domanda assumono un significato diverso da quello che hanno nell’economia di mercato.
Quando corrispondono alle funzioni primarie e tipiche dello stato, i servizi pubblici si dicono generali e indivisibili;essi riguardano in modo unitario l’intera collettività organizzata.
Si pensi all’ordine pubblico, alla difesa militare, alle relazioni diplomatiche, alla tutela dell’ambiente, alla conservazione dei monumenti,ecc.: questi servizi sono utili alla collettività e non al singolo individuo.
La domanda di servizi generali va intesa come esigenza che interessa la collettività nel suo insieme, e sull’intera collettività che viene a gravare l’onere del costo dei servizi indivisibili,mediante il prelievo dei tributi.
I servizi pubblici sono speciali e divisibili quando soddisfano esigenze individuali e consistono in prestazioni a favore dei singoli che ne fanno richiesta.
Il servizio speciale non giova soltanto a chi lo ha richiesto ma è anche utile per l’intera collettività (effetto di esternalità o spillover).
L’effetto di esternalità fa si che anche per i servizi divisibili, come quelli indivisibili, l’utilità si configuri come beneficio per l’intera collettività. Tale beneficio viene valutato dagli organi di governo nel momento in cui essi decidono di predisporre il servizio pubblico e di porre il costo a carico della collettività.
L’operatore della finanza pubblica, nel valutare la convenienza di una scelta, deve considerare gli effetti che ne deriveranno sul sistema economico complessivo e le conseguenze specifiche sui vari settori dell’economia o le varie zone del paese.
LA REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA DELL’ATTIVITA’ FINANZIARIA
Le attività e le strutture organizzative della finanza pubblica sono regolate dalla legge. Le scelte finanziarie, tramutandosi in norme di legge,diventano obbligatorie per tutti. Gli organi della pubblica amministrazione, nell’erogazione delle spese e nel prelievo delle entrate,sono tenuti al rispetto dei limiti fissati dalla legge.
Nell’ordinamento italiano i principi fondamentali in materia di finanza pubblica sono fissati a livello costituzionale e vincolano lo stesso legislatore.
Al potere legislativo è regolamentazione giuridica degli aspetti più importanti dell’attività finanziaria:approvazione dei bilanci, imposizione dei tributi,ecc. Tali materie devono essere disciplinate dalle leggi, e tali principio viene detto “riserva di legge”.
La Pubblica amministrazione ha il potere di disciplinare mediante regolamenti tutti quegli aspetti dell’attività finanziaria che non sono disciplinati dalla legge e devono essere regolati con norme generali e astratte per garantire la corretta attuazione delle operazioni della finanza pubblica.
SCINZA DELLE FINANZE E DIRITTO FINANZIARIO
Per studiare l’attività finanziaria bisogna analizzare gli obiettivi politici e gli effetti economici, nonché le norme giuridiche che regolano e i criteri tecnici che ne assicurano l’efficienza.
La scienza che studia i profili economici, e in parte quelli politici, della finanza pubblica è la scienza delle finanze. Il campo di indagine di questa disciplina investe la problematica delle scelte economiche pubbliche e dei loro effetti sul sistema economico nazionale.
La studio delle norme giuridiche che regolano il fenomeno finanziario è compito del diritto finanziario. Esso comprende tutte le norme che regolano le diverse attività della finanza pubblica, dall’acquisizione dei vari tipi di entrata alla gestione dei mezzi finanziari raccolti, all’erogazione della spesa.
Il diritto tributario riguarda la principale forma di entrata, cioè i tributi.
La contabilità di stato riguarda il sistema di conti della pubblica amministrazione e in particolare le norme che regolano i bilanci di previsione e i rendiconti.
I criteri e i provvedimenti tecnici che vengono osservati nell’organizzazione degli uffici finanziari,nello svolgimento delle varie operazioni finanziarie e nella tenuta della contabilità sono oggetto di altre discipline, quali la tecnica dell’amministrazione finanziaria e la ragioneria pubblica.
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LE DIMENSIONI DELLA SPESA PUBBLICA
L’insieme dei mezzi monetari che lo stato e gli altri enti pubblici erogano per il raggiungimento dei fini di pubblico interesse costituisce la spesa pubblica.
Se si mettono a confronto nel tempo i dati relativi al volume della spesa pubblica, si può notare che questa è aumentata in modo continuo fino all’ultimo decennio del Novecento.
Mentre all’inizio l’incremento era lento e graduale, nella seconda metà del secolo l’espansione della spesa ha presentato un ritmo accelerato e solo negli ultimi anni si è presentata un’inversione di tendenza.
Wagner aveva constatato come l’incremento della spesa fosse superiore a quello della popolazione (legge di Wagner). De Viti De Marco avevo notato come il passaggio dallo Stato assoluto allo Stato costituzionale avesse posto fine alla diffidenza dei parlamenti nei confronti delle spese del potere esecutivo, e avesse dato luogo ad una maggiore propensione a spendere.
Nelle democrazie contemporanee partecipano alla vita pubblica strati sempre più larghi della popolazione, le cui istanze di benessere si traducono nella richiesta di beni e servizi pubblici.
A mano a mano che aumentano il benessere, il reddito e il tenore di vita, si crea nei cittadini l’esigenza di un miglior standard dei servizi pubblici e di un maggior impegno dello stato nel garantire la qualità della vita.
A queste aspettative crescenti si aggiunge la complessità dei fenomeni sociali che contraddistinguono la realtà di oggi, per cui lo Stato assume nuove funzioni e deve potenziare quelle tradizionali, con un conseguente aumento dei mezzi rispetto a quelli del passato.
Quindi, lo sviluppo tecnologico è tale che la pubblica amministrazione, per fornire beni e servizi adeguati ad una società sempre più progredita, deve utilizzare attrezzature sempre più efficienti e personale ben qualificato, con un inevitabile incremento della spesa.
Altri elementi che condizionano le scelte pubbliche sono: il desiderio di ottenere il consenso degli elettori, l’esigenza di evitare tensioni sociali, le pressioni di organismi economici o gruppi organizzati.
Per confrontare le spese relative ad anni diversi, occorre rapportare le rispettive somme all’indice generale dei prezzi di ciascun anno, in modo da ottenere una serie di cifre a valori monetari costanti.
In secondo luogo, occorre verificare che nel tempo si verificano spostamenti di funzioni e di compiti dallo stato ad altri enti; questo fenomeno è particolarmente accentuato negli ordinamenti moderni, che si basano sul riconoscimento delle autonomie locali e sul principio del decentramento amministrativo.
Di conseguenza, le cifre del bilancio statale non danno da sole la possibilità di un confronto efficace, ed è necessario riferirsi al conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
Infine, occorre mettere in relazione l’incremento della spesa pubblica con quello del reddito nazionale nello stesso periodo di tempo. Un aumento di spesa apparentemente modesto può avere in realtà una portata più rilevante se contestualmente il reddito nazionale non è aumentato o è aumentato in maniera trascurabile.
Il rapporto fra la spesa pubblica e il prodotto interno lordo (S/Pil), espresso in percentuale, indica quanta parte del reddito nazionale è assorbito dalla spesa pubblica e permette di seguire negli anni l’incidenza della finanza pubblica sull’economia del paese.
EFFETTI DELLA SPESA PUBBLICA SULL’EQUILIBRIO DEL SISTEMA ECONOMICO
Il sistema economico nazionale è in equilibrio quando l’offerta globale è uguale alla domanda globale.
L’offerta globale è data dall’insieme di tutti i beni e servizi prodotti nel paese nel periodo considerato, cioè dal reddito nazionale.
La domanda globale, a sua volta, è costituita dalla somma di due diversi aggregati: i consumi e gli investimenti.
È necessario che il livello dei consumi sia tale da garantire sul mercato uno sbocco ai beni e servizi prodotti dalle imprese e che il livello degli investimenti sia tale de rendere possibile un incremento delle attività produttive. A tal fine, è indispensabile che tutto il reddito non destinato ai consumi affluisca alle imprese e venga trasformato in nuovi mezzi di produzione.
Un giusto equilibrio fra consumi, risparmio e investimenti è dunque la condizione essenziale affinché il reddito nazionale fino incrementarsi fino al pieno impiego di tutte le risorse disponibili.
Le teorie classiche si rifanno tutte, più o meno esplicitamente, alla “legge degli sbocchi”, formulata da Say agli inizi dell’Ottocento, secondo cui ogni attività produttiva genera un flusso di domanda tale da garantire uno sbocco sul mercato a tutta la merce prodotta.
Successivamente Keynes formulò la teoria keynesiana. Egli mise in rilievo che la formazione del risparmio e l’attività di investimento fanno capo a operatori diversi, che agiscono sulla base di motivazioni diverse. Le imprese sono propense a investire se il costo del capitale è inferiore al rendimento atteso dall’investimento, mentre la propensione delle famiglie a risparmiare non dipende dal tasso di interesse ma dal livello del reddito di cui essi dispongono. Il tasso di interesse quindi non può avere la funzione di elemento equilibratore.
Può accadere che una certa parte del reddito non vena spesa né per consumi né per investimenti. La domanda effettiva viene così a diminuire e tende a rimanere stabilmente inferiore all’offerta; la produzione allora tende a contrarsi fino ad adeguarsi al ridotto volume di domanda: si realizza una situazione di equilibrio fra domanda e offerta, caratterizzata però da un notevole grado di disoccupazione e da un basso livello di reddito. In questa situazione è difficile che si creino spontaneamente le premesse per una ripresa, in quanto i redditi famigliari, riducendosi, lasciano minore margine per la formazione del risparmio, pregiudicando anche per il futuro la possibilità di investimenti.
Si comprende allora quale importanza abbia, nella concezione Keynesiana dell’equilibrio economico, la considerazione della spesa pubblica.
Questa è vista come una componente fondamentale della domanda globale.
L’equilibrio del sistema economico, senza considerare le esportazioni, viene espresso, quindi dalla formula:
Y = C + I + S
Nella quale Y rappresenta il reddito nazionale, C e I i consumi e gli investimenti privati, S la spesa pubblica.
Un’opportuna manovra della spesa pubblica, attuata nel momento più adatto, può costituire il mezzo per regolare la domanda globale e portarla a livello di equilibrio.

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All’aumento della spesa pubblica corrisponde l’aumento della domanda globale e viceversa; ogni variazione della spesa pubblica provoca una serie di reazioni a catena, che causano l’ampliamento della domanda globale. Questo processo da luogo ai fenomeni del moltiplicatore e dell’acceleratore della spesa pubblica.
IL MOLTIPLICATORE
se in un determinato momento la domanda globale è bassa, le potenzialità produttive del sistema non sono adeguatamente sfruttate e c’è una disoccupazione più o meno accentuata lo Stato può intervenire con un programma di lavori pubblici, assumendo manodopera o facendo in modo che sia assunta dalle imprese.
Alla relativa spesa corrisponde un incremento del reddito nazionale pari al valore dell’opera realizzata. Contemporaneamente il lavoratori assunti dallo stato, poiché non sono più disoccupati, cominciano a spendere i salari percepiti e a richiedere sul mercato beni e servizi. L’accresciuta domanda stimola le imprese ad aumentare la produzione: si crea quindi un nuovo flusso di beni e servizi che incrementa ulteriormente il reddito nazionale. Inoltre per aumentare la produzione, le imprese assumono nuovi lavoratori, dando continuità al ciclo che si viene a creare. Dunque dopo un certo periodo di tempo, il reddito nazionale presenta un incremento molto superiore alla spesa pubblica iniziale, e tanto maggiore quanto più elevata è la propensione ai consumi nelle famiglie dei nuovi occupati.
L’ACCELERATORE
L’incremento della spesa pubblica determina anche un aumento degli investimenti privati. Le imprese che producono beni di consumo, per far fronte alla domanda dei consumatori, devono intensificare la loro attività produttiva e prima o poi sono costrette a rinnovare gli impianti, ad ampliarli e ad acquistare beni strumentali.
Le imprese che producono beni strumentali espandono la loro attività e, oltre ad assumere manodopera, saranno indotte a effettuare nuovi investimenti, creando una nuova domanda di mezzi di produzione.
Così l’incremento della produzione determina a sua volta un incremento degli investimenti e questi rendono possibile un nuovo incremento della produzione, dell’occupazione e del reddito. Questo processo viene indicato come effetto acceleratore perché rende più veloce e intensa la crescita.
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EFFETTI NEGATIVI DI UN’ECCESSIVA ESPANSIONE DELLA SPESA PUBBLICA
Perché ci siano effetti positivi sul mercato deve esistere la disponibilità di tutti i fattori produttivi necessari; altrimenti si crea una strozzatura che impedisce l’incremento della produzione.
In queste condizioni l’espansione della domanda globale, non fronteggiata da un elevato aumento dell’offerta, provoca un rialzo dei prezzi, determinando una spinta inflazionistica.
EFFETTO DI SPIAZZAMENTO
Quando l’espansione della spesa è di notevole entità e si prolunga nel tempo, può accadere che i consumi e gli investimenti pubblici assorbano non soltanto le risorse che sul mercato erano rimaste inutilizzate, ma anche una parte di quelle che avrebbero potuto essere impiegate validamente nelle attività del settore privato. Se questo accade, l’intervento pubblico diventa dannoso perché spiazza le iniziative private riducendo sul mercato la disponibilità dei fattori necessari alle attività produttive.
ONDATA DI SFIDUCIA
L’effetto di piazzamento può diventare anche più grave se l’espansione delle attività pubbliche fa sorgere nel mercato il timore che esse entrino in concorrenza con quelle private e si sostituiscano ad esse. L’intervento pubblico finisce quindi con lo scoraggiare la produzione e l’occupazione nel settore privato e ostacola la ripresa invece che favorirla.
DEFICIT CRONICO DEL BILANCIO PUBBLICO
L’espansione della spesa genera un disavanzo di bilancio che viene coperto mediante l’indebitamento. Ciò porta alla necessità, negli anni successivi, di provvedere al pagamento degli interessi e al rimborso dei prestiti alla scadenza. Se è necessario poi, per far fronte ai pagamenti, richiedere ulteriori prestiti si va in contro ad un circolo vizioso facendo aggravare il disavanzo.
DIFFICOLTA’ DELLE MANOVRE RESTRITTIVE.
Vi è infine il pericolo che la spesa pubblica continui ad aumentare anche quando non esistono più le situazioni di recessione o di crisi che ne giustificavano l’incremento.
Le misure volte a tagliare le spese comportano notevoli difficoltà perché sono impopolari, incontrano resistenze presso i cittadini e possono determinare tensioni sociali o contrasti politici..
Inoltre, una restrizione drastica e improvvisa della spesa pubblica potrebbe provocare una caduta della domanda globale e innescare, in senso negativo, i processi cumulativi che possono condurre a gravi situazioni di crisi economica.
Conclusioni degli economisti:
- in caso di inflazione la manovra di riduzione della spesa pubblica è un rimedio scarsamente efficace e difficilmente praticabile;
- l’incremento della spesa pubblica può costituire un efficace strumento di politica economica quando il sistema attraversa una grave e duratura fase di depressione;
- nel caso di recessioni di lieve entità i vantaggi della manovra potrebbero essere inferiori ai rischi che un’espansione della spesa comporta.
5 EFFETTI ECONOMICI DEI DIVERSI TIPI DI SPESE.
I vari tipi di spese si distinguono a seconda della loro natura e destinazione.
SPESE DI PRODUZIONE
Le spese di produzione si identificano con i compensi che lo Stato corrisponde per acquisire risorse, lavoro e in genere fattori produttivi.
Vi rientrano sia le spese per la produzione di beni materiali, sia quelle per l’esercizio delle funzioni istituzionali e dei servizi. Hanno come effetto immediato la produzione di beni e servizi pubblici; possono avere un effetto redistributivo quando i beni e i servizi prodotti vengono erogati gratuitamente a favore delle categorie economicamente più deboli o delle aree territoriali più disagiate.
SPESE DI TRASFERIMENTO
Le spese di trasferimento sono erogazioni unilaterali che lo Stato, senza contropartita, corrisponde a determinate categorie di soggetti, per motivi economici o sociali. I destinatari possono essere le famiglie, oppure le imprese.
Tali spese hanno una funzione redistributiva perché aumentano le disponibilità monetarie di vaste categorie di persone, esse rendono possibile un incremento della domanda globale.
LE SPESE CORRENTI
Le spese correnti esauriscono la loro funzione in un breve periodo di tempo. Vi rientrano le spese per il personale, l’acquisto di materiali di consumo, la manutenzione di edifici e impianti, il pagamento degli interessi per scopi assistenziali e interventi sociali; assicurano il normale funzionamento dei servizi.
LE SPESE IN CONTO CAPITALE
Le spese in conto capitale sono destinate alla formazione di nuovi mezzi di produzione; svolgono la loro funzione nel periodo medio lungo e hanno l’effetto di potenziare le strutture produttive del paese, per questo si identificano con gli investimenti pubblici.
SPESE FINALI E SPESE STRUMENTALI.
Le spese correnti e quelle in conto capitale nel loro insieme costituiscono le spese finali, cioè le somme spese dalla pubblica amministrazione per proseguire i propri fini istituzionali. Si distinguono dalle spese per rimborso di prestiti, le quali hanno carattere strumentale essendo destinate a estinguere i debiti precedentemente contratti dalla Pubblica amministrazione per finanziare i disavanzi di bilancio.

6 ULTERIORI DISTINZIONI DELLE SPESE PUBBLICHE.
Le spese pubbliche possono essere analizzate anche in base all’aspetto giuridico e amministrativo.
SPESE OBBLIGATORIE: sono predeterminate da norme inderogabili di legge sia nell’oggetto, sia nella scadenza e nell’ammontare; nella loro gestione la Pubblica amministrazione è rigidamente vincolata senza alcun margine i discrezionalità.
SPESE DI GOVERNO: sono finalizzate allo svolgimento delle funzioni istituzionali dello Stato, all’organizzazione dei servizi pubblici e in genere al raggiungimento dei fini di pubblico interesse.
SPESE D’ORDINE: vengono sostenute per il conseguimento delle entrate.
SPESE ORDINARIE: ricorrono in ogni esercizio con carattere di regolarità perché attengono ai servizi che lo stato esplica in modo continuativo.
SPESE STRAORDINARIE: sono sostenute per esigenze eccezionali e comunque temporanee.

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