Vesuvio: formazione e storia

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Testo

“Il Vesuvio: formazione e storia”
L'eruzione del 79 d.C., che distrusse Ercolano e Pompei, avvenne dopo un periodo di lunghissima stasi, al punto che in quegli anni la popolazione del luogo non riconosceva più il Vesuvio come vulcano ma come semplice monte, come si può osservare in un dipinto dell'epoca rinvenuto a Pompei.
Il Vesuvio appartiene alla categoria di vulcani chiamati "vulcani grigi" per il tipo di materiale che emettono quando entrano in attività: gas e ceneri in abbondanza che obbligano ad una fuga precipitosa, spesso senza speranza, chi vive nel raggio di decine se non centinaia di chilometri dal cono vulcanico. Le lave, in questo tipo di eruzione, sono di secondaria importanza e di solito seguono dopo giorni o settimane i gas ed i lapilli. Caratteristiche di queste eruzioni sono le nubi ardenti: si tratta di gas e materiali vari tanto pesanti da non riuscire a salire verso i cieli e, dunque, costretti a percorrere i fianchi del vulcano anche a 150 km/h, sfondando ed incenerendo qualunque ostacolo incontrino sul loro percorso. Il materiale più leggero riesce a salire verso l'alto rimanendo in sospensione nell'atmosfera, così da creare una notte innaturale che può prolungarsi per giorni interi, poi ricade sotto aspetto di pioggia infernale.. Durante l'eruzione del 1631, la barriera naturale del monte Somma, un ostacolo sulla via della nube ardente alto ben 250 metri, riuscì a malapena a salvare i centri abitati a Nord del Vesuvio. Attualmente l'area vesuviana conta milioni di abitanti; un’eruzione potrebbe causare la morte di centinaia di migliaia di persone Proprio per questa pericolosità e per la misteriosità che lo avvolge il Vesuvio è oggi uno dei vulcani più studiati al mondo.
Esso sorge sulla costa orientale del golfo di Napoli. La base è circolare con un perimetro che oscilla tra i 50 e i 75 Km; la massa conica va a man a mano innalzandosi fino ad assumere la forma di un vasto cratere. Prima della celebre eruzione del 79 d.C., aveva una forma più compatta, ma il suo risveglio avvenne con una tale violenza che un’immane esplosione distrusse la parte superiore del vulcano creando una vasta cavità circondata da un vallo circolare, detto anche recinto. Esso appare così costituito da due protuberanze il Somma, il cono esterno, la cui punta estrema il Nasone, a Sud-Ovest, raggiunge i 1132m, e il Gran Cono, ossia il vero e proprio Vesuvio, il cui punto più alto tocca i 1186 m. Senza l’eruzione del 79 d.C., oggi il Vesuvio-Somma raggiungerebbe i 2500 m e sarebbe il più alto vulcano d’Italia. A dividere i due coni c’è un’arida valle, detta Valle del Gigante (divisa nell’Atrio del cavallo a Ovest e nella Valle dell’Inferno a Est), lunga circa 5 Km e larga, in media, 500 m.
Il Vesuvio è dovuto alle fratture formatesi parallelamente all’Appennino e al suo sollevamento per lo sprofondamento della Tirrenide.
È un vulcano poligenico o strato-vulcano, formatosi attraverso le varie eruzioni; in pratica la sua morfologia è stata modificata nel corso di vari periodi d’attività da alternanze di colate di lava e di materiali piroclastici. È quindi probabile che, durante antiche eruzioni, fuoriuscirono dal Vesuvio materiali in parti fusi e in parte solidi (lapilli, bombe) uniti alle rocce strappate alle pareti del condotto dalla forza esplosiva dei gas; fu proprio questa emissione vischiosa che, non propagandosi lontano, anzi rimanendo in vicinanza del cratere, formò i ripidi pendii che oggi lo caratterizzano.
È, inoltre, un vulcano misto perché formato sia dalle lave sia dai detriti di più eruzioni. Le lave antiche formano l’ossatura del Somma; le moderne colate formano lo scheletro del Gran Cono; i detriti riempiono gli spazi tra le lave. Indagini recenti sono giunte alla conclusione che una macula magmatica, a una profondità odierna di 5000 m, fosse già presente prima del Triassico: ciò ci fa comprendere quanto antiche siano le origini del Vesuvio. È ipotizzabile che proprio nel Triassico si sovrappose alla marna argillosa lo strato roccioso (di tufi e trachiti), che conferì al Vesuvio una prima parvenza di vulcano. A quest’età definita del Somma primitivo, seguì, tra il 6000 e il 3000 a.C., una seconda fase con produzione di rocce calcaree, detta del Somma antico. Tra il 3000 a.C. e il 79 d.C., età del Somma meno antico, si ebbero estrusioni di basalti (non a caso il Vesuvio è considerato un vulcano basaltico); dall’eruzione del 1^ sec. d.C. inizia l’età del Vesuvio attuale con alternanza di periodi di quiete e di attività.
La storia eruttiva del Somma-Vesuvio è stata caratterizzata da eruzioni di differente intensità e tipologia, variabili dalla tranquilla effusione di lave alle catastrofiche eruzioni esplosive di tipo pliniano. In base alla quantità di magma eruttato, si possono riconoscere almeno tre categorie principali d’eruzioni:
1. eruzioni relativamente modeste.
Questi eventi sono caratterizzati da un’attività prevalentemente effusiva o mista (effusiva- esplosiva) e determinano la formazione di colate e di fontane di lava, nonché la caduta di blocchi, bombe, ceneri e lapilli. Tali eruzioni sono talora accompagnate dallo scorrimento di piccoli flussi piroclastici e, sovente, lungo le incisioni vallive, da imponenti colate di fango indotte dalle piogge torrenziali che comunemente accompagnano queste eruzioni. Un esempio storico di questo tipo d’eruzioni è dato da quella dell'aprile del 1906.
2. eruzioni esplosive o eruzioni subpliniane.
I fenomeni più frequenti nel corso di tali eruzioni consistono nell'abbondante caduta di blocchi, ceneri e lapilli, prevalentemente pomicei, e nello scorrimento devastante di flussi piroclastici e colate di fango. Esempi storici d’eruzioni di questo tipo sono dati da quelle del 472 d.C. e del 1631.
3. eruzioni catastrofiche o eruzioni pliniane (simulazione video).
Queste eruzioni di solito iniziano con l'emissione parossistica di grandi volumi di pomici e ceneri, comunemente accompagnata e seguita da flussi piroclastici e colate di fango. Un esempio storico di questo tipo d’eruzione è costituito da quella del 79 d.C.
E’, quindi, possibile distinguere tre cicli eruttivi principali:
il primo ciclo dominato da due eruzioni pliniane (pomici basali.; pomici verdoline), ognuna preceduta da lunghi periodi di riposo e dall'alternanza di colate laviche e subordinate eruzioni esplosive di ridotta energia;
il secondo ciclo, durante il quale, fino al 79 d.C., si verificarono tre eruzioni pliniane (Mercato, Avellino, Pompei) ed almeno sei eruzioni subpliniane, intervallate da periodi di riposo più o meno lunghi e periodi d’attività stromboliana, a condotto aperto;
il ciclo più recente che comprende due o tre eruzioni subpliniane (Pollena, 472 d.C.; 512; 1631), precedute da lunghi periodi di riposo, una serie d’eruzioni esplosive ed effusive, due o tre lunghi intervalli d’attività stromboliana semipersistente, frequentemente interrotti da violente eruzioni miste (ad es. 1906 e 1944).
A partire dall'ultima eruzione subpliniana (1631), il Vesuvio è stato caratterizzato da una attività debolmente esplosiva, definita "stromboliana" (a condotto aperto), e da eruzioni miste effusive-esplosive. Tali eruzioni sono state intervallate da brevi periodi di riposo. L'ultimo ciclo di attività sembra essersi chiuso con l’eruzione del 1944 che ha segnato l'inizio di una fase di riposo, a condotto ostruito, con modesti segni di attività fumarolica all'interno del cratere e moderata attività
sismica.
Il Vesuvio deve essere considerato un vulcano attivo estremamente pericoloso che, nel corso della sua lunga storia eruttiva, ha registrato molte volte lunghi intervalli di riposo. La storia del vulcano suggerisce un risveglio tanto più violento quanto più lungo è il periodo di riposo che lo ha preceduto. Inoltre, l'intensa urbanizzazione dell'area vesuviana (circa 700.000 persone vivono alla base e sulle pendici del vulcano) si traduce in una situazione di rischio molto alto.
Dando uno sguardo all’odierna situazione del Vesuvio notiamo che, dopo un biennio 97-98 di totale quiete, nel 99 sono state registrate attività sismiche d’origine tettonica, ma tutt’oggi non sembrano esserci significative variazioni dei parametrici geo-chimici e, almeno per il momento, la possibilità di un’eruzione appare quanto più remota (Monitoraggio del Vesuvio).

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