Preistoria

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Testo

preistoria
con questo termine si indicano le fasi storiche dell'evoluzione di una determinata area geografica antecedenti all'introduzione della scrittura; con il termine di «protostoria», inoltre, si distingue un periodo tardo della p., caratterizzato, soprattutto in Europa, dalla contemporaneità di sistemi sociali complessi, ma ancora sostanzialmente preistorici, con le prime civiltà mediterranee. In Italia, la disciplina che studia tale periodo viene definita come paletnologia.
CENNI STORICI
Per molti secoli le considerazioni relative all'antichità del mondo, al quale veniva attribuita un'età di ca. 5000 anni al massimo, erano rimaste ancorate all'interpretazione del testo biblico e in ogni caso la posizione dell'uomo era considerata come esterna al resto della creazione, come essere privilegiato. L'opera di coloro che attesero a smantellare tali idee preconcette fu perciò lunga e non facile. I primi ricercatori della remota antichità dell'uomo furono dei naturalisti dilettanti che, senza l'appoggio della scienza ufficiale, anzi spesso da essa misconosciuti e avversati, riportarono alla luce selci scheggiate, ossa umane e di animali e frammenti fittili. Già alla fine del sec. XVI M. Mercati proclamò che le cosiddette pietre del fulmine non erano altro che schegge di roccia usate dall'uomo di tempi remoti come coltelli o armi. Un notevole passo avanti fu quello del danese N. Stenon, che alla fine del sec. XVII pose le basi della geologia stratigrafica spiegando come i depositi sedimentari si fossero accumulati e come, di conseguenza, i più antichi fossero i più profondi. Decisive furono altresì le nuove idee introdotte dai naturalisti del sec. XVIII, tra cui quelle di Linneo, che pose l'uomo all'interno del regno animale, e di de Buffon, che per primo attribuì alla Terra un'età molto vetusta valutabile in non meno di 75.000 anni. Alla fine di tale secolo notevolissime furono le ricerche di Cuvier, che inaugurò gli studi di paleontologia animale e che tuttavia esitò a riconoscere la contemporaneità dell'uomo con i grandi mammiferi fossili. Questa verità prese sviluppo all'inizio del sec. XIX con le sempre più numerose scoperte realizzate in Inghilterra, in Francia e nel Belgio. Si giunse così ad accettare l'idea della coesistenza dell'uomo con gli animali di specie scomparse, si individuò (soprattutto grazie agli studi effettuati dal danese Thomsen) la successione delle Età della Pietra, del Bronzo e del Ferro nonché, a cura di J. Boucher de Perthes, l'esistenza di un'Età della pietra levigata che doveva essere succeduta a una della pietra tagliata ch'egli poneva prima del Diluvio. A J. Lubbock si deve nel 1866 la creazione dei termini di Paleolitico e di Neolitico; a E. Lartet si devono le suddivisioni del Paleolitico fondate su dati paleontologici. Numerosi gli studiosi, tra cui G. de Mortillet, H. Breuil, che apportarono sempre maggiori precisazioni, e nuove importantissime le scoperte come quella del cranio di Neandertal, in Germania, del cranio del primo pitecantropo a Giava, dei resti di australopitechi nell'Africa australe. La p. del sec. XIX risente in pieno del clima evoluzionista e si caratterizza per il tentativo di ricostruire schemi di sviluppo dell'umanità attraverso «stadi» (stato selvaggio, barbarie, civiltà di Morgan) che diverranno la base della disciplina nei Paesi comunisti dell'Europa orientale. Alla fine del secolo, il clima di reazione antievoluzionista e di rivalutazione del particolarismo culturale, tipico dell'antropologia, si riflette in pieno nella p., dove i paradigmi dominanti divengono quelli dell'individuazione di «culture» archeologiche e del predominio di concetti quali «diffusione» o «invasione» per la spiegazione dei cambiamenti culturali. Figura centrale della p. tra le due guerre è l'australiano Childe; nello stesso periodo si sviluppano l'approccio geografico degli studiosi inglesi Crawford e Fox, la pratica dello scavo su vaste superfici, l'introduzione di più efficaci metodi di ricerca sul campo. Dopo la II guerra mondiale, l'invenzione del metodo di datazione al radiocarbonio porta come conseguenza un sempre più stretto rapporto di collaborazione tra studiosi di p. e di scienze naturali (geologi, paleontologi, paleobotanici, ecc.), il cui lavoro è essenziale nei tentativi di ricostruzione dei modi di vita delle società estinte. Negli anni Sessanta e Settanta, nei Paesi anglosassoni si è diffusa una tendenza, chiamata «New Archaeology», che privilegia un approccio antropologico contrapposto a quello storico, «normativo», della p. europea, l'uso di modelli per l'interpretazione dei dati archeologici e, in anni recenti, lo studio dei processi postdeposizionali dei depositi archeologici. Oggi la p. è caratterizzata da un sempre miglior livello della ricerca sul campo e del momento classificatorio e interpretativo dei dati, anche in seguito all'uso sempre più diffuso di metodologie matematico-statistiche e informatiche; in campo teorico, inoltre, è evidente una crescente integrazione tra approccio storico e approccio antropologico allo studio della preistoria. La finalità di questa disciplina consiste nello studio e nella ricostruzione paletnologica dei modelli di comportamento dell'uomo preistorico. É pertanto oggetto della sua indagine tutto quanto riguarda direttamente o indirettamente le attività dei gruppi umani che non hanno lasciato testi scritti e la cui documentazione archeologica, consistente nei prodotti della cultura materiale (abitati, sepolture, monumenti, strumenti, armi, oggetti di ornamento, arte, ecc.), permette anche di indagare quei comportamenti sociali, religiosi e rituali che non lasciano testimonianza fossile. Questa ampia accezione del termine include pertanto lo studio delle diverse forme di sussistenza (caccia, pesca, raccolta, allevamento e agricoltura), della trasformazione e della manipolazione delle materie prime (industria litica, produzione fittile e attività metallurgiche), dello scambio o commercializzazione dei prodotti finiti, dell'organizzazione dei siti di abitato, dell'uso del territorio e, in generale, di tutto quanto riguarda le diverse manifestazioni legate all'adattamento all'ambiente e al suo sfruttamento. Per la loro interconnessione stretta con gli eventi culturali, rientrano nel campo di studio della p. anche quegli aspetti più propriamente biologici, legati all'origine e all'evoluzione dell'uomo, studiati dalle diverse branche dell'antropologia e, più recentemente, con un approccio derivato dagli studi di genetica. Per la sua natura essenzialmente interdisciplinare, lo studio della p. non può prescindere dal contributo di numerose altre scienze della natura, quali la geologia, la sedimentologia, la paleontologia, la botanica, l'etologia, ecc. Così come la p. stessa viene sempre più diversificandosi in settori specialistici con particolari argomenti di indagine, spesso teorica (l'archeologia strutturale, l'archeologia comportamentale, l'archeologia spaziale, l'archeologia sperimentale, ecc.), e in discipline come l'archeozoologia e la paleoetnobotanica in cui l'apporto delle scienze umane e di quelle biologiche raggiunge il migliore equilibrio.
ARTE
Con gli inizi del Paleolitico superiore, intorno a circa 35.000 anni a. C., si attua una delle più grandiose innovazioni culturali nella storia dell'uomo, consistente nell'origine e nell'evoluzione dell'arte. Questa appare legata a un complesso mondo simbolico e a concezioni metafisiche che, pur non essendo distintive di Homo sapiens sapiens (sono note infatti manifestazioni rituali legate soprattutto al culto dei morti già in Homo sapiens neandertalensis), contribuiscono fortemente a caratterizzare l'uomo moderno. Espressa mediante pittura, incisione e scultura sulle pareti delle cavità, spesso nelle gallerie più profonde e meno in vista (l'arte parietale), o attraverso la decorazione e la scultura di oggetti, strumenti, ciottoli, ecc. (l'arte cosiddetta mobiliare), l'arte paleolitica è legata, nei suoi contenuti, soprattutto alla raffigurazione di animali e, in misura minore, dell'uomo; non mancano, fin dall'inizio, segni geometrici o astratti, che si associano spesso ai motivi figurativi. Se le prime vere e proprie manifestazioni artistiche sono riferite all'Aurignaziano (33.000-26.000 a. C. ca.), è con il Gravettiano (27.000-19.000 a. C.) che si assiste al primo grande sviluppo dell'arte preistorica e alla sua diffusione su gran parte dell'Europa occidentale e centro-orientale. Numerose figure femminili stilizzate, note come «Veneri», scolpite su osso, corno, avorio e diversi tipi di pietra, rinvenute in Francia (Lespugue, Brassempouy), Austria (Willendorf), Germania (Gonnersdorf), Italia (Grotta del Principe a Grimaldi, Savignano, anche se di discussa attribuzione cronologica), Russia, Malta, Rep. Ceca (Dolní Vestonice), ecc., o figurine di animali modellate in argilla successivamente cotta (Dolní Vestonice), documentano una diffusione geografica dall'Atlantico alla Siberia e una sorta di tradizione unitaria nell'ambito delle diverse facies gravettiane. A questo periodo, o all'Epigravettiano antico (18.500-17.300 a. C. ca.) risalgono anche, con ogni probabilità, le pitture di grotta Paglicci (Rignano Garganico, Puglia), geograficamente isolate dalla grande area franco-cantabrica di massima concentrazione di espressioni artistiche. Durante la successiva cultura solutreana (19.000-16.000 a. C. ca.), localizzata nella Francia centrale e sud-occidentale e nell'area cantabrica della Penisola Iberica, si sviluppa in particolare la scultura in bassorilievo di fregi, spesso di notevoli dimensioni, come p. es. quelli di Roc-de-Sers (Charente) e di Fourneau-du-Diable (Dordogna). Verso la fine del Paleolitico superiore, durante le diverse facies del Magdaleniano (16.000-10.000 a. C.), l'arte paleolitica raggiunge il culmine del suo sviluppo con veri e propri capolavori come quelli dipinti nelle grotte di Lascaux, di Font-de-Gaume, di Rouffignac (Dordogna), di Altamira (Santander, Spagna), di Niaux (Ariège), o come i famosi bisonti scolpiti al Tuc d'Audoubert (Ariège), per citare solo alcuni esempi tra i più noti. Al di là della componente estetica, le motivazioni che stanno all'origine dell'arte parietale sono difficilmente valutabili. Per diversi motivi sembra evidente, attualmente, l'impossibilità di insistere sul carattere puramente magico-propiziatorio delle raffigurazioni di animali e di vedervi un riflesso diretto di attività venatorie; è stato messo in rilievo come queste manifestazioni artistiche siano talvolta il risultato di sovrapposizioni di segni che periodicamente modificano l'immagine; sono state studiate le ricorrenze nella collocazione spaziale delle figure e le associazioni tra gruppi di animali che raffigurerebbero simbolicamente l'opposizione maschio/femmina. É stato anche sottolineato il concetto di «santuari» per le grandi rappresentazioni figurative presenti in grotte tipo Lascaux, Altamira, ecc., mentre d'altro canto non sembra vi siano evidenze di riti di gruppo né di utilizzazione di questi luoghi, spesso reconditi (strette gallerie, diverticoli, pozzi), da parte di gruppi quantitativamente numerosi. Con la fine del Paleolitico superiore e con gli inizi dell'Olocene le grandi manifestazioni artistiche di arte parietale tendono a scomparire, mentre decorazioni geometriche dipinte o incise sono frequenti su ciottoli e ossa e caratterizzano, p. es., l'arte dell'Aziliano. Nei tempi postpleistocenici si distinguono diversi aspetti: l'arte del Levante spagnolo è nota per le pitture presenti in una settantina di ripari sotto roccia della Spagna orient., caratterizzate dall'accentuazione di un atteggiamento scattante delle figure umane, di aspetto agile e vivace. Nelle zone dell'Europa sett. è presente l'arte nordica o artica con incisioni di stile naturalistico spesso a tratto infantile; di epoca più tarda sono invece le incisioni della Scandinavia merid. con figure di barche, di armi, di ruote e altre di carattere geometrico. Nel continente africano si distinguono l'arte sahariana, con raffigurazioni dipinte o incise su rocce dei gruppi montuosi delle zone desertiche merid. del Marocco, dell'Algeria e della Libia, e l'arte australe, che raggruppa le incisioni e pitture presenti nelle zone dell'Africa merid. che si estendono tra i f. Limpopo e Orange. Figurine femminili plastiche con caratteristiche stilistiche analoghe a queste produzioni si sono protratte fino ai tempi neolitici e oltre, dando luogo a statuette interpretabili come idoli, oggetti di culto nei riti di propiziazione alla fecondità nell'ambito del rito generico della Dea Mater; lontane eredi di tali figure plastiche, ma con destinazione funebre, possono dirsi le stele antropomorfe prodotte dall'Eneolitico ai tempi protostorici, in cui prevale un elevato schematismo. Nei tempi olocenici compaiono decorazioni su manufatti a uso domestico o a destinazione rituale come vasi, scodelle, pentole, coppe, cinerari, ecc. I motivi impressi, graffiti o dipinti, sono a carattere zoomorfo o antropomorfo con forme altamente stilizzate. Con il Neolitico, tuttavia, l'unità dell'arte dei tempi precedenti si spezza e si ha una produzione quanto mai varia e difforme che per tipologia e decorazione risente delle grandi differenze dei singoli ambienti, delle esigenze sociali, delle diverse tradizioni e, infine, delle reciproche influenze e connessioni sorgenti tra i vari aspetti culturali.

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