La donna nelle civiltà islamiche

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Giovedì 8 Marzo 2001
La condizione della donna
La donna nelle civiltà islamiche
Come probabilmente sappiamo la civiltà islamica reputa la donna come una cittadina di classe inferiore, sottomessa alla volontà dell'uomo. In alcuni paesi di cultura islamica non c'è un profondo livello di discriminazione, come ad esempio in Tunisia, dove le donne sono libere di vestire come vogliono e hanno ottenuto molti diritti che le rendono quasi pari all'uomo, e in Turchia, dove un sostanzioso numero di donne sale al potere.
In altri paesi il livello di discriminazione è ben più forte: in Algeria le donne vengono violentate e uccise dai fondamentalisti islamici, in Afganistan le donne sono "sepolte" in un burqah, un abito che non lascia nemmeno intravedere gli occhi.
Possiamo quindi affermare che la condizione della donna è strettamente legata sia alla storia del paese in cui vive sia al paese stesso.
I vari paesi islamici una volta ottenuta l'indipendenza, attuarono varie strategie di modernizzazione per legittimare il potere della classe dirigente. I diritti della donna sono quindi legati a questa legittimazione.
Negli anni trenta, ad esempio, si fece promulgare una legge che proibiva l'uso del velo in Turchia e in Iraq.
Durante la lotta contro il dominio francese le donna algerine avevano ottenuto la libertà di vestire con abiti occidentali per non farsi notare, in seguito dovettero tornare a quelle che sono le loro tradizioni.
La modernizzazione e i movimenti femministi non sono però riusciti a far crollare un regime totalmente patriarcale e maschilista, comune a tutti i paesi islamici.
Le donne sono quindi considerate tuttora cittadini di seconda categoria. La Tunisia è il paese di cultura islamica che ha la legislazione più avanzata dal punto di vista dei diritti delle donne. Secondo le leggi tunisine è prevista infatti la parità fra uomo e donna nel matrimonio, l'uomo è tenuto a pagare gli alimenti alla moglie in caso di divorzio, la madre deve dare il suo consenso in caso di matrimonio di una figlia minorenne. Il codice dei lavoratori prevede la stessa paga per le stesse mansioni, la violenza sulle donne viene punita severamente. Ci sono molte donne che rivestono un ruolo importante in politica e altre che svolgono lavori eseguiti principalmente da uomini (autista d'autobus, giornalista sportivo). Le leggi non riescono però a garantire la parità, perché la mentalità popolare è ancora molto legata alle antiche tradizioni, spesso infatti una donna deve mantenere anche i fratelli e i parenti del marito.
In Algeria la condizione della donna è molto precaria. In questo paese è stata infatti applicata la svaria, la legge islamica che relega la donna in una condizione di totale inferiorità. Contro questa legge si schierarono numerose associazioni femminili tuttavia alcune di loro pagarono con la vita la loro presa di posizione.
Molto più gravi sono invece le condizioni delle donne che vivono nei paesi governati dalla teocrazia, come l'Iran, tuttavia le condizioni femminili sono
molto più dure in Afghanistan, dove le donne non possono né uscire di casa né andare a scuola. La discriminazione attuata dall'Iran è piuttosto forte, anche se questo è l'unico paese in cui viene celebrata la "settimana della donna", che in sostanza consiste in una settimana di trasmissioni radiofoniche e televisive. In questa settimana si celebra anche la festa della mamma, che coincide con il compleanno di Fatima, la figlia più giovane di Maometto. Si dice che dai figli di Fatima prese il via la corrente islamica sciita, la religione ufficiale dell'Iran. Fatima ha sempre rappresentato un modello femminile da seguire; all'inizio essa conteneva i valori di disprezzo e di protesta contro l'ingiustizia, dopo la rivoluzione del '79 Fatima rappresentò gli ideali di castità e di sottomissione.
Essa rimase comunque un modello da seguire, infatti, quando una bambina disse che il suo ideale di vita era quello rappresentato dalla protagonista di un serial televisivo giapponese, scatenò le ire dell'ayatollah.
La dichiarazione di questa bambina costò comunque alcuni anni di carcere ai redattori del programma. Alcune leggi che discriminavano la donna sono comunque state abrogate e forse la condizione della donna migliorerà. All'inizio l'Islam non era molto discriminante nei confronti della donna: le mogli di Maometto lo accompagnavano spesso in guerra e lo consigliavano riguardo le strategie da seguire. Era permessa anche la poliandria, quindi una donna poteva contrarre più matrimoni contemporaneamente. La legge del corano rappresenta in alcuni casi un progresso: essa vieta l'infanticidio delle bambine e stabilisce alcuni diritti che permettono alla donna di ottenere l'eredità. Le norme di Maometto diedero molta più libertà alle donne rispetto alle loro contemporanee europee, esse infatti potevano mantenere il loro cognome dopo il matrimonio. Oggi le donne musulmane di alcuni paesi mantengono la loro cittadinanza anche dopo aver contratto matrimonio con un uomo straniero. Questi diritti potevano rappresentare un privilegio nel settimo secolo d.C., ma non alle soglie del duemila.
La religione islamica ammette la poligamia, infatti un uomo può sposarsi con quattro donne contemporaneamente, a patto che egli sia in grado di trattarle tutte allo stesso modo. Proprio per questo motivo la poligamia non viene più accettata in alcuni paesi, perché il "trattare allo stesso modo" non significa dare ad ognuna la stessa quantità di ricchezze, ma significa anche dedicare ad ognuna lo stesso affetto e le stesse attenzioni, equità che non potrebbe essere garantita da nessun essere umano. L'islam è però sempre basato su un antico sistema patriarcale, le donne devono quindi riuscire a farlo crollare. Per questo obiettivo le donne hanno molte più "armi" di quanto credono. Per prima cosa occorre dare una nuova educazione alle donne: sono infatti le madri che allevano le figlie nella subordinazione e che abituano i figli maschi ad essere sempre serviti. Spesso le stesse madri costringono le loro figlie a subire pratiche molto violente come, ad esempio, la mutilazione genitale femminile la quale viene praticata sia dai musulmani, sia dai cristiani, sia dagli animisti, anche se questa pratica non viene prescritta né dalla Bibbia né dal Corano.

Autore Salvati Vincenzo
classe 1F

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