L'evoluzione dell'uomo

Materie:Appunti
Categoria:Ricerche

Voto:

2.5 (2)
Download:1068
Data:24.01.2002
Numero di pagine:15
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
evoluzione-uomo_3.zip (Dimensione: 14.04 Kb)
trucheck.it_l-evoluzione-dell-uomo.doc     47 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Evoluzione dei vertebrati.
L’evoluzione dei vertebrati è, senz’altro, una delle più interessanti storie degli organismi viventi. Gli studiosi sono riusciti a scoprire l’origine di tali animali e a ricostruire le varie tappe che hanno portato alla formazione delle diverse classi grazie al gran numero di resti fossili ritrovati. I vertebrati sono, infatti, tutti dotati di uno scheletro interno resistente e facilmente fossilizzabile. I resti fossili sono rimasti a documentare la storia dei vertebrati. L'albero genealogico dei vertebrati comprende nove classi, tra cui le più note sono: pesci cartilaginei (o condroitti), pesci ossei (o teleostei), anfibi, rettili, uccelli, mammiferi.
I vertebrati appartengono al tipo dei cordati da cui derivano e con i quali hanno in comune la presenza della corda dorsale durante lo sviluppo embrionale. Nei cordati più primitivi e in alcuni vertebrati la corda dorsale persiste anche nell'organismo adulto ma negli altri vertebrati viene sostituita dalla colonna vertebrale.
I PRIMI VERTEBRATI COLONIZZANO L'AMBIENTE ACQUATICO: I PESCI
Studiando gli embrioni di ricci e stelle di mare si è notata una notevole somiglianza tra questi e gli embrioni dei cordati. I più antichi resti fossili di vertebrati risalgono a 500 milioni di anni fa, nel periodo ordoviciano e appartengono agli ostracodermi, organismi corazzati che vivevano nelle acque marine vicine alla costa. Essi presentavano una bocca priva di mascelle e quindi non erano in grado di masticare. Questa caratteristica, insieme alla mancanza di arti per la locomozione, li costringeva a vivere sul fondo, dragando e filtrando la sabbia alla ricerca di piccoli organismi di cui cibarsi. Gli ostracodermi si sono del tutto estinti, ma attualmente esistono vertebrati marini che li ricordano per alcune caratteristiche, ad esempio la bocca rotonda e priva di mascelle. Alla fine del Siluriano comparvero i placodermi che cominciarono a mostrare, oltre alla corazza esterna, anche uno scheletro interno, una mandibola, una mascella per masticare e pinne rudimentali. Queste conquiste rappresentarono un grosso vantaggio evolutivo, poiché permisero ai vertebrati di muoversi, di catturare il cibo diventando predatori e di colonizzare le acque aperte. Nel Devoniano, dai placodermi, si originarono i pesci che, perfettamente adattati alla vita acquatica, si sono evoluti in un numero elevatissimo di specie, soppiantando completamente i placodermi.
I VERTEBRATI ALLA CONQUISTA DELLA TERRA EMERSA: GLI ANFIBI
La seconda importante tappa nella storia dei vertebrati è la conquista dell'ambiente terrestre. Nel Devoniano le condizioni climatiche mutarono e iniziarono a comparire stagioni sempre più secche che determinarono un abbassamento del livello del mare e il conseguente formarsi di zone stagnanti e lagunari. Le acque vicine alla costa divennero così povere di ossigeno e inospitali per organismi adattati alla vita nei mari aperti. Proprio in
questo ambiente costiero doveva avvenire l'evoluzione di un gruppo di pesci in anfibi. La vita fuori dall'acqua richiedeva la soluzione di alcuni problemi come la necessità di un sostegno per il corpo (divenuto molto più pesante senza la spinta idrostatica), di arti per il movimento sulla terra, di strutture in grado di respirare l'ossigeno dell'aria, di una pelle capace di resistere alla disidratazione. Alla fine del Devoniano dovevano esistere dei pesci che presentavano delle «variazioni» particolarmente favorevoli alle nuove
condizioni ambientali: pinne che avevano un'ossatura interna adatta al sostegno del corpo e a brevi spostamenti sulla terraferma e una specie di polmone primitivo, derivato dalla trasformazione della vescica natatoria. Tutte queste «variazioni» sono presenti nei fossili considerati anelli di congiunzione tra i pesci e gli anfibi. Gli anfibi non si staccarono mai completamente dall'acqua e poterono colonizzare soltanto gli ambienti umidi e paludosi. La loro riproduzione è infatti legata strettamente all'ambiente acquatico: le uova gelatinose vengono deposte sott'acqua e i piccoli nati hanno le branchie e sono privi di arti. Negli adulti i polmoni sono ancora poco efficienti e la respirazione avviene anche attraverso la pelle che perciò è nuda e ricca di vasi sanguigni. Il problema della disidratazione è risolto solo in parte dalla produzione di muco e gli
anfibi sono obbligati a tenersi sempre in prossimità di ambienti umidi. Gli anfibi videro il culmine della loro diffusione nel Carbonifero, alla fine del quale però prese origine un nuovo gruppo di vertebrati, davvero adatti alla vita sulla terraferma: i rettili.
LA COMPARSA DEI RETTILI
L'evoluzione di un gruppo di anfibi in rettili è documentata dai resti fossili di un organismo intermedio, detto Seymouria, ritrovato nelle rocce del Permiano. I rettili presentano caratteristiche che li rendono indipendenti dall'ambiente acquatico: producono un uovo con guscio calcareo che difende l'embrione dalla disidratazione e contiene all'interno un liquido ricco di sostanze nutritive. Questo tipo di uovo può essere deposto su terreni asciutti e rappresenta la conquista che ha permesso ai rettili di colonizzare ogni tipo di ambiente. Anche il ricoprimento di scaglie e placche, che permette di risolvere perfèttamente il problema della disidratazione corporea, ha costituito un vantaggio evolutivo per i rettili. Essi hanno dominato incontrastati per tutto il mesozoico, occupando foreste, deserti e praterie. Alcuni hanno «fatto ritorno» alla vita acquatica, acquisendo caratteristiche adatte al nuoto. I rettili si sono evoluti e diversificati nei vari gruppi presenti tutt'oggi e in alcuni ormai estinti, come quello dei dinosauri ("rettili terribili") e quello dei pterosauri ("rettili alati"). I pterosauri erano rettili volanti, dotati di ali particolari, formate da una sottile membrana, tesa tra un dito dell'arto anteriore e il corpo. Sono stati i primi vertebrati ad abitare l'ambiente aereo, anche se i loro voli non dovevano essere particolarmente agili e sicuri.
DAI RETTILI AGLI UCCELLI E AI MAMMIFERI
Da due diversi gruppi di rettili presero origine le linee evolutive che portarono agli uccelli da una parte e ai mammiferi dall'altra. Il grande successo di questi due gruppi dipende in gran parte dal fatto che, a differenza degli altri vertebrati, possiedono temperatura del corpo costante, sono cioè omeotermi. I pesci, anche se eterotermi, non rischiano grossi sbalzi di temperatura perché vivono immersi nell'acqua. Anfibi e rettili, avendo temperatura corporea variabile rispetto a quella esterna e vivendo sulla terraferma, sono vincolati dalle condizioni ambientali e non possono sopravvivere in ambienti molto freddi: il loro ritmo di vita di notte viene molto rallentato e nella brutta stagione sono costretti ad andare in letargo. Questo non accade ad uccelli e mammiferi, capaci di mantenere costante e indipendente dall'ambiente la loro temperatura corporea e di avere perciò una vita più attiva e competitiva. I primi uccelli ebbero origine verso la fine del Giurese da un gruppo di particolari dinosauri. L'anello di congiunzione tra rettili e uccelli è il fossile dell'Archaeopterix, dotato di ali con penne e piume, di bocca con denti e di una lunga coda, caratteristiche queste ultime ancora tipiche dei rettili. L'ala degli uccelli si manifestò subito più adatta al volo di quella degli pterosauri: era costituita da elementi singoli come le penne, meno soggette alle lacerazioni della membrana dei rettili volanti. Così gli uccelli ebbero un vantaggio evolutivo sugli pterosauri che si estinsero lasciando disponibile l'ambiente aereo. I primi mammiferi comparvero da un gruppo di rettili nel Trias, prima ancora degli uccelli: erano animali piccoli, coperti di peli, con dentatura diversificata; vissero per tutto il Mesozoico all'ombra dei dinosauri, poiché potevano uscire allo scoperto solo di notte, quando i grandi rettili eterotermi erano inattivi. Soltanto verso la fine del Cretaceo, quando i dinosauri si estinsero, probabilmente in seguito a un drastico cambiamento climatico, i mammiferi poterono occupare tutte le nicchie ecologiche lasciate improvvisamente libere, aumentare di mole corporea ed evolversi. I mammiferi, grazie alla dentatura diversificata e alla particolare articolazione della mandibola con l'osso cranico, possono cibarsi in vari modi, sfruttando ogni tipo di risorsa alimentare; possiedono arti che permettono rapidità di movimento, un sistema nervoso sviluppato, un sistema riproduttivo basato sulla viviparità. Per ciò che riguarda la riproduzione, l'evoluzione ha prodotto diversi tipi di mammiferi nel corso del tempo: alcuni hanno conservato l'oviparità, come l'ornitorinco tutt'oggi esistente, altri partoriscono piccoli non ancora del tutto formati che proseguono il loro sviluppo nel marsupio, come i marsupiali, e altri ancora hanno sviluppato la capacità di partorire piccoli completamente formati nell'utero materno, i placentati. Questi ultimi hanno avuto un grosso successo evolutivo e si sono differenziati in un gran numero di ordini. Già all'inizio dell'Eocene erano comparsi quasi tutti i mammiferi attuali e, grazie agli abbondanti resti fossili ritrovati, è possibile seguire passo passo le varie tappe della loro evoluzione, come nel caso del cavallo e dell’elefante. All’inizio dell’Eocene erano già presenti i primati, mammiferi da cui s’iniziò la storia evolutiva che portò alla comparsa dell’uomo.
Per secoli l'uomo ha spiegato la propria origine ricorrendo a miti e attribuendola al volere di qualche divinità. Queste idee prevalsero fino alla metà del secolo scorso quando Charles Darwin pubblicò i suoi studi sull'origine dei viventi. Secondo Darwin, l'uomo, come ogni altro essere vivente, era il risultato di un processo evolutivo durato milioni di anni. Questa teoria destò scalpore e sconvolse tutte le idee religiose sulla creazione: infatti, ammettere la discendenza dell'uomo da un gruppo animale significava privarlo del posto di prestigio che occupava in natura. Anche i primi resti fossili umani, portati alla luce proprio in quegli anni, furono considerati con scetticismo. Nel '900 i ritrovamenti avvenuti in varie parti del mondo e le moderne tecniche di ricerca hanno permesso agli studiosi di verificare le idee di Darwin e di ricostruire in modo abbastanza preciso le tappe fondamentali dell'evoluzione dell'uomo. Osservando la della vita delle scimmie, si nota che esse assumono spesso atteggiamenti ed espressioni tipicamente umani: ridono e cambiano espressione a seconda dell'umore, usano rudimentali attrezzi, seguono con affetto i piccoli, imparano nuovi comportamenti e li trasmettono ai propri simili. Le somiglianze tra scimmie e uomo non si fermano qui, poiché ve ne sono altre che riguardano la struttura dei vari organi: è sufficiente confrontare lo scheletro di un gorilla con quello di un uomo per cogliere subito notevoli somiglianze. Già Linneo verso la metà del 1700 collocò l'uomo accanto alle scimmie nell'ordine dei primati e tale classificazione fu confermata successivamente dallo studio comparato della posizione, della morfologia e della funzione degli organi interni, dallo studio delle proteine e del corredo cromosomico. Tutto ciò potrebbe portare a concludere che l'uomo discenda da una scimmia. Tale credenza, diffusa ma errata, nasce da una sbagliata interpretazione delle teorie di Darwin. Infatti, l'esistenza di caratteristiche simili suggerisce solo che l'uomo e le scimmie hanno avuto, in tempi remoti, un antenato in comune.
I primati
La storia evolutiva dei mammiferi è visualizzata mediante un albero dal cui tronco, corrispondente ad una famiglia di antichi rettili, si dipartono più rami, ciascuno dei quali rappresenta un gruppo animale. Uno di questi rami, la linea degli insettivori, ha dato origine, circa 60 milioni di anni fa, da un lato agli insettivori attuali e dall'altro alle proscimmie. L'evoluzione delle proscimmie è poco documentata da resti fossili; è in ogni caso certo che esse vivevano sugli alberi per difendersi dagli attacchi degli altri animali, erano capaci di arrampicarsi grazie agli arti provvisti di artigli, erano prevalentemente insettivore e avevano abitudini notturne. Con il passare del tempo in alcune famiglie di proscimmie comparvero nuove caratteristiche che portarono ai primati più evoluti. Gli scienziati ritengono che l'evoluzione sia avvenuta nel corso di milioni di anni sotto lo stimolo di grandi cambiamenti climatici e ambientali. Circa 20 milioni di anni fa, comparvero scimmie simili agli scimpanzé attuali: esse vivevano ai margini delle foreste ed erano capaci sia di arrampicarsi sugli alberi sia di spostarsi sul terreno, appoggiando le zampe posteriori e le nocche delle mani a terra. Poi comparvero gli antenati del gorilla: essi erano di grossa taglia e ciò rendeva faticosa la vita sugli alberi; come gli scimpanzé vivevano ai margini della foresta e si spostavano appoggiando le nocche delle mani a terra. Si completò così l'evoluzione delle scimmie e in particolare delle antropomorfe, scimmie simili all'uomo, mentre cominciarono a comparire i primi rappresentanti degli ominidi, famiglia che comprende le specie fossili di organismi con caratteristiche umane e l'uomo odierno. Gli ominidi erano capaci di camminare appoggiandosi solo sugli arti inferiori. Quest’importante tappa nella storia dei primati è stata probabilmente raggiunta grazie ad un profondo mutamento del clima: le zone tropicali divennero meno piovose e si ridussero le foreste con la comparsa di un nuovo tipo di ambiente, la savana. Tale ambiente fu favorevole ai primi ominidi, adatti a spostarsi velocemente in ambienti aperti e con pochi ripari. La capacità di camminare e correre tra le erbe alte della savana costituì per gli ominidi un vantaggio che permise loro di acquistare un completo controllo del nuovo ambiente. Camminando su due piedi, infatti, si lasciano liberi gli arti superiori e le mani possono essere usate attivamente per costruire oggetti e modificare l'ambiente stesso.
Con l'uso delle mani si determinò uno sviluppo del cervello e un’ulteriore differenziazione dell'uomo dagli altri primati.
Le prove dell’evoluzione.
Per attribuire con certezza una specie vivente ad un gruppo sistematico, non è sufficiente basarsi sulle caratteristiche esterne e sugli organi visibili ad occhio nudo. Occorre, infatti, esaminare le parti microscopiche e, con l'aiuto di moderne tecniche, analizzare le strutture genetiche e biologiche.Negli ultimi anni, lo studio del patrimonio genetico, delle proteine e dei gruppi sanguigni dell'uomo e delle scimmie antropomorfe, come l'orango, il gorilla e lo scimpanzé, ha portato a sorprendenti risultati. Le antropomorfe possiedono 48 cromosomi, di forma molto simile a quella dei cromosomi umani (che sono 46). Ciò fa pensare che una mutazione, avvenuta milioni d’anni fa, abbia causato la fusione di due coppie di cromosomi dando origine al patrimonio genetico umano. Le antropomorfe hanno proteine che si avvicinano molto a quelle dell'uomo da cui differiscono solo per la disposizione d’alcuni aminoacidi. Infine esse hanno gruppi sanguigni simili a quelli umani e la presenza nel sangue del fattore Rh. Queste somiglianze a livello biologico fanno sì che, fra tutti gli animali, le antropomorfe siano il gruppo che con maggiore facilità trasmette malattie all'uomo o contrae malattie tipicamente umane: pare che l'AIDS si sia manifestata in alcune specie di scimmie africane, prima ancora che nell'uomo. Gli studiosi ritengono dunque che le scimmie antropomorfe siano i primati più vicini all'uomo. Gli ominidi tuttavia si differenziano dalle antropomorfe per alcuni caratteri:
- hanno stazione eretta e andatura bipede;
- hanno una completa opponibilità del pollice (il pollice può toccare la punta di tutte le altre dita);
- hanno la faccia corta e appiattita;
- hanno una maggiore capacità cranica;
- hanno un maggiore sviluppo della massa cerebrale.
Queste caratteristiche, acquisite dall'uomo gradualmente nel corso di milioni d’anni, sono il risultato d’innumerevoli mutazioni che si sono dimostrate favorevoli alle nuove condizioni ambientali. I reperti più antichi, riguardanti gli ominidi, sono concentrati in una zona dell'Africa sud-orientale corrispondente, grosso modo, all'Etiopia e alla Tanzania. Le prove raccolte fino ad oggi dimostrano che quella zona è stata la «culla dell'umanità» e che, solo dopo milioni d’anni, l'uomo primitivo ha cominciato a migrare raggiungendo l'Asia e l'Europa.
L’ominazione.
Il termine ominazione viene usato per indicare l'insieme delle trasformazioni che, da forme d’ominidi primitivi, ha portato all'uomo modèrno. La tappa più importante di questo processo evolutivo fu senza dubbio la conquista della stazione eretta perché comportò modificazioni a livello fisico e psichico. Il cranio dell'uomo, ad esempio, si trova alla sommità della colonna vertebrale che è verticale ed elastica, e il peso del corpo grava esclusivamente sugli arti inferiori che sono perciò più lunghi, robusti e muscolosi rispetto a quelli d’altri animali. I piedi, muscolosi e incurvati, garantiscono una migliore distribuzione del peso; il bacino è largo e robusto e serve da attacco ai muscoli glutei che sono molto sviluppati proprio per permettere la stazione eretta.Gli arti superiori sono specializzati nella manipolazione d’oggetti: il pollice opponibile permette sia la presa di forza sia la presa di precisione. II passaggio da una dieta vegetariana ad una dieta onnivora provoca modificazioni nell'apparato masticatore: la mandibola si assottiglia e si accorcia, assume forma ad U con conseguente appiattimento della faccia. I denti si riducono non solo perché sono cambiate le abitudini alimentari ma anche perché l'uomo può usare le mani per spezzettare il cibo e per portarlo alla bocca. I canini, usati dagli animali come vere e proprie armi, diventano meno aguzzi e perdono la primitiva funzione. Inoltre, i denti s’irrobustiscono grazie ad uno spesso strato di smalto. Contemporaneamente all'evoluzione della mano, si è avuta l'evoluzione degli occhi, che si adattano alla visione a colori e alla visione tridimensionale e in rilievo, con conseguente possibilità di valutare le distanze: gli occhi diventano gli organi più importanti per ricevere informazioni dall'ambiente esterno. Lo sviluppo della mano e degli occhi è strettamente collegato all'uso del cervello: i centri visivi presenti nell'encefalo aumentano di dimensioni e il cranio si accresce per contenere un cervello sempre più perfezionato.
Gli Ausralopiteci
Probabilmente, 20 milioni d’anni fa, in Africa esistevano tutte le specie d’antropomorfe ma, accanto ad esse, doveva già esistere un ramo d’ominidi dei quali, allo stato attuale, non si hanno prove fossili. Nel 1934, in formazioni rocciose del Nord-Est dell'India, furono scoperti alcuni frammenti di una mascella molto simile a quell’umana. Lo studioso che fece la scoperta chiamò questo primate Ramapiteco e lo considerò un ominide, ritenendo che avesse caratteristiche più vicine a quelle di un uomo che a quelle di una scimmia. Il Ramapiteco aveva arcate dentarie ad U, faccia abbastanza corta, mandibola poco sviluppata e denti ridotti ricoperti da uno spesso strato di smalto. I frammenti ritrovati negli anni seguenti in diverse parti del mondo hanno messo in dubbio quest’ipotesi e oggi sono molti a ritenere il Ramapiteco un'antropomorfa simile al gorilla attuale. Il primo gruppo d’ominidi di cui è stata accertata la presenza in Africa risale a 6/5 milioni d’anni fa. Di essi non restano che poche orme nel terreno, sufficienti a testimoniare la loro capacità di muoversi su due arti. La scoperta più significativa avvenne nel 1975, quando in Etiopia l'antropologo Donaid Johanson portò alla luce parti di uno scheletro appartenente ad una femmina classificata nel genere Australopithecus (scimmia del sud) e datata a 3,5 milioni d’anni fa. La femmina d’australopiteco, divenuta famosa in tutto il mondo con il nome di Lucy, fu definita dal suo scopritore "figlia di una scimmia e madre dell'uomo". Questa frase riassume l'ipotesi secondo cui Lucy apparterrebbe alla specie che diversificandosi avrebbe dato origine all'uomo. Gli australopiteci possedevano un'arcata dentaria abbastanza simile a quella umana, ossa del bacino larghe che fanno ipotizzare l'esistenza di potenti muscoli, utili per camminare in posizione eretta. Essi conducevano vita di gruppo e si spostavano nella savana alla ricerca di cibo utilizzando, come abitazioni, occasionali ripari naturali. Per cacciare o per difendersi, usavano bastoni o sassi raccolti sul loro cammino.
Il genere Homo
Nel 1964, ad Oiduvai (Tanzania), lo studioso Louis Leakey scoprì alcuni resti d’ominidi vissuti da 2,2 a 1,4 milioni d’anni fa. Confrontati con gli australopiteci, questi ominidi presentavano parecchie differenze: avevano il viso meno sporgente, il mento più corto, i denti più piccoli, il naso meno pronunciato e una maggiore capacità cranica (650 cm3). Questi resti fossili furono classificati nella specie Homo habilis. Grazie a calchi di gesso, gli scienziati hanno potuto risalire, a grandi linee, alla forma del cervello; si è visto allora che l'emisfero sinistro era più sviluppato di quello degli australopiteci e poiché nell'uomo l'emisfero sinistro è sede del linguaggio, si può supporre che l'Homo habilis fosse capace di comunicare emettendo pochi e semplici suoni. Accanto ai resti fossili sono stati ritrovati semplici utensili, di pietra e tracce di rudimentali strutture d’abitazione; l'Homo habilis era dunque capace di progettare e costruire strumenti anche se molto semplici.Circa 1/5 milioni d’anni fa, alcune forme di Homo habilis diedero origine ad un'altra specie: l'Homo erectus. L'Homo erectus aveva capacità cranica di circa 1000 cm3, fronte sfuggente, rilievi sopraorbitali massicci e denti di forma simile a quelli dell'uomo moderno. Era capace di fabbricarsi attrezzi, di costruirsi ripari sotto la roccia e di controllare il fuoco. È probabile che l'Homo erectus abbia fatto del focolare un centro di vita sociale riunendosi attorno al fuoco con i compagni per scambiare esperienze o per organizzare la vita del gruppo. Ciò ha favorito lo sviluppo del linguaggio e la nascita di nuove e complesse facoltà psichiche. Con il genere Homo inizia la Preistoria, periodo della storia che precede le prime testimonianze scritte lasciate dall'uomo e del quale è impossibile stabilire la durata. Nel 1856, in una cava nella valle del fiume Neander (Germania) furono scoperti una calotta cranica e poche altre ossa che furono, attribuite alla specie Homo sapiens neanderthalensis e furono datate ad un periodo compreso fra 100.000 e 35.000 anni fa. L'uomo di Neanderthal aveva un'altezza media di circa 160 cm, capacità cranica variabile da 1400 a 1600 cm3, fronte sfuggente con rilievi sopraorbitali accentuati, arti molto robusti e perfettamente adattati all'andatura bipede. Questo gruppo d’ominidi, che occupò hanno l'Europa durante l'ultima glaciazione, costruiva villaggi in posizione elevata e seppelliva i morti. Alcuni scheletri sono stati rinvenuti in fosse scavate nel pavimento delle grotte, con le gambe raccolte al petto. Corna e ossa d’animali, fiori e conchiglie disposti con cura attorno agli scheletri dimostrano che i neanderthaliani possedevano una primitiva coscienza religiosa. L'analisi dei pollini ritrovati nelle sepolture ha dimostrato che essi appartengono ad una flora di clima freddo ma simile all'attuale. Un tempo si pensava che l'uomo attuale discendesse dai neanderthaliani, oggi si ritiene che l'uomo moderno sia arrivato in Europa dall'Oriente mentre ancora esisteva l'uomo di Neanderthal, che si sarebbe estinto molti anni dopo senza lasciare discendenza.
Homo Sapiens Sapiens
Nel 1823, in una caverna di Paviland (Galles), vennero alla luce delle ossa stranamente dipinte di rosso di un maschio appartenente alla specie umana attuale vissuto circa 40.000 anni fa e classificato come Homo sapiens sapiens. Negli anni seguenti furono scoperti in varie parti d'Europa resti fossili dello stesso tipo spesso circondati da offerte votive e oggetti di vario genere. L'Homo sapiens sapiens comparve durante l'ultima glaciazione. I resti ritrovati dimostrano che quest'uomo primitivo aveva un'altezza media di 165 cm, fronte sfuggente, faccia piatta, naso e mento proporzionati e una capacità cranica media di 1400 cm3. Le più note località di ritrovamento forniscono anche strumenti di pietra levigata e d’osso, come arpioni per la pesca, aghi per cucire le pelli, ornamenti e ciotole, dai quali si traggono utili notizie sulle abitudini di vita di questi antenati dell'uomo. Molto diffuse sono le sepolture con i defunti distesi o rannicchiati, spesso cosparsi d’ocra rossa (colorante naturale) e circondati da offerte votive. L'Homo sapiens sapiens nel Paleolitico superiore sentì la necessità di riprodurre scene della propria vita mediante incisioni rupestri (graffiti), pitture e sculture. Le più note e le più belle «opere d'arte» conosciute sono le incisioni rupestri della Val Camonica, quelle della Valle delle Meraviglie sul versante francese del Col di Tenda, e le pitture su roccia della Grotta d’Altamira in Spagna, realizzate con pigmenti naturali. Inizialmente cacciatore e agricoltore si costruì abitazioni usando pietre, rami e pelli e, nelle zone paludose, eresse le prime palafitte. La necessità di vivere in gruppo lo portò ad organizzare i villaggi in luoghi elevati, naturalmente protetti e vicini ai corsi d'acqua e ciò favorì lo sviluppo di una vita sociale via via più complessa. Nel Paleolitico superiore l'Homo sapiens sapiens si spinse alta conquista della Terra fino ad arrivare, attraverso lo stretto di Bering, nell’America settentrionale, durante l'ultima glaciazione, probabilmente circa 30.000 anni fa.

Esempio



  


  1. Clara

    sto cercando l'albero genealogico dell'anfibio eryops megacephalus